21 ottobre, 2010

Persona

Mi pare che la vita degli uomini sia simile ad un lungo corteo di maschere. (Luciano)

Il termine "persona" risale probabilmente al greco "prosopon", volto, attraverso la mediazione dell'etrusco "phersu", con il significato di "maschera". L’ironico vocabolo è davvero idoneo all'uomo di oggi che indossa una maschera in cui si identifica. L'essenza umana è così esteriorizzata in un'immagine di sé che è falsa e statica. Forse, però, è più grave rispetto al nascondimento della propria natura, la sua riduzione a simulacro, ad effigie piatta. Chi oserà internarsi nel profondo, con le sue segrete buie, i baratri amari, le paludi marcescenti? Superato l'istmo doloroso che collega la parvenza all'interiorità, il cammino è periglioso ed oscuro. E' vero che, alla fine dell'itinerario, potremo scoprire una vena aurifera, ma occorre attraversare gli stagni della putrefazione, scendere pendii sdrucciolevoli, sporgersi sugli abissi della follia. Il percorso interiore ci espone ai rischi della conoscenza, il cui viso è meduseo.

La faccia è facciata. Ci si incarna nell'aspetto e nei suoi corollari: il nome ed il cognome, l'abbigliamento, il ruolo sociale, la professione... Luigi Pirandello definiva questa facies "forma", l'insieme di tratti fittizi e caduchi che costituiscono e soprattutto sostituiscono la natura umana, la garanzia di un "essere" che è essere per gli altri, per il loro giudizio. La rispettabilità borghese atrofizza l'espressione. Sii canonico, logico, razionale, regolare, normale. Sarai allora una "persona umana". "Persona umana", ossimoro grandiosamente spaventevole: una maschera animata appena da un fremito preagonico.

Il timore del giudizio altrui costringe a soffocare la propria indole cui subentra il carattere. "Character" è personaggio: ecco, di nuovo l'inautenticità si appropria del volto e dell'io per spingerlo sul proscenio della società affinché reciti la parte, il cui copione non può essere cambiato di una virgola. Recita dunque e recita sempre: alla fine non ti accorgerai neppure che è una messinscena. L'abitudine compie miracoli. Così i bimbi sono strappati alla spontaneità ed allevati negli asili e nelle scuole: docili ed ubbidienti, anche quando saranno trasgressivi, diventeranno "onesti cittadini".

Lo stato garantisce la dignità e la libertà della "persona umana", ossia le marionette si muovono "liberamente" rette da fili, purché i fili restino invisibili. Se qualcuno mostra un briciolo di intelligenza, la soffocheremo tra roveti di luoghi comuni. Voilà, ora siamo tutti persone, le maschere per la mascherata finale. Ormai la stessa bidimensionalità è assottigliata fino ad essere risucchiata nel grigio dell'indistinto.

Si teme pure la superficie, perché certe superfici - è un prodigio assai raro - rivelano inaspettate profondità.


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4 commenti:

  1. Dobbiamo illuderci, per poter vivere, ed ecco che indossiamo la maschera dell'io, fuoriuscendo dalla vita stessa.

    Un modo ambiguo la maschera, per potersi salvaguardare, e anche quando ne siamo consapevoli, ci comportiamo da replicanti, impartendo canoni di vita falsi alla nostra progenie, così incaprettiamo i nostri figli mandandoli a scuola di falsità, e quando non si unificano al sistema, ecco subito pronto uno psicofarmaco per riportare il bambino malcapitato nei ranghi canonici della società omologata.

    Parafrasando con Nietzsche (diventa ciò che sei) rinunciare alle certezze assolute, senza giudicare la vita interiore, che poi è la maschera stessa che s'indossa.

    Essere o apparire ... un problema non facile nella nostra società sgangherata, ecco allora che la maschera la fa da padrona, rappresentando la mistificazione della vita, portando l'essere umano in una decadenza senza fine, travestendoci da quello che non siamo realmente, per la nostra fottuta paura, creando esseri deboli, per quell'eccesso di cultura storicamente provata, e nel perpetrarsi del sapere scientifico.

    Possiamo definirla una maschera dionisiaca, continuando nella menzogna travestita; Socrate potrebbe ancora insegnare la razionalità del giusto che non dovrebbe "DOVREBBE" non temere nulla, facendo un distinguo profondo tra verità e falsità.

    Bisogna pagare il fio per vivere dentro un sistema rigido, ma che senza dubbio sfugge al controllo, così l'apparenza diventa l'unica difesa ... La Maschera.

    Mi scuso se il discorso non fila molto bene (non sono un filosofo) ma questo è il mio pensiero, avendo studiato filosofia tra i vecchi e nuovi filosofi come Nietzsche e Schopenhauer.

    wlady

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  2. Concordo con te, Wlady. Hai toccato molti punti fondamentali: il mascheramento, l'antitesi tra esistenza e Vita, il ruolo coercitivo della società...

    Penso anche a quelle maschere che servono a nascondere il nulla.

    "O quanta species: cerebrum non habet!" Scrive Fedro. Questa constatazione si adatta ai disinformatori e agli esponenti delle genie che ben conosciamo.

    Ciao

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  3. Complimenti per la tua capacità di sintesi Zret, contenuti densi in prosa leggera.
    E, sempre, l'argomento giusto al momento giusto, anche se potrebbe non sembrare in un primo momento. La mediocritas ritenuta unica arma per la sopravvivenza. Grazie,G.B.

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  4. Ciao Ghigo, sì, forse questo articolo potrebbe sembrare una divagazione, visti i tempi che viviamo, ma giacché, come scrivi, si tratta di sopravvivenza, sarà proprio la differenza tra le anime e le maschere a segnare il futuro.

    Ciao e grazie.

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