"La rosa di Paracelso" è un breve racconto di Jorge Luis Borges. Vi si narra di un giovane uomo che, desideroso di imparare la magia, si reca a Basilea, da Paracelso affinché possa diventarne discepolo: il giovane offre delle monete d'oro, a testimonianza del suo fermo desiderio di apprendere l'Arte. Paracelso, dopo aver benevolmente biasimato l'aspirante allievo per aver pensato che, con il denaro si possa ottenere la Pietra, rifiuta di esibire un prodigio allo sconosciuto. Costui, infatti, vorrebbe che il maestro facesse rinascere dalle ceneri una rosa che egli ha gettato tra le fiamme. Deluso, il giovane si accomiata. Mentre Paracelso è ormai solo, raccoglie il pugno di cenere in cui si era trasformato il fiore, pronuncia una parola a bassa voce e la rosa risorge.
Il sobrio apologo dell’autore argentino si discosta da altri suoi abissali, ma talora intellettualistici racconti: gli eventi scorrono intrisi di silenzi e di rapidi dialoghi, secondo un ordine cronologico, appena variato dall'analessi con cui si evoca il viaggio compiuto dal giovane e durato tre giorni e tre notti. Lo spazio è appena accennato: della dimora in cui abita Paracelso sono inquadrate una scala a chiocciola, una lanterna ed una poltrona consunta. L'ambiente disadorno consuona con la temperanza del personaggio, i suoi modi pieni di semplice solennità, le parole austere e dignitose.
Il ritratto letterario di Paracelso (al secolo Bombasto Von Hohenmein, 1493-1541), medico, astrologo ed alchimista elvetico, si staglia su una storia che è la riflessione sull'antitesi tra credulità e fede. La credulità è l'impaziente smania di chi pretende il miracolo; la fede è abnegazione, incrollabile testimonianza dell'invisibile. Il maestro, ostinandosi a non compiere il portento, apostrofa l'ospite: "Se lo facessi, tu diresti che si tratta di un'apparenza imposta ai tuoi occhi dalla magia. Il prodigio non ti donerà la fede che cerchi. Quindi lascia stare la rosa."
Il messaggio è un po' scontato: il conseguimento della Conoscenza è il fine di un percorso lungo e disagevole, è necessario che l'allievo si affidi al maestro senza esitazioni e senza fughe in avanti. Tuttavia il fascino della storia promana da un intreccio svolto con sapiente naturalezza, mentre un’ombra vela la stessa nobile figura dell’esoterista, “tanto venerato, tanto attaccato, tanto insigne e perciò tanto vuoto”.
Con distaccata ironia il narratore giudicante incenerisce il mago, anche se non è tanto vuoto il maestro, ma un sapere che, di fronte agli enigmi imperscrutabili della vita e del cosmo, è pur sempre, nonostante le sue prodigiose conquiste, vanitas.
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Il sobrio apologo dell’autore argentino si discosta da altri suoi abissali, ma talora intellettualistici racconti: gli eventi scorrono intrisi di silenzi e di rapidi dialoghi, secondo un ordine cronologico, appena variato dall'analessi con cui si evoca il viaggio compiuto dal giovane e durato tre giorni e tre notti. Lo spazio è appena accennato: della dimora in cui abita Paracelso sono inquadrate una scala a chiocciola, una lanterna ed una poltrona consunta. L'ambiente disadorno consuona con la temperanza del personaggio, i suoi modi pieni di semplice solennità, le parole austere e dignitose.
Il ritratto letterario di Paracelso (al secolo Bombasto Von Hohenmein, 1493-1541), medico, astrologo ed alchimista elvetico, si staglia su una storia che è la riflessione sull'antitesi tra credulità e fede. La credulità è l'impaziente smania di chi pretende il miracolo; la fede è abnegazione, incrollabile testimonianza dell'invisibile. Il maestro, ostinandosi a non compiere il portento, apostrofa l'ospite: "Se lo facessi, tu diresti che si tratta di un'apparenza imposta ai tuoi occhi dalla magia. Il prodigio non ti donerà la fede che cerchi. Quindi lascia stare la rosa."
Il messaggio è un po' scontato: il conseguimento della Conoscenza è il fine di un percorso lungo e disagevole, è necessario che l'allievo si affidi al maestro senza esitazioni e senza fughe in avanti. Tuttavia il fascino della storia promana da un intreccio svolto con sapiente naturalezza, mentre un’ombra vela la stessa nobile figura dell’esoterista, “tanto venerato, tanto attaccato, tanto insigne e perciò tanto vuoto”.
Con distaccata ironia il narratore giudicante incenerisce il mago, anche se non è tanto vuoto il maestro, ma un sapere che, di fronte agli enigmi imperscrutabili della vita e del cosmo, è pur sempre, nonostante le sue prodigiose conquiste, vanitas.
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Paracelso, chiamato anche "Bombastus", oltre ad essere dotato di un grande ego, per niente umile, ha scritto una moltitudine di libri, solo tre o quattro furono però pubblicati e ... ha lasciato molti scritti, sia di medicina/chirurgia chimica e fisica.
RispondiEliminadi lui si deve dire che è stato un grande viaggiatore sempre alla ricerca del sapere, passando dalla svizzera alla Germania, Ungheria per lo studio dei metalli, poi ancora in Russia, fino a Costantinopoli, per la ricerca della mitica pietra filosofale.
La sua arroganza lo portò a ricoprire la cattedra di medicina all'università di Basilea, denigrando e maltrattando gli altri dottori, ha bruciato i libri di Galeno per il quale nutriva una grande antipatia intellettuale, fino al punto di allontanare la scolaresca.
Credo che il vizio del bere sia stata la componente che lo ha minato ma ... senza perdere la sua lucidità intellettuale, anzi più beveva e più produceva a livello di ricercatore, la sua forza era quello di un grande ricercatore, fu uno dei primi a fare uso dell'oppio (sempre per la ricerca), fu anche il primo ad usare il mercurio; si narra che sia stato anche il primo a riprodurre la vita in vitreo.
Che dire d'altro se non che aveva in avversione Aristotele, Avicenna e Galeno, e che solo lui era il nuovo "Ermete Trismegisto Psicopompo", morì a Salsburg deluso dal genere umano, senza pubblicare il decimo libro dell'Archidoxa, ritenendo il genere umano non ancora pronto per tale rivelazione, rivelazione che forse non avverrà mai.
Se mai si possa paragonare ad una persona terrena "Paracelso" lo accosterei molto vicino a Leonardo, ed in tempi più vicino a noi (anche se di ricerca diversa) al Grande Nicola Tesla.
wlady
Ciao Wlady, grazie della glossa sulla figura contradditoria e paradossale di Paracelso.
RispondiEliminaIn inglese "bombastic" significa "tronfio", "megalomane". Borges, nel suo racconto, idealizza l'astrologo e medico svizzero che pare in bilico tra due ere e due mondi.
Ciao e grazie.
Ad ogg invece non intravedo nessun paracelso all'orizzonte, ne tanto meno 3 volte grandi trismegisti ...
RispondiElimina...ma riconosco che il seme di una profonda saggezza non va mai a perdersi ed esso seglie con logiche tutte sue nuovi cuori puri da coltivare.
Iniziato, il Kaliyuga è l'era dell'ottenebramento e chi sa in quale angolo sperduto operano ancora gli ultimi saggi.
RispondiEliminaCiao
Caro Zret, un mago analfabeta, sbertucciato dai borghesi viterbesi, dotato di poteri eccezionali pari solo alla sua umiltà, io lo ho conosciuto, ascoltato, appreso. Non voleva notorietà, rifuggiva dai salotti bene di nobili e ricconi, sempre circondati da psicologi, astrologhi e pagliacci vari. No, il mio maestro era Scandurra, semplicemente, senza imitazioni, visto come si nascondeva. A Viterbo dicono: parla poco ma ficca bene. In effetti la sua dottrina era essenziale al massimo, lui faceva, era realizzativo all'estremo. Prima mostrava poi, semmai, spiegava. Non giocava mai con i suoi poteri, tutto aveva uno scopo che non sempre era comprensibile subito. Aveva capacità innate, ma la sua iniziazione, il dono come lo definiva, con un principe romano fu l'apoteosi della sua vita. Io non ho conosciuto Paracelso se non attraverso i suoi libri, per fare un esempio, sicuramente ho conosciuto un iniziato in quel di Viterbo il 1971. Un uomo che camminava fra le stelle.
RispondiEliminaHo letto, Angelo, l'articolo in cui ritrai questo singolare mago. Si potrebbe definire un esempio di "dotta ignoranza". Sono le persone più semplici e più schiette quelle cui si slargano le dimensioni invisibili e gli universi interiori. Le sofistecherie dei sofisti sono un inciampo, pastoie.
RispondiEliminaScrive il Tarsiota in una sua epistola: "Conosco i pensieri dei sapienti e so quanto siano vani". Se per "sapienti" intendiamo gli eruditi, gli scienziati dogmatici, questo pensiero si può condividere.
Ciao e grazie.
Errata corrige: "sofisticherie".
RispondiEliminaParacelso venne riconosciuto dai contemporanei come un autentico Maestro in Alchimia ed Ermetismo. Se aveva un caratteraccio, questo non va minimamente ad inficiare le sue credenziali esoteriche. Può anche darsi che prima della sua prematura fine avesse avuto accesso all'Adeptato.
RispondiEliminaDa molti viene riconosciuto come un antesignano del metodo sperimentale. Baggianate, credo, queste ultime. Ma la pratica di Laboratorio non è forse essa stessa - e da sempre - il metodo sperimentale per eccellenza, pratica in cui non devi per forza di cose basarti sugli assunti altrui ma ti devi arrangiare e districare con quello che riesci ad ottenere tu stesso?
Ad ogni modo Paracelso fu il fondatore di una linea iniziatica ermetica mittel-europea che produsse personaggi insigni fra cui ricordo l'Adepto Gerard Dorn.
P.S. Non ho mai letto il racconto di Borges ma temo che si tratti di una 'pièce' letteraria il cui valore esoterico è pressochè nullo.
Paolo, il racconto di Borges, fulcro dell'articolo, presenta un ritratto letterario di Paracelso: non è un'indagine sulla sua vera figura, senza dubbio inclita.
RispondiEliminaGrazie per questa dotta chiosa.
Ciao
Nell'articolo di Ciccarella sul mago Scandurra, suo maestro, si colgono nette analogie con l'esoterismo di Don Juan Matus, maestro di Carlos Castaneda.
RispondiEliminaRiporto un passo dell'articolo significativo in tal senso:
"Scandurra mi insegnò (insegnare per lui era 'far vedere') che gli uomini erano connessi gli uni agli altri nonché al loro universo per mezzo di raggi invisibili. Vidi, grazie ad una sua digitopressione portata su di un punto dello sterno, una realtà intorno a me decisamente diversa, fantasmagorica, composta di filamenti e aloni dai colori sgargianti o grigio-neri, che entravano e uscivano dalle persone da direzioni verticale orizzontale obliqua, con un andamento ondulatorio e velocità variabile."
A differenza di Scandurra, Don Juan dava un colpetto fra le scapole del suo allievo, e gli effetti di questo "gesto magico" sembrano essere molto simili a quelli descritti da Ciccarella.
Davvero molto interessante.
http://ilgrandeignoto.blogspot.com/2010/04/incontro-con-un-uomo-straordinario-la.html
E' vero, Altair. L'articolo di Angelo Ciccarella evoca le tecniche e gli scenari descritti da Castaneda. L'uomo ha delle potenzialità latenti e potrebbe vedere l'invisibile, se... Certo, alcuni volti dell'invisibile possono essere terrifici.
RispondiEliminaAlcuni di noi sono destinati a compiere il salto? Se sì, a quale prezzo?
Intanto seguiamo il capitolo successivo in cui è protagonista Scandurra.
Ciao e grazie.
Zret, visto che anche tu sei incuriosito dallo sciamano laziale, segnalo un documento, sempre di Ciccarella, trovato in rete.
RispondiEliminahttp://www.libreriarcano.com/files_pdf/La_Bottega_Magica.pdf
p.s.
come mai i link postati non si attivano?
misura anti-spam?
Grazie della segnalazione, Altair.
RispondiEliminahttp://www.libreriarcano.com/files_pdf/La_Bottega_Magica.pdf
A quale link ti riferisci, Altair. Quello da te indicato si apre.
RispondiEliminaCiao
Quello che intendevo dire è che, all'interno dei commenti, una url postata non si trasforma in un link cliccabile.
RispondiEliminaBisogna copiare la url e incollarla nella barra degli indirizzi del proprio browser.
E' un limite della piattaforma Blogger, oppure un'impostazione da te scelta?
Altair, è così: un indirizzo non si trasforma automaticamente in un collegamento attivo, a meno che non si usi un codice particolare. E' una limitazione di blogger.
RispondiEliminaCiao