30 marzo, 2012

Attesa

Che cosa attendiamo sotto il cielo polveroso? Pallide ombre, come vele ammainate, soffocano i colori, mentre il vuoto ci dilania. Che cosa attendiamo? Qui ogni istante è supplizio e la fine s'incolla al principio.

Nel viale i platani tendono le braccia nude, aspettando le rondini. Invano: quest'anno, nell'arida traccia del vento, moriranno gli ultimi suoni.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

25 marzo, 2012

11 febbraio 2012: un monstrum a Mortegliano

11 febbraio 2012. Sabato sera. Leonard D’Andrea, ventiquattro anni, operaio chimico che vive a Codroipo, sta rientrando da Palmanova a Codropio. Sono le 23.20 – come racconta D’Andrea – quando arriva all’altezza della nuova rotatoria di Mortegliano. Vede alcune auto ferme. Il giovane scende dalla sua vettura e... "Davanti a me c’era una strana creatura che camminava lungo la strada. Era alta, molto alta, forse quatrro metri. Ho preso la torcia e l’ho illuminata e ho notato, essendo di schiena, che nella parte posteriore delle gambe c’era come un groviglio di tendini. La testa aveva una forma tondeggiante che terminava quasi a cono. Ho provato a telefonare ed a scattare foto, ma il cellulare era inservibile. Questa “creatura” camminava lungo la strada incurante delle auto. […]. All’improvviso, quando è sopraggiunta un’auto dalla direzione di Codroipo e ha cominciato a lampeggiare e a suonare il clacson, la ‘creatura’ si è dileguata nel buio. Spero che gli altri testimoni si facciano vivi”.

Del caso si è subito interessato l’ufologo Antonio Chiumento che ha raccolto la testimonianza del giovane e cercato riscontri: sembra ne abbia reperito uno, ossia un messaggio di posta elettronica ricevuto da un allevatore di struzzi abitante in zona. Costui avrebbe notato che il recinto del suo allevamento “era stato aperto e che una ‘persona’ molto, molto alta camminava nei campi adiacenti la casa. L’uomo ha girovagato per diversi minuti. Ho provato a telefonare al 113, ma la linea era muta. Poi ‘quello’ è scomparso in lontananza”.

Come avviene spesso in simili circostanze, le indagini successive, invece di gettare luce sull’incontro ravvicinato, hanno intorbidato le acque e prodotto una ridda di polemiche, sberleffi, speciosi dibattiti… Più il tempo passa e più l’episodio si complica con fantomatiche fotografie della creatura, depistaggi, accuse, smentite. Come è ovvio, l’attenzione si è focalizzata sul teste (ma pare che non sia l’unico ad aver visto il gigante) per tentare di stabilirne la sincerità. Addirittura sono state condotte analisi inerenti alla mimica ed al linguaggio del corpo del giovane: dalle controverse ricerche risulterebbe che il suo racconto è frutto di invenzione.

E’ difficile districarsi nel labirinto, ma un dato è certo: sulla vicenda di Mortegliano si sono slanciate le mute dei disinformatori, contigui al C.I.C.A.P. “L’essere era uno struzzo!” Conclude con sicumera qualcuno, oppure “un uomo sui trampoli”. Altri pensa ad un’entità frutto di sperimentazioni genetiche o ad un ufonauta – chissà per quale recondito motivo – approdato nella provincia friulana.

Secondo la maggior parte degli esperti, però, D’Andrea ha avuto le traveggole o è stato vittima di una burla carnascialesca. Può darsi, ma è noto che molti avvistamenti sono contraddistinti da un alto tasso di stranezza: nella fattispecie la gigantesca statura dell’alieno e le aberrazioni elettromagnetiche. La sfida alla logica è sempre in agguato, quando si rasenta il mondo dell’ignoto. E’ plausibile che il testimone abbia deciso di esporsi alla gogna mediatica ed al ludibrio dei negazionisti per quindici minuti di popolarità televisiva?

L’accanimento dimostrato dagli insabbiatori di regime se non depone a favore del’autenticità del caso, conferma che le strategie della disinformazione si appuntano su temi il cui approfondimento potrebbe portare a scoprire qualche brandello di verità. L’ufologia è un campo che gli occultatori disseminano di mine.

Un ruolo poi potrebbe essere giocato pure dai militari: nel Friuli si trovano basi storiche della N.A.T.O. – famigerata quella di Aviano - e forse lo scenario delineato nella pellicola “The mist”, produzione in cui temerarie sperimentazioni compiute dall’esercito, aprono dei varchi interdimensionali attraverso cui penetrano creature spaventose, non appartiene solo alla fantasia più sbrigliata.

Il “Philadelphia experiment” è un imbroglio? Non lo sappiamo, ma siamo al corrente di esperimenti che vertono sulla manipolazione dei segmenti spazio-temporali. I sempre più frequenti boati che echeggiano in ogni parte del mondo sono da alcuni ricercatori correlati a sinistri test. Le tecnologie segrete spaziano negli ambiti più disparati e non si può scartare a priori l’idea che qualcosa di molto singolare sia stato concepito nei laboratori militari.

Si bollino pure queste congetture come fantasie o vaniloqui, ma il cittadino ignora che cosa si investighi davvero nei centri di ricerca. Altro che neutrini! O meglio, alla materia-energia sono carpiti segreti per fini oscuri. D’altronde gli studi che portarono alla fissione nucleare dapprincipio erano circonfusi da un alone occulto, quasi magico: fatto sta che quegli studi culminarono tragicamente nell’invenzione dell’arma nucleare. Arthur C. Clarcke ha scritto che “la scienza più avanzata è indistinguibile dalla magia”. Se è vero, è magia nera.

A proposito di nero… qualcuno a Mortegliano ha per avventura ricevuto la visita degli algidi Men in black?

Nota: il caso, con i vari sviluppi, è stato seguito in maniera meticolosa da Freeanimals. Si leggano gli articoli Il bestione ed Intervista con l’alieno, 2012.

22 marzo, 2012

La strada per l'Inferno

Latet anguis in herba. (Virgilio)

Recentemente sono filtrate alcune indiscrezioni circa la possibile decapitazione delle attuali classi dirigenti. Si vocifera a proposito di arresti di abominevoli personaggi come Bush senior e Bill Gates. Dovrebbero essere defenestrati anche potenti banchieri ed influenti giornalisti.

La notizia, dovesse essere confermata, sarà motivo di grande compiacimento, ma l’insidia e l’inganno sono sempre dietro l’angolo. Se è auspicabile che l’odierno sistema di potere sia disintegrato, è difficile pensare che sarà rimpiazzato da governi solleciti del bene pubblico. Radicali cambiamenti preludono, dopo una breve fase di euforia, a svolte autoritarie. Dopo che in Francia fu abbattuto l’ancien regime, fu instaurata la dittatura dei Giacobini. Anche nell’Inghilterra del XVII secolo, alla monarchia di Carlo II era subentrato, dopo alterne vicende, il dominio del fanatico Oliver Cromwell. I sogni di libertà e di giustizia si infrangono contro il muro della storia.

Dunque occorre essere guardinghi. Si ha l’impressione, considerando la situazione italiana, che l’esecutivo di Matto Morti, intenda gettare le fondamenta di uno “stato etico”: la demonizzazione degli evasori fiscali non obbedisce solo alla necessità contingente di racimolare denaro con ogni mezzo, ma assume i toni di una spaventosa crociata. Lo stato sempre più assomiglia ad un dio inaccessibile, la cui giustizia è ferrea, disumana nella sua rigidità. Sono gli stessi cittadini ad invocare tribunali implacabili per estirpare la corruzione, ma, dopo che saranno stati ghigiottinati amministratori infedeli ed avidi, chi li sostituirà?

I magistrati appaiono come i moralizzatori, eppure essi stessi sono stati partoriti dal sistema che quasi sempre fingono di voler combattere. Non è il caso di lasciarsi prendere da facili entusiasmi. E’ probabile che non sia prossima la fine delle élites, ma che esse ricorrano, ancora una volta, a scaltri espedienti per perpetuare e rinvigorire la loro immonda supremazia.

Un black out (artificiale?) potrebbe costituire il pretesto per creare una situazione di caos, risolta da interessati “salvatori”. È’ significativo che i possibili arresti riguardano per lo più loschi figuri già ampiamente screditati, appartenenti ad una generazione ormai declinante. Non saranno sfiorati dalle iniziative giudiziarie né ignobili teste coronate né i militari che sono nella cabina di regia. Nessuna delle voci in oggetto si riferisce all’impeachment degli ideatori del più colossale, diabolico crimine che abbia mai stuprato il pianeta e dilaniato l’umanità, la Biogeoingegneria clandestina ed illegale. Mentre si mettono alla gogna – a ragione – speculatori e parlamentari malandrini, neppure una denuncia attacca gli avvelenatori.

Saranno incriminati usurai internazionali ed inquisiti politici disonesti: probabilmente molti saranno condannati anche con pene esemplari, ma i congiurati resteranno liberi come il vento. Potranno così continuare a complottare contro le nazioni, simulando di voler “bonificare” la società. Come sempre, dietro la cortina fumogena degli eventi spesso costruiti ad arte e dati in pasto ad un’opinione pubblica tanto avida quanto credula, i cospiratori tessono le loro trame per scatenare un nuovo conflitto mondiale e per gettare nella miseria e nel terrore i popoli.

La quotidiana flagellazione del cielo è lì a ricordarci che la strada per l’inferno è lastricata di scintillanti bugie.

APOCALISSI ALIENE: il libro

19 marzo, 2012

Il problema del libero arbitrio in Searle (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Come si vede, il problema rimane. Si deve osservare che il filosofo pone la questione in termini essenziali, bilaterali, evitando di ricorrere a categorie ed enti non indispensabili. Qui intendo seguire il suo esempio di ragionamento, pur con il rischio di qualche schematismo. Mi chiedo se il modello del cervello quantistico possa essere il presupposto del libero arbitrio: ci troviamo di fronte alla solita frattura tra il microcosmo ed il macrocosmo. Le particelle subnucleari, intrinsecamente anarchiche, dovrebbero, attraverso una serie di processi che ci sono ignoti, organizzarsi in modo da generare situazioni razionali e requisiti adatti all’esplicazione della libera volontà. Come ciò possa avvenire, ammesso che possa accadere, è un enigma. Si potrebbe congetturare che le suddette particelle siano dotate di libero arbitrio, come gli uomini: questa supposizione, però, non chiarisce, tra le altre cose, per quale motivo il cosiddetto mondo fisico sia inquadrato in “leggi” inderogabili. Quando un grave cade, precise condizioni ne determinano velocità, accelerazione, direzione. Non mi risulta che una pietra possa decidere di deviare il percorso di caduta o addirittura di salire, anziché di precipitare. Si dovrebbe postulare che, per una ragione misteriosa, il libero arbitrio si manifesta insieme con la coscienza: purtroppo non solo non sappiamo che cosa sia la coscienza né come e perché emerga, ma dovremmo poi assegnare la volizione non determinata almeno agli animali superiori, con inevitabili ripercussioni filosofiche.

Non è bastevole invocare la persuasione della libertà per fondarla: se così fosse, dovremmo affermare che i colori hanno un’esistenza reale, perché siamo sicuri che esistono nel mondo là fuori, attaccati agli oggetti. Il libero arbitrio potrebbe essere un’illusione della mente, come le illusioni ottiche generate da certe figure. Appellarsi al senso comune è ingannevole: il common sense ci induce a sentirci liberi, come ci spinge a credere che la materia sia una “cosa” esterna, concreta, oggettiva, mentre di ciò non si può essere certi. Molte credenze sono assimilate a verità, ma non è così. Se il libero arbitrio esiste, lo si potrebbe giudicare una deviazione rispetto ai processi naturali del macrocosmo che, per quanto ne sappiamo, presentano una sostanziale regolarità. L’origine ed il fine della deviazione, però, risultano oscuri, invece la coscienza (l’identità, l’io) e la fede nella volizione non condizionata potrebbero costituire una concomitanza, un’illusione nell’illusione. Questa credenza è simile a quella che ci stimola a vivere, come se fossimo immortali (e non lo siamo) o alle ingenue idee dei bambini che pensano di poter spostare gli oggetti con il pensiero.

Searle, pur assai severo con molti orientamenti materialistici, per non tradire il monismo di cui è assertore, reputa che gli stati cerebrali siano alla base degli stati mentali. Se non ci si discosta da questa interpretazione, riesce arduo spiegare come un substrato biologico possa estrinsecare una condizione che, se non è immateriale, appare comunque irriducibile, sul piano ontologico, alla sua essenza organica. Lo scotto che si deve pagare è, però, il dualismo, con tutte le disastrose dicotomie tra res cogitans e res extensa che la dualità cartesiana comporta. Di converso, abbiamo già visto quante e quali siano le antinomie e le incongruenze che infirmano i sistemi, di stampo monista, idealistici e para-idealistici. Veramente, come chiosa Searle, “il problema del libero arbitrio ci accompagnerà ancora per molto tempo. I vari tentativi di aggirarlo, come il compatibilismo, ottengono solo di farlo riemergere in un’altra forma”. Per quanto mi riguarda, sarei incline, da un punto di vista meramente teorico, a non ammettere l’esistenza del libero arbitrio. E’ impossibile dimostrarne l’esistenza e quindi costruire un’etica per di più apodittica. Né si può derivare la libera volizione da un decreto di Dio, poiché bisognerebbe introdurre un’ipostasi non accertabile per giustificare un’idea non accertabile. Sarebbe come aggiungere un anello ad una catena per tener legato un cane, ma senza attaccare la catena ad un palo.

Ammetto comunque che è arduo pronunciare l’ultima parola circa tale vexata quaestio, di fatto indecidibile, sebbene sia più facile addurre argomenti contro il libero arbitrio che a favore.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

17 marzo, 2012

I gattici

Nella struggente lirica “I gattici” (Myricae, 1891) Pascoli dipinge una giornata autunnale, con i filari di pioppi, la nebbia che sfuma i contorni dei cespugli. L’autore ricorda quando, in primavera, il vento tiepido schiudeva le gemme, mentre ora mulina le foglie secche, inaridite. Il passato non può tornare e la bella stagione presto precipita nell’inverno: cadono grigie piogge, cade la neve, soffia la gelida tramontana, le giornate sono brevi e cupe. Tutto è destinato a trascorrere ed a morire.

L’ultima strofa con il suo ritmo affannoso, è quasi un rantolo.


E vi rivedo, o gattici d’argento,
brulli in questa giornata sementina:
e pigra ancor la nebbia mattutina
sfuma dorata intorno ogni sarmento.

Già vi schiudea le gemme questo vento
che queste foglie gialle ora mulina;
e io che al tempo allor gridai, Cammina,
ora gocciare il pianto in cuor mi sento.

Ora, le nevi inerti sopra i monti
e le squallide pioggie e le lunghe ire
del rovaio che a notte urta le porte

e i brevi dì che paiono tramonti
infiniti e il vanire e lo sfiorire
e i crisantemi, il fiore della morte.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

13 marzo, 2012

Rinascimento e morte dell’uomo

Molti uomini di oggi non hanno più neppure il coraggio della propria viltà.

"L'umanità non presenta un’evoluzione verso qualcosa di migliore o di più forte o di più elevato nel modo in cui oggi questo viene creduto. Il 'progresso’ è semplicemente un'idea moderna, cioè un'idea falsa. L'Europeo di oggi resta, nel suo valore, profondamente al di sotto dell'Europeo del Rinascimento; la prosecuzione di uno sviluppo non è assolutamente, per una qualsivoglia necessità, elevazione, potenziamento, consolidamento" (F. Nietzsche, L'Anticristo). Le parole del filosofo tedesco centrano il bersaglio: l’idea di progresso è uno pseudo-mito con cui abbiamo plastificato la nostra età tecnotronica. Vero è anche l’uomo rinascimentale fu superiore all’uomo contemporaneo: persino l’uomo del volgo era meno volgare del più distinto scienziatodi oggi.

Sebbene la cultura umanistico-rinascimentale vagheggi appunto una rinascenza dell’età classica, in realtà plasma una nuova civiltà il cui il valore precipuo risiede nella continuità-discontinuità con l’antico più che nella sua meccanica rivisitazione. Un esempio per tutti: mentre artisti e teorici educano l’occhio e la mente per costruire la prospettiva centrale, non riscoprono una tecnica pristina (la prospettiva antica era ottica ed empirica, non matematica), ma tracciano inedite coordinate visive e figurative.

E’ anche indubbio che la temperie rinascimentale riprende e riannoda i fili dispersi della Tradizione, rileggendola, però, alla luce di sistemi in fieri e, in una certa misura, di esigenze contingenti.

Ne scaturisce un mondo fecondo, versatile, dinamico, in cui le polarità dello spirito umano sono spesso conciliate. Molti intellettuali dell’epoca vivono una vita breve, ma intensa: essi bruciano le esperienze culturali più disparate, generando una fiammata che illumina il periodo tra XV e XVI secolo, con un barlume che rischiara la storia ancora per qualche decennio.

Nella storia, però, agiscono forze disumane che conducono l’umanità verso il baratro. Queste energie distruttive serpeggiavano già nell’Europa trecentesca, specialmente sotto la forma del mercantilismo (“la gente avida di sùbiti guadagni”). Così, intanto che l’Europa risplende per il lampo dei genii (pittori, architetti, poeti, scienziati…), il tarlo dell’usura rode i patrimoni e le coscienze.

Non è tuttavia solo la mentalità borghese a corrodere la marmorea bellezza della civiltà rinascimentale, poiché alcune ombre sono proiettate dalla luce stessa della razionalità. E’ destino delle epoche più inclini alla logica, nutrire in sé il delirio, l’aberrazione. Questo vale per il cosiddetto “secolo dei lumi”, ma in parte pure per il Rinascimento che non può soffocare la parte ctonia dell’uomo. La stessa pittura impeccabile e rigorosa di Piero della Francesca, pittura che non è un’immagine verosimile del reale, ma un’idealizzazione matematica, non eclissa, se non per una breve stagione, cupi orizzonti. L’idolatria della scienza, intesa come strumento di potere, è destinata a condurre all’hybris di Francis Bacon, al rigido dualismo di Cartesio. L’equilibrio tra natura e storia si rompe e l’uomo si atteggia a super-uomo, incarnando caratteristiche sub-umane.

Che l’equilibrio sia fragile è comunque dimostrato dagli atteggiamenti ondivaghi talora fino alla contraddizione di alcuni umanisti: si pensi a Leon Battista Alberti sulla cui nitida, armoniosa architettura, già germinano le disillusioni del "Momo". E’ in nuce la tendenza che porta alla riflessione sulla melancolia, sull’intellettuale saturnino: è la visione che disgrega dall’interno le certezze (e le illusioni) umanistiche. Nelle arti figurative soprattutto alle olimpiche creazioni rinascimentali, reagisce il Manierismo (Pontormo, Rosso Fiorentino, Giulio Romano…) con il suo gusto eccentrico, bizzarro, l’insofferenza per la regola e la misura. Lo stesso “quadrato” Piero della Francesca, con "La flagellazione di Cristo”, dipinge uno dei quadri più enigmatici e densi di sapere esoterico dell’intero Rinascimento. Essoterismo e filigrana iniziatica convivono in molti autori. L’arte (pittori ferraresi) e la scienza si sostanziano di valori alchemici, astrologici, magici, fino alla tabula rasa del simbolico operata da Galilei e dai suoi epigoni. Il movimento centrifugo non degrada l’uomo, piuttosto lo riconduce ad una concezione più realistica e sofferta, poiché l’antico non può sic et simpliciter rinascere. Inoltre l’uomo decade se oblia la scintilla divina, ma specialmente se crede di innalzarsi a dio.

E’ dunque un bilanciamento precario ed effimero a donare all’Europa un periodo splendido: la caduca concilazione tra ragione e follia, tra Cristianesimo e Neoplatonismo, tra umanesimo cortigiano ed umanesimo civile, tra città e contado, tra disinteresse ed amministrazione ocutata del denaro… si spezza. Soprattutto si perde la simbiosi tra teoria e prassi, sicché da un lato si sviluppano uomini tutti mentali, dall’altro esseri tutti ilici: la frattura tra anima e corpo produce creature scisse, monche, in cui le pulsioni naturali non sono sublimate ma represse. [1]

La coscienza un po’ alla volta si intorpidisce, vuoi per il freddo razionalismo che culmina in Cartesio vuoi per la raison d’état vuoi per il fanatismo luterano-calvinista e controriformistico, istanze cui è costretta ad adeguarsi la società, nonostante nobili eccezioni e nobili ribellioni (Bruno, Caravaggio etc.).

Più dell’irrazionalità che s’insinua nelle concezioni estetiche e negli animi, è la logica del dominio e del profitto ad oscurare il senso: la Banca svedese è fondata nel 1656 e la Banca d’Inghilterra nel 1694. Il potere del denaro, alimentato da un’oscura pulsione di morte, si rafforza sino a soggiogare l’interiorità prima che il mondo. Il dominio suscita rivolte: la rivolta romantica e, più tardi, quella decadente pur ambigua, esprimono il rifiuto della modernità e dei suoi disvalori, ma ormai ai denari sono saldati, in un invincibile connubio, l’industrialismo e la tecnologia che sono adulterazione della natura lato sensu. Perciò il rifiuto diventa velleitario, impotente. Eppure, nella sua impotenza, oggi più isolata che solitaria, gli uomini (se ancora ne sopravvivono) riscoprono ed affermano l’unica dignità: il culto della verità e della bellezza.

[1] Circa questa frattura si leggano le sagaci osservazioni di Leopardi nello “Zibaldone”.

Articolo correlato: G. Ranella, Il senso della Tradizione, 2012

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

12 marzo, 2012

X Times di marzo in edicola

E' in edicola il numero di marzo di "X Times", la rivista diretta da Lavinia Pallotta e da Pino Morelli. Leggi qui l'editoriale della direttrice.

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10 marzo, 2012

Kòsmos

“Cosmo” - dal greco kòsmos - significa “ordine”, eppure se contempliamo dalla terra un angolo di universo in una notte limpida, più che restare ammirati per l’armonia con cui le costellazioni trapuntano il firmamento, siamo presi dalla vertigine, quasi dall'angoscia.

Astri, galassie, nebulose, ammassi…: se potessimo veleggiare lungo i meandri intersiderali, il senso di stupefazione che proviamo dinanzi alla notte stellata si accentuerebbe sino a tramortirci. Si è che la bellezza dell’universo è spaventevole ed i fenomeni che occorrono negli "interminati spazi" hanno alcunché di terribile nella loro grandiosità: ora nasce una stella, ora un corpo celeste deflagra, ora un buco nero divora la luce; qui glauchi pianeti, là cadaveri di astri…

Si ha l’impressione che il cosmo sia un gigantesco diorama, un sogno rutilante sognato da chissà chi. Può apparire paradossale, ma questo spettacolo mirabile e sublime più che lasciare intuire una presenza divina, ci getta nella più abissale solitudine, ricordandoci la nostra piccolezza di esseri aggrappati ad un piccolo, insignificante atomo che ruota nell’infinito.

E’ il mare dove Leopardi “naufraga” dolcemente, la dimensione in cui Tommaseo scorge l’impronta della Provvidenza e, di converso, Pascoli avverte solo un glaciale silenzio.

L’infinito, però, è anche in un granello di sabbia o in una goccia d’acqua. L’infinito si espande nell’anima che inspira, con un brivido, l’eco del tempo e dell’eterno.

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06 marzo, 2012

Landscape

I cipressi stanno morendo: come tristi vegliardi scrutano rassegnati il cielo vuoto, opaco. Con volo ebbro, sola una rondine sega il cielo arido, sfregiato da bianche cicatrici. La luce soffoca dietro un velo: ansima debole sui declivi. Rotola un tuono metallico sulla città, cimitero dei vivi. Serrati nella notte di piombo, si sbriciola la cenere dei nostri sogni.

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02 marzo, 2012

Necessità e male in un saggio di Simone Weil

Il saggio di Simone Weil (1909-1943) “La Grecia e le intuizioni precristiane” avvince, anche se convince solo in parte. La pensatrice francese prova a dipanare la matassa della necessità e del male.

Scrive la Weil: “La scienza in tutti i suoi rami, dalla matematica alla sociologia, ha per oggetto l’ordine del mondo. Essa non lo vede sotto l’aspetto della necessità, poiché ogni considerazione di convenienza e finalità deve essere rigorosamente esclusa, ad eccezione della nozione stessa d’ordine universale. Più la scienza è rigorosa, precisa, dimostrativa, strettamente scientifica, più risulta manifesto il carattere essenzialmente provvidenziale dell’ordine del mondo. Ciò che chiamiamo il o i Disegni, il o i piani della provvidenza, non sono che immaginazioni fabbricate da noi.

Autenticamente provvidenziale, provvidenza stessa, è proprio questo ordine del mondo che è il tessuto, la trama di tutti gli eventi e che, sotto uno dei suoi aspetti, è il meccanismo spietato e cieco della necessità. Perché una volta per tutte la necessità è stata vinta dalla saggia persuasione dell’Amore. Questa saggia persuasione è la provvidenza. Questa sottomissione senza violenza della necessità alla sapienza amante, è la bellezza. La bellezza esclude i fini particolari. Quando in una poesia è possibile spiegare che quella tal parola è stata messa dal poeta là dov’è per produrre tale o tal altro effetto, per esempio una rima ricca, un’allitterazione, una certa immagine e via di seguito, la poesia è di second’ordine. Di una poesia perfetta non si può dire nulla, se non che la parola è la dov’è, e che è assolutamente necessario che vi sia.

E’ lo stesso per tutti gli esseri, noi compresi, per tutte le cose, per tutti gli eventi che si inseriscono nel corso del tempo. Quando rivediamo, dopo una lunga assenza, un essere umano ardentemente amato ed egli ci parla, ogni parola è infinitamente preziosa, non per il suo significato, ma perché la presenza di colui che amiamo si fa sentire in ogni sillaba. Anche se per caso soffriamo in quel momento di un mal di testa così violento che ogni suono fa male, quella voce che fa male non per questo è meno infinitamente cara e preziosa, poiché racchiude quella presenza. Allo stesso modo colui che ama Dio non ha bisogno di rappresentarsi il tale o tal altro bene suscettibile di derivare da un evento accaduto. Ogni evento che si compie è una sillaba pronunciata dalla voce dell’Amore stesso”.

E’ impossibile riassumere un libretto tanto ispirato e sofferto, perciò, oltre al passo sopra riportato, estraggo qualche altro diamante tagliente che l’autrice cava nella miniera della sua anima.

“La Creazione, l’Incarnazione, la Passione costituiscono la follia di Dio”: audace e quasi blasfema asserzione.

“La necessità fa di noi una poltiglia informe”: fatale sensazione di chi si sente schiacciato, umiliato e che nell’umiliazione trova la sua più alta dignità.

“Accettare l’esistenza di tutto ciò che esiste, compreso il male, eccettuata la porzione di male che noi abbiamo la possibilità e l’obbligo di impedire”: amor fati, ma pure scatto etico e quasi ribellione ad un dominio assurdo.

“Noi siamo frammenti staccati da Dio”: senso di scissione, acuminato dall’angoscia.

“Attraverso tre fori passa il soffio di Dio: la scienza teorica, pura; la bellezza dell’arte; la sventura”: tentativo di riunire il diviso per mezzo di esperienze abissali, al confine della dismisura. E’ nell’eccesso, nella dismisura che si può intravedere una paradossale speranza di salvezza?

“Ciascun mattino l’anima si mutila di ogni aspirazione, perché il pensiero non può viaggiare nel tempo senza traversare la morte”: tra le pieghe della vita quotidiana si addensano le ombre di un comune destino.

Così la Weil scava nella condizione umana lacerata tra disperazione ed anelito, tra ineluttabilità e Grazia, tra il ghiaccio della rassegnazione ed il fuoco della fede più folle. Se le parole sul martirio che strazia la vita, suonano alla maniera di una fra le tante teodicee persino con venature masochiste – il dolore è autoflagellazione più che catarsi – la visione del cosmo che è assottigliamento, regressione di Dio, persino croce cui sono inchiodati il Creatore e le creature, si radica nel terreno di un pensiero chiaroveggente. Così l’insondabile(?) ma suggestivo frammento di Anassimandro rimbalza nelle pagine del saggio per porci innanzi al senso ultimo di una realtà senza apparente significato.

Dilaniata tra ammirazione per la bellezza della natura e coscienza dell’irrazionalità del mondo, la Weil si spinge fra le fenditure della logica per dimostrarne la manifesta incongruità. Celebra la scienza teorica, per denunciarla come orditura necessitante del cosmo. Strappa al silenzio di Dio una sillaba balbettante ed erige un muro invalicabile tra gli uomini e l’Essere supremo. Soprattutto, con il suo lirismo teso, spezzato (la filosofia assurge ad arte, quando, esorcizzando il male, lo decanta e lo lascia come sedimento ormai inerte), l’autrice sgomenta e consola (ma il veleno delle parole è nel loro intento consolatorio), per scolpire la contraddizione, non del pensiero ma dell’essere.

Nella contraddizione s'incarna la più disperata, dura verità, si raggruma il buio più accecante.

APOCALISSI ALIENE: il libro

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