“L’esperienza è maestra”, si suole ripetere. Invero, i bambini imparano a non avvicinare la mano ad una fiamma, dopo che si sono scottati e poco altro. Se consideriamo la storia dell’umanità, ci accorgiamo che non abbiamo continuato a ripetere gli stessi errori, ma che abbiamo compiuto sbagli via via più gravi: così, dietro il sipario del progresso scientifico e tecnologico, l’uomo è ancora “quello della pietra e della fionda”.
Il discorso vale per molti di noi: dopo essere incorsi in errori di ogni tipo, ricadiamo nelle consuete trappole. Noncuranza, superficialità, egoismo ci spingono verso i soliti comportamenti, come la limatura di ferro è attratta dal magnete. Vero è che la dimenticanza è a volte vitale a tal punto che è necessario disimparare dalle esperienze: come potremmo convivere con l’acerbo rincrescimento per certe decisioni avventate? Il rammarico può diventare un’ipoteca sul futuro, paralizzando la volontà per paura di sbagliare di nuovo.
Tuttavia è triste constatare come, con il passare del tempo, rimuoviamo quei vissuti che potrebbero essere un orientamento o, per lo meno, un monito: abbiamo sofferto le pene dell’inferno e ci irritiamo per un contrarietà. Siamo stati scorticati dal dolore fisico e morale e ci esulceriamo l’animo per una bazzecola. Siamo bambini: non siamo cresciuti e la stessa “civiltà” è ferma ad uno stadio infantile.
Eppure basterebbe poco per essere felici. No. Infastiditi da quisquilie, sembra che il nostro scopo sia rovinare quei rari istanti di spensieratezza concessici da un destino avaro ed arcigno. Così, se non precipitiamo nel baratro della disperazione, ci incagliamo nelle secche della noia, del disgusto. Qualcosa non quadra nell’uomo, in senso ontologico. Siamo appagati solo se ci tormentiamo: una spina di masochismo è piantata nel fianco.
Se gettiamo lo sguardo all’umanità attuale, vediamo che l’incapacità di apprendere dagli errori è assoluta: sprovveduti almeno quanto superbi, gli omuncoli ignorano gli ammaestramenti del passato.
Persino gli anziani, dimentichi di terribili carestie, scialacquano. Pur avendo vissuto la guerra, con aria attediata, gettano uno sguardo fuggevole alle atroci carneficine che, tra una donna popputa ed un attore dallo sguardo tenebroso, la televisione ci mostra.
Quando verrà il nostro turno, dimostreremo di aver appreso solo ad essere quello che, nel bene e nel male, siamo sempre stati.
Buoni proponimenti? L’ultimo errore è solo il primo di un’altra lunghissima serie.
Il discorso vale per molti di noi: dopo essere incorsi in errori di ogni tipo, ricadiamo nelle consuete trappole. Noncuranza, superficialità, egoismo ci spingono verso i soliti comportamenti, come la limatura di ferro è attratta dal magnete. Vero è che la dimenticanza è a volte vitale a tal punto che è necessario disimparare dalle esperienze: come potremmo convivere con l’acerbo rincrescimento per certe decisioni avventate? Il rammarico può diventare un’ipoteca sul futuro, paralizzando la volontà per paura di sbagliare di nuovo.
Tuttavia è triste constatare come, con il passare del tempo, rimuoviamo quei vissuti che potrebbero essere un orientamento o, per lo meno, un monito: abbiamo sofferto le pene dell’inferno e ci irritiamo per un contrarietà. Siamo stati scorticati dal dolore fisico e morale e ci esulceriamo l’animo per una bazzecola. Siamo bambini: non siamo cresciuti e la stessa “civiltà” è ferma ad uno stadio infantile.
Eppure basterebbe poco per essere felici. No. Infastiditi da quisquilie, sembra che il nostro scopo sia rovinare quei rari istanti di spensieratezza concessici da un destino avaro ed arcigno. Così, se non precipitiamo nel baratro della disperazione, ci incagliamo nelle secche della noia, del disgusto. Qualcosa non quadra nell’uomo, in senso ontologico. Siamo appagati solo se ci tormentiamo: una spina di masochismo è piantata nel fianco.
Se gettiamo lo sguardo all’umanità attuale, vediamo che l’incapacità di apprendere dagli errori è assoluta: sprovveduti almeno quanto superbi, gli omuncoli ignorano gli ammaestramenti del passato.
Persino gli anziani, dimentichi di terribili carestie, scialacquano. Pur avendo vissuto la guerra, con aria attediata, gettano uno sguardo fuggevole alle atroci carneficine che, tra una donna popputa ed un attore dallo sguardo tenebroso, la televisione ci mostra.
Quando verrà il nostro turno, dimostreremo di aver appreso solo ad essere quello che, nel bene e nel male, siamo sempre stati.
Buoni proponimenti? L’ultimo errore è solo il primo di un’altra lunghissima serie.
Spietata analisi, che mi ricorda - non so perché - Girolamo Savonarola. Sei, un po', un fustigatore di costumi, Zret? Ma mi ricorda anche l'Ecclesiaste, con il suo disincanto pessimistico. Che l'uomo sia sempre l'eterno uomo, lo diceva già Baudelaire. Siamo condannati a ripetere gli errori del passato. Previsione funesta, la tua, Zret. Ma cosa hai mangiato a pranzo, oggi? :-)
RispondiEliminaLa vita è un pendolo che ocilla tra la dsperazione e la noia. Ed allorquando ci si annoia, è lì che si commettono gli errori peggiori.
RispondiEliminaFreeanimals, che dire? Ti risponderei con un cupo aforisma di Nerval: "Il pessimismo è vedere la realtà così com'è".
RispondiEliminaStraker, la postilla alla sentenza di Arturo risulta quanto mai opportuna e calzante.
Ciao e grazie.
Carissimi, io credo invece che l'uomo sia capace di imprese mirabolanti. Credo che la sensibilità e la creatività umana siano doti impensabili. La noia, se vista come stato melanconico, è l'incubatrice della creazione! Abbracci, Ghigo
RispondiEliminaUn dono per te, Zret. Una citazione. Da parte di uno scienziato anglosassone del XIX secolo:
RispondiElimina“Quelli che accettano la mia interpretazione delle testimonianze addotte saranno sollevati dall’insopportabile fardello mentale imposto a coloro i quali – sostenendo che noi, in comune col resto della natura, siano solo il prodotto delle cieche, eterne forze dell’universo, e ritenendo inoltre che dovrà necessariamente venire il tempo in cui il sole perderà il suo calore e la vita cesserà di esistere sulla terra – devono attendersi un futuro non molto distante nel quale questa gloriosa terra, che per milioni di anni ha lentamente sviluppato forme di vita e di bellezza culminate nell’uomo, sarà come se non fosse mai esistita; che sono costretti a presumere che la lenta crescita della nostra razza in lotta per una vita migliore, l’agonia dei martiri, i lamenti delle vittime, e i mali e la miseria e le sofferenze immeritate di ogni epoca, le lotte per la libertà, il prodigarsi per ottenere giustizia, l’aspirazione alla virtù e al benessere dell’umanità, svaniranno del tutto e, come una visione incorporea, non lasceranno nulla dietro di sé”
Alfred Russell Fallace, “The limits of natural selection”, 1871
A me questa citazione sembra lirica e mestamente rassegnata, in linea forse con la tua filosofia, e mi ricorda, nella parte finale, sia Guido Ceronetti, che Shakespeare. I lamenti delle vittime, soprattutto, mi fanno venire in mente il dolore patito dagli animali. Inutilmente crudele. E tutto questo, fra mille milioni d’anni, sarà….come lacrime nella pioggia.
sig. zret,
RispondiEliminaper capire e meglio decifrare ciò che leggo, usualmente chiedo cosa faccia per vivere il mio interlocutore, quindi lei?
Grazie per l'eventuale risposta.
Bye-bye
Freeanimals, l'universo è quindi del tutto irrazionale, uno spreco di energie, un fuoco d'artificio destinato a spegnersi nell'incommensurabile buio finale o esiste un senso che non riusciamo a cogliere?
RispondiEliminaCome rispondere? Forse è tutto vano, forse no.
Nessuno ha la risposta: a noi l'onere e l'onore delle domande.
Ciao
Ghigo, credo esistano uomini e uomini, o "uomini e caporali". come amava ripetere De Curtis.
RispondiEliminaCiao
Gentilissimo Giorgio, che importa? Vogliamo imprigionare nella forma pirandelliana, nella maschera?
RispondiEliminaCordialità.
Egr. zret,
RispondiEliminanulla! Se l'accezione considerata stalla in "diario in rete", esercitandolo come palestra fonemica e come "parole in libertà".
Sarà evidentemente un mio limite, ma ne avevo tratto un'opinione diversa leggendo i commenti dei suoi ospiti, in futuro farò tesoro delle sue indicazioni.
Per intanto la ringrazio.
Zret, qui hai trovato uno più....tosto di te! :-)
RispondiElimina"Stalla": ci ho messo un po' per capire che era un termine aeronautico e non la casa delle mucche! :-)
La caducità dei nostri anziani nell'aver dimenticato il passato, mi lascia sgomento, si sono fatti friggere il cervello da quella scatola che hanno in casa, sono come degli automi, paragonabili solo ad un ragazzino che si perde la testa con un videogioco.
RispondiEliminaLa paura della più totale solitudine, dell’isolamento, del non essere nulla è la base, la radice stessa della nostra auto contraddizione.
Poiché abbiamo paura di non essere nulla, subiamo la frammentazione generata dai nostri desideri, ognuno dei quali ci spinge in una direzione diversa.
Gli errori non sono ancora finiti, possono anche trasformarsi in orrori, un ripetersi infinito di cose tremende già vissute; impareremo mai dal nostro passato?
wlady
Hai visto, Freeanimals, al peggio non c'è mai fine.
RispondiElimina:)
Wlady, in questo periodo noto che sei particolarmente sintonizzato con le mie piccole riflessioni, di cui estrai la quintessenza.
RispondiEliminaChe tristezza vedere gli anziani distratti e distrutti dalla fielevisione! Dove sono i saggi vegli di un tempo, punto di riferimento per figli, nipoti e pronipoti, depositari di una tradizione preziosa e veneranda?
Ciao e grazie.
Vedete che esiste speranza per l'umano genere? Quanto ironia e sagacia in questi commenti! Il tutto velato dalla melanconia che nasconde solo sensibilità e grande forza d'animo. Coraggio amici che il cammino è ancora lungo! Ciao.
RispondiEliminaEffettivamente la sintonia c'è, ma anche perché ho postato poco fa un commento su:
RispondiEliminahttp://www.agoravox.it/La-Gelmini-a-Ballaro-si-comporta.html?debut_forums=0#forum30238
sembra che vada pari passo con il tuo post, anche se il Tuo, è più articolato sull'essere umano.
Ciao e grazie a te per la simpatica cortesia che fai per me, per le pubblicazioni su "OK".
wlady
Ghigo, mi unisco e ci uniamo ai tuoi auspici.
RispondiEliminaWlady, stay tuned!
Ciao e grazie.
A domani.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaEsatto, "qualcosa non quadra nell'uomo", ma non solo a livello ontologico ma anche coscienziale, genetico - secondo me. Che fosse proprio in questo "qualcosa" da ricercarsi il famoso "peccato originale"?..
RispondiEliminaUn saluto!
Annalisa
Credo sia così: qualcosa non quadra anche sotto il profilo genetico e forse esistono due umanità. Il "peccato originale" è l'errore primigenio sulla cui vera natura possiamo soltanto astrologare.
RispondiEliminaCiao e grazie.