Per teoria dell’universo olografico si intende un modello interpretativo della realtà, secondo cui il mondo fenomenico è una proiezione priva di consistenza “oggettiva” ed in cui ogni parte contiene il tutto. Formulata dallo scienziato David Bohm, ripresa, con qualche variante da altri ricercatori, tale sistema è, mutatis mutandis, radicato in antiche concezioni (si pensi ai Veda) e dottrine filosofiche. Il visionario scrittore statunitense Philip K. Dick ne elaborò un’originale interpretazione.
Non approfondisco i capisaldi di tale teoria e di visioni contigue, perché li ho già discussi in parecchi articoli cui rimando, ma vorrei qui puntualizzarne alcune implicazioni.
E’ opportuna in primo luogo una riflessione linguistica: la materia è illusione (maya). Ora il termine “illusione” vale letteralmente “gioco interno” (da in e ludere): ne consegue che gli oggetti “là fuori” sono in verità nel nostro cervello. Nel cervello, che non è colpito dalla luce (fotoni), si formano le immagini delle cose che erroneamente collochiamo fuori di noi.
Sino a qui la teoria, pur contraria al senso comune che non solo distingue tra interno ed esterno, ma che attribuisce all’esterno autonomia rispetto alla coscienza, è ancora intuitiva. Diventa, però, contro-intuitiva nel momento in cui lo stesso cervello viene assimilato a tutti gli altri “oggetti”, poiché l’encefalo è visto come un elemento fallace proiettato da un quid che Bohm definisce “ordine implicito”.
Non è quindi il cervello a generare la “realtà”, ma una sorta di coscienza transpersonale: è come se Dio proiettasse le figure e gli eventi di un sogno (o incubo?). Figure ed eventi sono simulacri che gli uomini scambiano per oggetti e fatti “concreti”. Gli uomini si limitano ad osservare la pellicola quadridimensionale della creazione.
Vogliamo trarne alcune inevitabili conclusioni? Il libero arbitrio non esiste, giacché non è l’uomo con il suo cervello a generare una porzione di realtà, ma è un’unica coscienza (affine ad un elaboratore organico?) che la produce. Non solo, l’individuo non può in nessun modo incidere sugli avvenimenti e le cose. Ogni sua azione, sebbene egli non ne sia consapevole, è simile a quella di uno spettatore che in una sala cinematografica pensasse di poter interagire con gli attori del film, rivolgendosi loro, o di poter cambiare l’intreccio, magari tentando di strappare la pistola al marito-attore che sta per uccidere la moglie-attrice, rea di averlo tradito con un altro.
La teoria dell’universo olografico quindi consuona con la forma più radicale di fatalismo che si possa immaginare. Introdurre il concetto di libera volontà significherebbe disintegrarne la logica, dunque costruire un modello incompatibile con quello di cui in parola.
In questo modo l’etica risulta compromessa per due motivi: ogni azione è agita da Qualcos’altro estraneo al soggetto percipiente. Ogni azione plasma e modifica un mondo non solo già plasmato e modificato da un Altro, ma persino di per sé inconsistente ed inesistente. Intervenire su tale realtà è ininfluente, privo di significato morale, perché la realtà materiale non esiste. Parafrasando Dostoevskij, si potrebbe scrivere: “Se non esiste la materia, tutto è lecito”. E’ come se una persona fosse incarcerata per aver ucciso un suo nemico in un sogno! Come si può essere moralmente responsabili di aver assassinato un essere che è solo un’ombra?
Sono situazioni paradossali che, però, non si possono ignorare, se si vuole analizzare ed illustrare la teoria dell’universo olografico in modo rigoroso. Non è facile ignorare tale sistema che scaturisce da un’indagine coerente dell’infinitamente piccolo, cosmo rarefatto ed impalpabile, quasi sull’orlo del nulla, oltre che da una convergenza con molte dottrine tradizionali, senza dimenticare alcune conferme empiriche.
Ne consegue che l’etica si può solo basare su un postulato della ragion pratica e su un rifiuto della teoria dell’universo olografico. Tale rifiuto implica l’elaborazione di un sistema dualista con tutte le aporie che le filosofie dualiste implicano, benché anche i modelli monisti (come la teoria dell’universo olografico) incorrano in sfide concettuali non meno ostiche.
Molti altri aspetti meriterebbero di essere almeno sfiorati: qual è la natura della dimensione onirica all’interno di un cosmo olografico? Come inscrivere i sogni nel Sogno? E’ possibile conciliare tale teoria con altre che attengono alla sfera fenomenica? Se sì, a quale prezzo? Dove si situa il male in questo asettico, perfetto disegno concettuale? Altri potrà provare a rispondere a questi ed altri quesiti vertiginosi che snocciolo come altrettante sciarade.
Va rilevato che questo sistema è l’unico, tra gli schemi scientifici, che tenta di inoltrarsi nel non-manifesto, di cui non sappiamo in verità nulla e sul quale si possono formulare solo ipotesi non falsificabili. Quindi da teoria scientifica tende a configurare una dottrina filosofica.
Alla fine, lo scetticismo di Pirrone, che andava a sbattere contro gli alberi, non disponendo di un criterio di verità da cui arguire che gli alberi esistono e che sono lì dove li vediamo, pare inevitabile. Infatti non sappiamo né possiamo sapere se l’albero esista né se sia lì né perché né come etc.
Il nostro tragico destino è quello di andare a sbattere contro la vita, assai più dura e ruvida degli alberi pirrroniani.
[1] Differente è la terminologia con cui i diversi scienziati individuano questo quid: ad esempio l’italiano Sergio Corbucci lo chiama “vuoto quantomeccanico”. Giustamente Luigina Marchese preferisce definirlo “nulla”: è il nulla, infatti, a partorire il tutto. Come ciò possa avvenire, in violazione del principio del terzo escluso, con l’equazione 0 = 1, non possiamo né comprendere né spiegare, ma è un dato che può essere solo constatato.
[2] L’essere è: nessuno ha mai chiarito in modo persuasivo “perché l’essere, invece del non essere”.
Qui un'ampia e perspicua descrizione della teoria.
Non approfondisco i capisaldi di tale teoria e di visioni contigue, perché li ho già discussi in parecchi articoli cui rimando, ma vorrei qui puntualizzarne alcune implicazioni.
E’ opportuna in primo luogo una riflessione linguistica: la materia è illusione (maya). Ora il termine “illusione” vale letteralmente “gioco interno” (da in e ludere): ne consegue che gli oggetti “là fuori” sono in verità nel nostro cervello. Nel cervello, che non è colpito dalla luce (fotoni), si formano le immagini delle cose che erroneamente collochiamo fuori di noi.
Sino a qui la teoria, pur contraria al senso comune che non solo distingue tra interno ed esterno, ma che attribuisce all’esterno autonomia rispetto alla coscienza, è ancora intuitiva. Diventa, però, contro-intuitiva nel momento in cui lo stesso cervello viene assimilato a tutti gli altri “oggetti”, poiché l’encefalo è visto come un elemento fallace proiettato da un quid che Bohm definisce “ordine implicito”.
Non è quindi il cervello a generare la “realtà”, ma una sorta di coscienza transpersonale: è come se Dio proiettasse le figure e gli eventi di un sogno (o incubo?). Figure ed eventi sono simulacri che gli uomini scambiano per oggetti e fatti “concreti”. Gli uomini si limitano ad osservare la pellicola quadridimensionale della creazione.
Vogliamo trarne alcune inevitabili conclusioni? Il libero arbitrio non esiste, giacché non è l’uomo con il suo cervello a generare una porzione di realtà, ma è un’unica coscienza (affine ad un elaboratore organico?) che la produce. Non solo, l’individuo non può in nessun modo incidere sugli avvenimenti e le cose. Ogni sua azione, sebbene egli non ne sia consapevole, è simile a quella di uno spettatore che in una sala cinematografica pensasse di poter interagire con gli attori del film, rivolgendosi loro, o di poter cambiare l’intreccio, magari tentando di strappare la pistola al marito-attore che sta per uccidere la moglie-attrice, rea di averlo tradito con un altro.
La teoria dell’universo olografico quindi consuona con la forma più radicale di fatalismo che si possa immaginare. Introdurre il concetto di libera volontà significherebbe disintegrarne la logica, dunque costruire un modello incompatibile con quello di cui in parola.
In questo modo l’etica risulta compromessa per due motivi: ogni azione è agita da Qualcos’altro estraneo al soggetto percipiente. Ogni azione plasma e modifica un mondo non solo già plasmato e modificato da un Altro, ma persino di per sé inconsistente ed inesistente. Intervenire su tale realtà è ininfluente, privo di significato morale, perché la realtà materiale non esiste. Parafrasando Dostoevskij, si potrebbe scrivere: “Se non esiste la materia, tutto è lecito”. E’ come se una persona fosse incarcerata per aver ucciso un suo nemico in un sogno! Come si può essere moralmente responsabili di aver assassinato un essere che è solo un’ombra?
Sono situazioni paradossali che, però, non si possono ignorare, se si vuole analizzare ed illustrare la teoria dell’universo olografico in modo rigoroso. Non è facile ignorare tale sistema che scaturisce da un’indagine coerente dell’infinitamente piccolo, cosmo rarefatto ed impalpabile, quasi sull’orlo del nulla, oltre che da una convergenza con molte dottrine tradizionali, senza dimenticare alcune conferme empiriche.
Ne consegue che l’etica si può solo basare su un postulato della ragion pratica e su un rifiuto della teoria dell’universo olografico. Tale rifiuto implica l’elaborazione di un sistema dualista con tutte le aporie che le filosofie dualiste implicano, benché anche i modelli monisti (come la teoria dell’universo olografico) incorrano in sfide concettuali non meno ostiche.
Molti altri aspetti meriterebbero di essere almeno sfiorati: qual è la natura della dimensione onirica all’interno di un cosmo olografico? Come inscrivere i sogni nel Sogno? E’ possibile conciliare tale teoria con altre che attengono alla sfera fenomenica? Se sì, a quale prezzo? Dove si situa il male in questo asettico, perfetto disegno concettuale? Altri potrà provare a rispondere a questi ed altri quesiti vertiginosi che snocciolo come altrettante sciarade.
Va rilevato che questo sistema è l’unico, tra gli schemi scientifici, che tenta di inoltrarsi nel non-manifesto, di cui non sappiamo in verità nulla e sul quale si possono formulare solo ipotesi non falsificabili. Quindi da teoria scientifica tende a configurare una dottrina filosofica.
Alla fine, lo scetticismo di Pirrone, che andava a sbattere contro gli alberi, non disponendo di un criterio di verità da cui arguire che gli alberi esistono e che sono lì dove li vediamo, pare inevitabile. Infatti non sappiamo né possiamo sapere se l’albero esista né se sia lì né perché né come etc.
Il nostro tragico destino è quello di andare a sbattere contro la vita, assai più dura e ruvida degli alberi pirrroniani.
[1] Differente è la terminologia con cui i diversi scienziati individuano questo quid: ad esempio l’italiano Sergio Corbucci lo chiama “vuoto quantomeccanico”. Giustamente Luigina Marchese preferisce definirlo “nulla”: è il nulla, infatti, a partorire il tutto. Come ciò possa avvenire, in violazione del principio del terzo escluso, con l’equazione 0 = 1, non possiamo né comprendere né spiegare, ma è un dato che può essere solo constatato.
[2] L’essere è: nessuno ha mai chiarito in modo persuasivo “perché l’essere, invece del non essere”.
Qui un'ampia e perspicua descrizione della teoria.
Profeta, non pubblico il tuo contributo, poiché non voglio dar spazio, anche se in modo indiretto, a certo laidume. Il forum che segnali è una sentina in cui sguazzano pure alcuni liceali buoni per la Gehenna.
RispondiEliminaCiao
Il profeta ha scritto:
RispondiElimina"Analisi impeccabile come sempre:) PS: Ho trovato girando sul web un forum retto da degli utenti che si spacciano per tuoi studenti, in questo forum vi è una sezione che parla proprio di tuo fratello e del comitato Tanker enemy, sono solo impostori o sono davvero tuoi studenti?"
Se accusiamo i nostri preti cristiani di aver approfittato della povera gente, dobbiamo accusare anche i preti indù di aver fatto la stessa cosa (ho letto critiche anche nei confronti dei Lama tibetani). Ovvero, la rassegnazione tipica degli indù, che li porta all’immobilismo e ad accettare di essere nati paria o altra categoria infima della società, senza immaginare possibile qualsivoglia rivendicazione sindacale, è altamente funzionale al potere delle caste superiori, che sono quelle che comandano e che godono di privilegi.
RispondiEliminaNoi occidentali abbiamo sempre criticato le caste e l’immobilismo di natura religiosa derivante dall’induismo, anche se questo non ha impedito all’India di diventare una potenza economica mondiale. Io mi unisco alle medesime critiche.
Non vorrei che le teorie quantistiche che vanno tanto di moda oggi (Corbucci, Bohm, ecc.) tendano a insinuare l’idea che la rassegnazione è cosa bella e necessaria e che non si può fare nulla per cambiare le cose. Anche sul web noto questa tendenza all’immobilismo.
Siamo scimmie. Abbiamo gli occhi frontali per distinguere i rami degli alberi e per valutarne le distanze, onde spiccare salti che non facciamo più da qualche milione d’anni. Se fossimo cervi, avremmo occhi laterali per osservare se si sta avvicinando un predatore. Il nostro cervello, di cui gli occhi sono un’estensione, si è evoluto in sintonia con l’ambiente circostante, fatto di materia. Anche se vediamo gli alberi in una certa maniera, mentre le api li vedono in modo diverso, non significa che la materia non esista. Sia noi che le api, se corriamo contro un albero, ci facciamo male perché siamo entrambi animali terrestri, nati e cresciuti su questo pianeta. La Terra è fatta così. Non abbiamo bisogno d’altro, né dobbiamo andare a….cercare rogne.
Bohm e Dick possono dire quello che vogliono. E anche Pirrore. Tutto ciò che io posso fare per loro è porgergli la cassetta del pronto soccorso.
Quale essere ci lega le taglia le palpebre e ci obbliga ad assistere a tale visione, quale essere ci imprigiona in questa "realtà"? A quale scopo?
RispondiEliminaZret, non dovresti provare tanto odio per dei simulacri! L'odio è una debolezza per il volgo, è riservato alla massa acefala!
RispondiEliminallsk, belle domande che non hanno risposta. Qual è lo scopo? Qual è il senso? Forse non esistono, se non come interpretazioni a posteriori.
RispondiEliminaCiao
Ken, l'articolo è del tutto scevro di odio. Non so a che cosa tu ti riferisca. Non confondere, però, il disdegno con l'astio.
RispondiEliminaCiao
Freeanimals, metti molta carne al fuoco. Ho trattato i problemi che sollevi in molti articoli e qui non li riprendo, ma mi limito, per esempio, a citarti il testo La materia è un'illusione? Non si può dimostrare né che lo sia né che non lo sia. Stesso discorso vale per il libero arbitrio.
RispondiEliminaCiao
In altri articoli ho tentato di stabilire come si possa considerare la realtà materiale. E' necessario, però, chiedersi se, per caso, il mondo fenomenico non abbia, in contrasto con quanto si ipotizzava, una sua autonomia. Che cos'è dunque il “reale”? Un pensiero cristallizzato? Un quid che è sfuggito alla Mente simile ad una forma-pensiero di cui si è perso il controllo? Se il reale è apparente, lo possiamo ritenere un'illusione di primo grado, da cui si possono generare illusioni di secondo grado (cinema, arte iconica, "realtà" virtuale, ologrammi...). Attesa la fallacia ed inconsistenza delle illusioni di secondo grado, evanescenti chimere, resta da stabilire per quale motivi, invece, i fenomeni caduchi, collocati nello spazio-tempo, appaiano tanto concreti.
RispondiEliminaE' forse la nostra abitudine a concepire il “reale” reale a conferirgli tale concretezza e tangibilità o è un Nous a proiettare il film in cui gli attori recitano un ruolo, senza sapere che stanno recitando e che sono fotogrammi? Il movimento dei fotogrammi (lo scorrere del tempo) è solo un altro inganno sensoriale. Sebbene sia contrario al senso comune, è probabile che il mondo sia (è la linea di pensiero da Platone a Bohm) poco più di un'apparenza.
Ci muoviamo ed interpretiamo un dramma, simili ad ombre cinesi stagliate su un fondo: il dramma, alla fine, è finzione e fiction. Più che un film, a volte, appare un videogioco, con differenti quadri, con ruoli precisi e regole, ignote, però, quasi sempre ai giocatori.
E' possibile che Maya abbia, invece, una sua sostanza, basata su spazio, tempo e “leggi” di natura, come pensano alcuni cosmologi? Se ciò fosse vero, sarebbe il risultato di un progetto o di un errore? L’errore potrebbe consistere nell’aver permesso ad altre menti di plasmare porzioni dell’universo, secondo schemi imperfetti. In questo modo si spiegherebbe la prevalenza del Male in un pianeta come la Terra.
La manifestazione dell'essenza è quanto mai misteriosa e polimorfa, in bilico tra l'essere, (sebbene sia un essere sconfinante nell'esistenza), ed il nulla.
Come un Mandala, il reale, definisce un intrico di figure, colori, dimensioni, ma, come un Mandala è un'immagine effimera, destinata ad essere distrutta.
Ad onor del vero, molti fisici tentano di salvare il libero arbitrio, sebbene con acrobazie incredibili.
RispondiEliminaSecondo un fisico belga, la fisica quantistica è DEL TUTTO inconciliabile con la libertà. Libet è d'accordo.
Un filosofo come Nietzsche definiva il libero arbitrio "un'illusione vitale".
Certo, la morale, senza libero arbitrio, si scioglie come neve al sole, ma talora ho l'immpressione che la nostra capacità di influire sugli eventi sia pari a zero, immobilismo o no, lila o no.
Ciao
Mi piacerebbe sapere, Freeanimals, da che cosa dipende questa tua "fede" nell'esistenza della materia.
RispondiEliminaCiao
Libero arbitrio??
RispondiEliminaUna lettura secondo me molto interessante e importante... anzi due...
Il primo La Filosofia di Libertà di Steiner … lo trovi in rete.
Il secondo:
I libri pubblicati di Krishnamurti e Bohm,frutto dei loro incontri.
http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/ordine-implicato-teoria-bohm-krishnamurti.php
http://www.olistica.tv/Default.aspx?tabid=36&EntryID=809
“Mi piacerebbe sapere da che cosa dipende questa tua "fede" nell'esistenza della materia”
RispondiEliminaNon vorrei deluderti, Zret, ma non riesco a starti dietro.
Dici: “è probabile che il mondo sia poco più di un'apparenza”.
Come si fa ad affermare una cosa del genere?
Gli atomi esistono e poco importa se si presentano di volta in volta come onde o come particelle. Esistono e basta.
Siamo animali a base carbonio. Abbiamo i sensi che ci permettono di esplorare e interagire con l’ambiente. Perché dovrebbe essere tutta un’illusione? Platone si poteva permettere di dire tutte le stupidaggini che gli venivano in mente: lui era il grande Platone. Chi poteva reggere il confronto?
Il dolore esiste, nel momento in cui la preda viene afferrata dal predatore ed esistono anche le endorfine che ne attenuano il trauma. Il dolore non è illusorio. Non è una semplice idea.
La morte esiste. Quando un uomo muore la sua anima muore con lui, perché lui è un’anima. Non sopravvive niente.
Perché? Non lo so! Ma poi, perché dovrebbe sopravvivere qualcosa?
Se dovesse sopravvivere l’anima umana, anche l’anima dei miliardi di zanzare morte fino a questo momento deve sopravvivere da qualche parte, ovvero nello stesso posto dove confluiscono le anime umane e il compito delle anime delle zanzare è quello di pungere le anime umane.
Se non è credibile che le zanzare abbiano l’anima, perché deve essere credibile che l’uomo abbia un’anima? I soliti privilegiati? I soliti raccomandati?
Dici: “L’errore potrebbe consistere nell’aver permesso ad altre menti di plasmare porzioni dell’universo”
Le menti plasmano l’universo? Da quando in qua? Per farlo devono essere anteriori all’universo stesso e immagino che debbano esistere al di fuori di qualunque cervello. Menti vaganti, senza spazio né tempo, magari annoiate, con una gran voglia di creare l’universo. E siccome volevano fare le cose in grande, ne hanno fatto uno (o più di uno) di vastissime proporzioni. Così, tanto per fare qualcosa.
Queste menti creatrici, poi, si sono distribuite e infiltrate nei corpi di trilobiti, dinosauri, felci arboree e scimmie antropomorfe. Così, tanto per fare qualcosa che le distraesse dalla noia mortale in cui stagnavano.
E’ così che è andata? Ci sono filosofi che hanno partorito tali elucubrazioni?
Non c’è nessun Dio. Non c’è nessuna anima. C’è la materia multiforme. Mi rifiuto di chiedermi chi ce l’ha messa. C’è e basta. Quello che mi turba è perché gli uomini sono così cattivi, ma so che il mio turbamento è condizionato dal fatto che il mio pensiero morale fa parte della degenerazione della nostra specie, in quanto se fossimo rimasti scimmie arboricole, non ci saremmo dotati del senso del bene e del male, che mi fa vedere il dolore e l’ingiustizia subita dalle vittime là dove, in natura, non ci sarebbe ingiustizia ma solo dolore funzionale e necessario.
E’ perché siamo avulsi dagli ecosistemi che vediamo il male nel dolore, nell’ingiustizia e nella morte. Se Breivik si fosse acceso un fuoco sull’isola e avesse arrostito i cadaveri dei ragazzi per cibarsene, non ci sarebbe stata violenza o ingiustizia, ma solo predazione intraspecifica. Cannibalismo. Come usavano i nostri antenati.
Materia che divora altra materia, direbbe Ceronetti.
Ciao e scusa se sono stato troppo esplicito.
Freeanimals, fu Moravia a scrivere che l'universo era stato creato da Dio perché si annoiava e che la noia è il motore di tutte le azioni. E' una teologia noiosa, ma tant'è...
RispondiEliminaI fotoni sono particelle prive di massa (così affermano): come può esistere qualcosa privo di massa? La materia senza massa dove finisce? Molti aspetti non quadrano, anche solo considerando i fenomeni.
Il tuo discorso, che è coerente al suo interno si basa sul presupposto indimostrato ed indimostrabile che la materia produce il pensiero, la coscienza, dunque l'involuzione. E' un discorso che si può condividere come rifiutare.
Tempo fa, lessi il commento di un disinformatore che chiosava: "Come se nel momento in cui io non percepisco l'America, l'America non esistesse!" Ebbene, potrebbe essere proprio così, come aveva pensato Berkeley. Soli in un universo illusorio, un ologramma sanguinante.
Comprendo, però, che questi sembrano filosofemi ed assurdità, ma a volte l'inverosimile è reale.
Vero è che nessuno può avere l'ultima parola su temi ontologici, sebbene io sia propenso ad abbracciare un dualismo debole: Mente e Materia, con la materia come estensione della prima.
Ciao
Nienteecomesembra, Steiner intriduce il concetto di libertà senza neanche provare a dimostrarlo. E' operazione legittima, ma per nulla filosofica, bensì tautologica. Ciò precisato, il suo sistema quadra, ma si basa su una petizione di principio.
RispondiEliminaCiao
Hai letto il libro?
RispondiEliminaNienteecomesembra, avevo già letto il libro di Steiner di cui ricordavo poco. Lo sto quindi rileggendo, ma tra tutti i testi del filosofo austriaco mi pare il più apodittico. Ad esempio, un'affermazione del genere: "Quel che distingue l'uomo da tutti gli altri esseri organici, è il suo pensiero razionale" mi sembra una petizione di principio. Che cos'è la razionalità? Perché l'uomo la possiede e gli altri animali no? Perché se l'uomo è razionale, la storia umana non lo è?
RispondiEliminaComunque mi riservo di formulare un giudizio più esteso, dopo aver riletto il saggio.
Ciao
Freeanimals, non sarei così assolutista, ad esempio, asserendo che Dio e l'anima non esistono. Io direi che non lo sappiamo, ma che possiamo e dobbiamo tentare di gettare un barlume.
RispondiEliminaCiao
"Perché se l'uomo è razionale, la storia umana non lo è? "
RispondiEliminaPerché se Dio e anima esistono, sono così alieni dalla nostra realtà materiale? Perché Dio, come gli extraterrestri, gioca a nascondino con noi? Perché ci siamo messi in testa di aver bisogno di un'anima immortale? Forse perché ci scoccia lasciare questo paradiso/inferno di delizie.
Come abbiamo inventato l'anima immortale perché ci scocciava morire, così abbiamo inventato Dio perché dovevamo trovare una giustificazione alla nostra superiorità/prepotenza sugli altri animali. Lo ha detto anche Milan Kundera.
Siccome i due pregiudizi, Dio e anima, durano da secoli, se non da millenni, ci è difficile credere che non siano veri. Un po' come dire che una menzogna diventa verità se è creduta e ripetuta da milioni di persone. Oppure, mi si perdoni la volgarità, la merda è cibo ottimo e salutare, dal momento che milioni di mosche non possono sbagliarsi.
Quando partiremo coraggiosamente dal presupposto che l'uomo creò Dio a sua immagine e somiglianza, allora anche le conseguenze logiche saranno valide. Altrimenti, se il presupposto è sbagliato anche le deduzioni sono sbagliate.
Non sono d'accordo sul punto in cui si dice che il fatto che il cervello faccia parte dell' illusione, implichi necessariamente una mancanza di libero arbitrio: se c'è la coscienza dietro, perché necessariamente negarle il libero arbitrio? In fondo è, probabilmente, proprio quella coscienza ad essere la creatrice del tutto. Può una coscienza creatrice non avere libero arbitrio?
RispondiEliminafacile è prendersi gioco del Dio biblico poichè è poco credibile. Altra cosa è asserire la non esistenza di una sostanza/principio unico.
RispondiEliminaNon confondiamo le rappresaglie bibliche di Yaweh con la possibile discussione su Dio.
Siamo abbastanza adulti da capire che la bibbia non parla di Dio.
Il libero arbitrio è una mera illusione. Quale libero arbitrio può aver avuto (porto un esempio) quel neonato che muore in un incidente d'auto, schiacciato tra il cruscotto e la madre che lo teneva in braccio? Nessuno. In egual modo un adulto che opera in mille modi nel vano tentativo di contrastare gli eventi, alla fine ha la conferma che egli ha lo stesso libero arbitrio del neonato di fronte ad un destino già scritto.
RispondiEliminaSe giudichiamo la vita dal vissuto di un giorno solo , nulla si spiega... il concetto di tantevite e di interconessioni è formdamentale per aprire altri orizzonti di riflessione... ma non in forma semplicistica...
RispondiEliminaNascere dal nulla e finire nel nulla non pare molto probabile osservando la natura.
Tutto si trasforma, in eterno... cambia forma.
Per Freeanimals... forse ti può interessare.
Prof. Vittorio Marchi Le chiavi dell' Universo fisico e spirituale.
http://www.youtube.com/watch?v=mtkDDCvwrxw
8 gennaio 2011 dal mio blog:
RispondiElimina"Il libero arbitrio è un errore. Esso è un trucco dei teologi che così facendo mirano a rendere l’umanità responsabile delle proprie condizioni di vita.
Se la libertà di agire è propria dell’uomo e questa libertà può condurlo al bene o al male, allora la falsità del libero arbitrio è proprio nella volontà di rendere l’uomo punibile per il male commesso, giudicabile secondo criteri morali.
Con il libero arbitrio “i sacerdoti posti al vertice delle antiche comunità vollero crearsi un diritto di irrogare delle pene”, ma in realtà nessuno è responsabile di alcunché, è la vita che decide per l’uomo.
“Nessuno dà all’uomo – né Dio, né la società, né i suoi genitori e antenati, né lui stesso – le sue proprie caratteristiche”.
Freeanimals, il tuo è un materialismo e, come tutti i monismi, non è privo di punti deboli. Il suo tallone d'Achille è il seguente: se tutto è natura e materia, da che cosa dipende l'affiorare della coscienza, del pensiero, ossia l'involuzione-"evoluzione" umana?
RispondiEliminaComunque le tue idee sono esposte con coerenza e le rispetto, anche se non le condivido in toto. Circa l'anima, essa fu inventata (invenire?) da Platone. Nel cRistianesimo fino al II secolo, non si sapeva neanche che cosa fosse.
Ciao
Stesepu, chiedi: "Può una coscienza creatrice non avere libero arbitrio?" Ovviamente no. Il fatto è che questa Coscienza ingloba in sé le coscienze, secondo il principio olografico per cui la parte ripete il tutto. E' come se un attore che recita un copione dicesse io sono libero, mentre è il regista che ha deciso tutto. Egli può solo interpretare: ecco il "libero" arbitrio è la possibilità di interpretare.
RispondiEliminaIn altre parole la Coscienza creatrice crea tutto nell'istante atemporale e le coscienze individuali sono pensieri pensati dalla Mente. Si pensi all'Intelletto agente della filosofia araba.
Ciao
Wlady, scrivi che è "la vita che decide per l'uomo". I Greci lo chiamavano Fato e rinunciarono a quell'idea, quando furono incantati dai sofismi dei filosofi razionali.
RispondiEliminaCiao
Mi pare che l'argomento di Straker non sia scevro di efficacia. Schopenauer sarebbe d'accordo con lui.
RispondiEliminascusate, ma da Heisemberg in poi non si era detto che il solo osservarlo modificava un fenomeno? non è questo un libero arbitrio all'ennesima potenza? senza citare la pur discussa legge d'attrazione
RispondiEliminaEsseelle, il principio di indeterminazione di Heisenberg, sebbene sia in contrasto con il meccanicismo della fisica classica, delinea una situazione probabilistica che non è necessariamente conforme al concetto del libero arbitrio. Va precisato che l'osservazione è anche quella strumentale e non so se uno strumento possa essere dotato di libertà. A ben vedere, Heisenberg nota che è impossibile stabilire contemporaneamente la quantità di moto di una particella e la sua posizione. Non so fino a che punto tale indeterminazione consuoni con il libero arbitrio.
RispondiEliminaBisogna ammettere che l'argomento è complesso e non si può essere categorici.
Circa la legge dell'attrazione, ritengo che sia un potente magnete per attrarre i soldi di chi acquista libri e cd su tale argomento.
Ciao
Ciao carissimo Zret, (ottimo e sincronico post... giusto poche ore fa scrivevo dell'argomento in una "nuvoletta").
RispondiEliminaA mio modesto parere, l'universo olografico è la chiave di tutto. Hai ragione tu, quando dici che non esiste il libero arbitrio, ma allo stesso momento sostengo che siamo creatori della nostra realtà. Come è possibile che coesistano questi aspetti? Semplice (si fa per dire) perché il nostro destino è stato "da noi" scelto prima dell'inizio della vita. Non sono le cause a provocare l'effetto, ma il "fine". Ovviamente abbiamo perso memoria di quel momento, forse a causa del bacio dell'angelo della dimenticanza, ma la nostra anima ha deciso un obiettivo, un traguardo che possiamo raggiungere attraverso una scelta tra milioni di strade. Siamo come una macchina che viaggia nella notte. I fari illuminano il percorso e siamo convinti che la strada la creiamo in quell'istante, ma la strada c'è già.
Il guaio è che siamo "scissi" dalla nostra anima, l'unica che conosce la strada, e non sentiamo la sua guida. Così, prendiamo strade sbagliate suggerite dalla nostra mente razionale, ma deleterie per il nostro cammino. E questo provoca sofferenze e malattie.
Un abbraccio!
Carissimo Giuseppe, hai contribuito a mettere a fuoco un tema di comlessità inaudita, con la tua rivoluzione copernicana. Riesci quasi nella missione impossibile di conciliare libertà e destino. In verità, se si pensa che tutto è già acaduto nell'istante atemporale, resta ben poco spazio per la libertà. La tua ipotesi pressuppone che l'universo abbia un fine e tenda verso la perfezione, ma mi sta frullando un'altra idea, per ora molto confusa nella mente, la cui genesi è dipesa da una riflessione sulle piante. Si tratta di una riflessione che implica, come nel tuo commento, una rivoluzione copernicana.
RispondiEliminaPer ora non aggiungo altro. Se potrò, ci scriverò qualcosa.
Ciao e grazie.
se non ci fosse nessun libero arbitrio perché si dannerebbero tanto a intensificare le scie chimiche che vogliono trasformarci in automi?
RispondiEliminaTutti agiscono, Corrado, come se il libero arbitrio esistesse. La dimostrazione più efficace e stringente dell'illusorietà della libertà umana è offerta da Schopenauer nel "Mondo come volontà e rappresentazione".
RispondiEliminaAmmetto, però, che il tema è spinoso e forse non dirimibile.
Ciao
Superbo.
RispondiElimina