La visione di un universo che cresce ed evolve come un organismo vivente collide con la concezione di un cosmo che è, invece, di per sé un cedimento rispetto ad una perfezione originaria. Forse evoluzione ed involuzione coesistono, sintropia ed entropia si intersecano: la spinta evolutiva paradossalmente potrebbe essere un processo degenerativo o culminare in una cadaverizzazione della coscienza.
In un pensoso articolo intitolato “Prima dell'abisso”, Whitley Strieber, lungi da approcci ingenui allo spinoso tema, considera le implicazioni di un eventuale contatto dell'umanità con esseri non terrestri. Scrive l'autore di Communion: "Quando domandai ad uno dei visitatori quale fosse la sua concezione dell'universo, rispose con la vivida immagine di una bara!". Strieber vede nella struttura biotecnologica degli Altri la conseguenza di un processo che, se da un lato, ha consentito loro di acquisire una formidabile conoscenza del creato sino al punto di manipolare la materia, dall'altro li ha condannati al tedio di chi ormai non ha più alcuno scopo da perseguire.
I visitatori hanno sovrapposto alla “prima natura” (per usare una distinzione che risale a Leopardi), ossia la condizione primigenia, non solo la “seconda natura” di esseri "sociali", ma un terzo strato di tipo tecnologico che ha per sempre assopito la spontaneità vitale. Cercano ora invano qualcosa di cui non serbano neppure il ricordo? In questo iter verso la nullificazione dell'anima pare adombrato il destino dell'umanità. Esistono probabilmente altri percorsi in cui il progresso spirituale prescinde da deviazioni scientifiche e tecniche. In verità, il vero progresso è la stabilità o, meglio, il ritorno ad una situazione primordiale. Il salto non è verso un traguardo più alto, ma il tentativo di risalire. Ogni processo di miglioramento è rimontare di qualche passo su una china che è comunque discendente, un rinviare il momento in cui si toccherà il fondo.
Il moto è la meta. Così, se si perde lo stimolo per l'innovazione, se non si avverte il pungolo della trasformazione (sia pure una chimera), l'esistenza ristagna ed il tutto si tramuta in un gelido sepolcro. Scrisse Samuel Johnson: "La condizione della vita è tale che si è felici, solo in attesa di un cambiamento". Per un motivo simile Leopardi percepiva in parole come "antico" e "lontano" l'incanto dell'indefinito, il fascino dell'indistinto. Vagheggiare l'antico, luogo di una perduta felicità, o immaginare suggestive lontananze nel tempo e nello spazio, sono le uniche consolazioni per un essere confinato nella monade di un presente inafferrabile ed illusorio.
Di fronte al mito positivista dell'avanzamento conoscitivo, ma anche al cospetto del nuovo credo basato sul pensiero che crea, dell'immaginazione che plasma la realtà (versione aggiornata e semplificata della filosofia idealistica, ignara sia della frattura sia dell'irrazionalità del mondo), resta l’attesa di una palingenesi che riporti al Principio. Tendere l'arco è già scoccare la freccia.
In un pensoso articolo intitolato “Prima dell'abisso”, Whitley Strieber, lungi da approcci ingenui allo spinoso tema, considera le implicazioni di un eventuale contatto dell'umanità con esseri non terrestri. Scrive l'autore di Communion: "Quando domandai ad uno dei visitatori quale fosse la sua concezione dell'universo, rispose con la vivida immagine di una bara!". Strieber vede nella struttura biotecnologica degli Altri la conseguenza di un processo che, se da un lato, ha consentito loro di acquisire una formidabile conoscenza del creato sino al punto di manipolare la materia, dall'altro li ha condannati al tedio di chi ormai non ha più alcuno scopo da perseguire.
I visitatori hanno sovrapposto alla “prima natura” (per usare una distinzione che risale a Leopardi), ossia la condizione primigenia, non solo la “seconda natura” di esseri "sociali", ma un terzo strato di tipo tecnologico che ha per sempre assopito la spontaneità vitale. Cercano ora invano qualcosa di cui non serbano neppure il ricordo? In questo iter verso la nullificazione dell'anima pare adombrato il destino dell'umanità. Esistono probabilmente altri percorsi in cui il progresso spirituale prescinde da deviazioni scientifiche e tecniche. In verità, il vero progresso è la stabilità o, meglio, il ritorno ad una situazione primordiale. Il salto non è verso un traguardo più alto, ma il tentativo di risalire. Ogni processo di miglioramento è rimontare di qualche passo su una china che è comunque discendente, un rinviare il momento in cui si toccherà il fondo.
Il moto è la meta. Così, se si perde lo stimolo per l'innovazione, se non si avverte il pungolo della trasformazione (sia pure una chimera), l'esistenza ristagna ed il tutto si tramuta in un gelido sepolcro. Scrisse Samuel Johnson: "La condizione della vita è tale che si è felici, solo in attesa di un cambiamento". Per un motivo simile Leopardi percepiva in parole come "antico" e "lontano" l'incanto dell'indefinito, il fascino dell'indistinto. Vagheggiare l'antico, luogo di una perduta felicità, o immaginare suggestive lontananze nel tempo e nello spazio, sono le uniche consolazioni per un essere confinato nella monade di un presente inafferrabile ed illusorio.
Di fronte al mito positivista dell'avanzamento conoscitivo, ma anche al cospetto del nuovo credo basato sul pensiero che crea, dell'immaginazione che plasma la realtà (versione aggiornata e semplificata della filosofia idealistica, ignara sia della frattura sia dell'irrazionalità del mondo), resta l’attesa di una palingenesi che riporti al Principio. Tendere l'arco è già scoccare la freccia.
A mio parere, siamo in un eterno divenire almeno per quello che riguardano le anime "Metempsicosi", ed era anche il pensiero di alcuni stoici come Eraclito.
RispondiEliminaEppure la civiltà intesa come omo sapiens sapiens, nell'arco di millenni sembra essere sparita e rinata ad intervalli ciclici di pochi millenni per volta, gli scavi archeologici si sono accumulati in strati di sedimenti, e tutti gli studi fatti portano ad un declino dell'umanità, ed a una rinascita successiva, per poi ricadere ancora nello stadio primitivo.
L'apocatastasi (concezione della palingenesi), è una continua distruzione e ricostruzione, non solo per le cose terrene ma riferite anche al cosmo che ci circonda.
Nell'antico testamento (la Bibbia) gli Ebrei stanno aspettando il ritorno dall'esilio, con la ricostruzione del tempio, e negano la ciclicità, aspettando la Gerusalemme definitiva.
Per San Paolo invece non esiste proprio questa rinascita, perché è già avvenuta con il battesimo, per lui (San Paolo) il tutto si compirà con la "Parusia".
Il periodo in cui viviamo ora, non lascia intravedere una via d'uscita, siamo prossimi alle macerie di un altro strato di storia, pronti per una nuova rinascita, è già successo in passato, e succederà nel prossimo vicino futuro, sembra sia una maledizione/benedizione che coinvolge non solo il genere umano, ma, l'intero universo, in una catarsi di distruzione e creazione.
L'arco è teso, anche se la freccia (per il momento) è ancora nella faretra.
wlady
Wlady, comincerei dalla fine e dall'immagine: la freccia è ancora nel turcasso, non è stata scoccata. Nell'arco (tensione) e nel dardo (direzione) sono i poli magnetici dell'articolo.
RispondiEliminaHai ben condensato le due visioni: la concezione ciclica che trova il suo culmine nell'eterno ritorno di Nietzsche e la visione lineare del cosmo e della storia. Il tempo finirà o tutto è destinato a ripetersi in un moto spiraliforme ascendente-discendente? Dopo la fine del tempo, che cosa sarà?
Intanto, però, siamo prossimi alla fine di quest'epoca e mi sorprende che Blondet, pur all'interno di un'esegesi ultracattolica, veda nel 2012 un anno cruciale, giacché distante 11 anni dal 2001, con la sottolineatura del valore demoniaco del numero 11. Strana convergenza con quanto si scrisse tempo fa.
Vedremo.
Ciao e grazie dell'utile commento.
Carissimo Zret e cara wlady, ho più di una ragione di credere che ci si trovi a rincorrere gli ultimi atomi di tempo. Spiccioli di un'era prossima alla sua degna/indegna fine. Il problema non è più quando ci sarà il conto alla rovescia di questa civiltà, ma come ci giocheremo le carte a disposizione: esigue, per la verità.
RispondiEliminaChi dice che è tutto scritto in questo o in quel sacro testo; chi invoca il vaticino del profeta di turno; chi ancora si ostina a definire queste cose, stupidari di paranoici. Noi, che fessi non siamo, sappiamo pure che avverranno eventi terminali, ma poco o punto intuiamo in quale modo questi si svolgeranno. Stare pronti, è comunque necessario. Attendiamoci inattese prove.
Carissimo Angelo, qualcosa si avverte nell'aria e talvolta, un po' come i nativi americani, ascoltiamo suoni distanti con l'orecchio appoggiato alla terra.
RispondiEliminaVorrei precisare che Wlady è un uomo: il tuo è stato un errore di battitura o un fraintendimento.
Ciao e grazie.
^_^ ebbene si! Sono un uomo (almeno mi ritengono tale), certamente è difficile intuire dallo scritto il sesso di un individuo; a volte, il romanticismo lo si relega alla femmina, ma. dopotutto, Noi siamo quel 50% fatti sia dell'uno che dell'altro sesso, e poco importa chi siamo, ma cosa diventeremo in un prossimo futuro ...
RispondiEliminaHo dato in queste pagine alcune indicazioni della mia adorata moglie che, mi ha lasciato a soli 55 anni, è vero anche che in un mondo dove tutto si mischia e si confonde tra le pieghe della vita ... difficile è sapere come sono fatte le copie di chi si vuol bene e si ama, uomini che rimangono insieme per tutta la vita, donne che formano una famiglia e si fanno inseminare per ricoprire il ruolo di madre e di padre, e via dicendo ... per quello che mi riguarda faccio parte dei cosi detti normali, un uomo ed una donna (mia moglie) che si sono amati per tutta la vita, e, oltre la vita stessa.
^_^ grazie Zret per la simpatica precisazione, grazie Angelo Ciccarella per il tuo saggio, io sono pronto da molto tempo, e le inattese prove sono ormai diventate realtà, nostro malgrado.
Con simpatia e stima, wlady
Carissimo Wlady, forse Angelo è stato tratto in inganno dal tuo "romanticismo" che considero segno di magnanimità, di nobiltà d'animo. Veramente le donne hanno un modo di scrivere differente e, per esperienza, comprendo subito se un testo è stato vergato da un uomo o una donna, anche a parità di contenuti. La scrittura delle donne (non la grafia) ha un alone emotivo ed un quid appuntito, mentre l'uomo spesso ha un modus scribendi più fermo e smussato anche quando polemizza.
RispondiEliminaSul tema della dualità uomo-donna mi piace segnalare il saggio di Zolla "Incontro con l'androgino" in cui scrive: "Soffriamo della perdita di tutte le qualità femminili, dell'arte di ascoltare le premonizioni, di accettare la fragilità, di provare tenerezza nei confronti del cosmo."
Importante è ciò che siamo nel profondo: animus-anima. Poco contano le apparenze transeunti.
Un pensiero affettuoso alla tua consorte: mai termine fu più idoneo.
Ciao e grazie.
^-^
RispondiEliminaGrazie Zret per avermi corretto. Scusa wlady, e scopro pure ora della perdita di tua moglie. Perdita momentanea per questo piano. Mille volte ho avuto contatti con dimensioni differenti, ove ho incontrato le anime che han cambiato dimora. A volta interagiscono con noi e non sempre vengono ascoltate. Forse è necessario che vi sia un diaframma metafisico che ci divide; altre volte sembra, invece, feroce l'impossibilità per i più di aver contatti con i propri cari. Quante volte ho visto donne e uomini cercare da Scandurra una risposta, perché la fede e la religione non davano elementi esaurienti. Si parla sempre di un dopo, ma su quel dopo poco ci dicono perché poco o punto sanno. Alcuni sensitivi hanno la capacità di esser ponti, canali. Scandurra lo era, eccome. L'inferno è qui, ed è l'ignoranza del tutto. Lo ho capito. Non sapere, vagare senza meta, non trovare un significato vero alla vita: è l'inferno. Vi voglio bene.
RispondiElimina"Non sapere, vagare senza meta, non trovare un significato vero alla vita: è l'inferno".
RispondiEliminaGrazie Angelo, delle tue partecipi parole. Credo che fili invisibili ci leghino a coloro cui abbiamo voluto bene.
Ciao e grazie.
Chissà perché, ma sembra che siamo collegati telepaticamente, è pochi minuti che sono al PC per leggere su CDC, ed ecco che mi arriva la risposta (graditissima) dell'Amico Ciccarella, e subitaneamente la contro risposta dell'Amico Zret.
RispondiEliminaGrazie Amici di penna, vi leggo sempre volentieri, e per quel che posso partecipo.
wlady
L'analogia tra l'universo ed un "organismo vivente" potrebbe essere un po' fuorviante, alla stessa stregua del pensare al cosmo come ad una "frattura", in fondo anche nell'etimologia greca del termine kosmos non c'e nulla che faccia pensare ad un errore, bensi' ad un qualcosa di ordinato, armonico ed elegante (infatti il kaos non e mai all'esterno ma sempre dentro di noi).
RispondiEliminaSe si vuole pensare l'universo come un tutto organico bisogna fare attenzione a non ricadere nella grande trappola antropomorfizzante, piuttosto, dove un tempo (non lontano) si riteneva ci fosse il vuoto e/o il nulla, ora sembra verosimile vi sia vita, il che basterebbe a placare le angoscie del buon Pascal.
Ciò detto e' certamente molto difficile avallare l'estremo opposto propugnato da Leibniz: allora viviamo nel migliore dei mondi possibili (che' poi che significa vivere nel “migliore dei mondi POSSIBILI”, implica forse vivere in un universo perfetto? E cosa significa perfetto? Siamo noi in grado di GIUDICARE sulla perfezione di
qualcosa che non possiamo neanche concepire?). Non si tratta tanto di stabilire la 'bontà' del cosmo quanto di rispondere alla domanda fondamentale del filosofo di Lipsia: "perche’ l’Essere e non il Nulla"? Cio’ che ritengo piu’ opportuno e verosimile e’ che analizzando dal nostro angolo ristretto - concetto che ho gia' espresso altrove ma che ripeto volentieri: l'asilo dell'universo per gli ottimisti, la sentina per i pessimisti - non siamo in grado di esprimere un giudizio sulla totalita’ del multiverso olografico, il che non implica rifugiarsi nella comoda formuletta dell’“innocenza del divenire” dove tutto scorre ingiudicato e dove tutto e’ lecito – sebbene soggetto alla legge gerarchica (Nietzsche e Heidegger).
Il divenire puo’ ed anzi deve essere valutato – che’ altrimenti si finisce nel piu’ turpe e bieco fatalismo –, semmai e’ l’Essere nella sua incomprensibile necessita’ (non voglio pensare ad un Dio indigente, pero'..) che sembra sottrarsi ad un giudizio assiologico per come lo esperiamo hic et nunc. Eppero’, se ammettiamo che il Tutto non e’ un mero risultato del caso ma presenta un senso nascosto (senso che tuttavia non riesco a vedere anche se talvolta intuisco e sento - qualcuno, pochi invero, pare sia invece riuscito a VEDERE), allora l’apparire dell’essere deve avere una sua, per quanto ignota, funzione (che spero vivamente non sia l’infinito ripetersi ad aeternum delle medesime configurazioni).
Infine, anche un filosofo tendezialmente distruttore quale il "ribelle aristocratico" Nietzsche, descrisse nella sua piu' alta "visione" un risvegliato, un pastore che dopo aver morso il serpente nero della vita e della ciclicita' del tempo aveva finalmente capito e accettato con gioia, "un circonfuso di luce, che rideva".
Ciao e grazie
Bellissimo e profondissimo commento, Rocco, come sempre.
RispondiEliminaAnche tu sei sincronico, perché oggi ho proprio riletto La visione e l'enigma di Nietzsche, questa pagina alta ed enigmatica che tante interpretazioni ha suscitato.
Oggi pensavo pure a come appunto per i Greci l'universo fosse kosmos, ossia "ordine", "armonia". Lo si contrappone di solito a "kaos", che, però, non è "disordine", ma "abisso", "apertura", una sorta di voragine da cui sgorga il tutto. Alcuni Gnostici lo sottolinearono, quando videro nell'Abisso il Principio, la scaturigine di tutte le cose.
Certo, la domanda per eccellenza è quella di Leibniz. Un tempo una persona di mia conoscenza ribatté: Perché il non-essere, invece? Non si rendeva conto che il non-essere è quietamente logico, al contrario dell'essere che ha sempre generato una ridda di domande e di ipotesi.
E' giusto: chi siamo noi, piccoli uomini, per giudicare o solo ardire una riflessione sul multiverso che, tra l'altro, pare percorso da vene oscure? Eppure, pur accettando il monito di Angelo a non sostituirsi a Dio, mi sentirei di chiosare provvisoriamente: Non intendo sostituirmi a Dio, ma credo che qualche appunto sia lecito o, almeno, qualche quesito.
Ciao e grazie.
Sono veramente lieto di essere sincronico, credo infatti che più aumenti la sincronicita' nella vita di una persona e più ci si avvicini al senso e alla via.
RispondiEliminaGia' il kaos come apertura, anche nel mondo delle particelle subatomiche viene esaltato il caos delle infinite possibilità, tuttavia senza un Principio ordinatore mi risulta difficile credere che queste si possano organizzare in un che di formato (nel senso aristotelico di dotato di forma e quindi, in qualche modo, intelligibile).
Potremmo anche sforzarci di ritenerci fortunati nella nostra tragi-commedia: quei pochi che sono riusciti a vedere ci hanno indicato delle strade per fare altrettanto, forse un re "non di questo mondo" e portatore di uno stigma reale si e' addirittura incarnato in questa "valle di lacrime", per indicarci una via.
Errata corrige: angosce, a forza di pensare alle dannate scie le infilo anche nei plurali :)
Buonanotte a tutti!
La causa formale dello Stagirita (oggi alcuni la definiscono "campo morfogenetico") è simile ad una filigrana che si vede in controluce. E'possibile che solo alcuni dallo sguardo acuto riescano a vederla là dove altri scorgono un confuso ammasso.
RispondiEliminaL'idea dal caso che è poi, a motivo di uno tra i frequenti tranelli della lingua, anagramma di caos, mi ripugna, benché sia difficile in molti eventi enucleare un senso. Il caso appartiene allo scientismo e non spiega alcunché.
Certamente l'avatar non è di questo mondo che, invece, pare retto da altri.
Queste scie sono un'ossessione: pure in questo momento stanno incrociando aerei chimici bassi e silenziosi..., simili ad inquietanti Lemures.
Grazie ancora e sogni dorati.