Leggi qui la prima parte.
L’ampio stralcio riportato sciorina alcuni portenti che sono non di rado descritti dagli scrittori antichi: alcuni fatti meravigliosi, che attrassero l’attenzione di Giuseppe Flavio, ricordano analoghi fenomeni raffigurati da Livio, Plinio il Vecchio, Seneca, Giulio Ossequente, Ammiano Marcellino… solo per citare autori latini. Bisogna chiedersi se lo storico ebreo sia fededegno: anche se egli mirò ad ingraziarsi i Flavi, da cui era stato beneficato, non rinunciando ad una coloritura polemica, allorquando vuole mettere in cattiva luce i nazionalisti ebrei, non si può concludere che Giuseppe Flavio fu testimone e cronista inattendibile. Le sue opere, alcune scritte a ridosso degli eventi narrati, paiono piuttosto scrupolose e, nei limiti delle esigenze narrative ed ideologiche, spassionate. [1]
Vediamo quali sono i mirabilia su cui si sofferma Giuseppe Flavio per compierne poi una scorsa.
- Un astro a forma di spada ed una cometa che durò un anno, apparsi nel cielo di Sion
- Uno splendore che circonda il tempio
- Una mucca che dà alla luce un agnello
- La pesante porta orientale del tempio che si apre da sola
- Carri da guerra e schiere di armati che, sbucando dalle nubi, attorniavano Sion
- Una scossa ed un colpo, quindi un insieme di voci che annunciarono: “Da questo luogo noi andiamo via”
La stella a forma di spada, insieme con la cometa che fu vista per un intero anno, potrebbe essere un corpo celeste. E’ plausibile che la cometa fu un fenomeno naturale, mentre l’astro simile ad un gladio potrebbe essere ricondotto ad un U.F.O.
Il fulgore che attornia il tempio forse provenne da una sorgente nel cielo, ma è assai arduo pronunciarsi sulla sua origine e natura.
La mucca che partorisce un agnello è un prodigio che ricorda analoghi monstra, segnalati soprattutto da Livio nell’”Ab Urbe condita libri”, come la porta del tempio che si apre da sola.
I carri e le schiere di armigeri in cielo sono le tipiche rappresentazioni, sia letterarie sia iconografiche, di presunti ordigni non identificati. In numerose altre fonti antiche e medievali, con l’espressione “carro di fuoco” si indicano mirabolanti veicoli che furono scorti incrociare nel cielo.
La scossa ed il colpo (un boato?) precedono la conturbante frase: “Da questo luogo noi andiamo via”. La vibrazione ed il colpo furono causati dal repentino spostamento di un grosso mezzo aereo?
L’interpretazione clipeologica di alcuni portenti è probabilmente grossolana, anche se ancorata alla lettera del testo ed all’inevitabile tendenza degli uomini dei secoli passati a tradurre, per mezzo di un vocabolario aderente al loro immaginario ed alla loro cultura, “cose” straordinarie. Così la percezione di presunti strumenti tecnologici fu forse resa tramite designazioni tratte dal linguaggio dell’astronomia (la cometa), della vita quotidiana, della guerra (carri, le schiere di soldati) etc.
Non si può escludere, però, che siamo al cospetto di spettacoli e circostanze preternaturali, a tracce di un’irruzione nel mondo sublunare per opera di presenze “altre”, rappresentate attraverso le risorse lessicali cui si è accennato sopra.
La voce di commiato rammenta, mutatis mutandis, l’enigmatico accento che, secondo Plutarco, echeggiò durante il regno di Augusto, quando un navigatore udì sul mare: “Il grande dio Pan è morto”. Il grido, segno del tramonto di un’era e di una civiltà, si confonde con il congedo che ignote entità presero da Gerusalemme.
Allora gli déi (o gli “déi”?) si allontanarono dalla Terra e dai suoi abitanti. Definitivamente?
[1] Giuseppe Flavio fu un ebreo osservante della Torah, vicino al movimento dei Farisei ed ostile ai gruppi sciovinisti (Zeloti e Sicari). Durante la prima guerra giudaica (66 d.C.) ricoprì la carica di governatore militare della Galilea. Quando i rivoltosi compresero che erano perduti, si uccisero in massa. Giuseppe riuscì a rimanere vivo e si consegnò ai Romani. Si incontrò con Tito Flavio Vespasiano, allora generale, cui predisse che sarebbe diventato imperatore: Vespasiano, destinato veramente a diventare principe, gli risparmiò la vita e Giuseppe si legò alla Gens Flavia.
Fonti:
M. Biglino, Il Dio alieno della Bibbia, 2011, p. 224
Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2005, s.v. Giuseppe Flavio, Pan
L’ampio stralcio riportato sciorina alcuni portenti che sono non di rado descritti dagli scrittori antichi: alcuni fatti meravigliosi, che attrassero l’attenzione di Giuseppe Flavio, ricordano analoghi fenomeni raffigurati da Livio, Plinio il Vecchio, Seneca, Giulio Ossequente, Ammiano Marcellino… solo per citare autori latini. Bisogna chiedersi se lo storico ebreo sia fededegno: anche se egli mirò ad ingraziarsi i Flavi, da cui era stato beneficato, non rinunciando ad una coloritura polemica, allorquando vuole mettere in cattiva luce i nazionalisti ebrei, non si può concludere che Giuseppe Flavio fu testimone e cronista inattendibile. Le sue opere, alcune scritte a ridosso degli eventi narrati, paiono piuttosto scrupolose e, nei limiti delle esigenze narrative ed ideologiche, spassionate. [1]
Vediamo quali sono i mirabilia su cui si sofferma Giuseppe Flavio per compierne poi una scorsa.
- Un astro a forma di spada ed una cometa che durò un anno, apparsi nel cielo di Sion
- Uno splendore che circonda il tempio
- Una mucca che dà alla luce un agnello
- La pesante porta orientale del tempio che si apre da sola
- Carri da guerra e schiere di armati che, sbucando dalle nubi, attorniavano Sion
- Una scossa ed un colpo, quindi un insieme di voci che annunciarono: “Da questo luogo noi andiamo via”
La stella a forma di spada, insieme con la cometa che fu vista per un intero anno, potrebbe essere un corpo celeste. E’ plausibile che la cometa fu un fenomeno naturale, mentre l’astro simile ad un gladio potrebbe essere ricondotto ad un U.F.O.
Il fulgore che attornia il tempio forse provenne da una sorgente nel cielo, ma è assai arduo pronunciarsi sulla sua origine e natura.
La mucca che partorisce un agnello è un prodigio che ricorda analoghi monstra, segnalati soprattutto da Livio nell’”Ab Urbe condita libri”, come la porta del tempio che si apre da sola.
I carri e le schiere di armigeri in cielo sono le tipiche rappresentazioni, sia letterarie sia iconografiche, di presunti ordigni non identificati. In numerose altre fonti antiche e medievali, con l’espressione “carro di fuoco” si indicano mirabolanti veicoli che furono scorti incrociare nel cielo.
La scossa ed il colpo (un boato?) precedono la conturbante frase: “Da questo luogo noi andiamo via”. La vibrazione ed il colpo furono causati dal repentino spostamento di un grosso mezzo aereo?
L’interpretazione clipeologica di alcuni portenti è probabilmente grossolana, anche se ancorata alla lettera del testo ed all’inevitabile tendenza degli uomini dei secoli passati a tradurre, per mezzo di un vocabolario aderente al loro immaginario ed alla loro cultura, “cose” straordinarie. Così la percezione di presunti strumenti tecnologici fu forse resa tramite designazioni tratte dal linguaggio dell’astronomia (la cometa), della vita quotidiana, della guerra (carri, le schiere di soldati) etc.
Non si può escludere, però, che siamo al cospetto di spettacoli e circostanze preternaturali, a tracce di un’irruzione nel mondo sublunare per opera di presenze “altre”, rappresentate attraverso le risorse lessicali cui si è accennato sopra.
La voce di commiato rammenta, mutatis mutandis, l’enigmatico accento che, secondo Plutarco, echeggiò durante il regno di Augusto, quando un navigatore udì sul mare: “Il grande dio Pan è morto”. Il grido, segno del tramonto di un’era e di una civiltà, si confonde con il congedo che ignote entità presero da Gerusalemme.
Allora gli déi (o gli “déi”?) si allontanarono dalla Terra e dai suoi abitanti. Definitivamente?
[1] Giuseppe Flavio fu un ebreo osservante della Torah, vicino al movimento dei Farisei ed ostile ai gruppi sciovinisti (Zeloti e Sicari). Durante la prima guerra giudaica (66 d.C.) ricoprì la carica di governatore militare della Galilea. Quando i rivoltosi compresero che erano perduti, si uccisero in massa. Giuseppe riuscì a rimanere vivo e si consegnò ai Romani. Si incontrò con Tito Flavio Vespasiano, allora generale, cui predisse che sarebbe diventato imperatore: Vespasiano, destinato veramente a diventare principe, gli risparmiò la vita e Giuseppe si legò alla Gens Flavia.
Fonti:
M. Biglino, Il Dio alieno della Bibbia, 2011, p. 224
Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2005, s.v. Giuseppe Flavio, Pan
Già altre volte gli déi abbandonarono gli umani al loro destino, almeno in apparenza, si nascosero alla vista; Adda Guppi era una sacerdotessa sumera del dio Sin, che lamentava la partenza degli déi nel 510 a.C.
RispondiEliminaUn altro evento fu quello di Ra/Marduk, anche lui nel 2160 a.C. periodo abbastanza caotico in Egitto, venne esiliato per almeno mille anni, separando l'antico regno dal medio regno.
Proprio questo fatto significativo ha fatto si che il nome di Ra/Marduk, divenne AMON/RA (Amomon, Amen), nome epiteto che significa invisibile, o anche colui che è nascosto.
Se è vero che ad ogni 3600 anni, un sistema planetario che viene definito Nibiru, che passa tra Marte e Giove, allora si può timidamente dedurre che la civiltà sulla Terra, è sorta e ricaduta più volte nei millenni passati, ricominciando da capo; se tutto questo coincide, allora possiamo ipotizzare l'arrivo e la partenza degli déi visitatori, che potrebbero suffragare gli scritti di Flavio.
Molto interessante il libro del Professore Biglino, la sua analisi delle cronache del passato, si incastrano molto bene sugli scritti di Zacharia Sitchin.
Sto per riportare sul mio blog la lamentazione della sacerdotessa sumera Adda Guppi, la quale lamentava la partenza del dio Sin, e del suo impegno a mantenere il tempio degli déi del passato.
La vicenda che andrò a scrivere parlerà di Harran, dove YHAWH aveva incontrato Abramo e scelto per un'audace missione.
wlady
Contributo di grande spessore, Wlady.
RispondiEliminaNibiru potrebbe essere il simbolo di un cambiamento ciclico. Pare che incombano eventi che condurranno di nuovo l'umanità sull'orlo del baratro.
Ciao
Anche gli Antichi si interessavano molto ai fenomeni strani ed insoliti che loro denominavano a volte 'sémeia kai terata' ovvero 'segni e prodigi'.
RispondiEliminaInsomma erano cultori di fenomeni fortiani 'ante litteram'. Ovviamente anche i Vangeli - canonizzati e non - sono imperniati sul gusto dello strano, dell'inusitato se non addirittura del fantastico. Altrimenti quale il loro scopo se non il continuo tentativo di 'épater le bourgeois'?
Vatti a capire! L'umana natura, da quando è precipitata in questa grama e grigia dimensione, ha spesso coltivato il piacere di raccontare fatti - reali? immaginati? fantasticati? - che costituiscono delle deroghe alla squallida routine dell'esistenza ordinaria.
Gli Antichi avevano senz'altro ragione. Il problema sarebbe quello di conoscere se i fatti strani che andavano raccontando erano eventi più o meno reali o parti assoluti della loro fantasia.
Paolo, dal tuo sostanzioso contributo, mi piace enucleare il riferimento alla caduta dell'Adam Kadmon in questa dimensione atroce, motosa e stagnante. Perché accadde ciò? Chi lo decise? Fu fatale? Quando comincerà l'anabasi ed a quale prezzo avverrà la reintegrazione, se mai avverrà?
RispondiEliminaCiao