Il gelo del distacco che si incrosta come ghiaccio rovente. Il gelo dell'assenza, tra le vitree stalattiti dei rami spogli fra cui splendono le fredde fiamme delle stelle. In lontananza, il cristallo delle vette stagliate sul cielo adamantino. Nella notte le algide geometrie delle luci tagliano frastagli di buio.
Il gelo dell'attesa, quando le ultime sillabe si spezzano in frantumi confitti nel cuore del silenzio.
Il gelo dell'attesa, quando le ultime sillabe si spezzano in frantumi confitti nel cuore del silenzio.
Ciao Zret.
RispondiEliminaCapita che, quando si ha una brevissima giornata di cielo azzurro (più o meno una volta al mese da queste parti) senza quegli orrendi sfregi, o si assiste a qualche miracolo della natura (sono pochi ma è ancora in grado di farne, nonostante tutto) o si percepisce un barlume di speranza dallo sguardo di qualcuno che si incrocia casualmente per la strada, subito sorge un pensiero:
è inaccettabile che "cose" di questo genere vadano perdute.
Allora, e solo in questi casi, viene in mente che non spiacerebbe l'idea di poter congelare temporaneamente questo mondo malato, ma non ancora completamente andato (per conservare ciò che ancora esiste di buono ed evitare che possa essere perduto irrimediabilmente) nell'attesa della sua guarigione, se e quando dovesse avvenire.
Ciao
Ginger, è veramente lodevole che tu abbia affrontato il tema del gelo da un'altra angolazione, vedendovi la possibilità di preservare quel poco di buono che ancora esiste in attesa di una catarsi che pare, però, appartenere all'impossibile.
RispondiEliminaCiao e grazie.