29 gennaio, 2013

La potenza degli Angeli

Una notte – definita “la Notte del Destino” – l’ultima decade del mese di ramadan nell’anno 610, il quarantenne Maometto si assopì in una grotta ai piedi del Monte Hira: gli si palesò in sogno un angelo recante in mano un rotolo di stoffa, coperto di segni. L’angelo intendeva comunicare al Profeta una prima rivelazione di Allah.

L’araldo celeste, porgendo la pergamena all’uomo, lo incitò: “Leggi!” Maometto risponde: “Non so leggere”. “Leggi, leggi!”, grida il messaggero e gli preme la pergamena sul petto. Quando Maometto domanda: “Che cosa devo leggere?”, l’angelo dice. “Leggi! Noi lo facemmo scendere (Il Corano) nella Notte del Decreto. La Notte del Dcreto vale più di mille mesi. In essa gli angeli e lo Spirito, al comando del loro Signore, discenderanno con il divino decreto che riguarda ogni cosa”. (sura 97, 2-5).

Maometto improvvisamente si destò, ma quelle parole gli erano rimaste nel cuore. Egli lasciò la caverna e, mentre indugiava ancora sul monte, udì una voce dal cielo che lo salutò come inviato di Allah: “Maometto, tu sei l’Eletto di Allah ed io sono Gabriele”. Scorse pure, dritto all’orizzonte, un angelo gigantesco: profondamente scosso dalla visione, Maometto tornò a casa dove raccontò l’esperienza alla consorte Hadiga.

Questa è la famosa prima rivelazione del Corano. Nella versione islamica corrente di tale evento, fu l'arcangelo Gabriele ad apparire al fondatore dell’Islam, ma le fonti musulmane più antiche ci presentano un quadro un po’ più articolato. Lo storico del IX secolo, Ibn Sa‘d, registra una tradizione secondo cui fu un angelo chiamato Serafel a visitare il Profeta la prima volta. Serafel fu poi sostituito da Gabriele. L’erudito precisa, però, che i più importanti studiosi non hanno confermato questa variante, sostenendo che soltanto Gabriele apparve a Maometto.

Il racconto sopra riportato contiene i tratti peculiari delle rivelazioni: un uomo è scelto da Dio affinché porti la Sua parola tra gli uomini, il messaggero consegna al profeta un libro, l’epifania turba il destinatario del messaggio. Pur con qualche cambiamento, tale paradigma si può rintracciare nelle varie tradizioni che sanciscono la fondazione di un credo.

Si pensi alla chiesa di Cristo dei Santi degli ultimi giorni il cui iniziatore, Joseph Smith, la notte del 21 settembre 1823, ebbe la visione dell’angelo Moroni il quale gli parlò di un testo inciso su tavole d’oro. Quattro anni dopo, Smith ricevette una seconda visita, durante la quale l’angelo gi consegnò le tavole auree. Con l’ausilio di due “cristalli”, detti urim e thummim, l’analfabeta Smith riuscì a decifrare i contenuti del libro - vergati con una scrittura simile ai geroglifici - ed a tradurli. L’opera che ne risultò fu stampata nel 1830 con il titolo di “Libro di Mormon”.

E’ istruttivo indugiare sul nome e sulla figura dell’angelo Gabriele. Il mome deriva dall’ebraico גַבְרִיאֵל (Gavri'el), composto da gebher (o gheber, "uomo", a sua volta derivante da gabhar o gabar, "essere forte") combinato con El-Eloha ("Dio"). Può quindi significare "uomo di Dio", "uomo forte di Dio", "eroe di Dio".

È un nome di tradizione biblica, portato da uno degli arcangeli, Gabriele: egli è citato sia nell'Antico Testamento sia nel Nuovo, nel quale annuncia la nascita di Giovanni e di Gesù, rispettivamente a Zaccaria ed a Maria.

Luca Bitondi ci ricorda che Gavriel discende da ghever, singolare del termine ghibborim. Ghibborim vale “uomini potenti, vigorosi, illustri”. Costoro sono menzionati in Genesi 6:1- 4 dove si legge: "Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra e furono loro nate delle figlie, avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle (letteralmente “adatte”) e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte. Il Signore disse: ‘Lo Spirito mio non contenderà per sempre con l’uomo poiché, nel suo traviamento, egli non è che carne; i suoi giorni dureranno quindi centoventi anni. In quel tempo c’erano sulla terra i giganti (nephilim) e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli uomini potenti (ghibborim) che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi".

Se i nephilim ed i ghibborim coincidessero, come lascerebbe intendere il passo della Torah, sarebbe possibile pure istituire un’equivalenza, almeno in certi casi, tra giganti ed angeli.

E’ significativo: gli angeli, nella Bibbia chiamati “malakim” da una base “mlk” (מלך) che, nelle lingue semitiche, designa importanza, prestigio, ruolo degno di nota, regalità etc. sono associati alla forza ed alla possanza. Siamo al cospetto di intermediari tra Dio e gli uomini che talora stupiscono ignari ospiti sia per i loro poteri sia per la loro statura: per giunta l’angelo di Maometto è “gigantesco”. Anche il pittore Perugino attribuisce dimensioni eccelse a Raffaele nel quadro “Tobia e l’angelo”.

Se rammentiamo che nel Corano la sura 53 definisce “Allah il Signore di Sirio”, si ha l’impressione di aver letto solo il primo strato del palinsesto…

Fonti:

L. Bitondi, Il pianeta dei caduti, in X Times n. 51, gennaio 2013
Enciclopedia delle religioni, Milano, 2000 s.v. Islam e Mormoni
A. Mercatante, Dizionario dei miti e delle leggende, Roma 2001 s.v. Gabriele



APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

27 gennaio, 2013

Mondo sommerso

La storia è la versione dei fatti di chi detiene il potere. (G. W. F. Hegel)

E’ del tutto sostenibile l’idea che il corso della storia sia guidato e, ancor più, determinato da forze occulte, tutte tese alla realizzazione di progetti eversivi, a guisa di burattinai che, invisibili, tirano i fili della storia, sottoponendola ad un piano diabolicamente orchestrato. (G. Damiano, parafrasi)

Esiste un mondo sommerso di cui gli uomini comuni ignorano l’esistenza. E’ come se essi vivessero su un’immensa isola, pensando che il mare attorno, dalla superficie sino agli abissi più bui, sia del tutto privo di vita.

Basterebbe un romanzo come “1984” di George Orwell per denunciare e svelare le trame di un’élite occulta, ma purtroppo il capolavoro di Orwell, insieme con altre opere distopiche – si pensi a “Brave new world” di Aldous Huxley – è letto solo come una feroce critica dello stalinismo. E’ comunque interpretato come una condanna dei regimi totalitari del passato, laddove “1984” è proiettato, anzi scaraventato, con profetica lungimiranza, sul futuro che è il nostro tragico presente. Tale interpretazione è assecondata dal sistema che concentra tutto l’orrore nel nazionalsocialismo e nel “terrorismo islamico”: al di fuori di questi lager si estende il dorato, incantevole paradiso della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza.

Non bastano le prove, i documenti, i fatti per convincere l’opinione pubblica che è raggirata, posta di fronte a parvenze evanescenti, scambiate per oggetti concreti. Si riproduce una condizione simile a quella descritta nel “mito della caverna”: lo schiavo, liberatosi dalle catene, scopre che la vera realtà è costituita dal mondo delle idee, mentre le cose sono pallide ombre. Invano, però, chi ha scoperto il vero lo addita ad un volgo incredulo ed ostinato nella sua cecità. Il pensiero di Platone, trasferito ad àmbito differente ma contiguo, ci è di insegnamento. Insegna soprattutto che l’umanità non è fecondata dalla cultura.

Così, mentre si vive ignari sulla superficie, gli Invisibili scavano gallerie ed erodono le fondamenta di una società destinata a crollare, ma del pericolo ci si accorgerà, solo quando sarà troppo tardi.

I perversi princìpi su cui si basa il potere sono espressamente indicati nel libro di Orwell, ma continuiamo a credere che sia letteratura, finzione. [1] La storiografia ufficiale, anche con i suoi intelletti più acuti, può soltanto strappare qualche brandello di verità, poiché la storia vera, almeno dall’età contemporanea in poi, non è quella ufficiale, ad usum Delphini, ma la sequenza di avvenimenti diretti e realizzati da una banda di tagliagole. Simile ad un convoglio che corre in una galleria a notevole profondità, la storia segreta è invisibile e parallela a quella che è raccontata e dichiarata nei testi scolastici.

La storia segreta è insaguinata: rigurgita di stragi efferate, di sacrifici umani, di sparizioni inspiegate, di genocidi, di torture... Essa è anche il tempio nefando adornato di lugubri simboli, di tetre panoplie.

Olimpiadi estive del 1972, 5-6 settembre, Monaco di Baviera (Germania Ovest): un commando di terroristi dell'organizzazione “Settembre nero” irrompe negli alloggi israeliani del villaggio olimpico. Due atleti, che hanno tentato di opporre resistenza, sono uccisi. Altri nove componenti della squadra olimpica sono presi in ostaggio. Alla fine un tentativo di liberazione (?), compiuto dalla polizia tedesca, causa la morte di tutti gli olimpionici sequestrati, di cinque fedayyin (?) e di un agente germanico.

Dubitiamo che l’eccidio fu perpetrato da Palestinesi: “Settembre nero” fu il Mossad sotto copertura? A prescindere da ciò, la carneficina di Monaco ci ammannisce il consueto pasto numerologico: 11 atleti israeliani trucidati, 5 fedayyn (?), un agente, per un totale di 17 vittime! Sul massacro infine l’ombra tenebrosa di quel nome, “Settembre nero”, come un preludio al settembre che avrebbe impresso al corso degli eventi una formidabile accelerazione verso il Nuovo ordine mondiale, il 9 11, con gli autoattentati dei servizi segreti internazionali alle Torri gemelle ed al Pentagono. I lavori per la costruzione dell’edificio atto ad ospitare il quartier generale del Dipartimento della “difesa”, erano stati avviati il giorno 11 settembre (9 11) del 1941...

18 novembre 1978, Guyana. Il folle reverendo Jim Jones convince i proseliti della sua congregazione, il People’s temple, ad uccidersi assieme a lui, assumendo del cianuro. Il predicatore è trovato esanime con un colpo di proiettile in testa; attorno a lui giacciono i cadaveri di 911 adepti.

La storia occulta è simile al sangue bollente in cui sono puniti i violenti nell’inferno dantesco. Il paradosso è questo: l’inferno viene decantato come eden. Leggiadri veli di menzogne coprono le più immonde turpitudini, le atrocità più mostruose.[2]

Quelli della cricca mondialista non badano a patrie, etnie, nazioni: schiacciano i popoli e se ne servono per i loro mefistofelici fini, ma - suprema ipocrisia e sfacciata inversione - amano presentarsi come custodi dei più venerandi valori. Non esitano a provocare calamità di ogni genere pur di trarne profitto o spesso solo per un crudele divertimento, per mero sadismo.

Asseriscono che bisogna ricordare il passato, celebrare la “giornata della memoria”, ma dimenticano – come sono sbadati – che Hitler era ebreo per parte di madre. Obliano tutte le altre vittime di ieri e di oggi della loro Realpolitik.

Affermano che è necessario proteggere la natura, ma avvelenano il pianeta senza un istante di requie.

Proclamano che è d’uopo promuovere la cultura, ma sanno soltanto inculcare l’ignoranza e la disinformazione.

Gridano ai quattro venti che occorre debellare la povertà e le malattie, ma affamano intere popolazioni e le ammorbano.

Giurano e spergiurano che vogliono la pace, ma accecano, straziano ed amputano corpi con le loro armi micidiali, nelle loro “missioni umanitarie”.

Sono gli stessi che si commuovono e cui sgorga una lacrima, dopo aver dato il loro plauso all’ideazione ed attuazione dell’ennesima ecatombe in una scuola o in cinema. Si troverà poi il solito capro espiatorio: un adolescente disadattato, subito tolto di mezzo affinché non sopravviva alcun testimone.

Falsi, bugiardi incalliti, ma attori consumati, i governanti sanno simulare e dissimulare.

Fabrizio De André scrisse che “non esistono poteri buoni”. Perfetto! Non esistono ovviamente neppure poteri sinceri.

[1] “La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza. La guerra è pace”.

[2] Si consideri anche la curiosa “coincidenza”, il vaticinio incastonato nell’episodio spin-off della serie televisiva “The lone gunmen”, una produzione poi confluita nel celebre telefilm “X Files”. Il primo episodio, trasmesso il 4 marzo 2001, mette in scena una fazione segreta all'interno del governo degli Stati Uniti. Questa frangia cospira per dirottare a distanza un Boeing 727 in modo che si schianti contro il World Trade Center. Il fine precipuo è quello di ottenere che sia rimpinguato il bilancio del Dipartimento della “difesa”, accusando alcuni paesi stranieri di essere i mandanti dell'attentato. Nell'episodio, l'attacco è sventato dai protagonisti che, a bordo dell'aereo, disattivano il pilota automatico, pochi secondi prima che il velivolo raggiunga il bersaglio.

[3] Sul tema si legga almeno M. Pizzuti, Rivelazioni non autorizzate, Il sentiero occulto del potere, 2008. Ci si riferisca pure alla corposa bibliografia ivi contenuta.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

24 gennaio, 2013

Pietre miliari

Se provassimo ad immaginare l’inimmaginabile, a concepire l’inconcepibile…

Ci si trova di fronte ad un bivio: possiamo decidere di vivere come bruti o di “seguir virtute e canoscenza”. Invero la stragrande maggioranza degli uomini è paga di soddisfare le esigenze fisiologiche, senza porsi domande di sorta, incurante dell’enigma che è la vita stessa.

Questi tempi frananti vedono l’affermazione del genere homo insipiens tutto concentrato nel qui e nell’ora, teso a trarre il maggior godimento possibile dalla situazione contingente, anche a danno degli altri, senza alcuno scrupolo. E’ la definitiva disumanizzazione che è in primo luogo rescissione dei legami naturali: in tal senso gli animali sono superiori ai sub-uomini, poiché gli animali sono ancora immersi nel flusso vitale. Invece gli uomini decaduti sono congegni, privi affatto di un mondo interiore. La tecnologia, prima di essere all’origine dello snaturamento subìto dal pianeta, quando occupa, anzi colonizza la personalità, ne causa una radicale mutazione antropologica.

Sfuggono a questa metamorfosi degenerativa, solo i contemplativi e quelli che definirei gli interrogativi. Se non troviamo almeno qualche istante nell’arco dei nostri giorni alienanti per indugiare nella contemplazione di una foglia, di una nuvola, di una stella..., significa che l’occhio interiore è del tutto cieco.

La contemplazione dà l’abbrivo all’attitudine interrogativa: lo stupore di fronte al mistero dell’esistenza e del male, alla vertiginosa complessità dell’universo colloca sull’itinerario i macigni delle domande. E’ possibile che gli spazi incommensurabili ed i tempi abissali, le dimensioni visibili e quelle invisibili siano un’accozzaglia casuale e scevra di senso o persino la più piccola particella proiettata nell’immensità dell’universo appartiene ad un disegno, ad un piano enigmatico ma sublime?

Che desolante è la concezione non tanto degli atei che sono disperati cercatori di un Dio nascosto e ritratto, ma degli indifferenti!

La meraviglia è – Aristotele docet – la radice del pensiero, della filosofia. Viviamo sotto l’impero tetro di una scienza che non solo non offre risposte feconde, ma soprattutto non pone più quesiti cruciali. Per fortuna si avverte un fermento in alcuni settori del sapere: qualcuno, curioso e sbigottito, protende il capo per scrutare gli orizzonti oltre gli orizzonti. Il volgo guarda costoro con aria di sufficienza. Il volgo rotola lungo la china che porta al disfacimento ed alla morte dell’anima, credendo di vivere, mentre vegeta in modo miserevole. Precipita nella Gehenna, ma pensa di ascendere all’Empireo.

Gli interrogativi provano ad inerpicarsi lungo un sentiero disseminato di grossi sassi, ma chissà... quei sassi potrebbero essere pietre miliari.

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20 gennaio, 2013

Non c’è creazione nella Bibbia: la Genesi ci racconta un’altra storia

L’ultima fatica di Mauro Biglino, “Non c’è creazione nella Bibbia: la Genesi ci racconta un’altra storia”, implica una radicale rivisitazione di consolidati criteri interpretativi. L’autore, nella restituzione della Bibbia al contesto storico e sociale in cui nacque e si formò, disconosce che la Torah includa un livello simbolico. [1] Ha ragione? Crediamo proprio di sì. I significati esoterici e cabalistici scaturiscono da successivi interventi: sono ingegnosi e persino mirabili, ma estranei al testo. Sono simili alle decorazioni barocche con cui si nasconde la sobria architettura di una chiesa romanica: potranno pure essere pregevoli, ma non appartengono al manufatto originario.

Ammiriamo coloro che si industriano nell’invenzione di sensi reconditi, di inediti accostamenti, di fantasiose etimologie: essi, però, sono degli artisti, non degli storici. E’ credibile che un rozzo popolo di pastori creò un’opera plurivoca e non piuttosto un resoconto volto a mettere in risalto la propria identità etnico-culturale? Sarebbe come pensare che l’Iliade e l’Odissea codifichino chissà quali valori ermetici, invece di essere l’espressione letteraria di una società aristocratica tra il II millennio a.C. e Medioevo ellenico. Ciò non toglie che nell’épos greco non enuclereemo alcune immagini simboliche, ma sono circoscritte a pochi versi e talora sono idee posteriori. Quando si menziona l’ethos omerico, si sottolinea proprio la sostanziale oggettività con cui il rapsodo ripercorre le vicende e delinea personaggi e luoghi.

Sappiamo che il letteralismo non piace. Non piace soprattutto poiché rompe la magia, dissolve un alone incantevole: la verità nuda e disadorna è poco attraente. Bisogna, però, essere onesti e discernere le situazioni in cui un’interpretazione emblematica è non solo legittima, ma persino doverosa (si pensi all’Apocallise di Cerinto o alle Metamorfosi di Apuleio), e quei casi dove è, invece, arbitraria. Il letteralismo suscita tante scomposte reazioni, ma pochissimi tentativi di confutazione. Ecco allora la levata di scudi contro chi vede nell’arca dell’Alleanza un oggetto tecnologico. Ecco allora una pioggia di dardi infuocati contro i traduttori che scorgono nel termine Elohim un plurale.

Ci sia permessa qui una breve digressione linguistica: Elohim è un plurale, ma non un pluralis maiestatis che fu introdotto dalla Chiesa nicena nel IV secolo d.C. Ci si rassegni, evitando di alambiccarsi per tentare di dimostrare ciò che dimostrabile non è. Agli esperti l’onere di giustificare il numero plurale all’interno del Pentateuco prodotto da una gente che, a torto, è ritenuta da molti monoteista ab origine. Noi possiamo solo constatare il dato morfologico. [2]

E’ naturale: i simboli esistono, ma in precisi campi. [3] Gran parte dei libri biblici più antichi ne è priva. Questa è la premessa, a nostro modesto parere corretta, da cui è scaturita la ricerca rigorosa ed onesta di Mauro Biglino. E’ pacifico che tale approccio non esaurisce le indagini né scioglie tutti gli enigmi: ad esempio, la cultura ebraica conserva, anche se in modo confuso e grossolano, antiche conoscenze sumeriche ed egizie già criptate nell’alfabeto. Come motivarle nel quadro di un discorso circa le origini dell’umanità? Veramente meritorio è stato Luca Bitondi che, in un articolo pubblicato su "X Times" di dicembre, ha rispolverato un’intuizione di Corrado Malanga circa le somiglianze formali tra i 22 grafemi dell’alfabeto ebraico ed i 21 amminoacidi essenziali. [4]

Insomma, Peter Kolosimo ha trovato un continuatore che, a differenza dell’archegeta, offre un cospicuo equipaggiamento di dati linguistici e filologici tali da avvalorare congetture ieri come oggi disdegnate, perché ritenute fantasie fanciullesche. E’, infatti, sempre più veemente la polemica di chi rifiuta di prendere in considerazione l’ipotesi extraterrestre in ordine al passato dell’umanità, arrocandosi nell’interpretazione parafisica, come se le due teorie fossero incompatibili. [5]

Si accennava al substrato glottologico su cui Biglino può fondare certe affermazioni: ha ragione Alessandro Demontis, di cui è riportato lo stralcio di uno studio, quando scrive: “A mano a mano che si va avanti nel tempo, nelle derivazioni di una lingua all’altra, i significati perdono di specificità materiale ed acquistano generalizzazione ed estensione”. Anche in questo modo, rammentando che i significati concreti precedono quelli traslati, si ridimensionano pristine civiltà. E’ un ridimensionamento che consuona con una visione disincantata a proposito di “dei” per nulla divini, fossero visitatori interstellari, discendenti degli Atlantidei o chissà chi… In particolare gli Israeliti sono declassati ad uno dei tanti popoli medio-orientali - non certo tra i più raffinati - la cui lingua fu un dialetto assurto ad idioma importante, per una serie di circostanze fortuite.

E’ assodato che, una volta compiute investigazioni in àmbito storico, archeologico, paleontologico etc., resta la dimensione metafisica dove il Professor Biglino non vuole addentrarsi. Si leggano dunque gli autori che si avventurano in territori liminali, se si intende definire un disegno più ampio.

Con queste note metodologiche, affidiamo a lettori dalla mentalità aperta il saggio del Nostro. Siamo consci che tutto si ha da guadagnare da un incremento della conoscenza, pure qualora sia una conoscenza che dapprincipio sovverte convincimenti inveterati. Con la nuova resa della parte iniziale del Genesi l’autore demolisce uno dei pregiudizi più radicati: è emozionante scoprire che cosa si cela dietro il racconto della “creazione ex nihilo”…

Ammettiamo che il titolo del volume è un po’ brusco, ma il libro di Biglino merita una fruizione spassionata, emancipata dalle illusioni pseudo-esoteriche e soprattutto da ogni cieco fideismo.

[1] Il simbolo (Σύμβολον) per gli Elleni era una "tessera di riconoscimento" o "tessera ospitale": l'usanza voleva che due individui, due famiglie o anche due città spezzasero una tessera, di solito fittile, per conservare una delle due parti a conclusione di un accordo o di un'alleanza. Nel linguaggio comune e nella retorica, il simbolo è un’icona cui si associa un particolare significato. Di solito è bivalente, talvolta polisemico.

[2] Sulla vexata quaestio del singolare o plurale, si veda qui.

[3] Semplificando, si potrebbe distinguere tra simboli elementari (i segni, volgarmente "parole") ed i simboli complessi: se l'origine dei primi è difficile da conoscere, il discorso vale ancora di più per i simboli complessi, ossia le immagini stratificate, plurivoche, dense, gli archetipi sedimentati nel superconscio e che si palesano nell'arte, nelle esperienze oniriche, nei disegni dei bambini…

[4] Cfr L. Bitondi, “Adamo, il primo ibrido”, 2012. La corrispondenza numerica tra le lettere e gli amminoacidisi si realizza, aggiungendo alla ventunesima macromolecola l’immagine del D.N.A. adombrata dall’alef. Lo studio di Bitondi indugia pure sui Rossi per cui si veda il datato ma non irrilevante “Alla ricerca del sigillo reale”.

[5] Vedi Zeit und Geist, 2012

Antonio Marcianò (Tutti i diritti riservati)


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18 gennaio, 2013

Un ricco nel regno dei cieli

Si demonizzano la ricchezza ed i ricchi. E’ vero: “E’ più facile che una gomena entri in una cruna di un ago che un ricco nel regno dei cieli”. Tuttavia anche fra i poveri talora albergano la malizia e l’invidia. [1]

Il denaro di per sé non è esecrando, purché sia risultato del proprio ingegno e del proprio lavoro, purché non provenga dall’usura e dalla frode. Il problema si pone quando si è sopraffatti dalla cupidigia, dalla sfrenatezza, dalla spilorceria: il denaro possiede facilmente chi lo possiede. Ce lo insegna, ad esempio, il bellissimo racconto “La giacca stregata” di Dino Buzzati, il cui protagonista si arricchisce, dopo che un mefistofelico sarto gli ha cucito una giacca. Nella tasca dell’abito, l’uomo trova mazzi di banconote che si materializzano magicamente ogni qual volta sono perpetrati dei delitti. Sono banconote insanguinate.

Si obiurgano i detentori di capitali, le persone che vivono negli agi, ma se sono imprenditori onesti che creano occupazione, contribuendo al benessere del consorzio umano, perché deplorare che amino le comodità? Perché condannarli, se si tolgono qualche capriccio? Se gli indigenti avessero molta pecunia, deciderebbero di vivere in modo spartano? L’oppressione fiscale che toglie a tutti per rinsaldare un sistema iniquo non è forse più detestabile del desiderio di una vita confortevole? Immense risorse sono risucchiate da banditi che locupletano sé stessi ed i loro maggiordomi (i “politici”) in modo abietto. Questa ricchezza è vergognosa: è la conseguenza di un ladrocinio legalizzato, di un furto di stato.

Gli asceti ed i fautori del pauperismo hanno alcunché di fanatico. Tuonano contro lo sfarzo in cui forse vorrebbero nuotare. Lasciamo ai doviziosi le loro ville, le tenute, i panfili, i gioielli, i quadri… Se essi traggono felicità dalle cose, che se la godano. Se la felicità è altrove, non li invidieremo, sapendo che essi cercano quanto nessuno trova facilmente. Se sono tanto attaccati alla “roba”, il distacco da essa sarà per loro assai più doloroso che per chi ha imparato a dare il giusto valore ad ogni bene.

Sarebbe auspicabile che ognuno potesse vivere in modo decoroso, lontano sia dalle ristrettezze sia dalla magnificenza più pacchiana. Sfortunatamente le sperequazioni sono la norma: masse di diseredati in tutto il mondo languiscono, mentre pochi privilegiati oziano tra lussi sibaritici.

Non sarà, però, qualche nuovo, esorbitante balzello sui redditi più alti ad instaurare la giustizia sociale.

[1] La sentenza “E’ più facile che un cammello entri in una cruna di un ago che un ricco nel regno dei cieli” è l’effetto grottesco di un grossolano errore nella traduzione.

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15 gennaio, 2013

Il lato oscuro dei dischi volanti: siamo di fronte a qualcosa di malvagio? (articolo di Sean Castell)

Il ricercatore Sean Castell recensisce un libro di Cecil Michael, "Round trip to Hell in a flying saucer". La valutazione è piuttosto equilibrata: Castell evidenzia l’eccezionalità di un testo risalente agli anni ‘50 del XX secolo. Mentre dominava la visione del contattismo volto ad ostentare uno scenario edulcorato con extraterrestri saggi e dall’aspetto attraente, se non angelicato, Michael fu una voce fuori dal coro, con il suo ammonimento a guardare oltre le apparenze. Invero, nell’epoca d’oro dei dischi volanti anche Williamson e Bailey avvertirono dei pericoli di un’operazione “cavallo di Troia”. Oggi, alla luce di ulteriori indagini ed acquisizioni, l’ufologia “pessimista” di Michael trova una giustificazione non irrilevante, sebbene il rischio dell’integralismo e del manicheismo sia dietro l’angolo. Tuttavia, se il saggio di Michael è stato valorizzato tramite una nuova edizione arricchita di recenti contributi, significa che i tempi sono maturi per cominciare a superare interpretazioni ingenue. Di estremo interesse, soprattutto per i risvolti antropologici, è il capitolo dedicato alle creature proteiformi all’interno di un testo il cui limite maggiore risiede nella descrizione dei governi: come sappiamo essi hanno delle immani responsabilità e dipingerli come difensori dei popoli è ridicolo, oltre che inverosimile.

Il mistero di chi sta manipolando i testimoni di U.F.O in tutto il mondo fin dai tempi antichi annovera molte interpretazioni. Usufruendo delle prove disponibili, si può congetturare che gli extraterrestri siano araldi della seconda venuta di Cristo o che siano invasori dal sangue freddo, decisi a colonizzare il nostro pianeta per mezzo di una sapiente combinazione del nostro D.N.A. con il loro.

Esiste anche un’interpretazione meno frequente: che l'attuale fenomeno U.F.O. ed i sequestri alieni siano semplicemente una manifestazione tecnologica degli stessi demoni che tormentarono e cercarono di manipolare l'umanità fin dall'inizio dei tempi. In altre parole, gli alieni grigi non sono una novità ed il loro intento malvagio di base non è mai cambiato.

La seguente affermazione proviene da un'autorità quale Lord Hill-Norton, il defunto ammiraglio a cinque stelle ed ex direttore del Ministero della difesa britannico. L’asserzione di Lord Hill-Norton aiuta a mettere a fuoco questo punto di vista: "Gli U.F.O. sono essenzialmente una questione religiosa piuttosto che una minaccia militare, inoltre si può enucleare un grado di coinvolgimento psichico in quasi tutti i casi. Molto spesso queste esperienze sono sicuramente antitetiche rispetto alla fede cristiana".

Recentemente ho partecipato alla stesura di un nuovo libro su questo lato oscuro dei dischi volanti. Il testo si intitola "Round trip to Hell in a flying saucer" Una parte della pubblicazione è una ristampa di un volume precedente, edito negli anni ’50 del XX secolo da Cecil Michael. Nel libro, Michael descrive un'esperienza di rapimento infernale durante la quale visitò il regno dei dannati da cui in qualche modo tornò miracolosamente con abbastanza lucidità per riferire il vissuto. L’ottica di Michael è esattamente agli antipodi della maggior parte dei resoconti dovuti ai contattisti degli anni ‘50, la maggior parte dei quali descrivono alieni biondi, di bell’aspetto che con compassione avvertono gli uomini del loro possibile destino inerente ad una guerra nucleare ed all’inquinamento ambientale.

Dato che Michael è per il suo tempo una voce fuori dal coro, si potrebbe facilmente liquidare quanto dichiara. Questo, però, non è il caso. Come dimostra tutto il materiale aggiornato che è stato riversato in "Round trip to Hell in a flying saucer", un gran numero di ricercatori e di sequestrati della generazione più recente vedono nel fenomeno U.F.O. qualcosa di satanico e demoniaco.

Due dei nomi più importanti nella ricerca sugli U.F.O., John Keel ed il celebre Jacques Vallée, giunsero alla conclusione che ai dischi volanti soggiace un aspetto parafisico che viene troppo spesso negato dai ricercatori “viti e bulloni”, inclini a valorizzare la dimensione concreta di visitatori provenienti da un altro pianeta a bordo di astronavi tangibili. Non sono pochi, però, gli incontri con gli U.F.O. e con i loro occupanti che si fondono e si confondono con le storie di demoni e con i protagonisti del “piccolo popolo”.

Il libro aggiornato effettivamente presenta alcuni aneddoti spaventosi. Una sezione del libro si occupa dei Jinn, i demoni della tradizione pre-islamica ed islamica, creature in genere più dispettose che malvagie. [...]

All’interno del libro Adam Gorightly si occupa di incontri sessuali tra umani e alieni e discute di come "la Grande Bestia", Aleister Crowley, usò droghe allucinogene e la magia sessuale per evocare entità ultraterrene. Gorightly, nel capitolo "Psychic space age vampires", correla le abductions ai miti antichi che descrivono predatori sessuali. Tim Swartz racconta storie di mutilazioni umane per opera degli occupanti degli U.F.O., un episodio che occorse in una base militare in Texas nel 1956. E’ anche esplorata l'idea che gli alieni-demoni possano nutrirsi dell'energia contenuta nel sangue umano e della sofferenza inflitta agli esseri viventi.

I miei contributi al saggio includono una panoramica delle ipotesi formulate da Keel e da Vallée nonché l’interpretazione del fenomeno per opera del pilota e ricercatore John Lear. John Lear ci ammonisce: quando si vede lo spettacolo sfavillante di un che U.F.O. che si avvicina, è preferibile correre via a rompicollo e non lasciarsi incantare dalla bellezza delle astronavi. Secondo Lear, gli alieni vogliono solo succhiare il midollo della nostra anima: la nostra paura ed umiliazione sono nutrienti per loro.

Ho anche intervistato un pastore in pensione di nome Tom Horn, che racconta la storia di un vero incontro con un’entità demoniaca che è stata confermata da diversi seguaci della sua congregazione. [...]

Ho anche contribuito con un breve capitolo in cui analizzo le opinioni esposte in "Communion" del rapito Whitley Strieber e le ricostruzioni del ricercatore Budd Hopkins, autore di "Intruders". Strieber, quando mi rilasciò un’ìintervista, riconobbe che era molto facile per lui collocare sullo stesso piano gli alieni grigi ed i demoni e che il terrore e l’angoscia delle esperienze resero impossibile distinguerli. Hopkins, d'altra parte, evidenzia che la complessità del fenomeno abduction rende impossibile trarre conclusioni circa l’intrinseca natura degli alieni, discernendoli in benevoli e malvagi. [...]

Nel frattempo, non mancano storie terribili da raccontare circa i lati più sinistri della tradizione ufologica. In un'intervista con Timothy Beckley, editore, Christopher O'Brien indugia sul folklore che circonda creature chiamate "skin-walkers", avvistate nella misteriosa Saint Louis Valley. E’ un luogo che si estende su parte del Colorado e del New Mexico ed è una regione di avvistamenti U.F.O. da diversi decenni. Il termine "skin-walkers" è intercambiabile con "mutaforma" e si riferisce essenzialmente ad una creatura che può cambiare le sue sembianze da umane in animali e viceversa.

"Secondo le conoscenze tradizionali", osserva O'Brien, "gli skinwalkers sono in grado di leggere i pensieri della vittima. Si pensa che siano capaci di imitare qualsiasi suono umano o animale. Questa abilità è talvolta usata per attirare vittime inconsapevoli, chiamandole con la voce di una persona a loro nota con un il verso familiare di un animale. Non bisogna mai fissare gli occhi di un versipellis per evitare che la propria volontà sia soggiogata”.

Qual è il collegamento del governo con tutto questo? Il noto autore Nick Redfern sostiene, in un'intervista a Tim Beckley contenuta in "Final events," che l’esecutivo tempo fa concluse che gli U.F.O. erano di natura demoniaca e che i margini di azione in termini di protezione dei cittadini erano molto risicati. Hanno cominciato a sviluppare un piano per convertire la popolazione al cristianesimo evangelico in modo da offrire un’arma per un combattimento spirituale tale da difendere le proprie anime immortali. Tom Horn, citato sopra in questa recensione, chiama queste persone "guerrieri della preghiera". Egli afferma: "La preghiera fervente del giusto potrebbe essere l’ariete in grado di sfondare l'oppressione demoniaca." [...]

I demoni classici del cristianesimo insieme con gli zombies, i mutaforma, i vampiri, gli incubi ed i succubi sono tutti passati in rassegna in "Round trip to Hell in a flying saucer".[…] Non esiste uno studio altrettanto esaustivo delle valenze oscure collegate alle manifestazioni xenologiche. [...]

Vorrei concludere notando che il fenomeno U.F.O. e persino i rapimenti alieni non sono sempre di natura demoniaca. Ci vorrebbe un libro intero altro per perorare la tesi degli alieni benevoli in modo da completare il quadro delineato all’interno di "Round trip to Hell in a flying saucer" la cui copertina, da sola, con i disegni di Tim Swartz, è agghiacciante. E’ necessario approcciare questo libro con cautela.

Fonte: ufodigest

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

12 gennaio, 2013

Ostraka


E’ la logica in sé ad essere superficiale.

Gli óstraka sono frammenti di coccio o di pietra usati, soprattutto in Egitto, come materiale scrittorio. Sono stati rinvenuti óstraka scritti in greco, in ieratico, in demotico, in aramaico, in copto ed abche in arabo. Una categoria speciale è rappresentata dagli óstraka tebani del Nuovo Regno che hanno conservato abbozzi di pitture. Ad Atene, per circa un secolo, gli ostraka furono impiegati nelle votazioni per decidere un’espulsione decennale ai danni di uomini politici sgraditi.

I cocci impiegati nella pólis sono potenti metafore della condizione umana. Graffiati con il nome ed il patronimico, con lettere angolose, sono i frammenti di un’unità scissa. Il destino personale è inciso per mezzo di segni su superfici concave, come protetti in fragili gusci. Siamo induriti nella materia a somiglianza di mattoni cotti al sole.

L’esistenza è esilio. Il vasaio ci ha modellato al tornio del tempo: ha poi rotto il vaso ed i frantumi sono sparsi sul selciato. Per questo motivo non ci riconosciamo in noi stessi. Avvertiamo il dissidio, ma non sappiamo ricomporlo. La natura spezzata, eppure intimamente concorde dell’uomo è intuita da Eraclito.

“E dentro di noi è presente un’identica cosa: vivente e morto e lo sveglio ed il dormiente e giovane e vecchio: infatti queste cose, una volta rovesciate sono quelle e quelle, dal canto loro, una volta rovesciate, sono queste”. [Frammenti 14 (A 5. 115)]

Dunque dualità ed intercambiabilità dell’essere: il trascendimento dei contrari produce un’armonica asimmetria. E,’ infatti, l’asimmetria che accoglie la vita. Lo sapevano gli antichi architetti ed i facitori di versi che cercavano nel ritmo lo sdrucciolamento da cui riprendere la regolarità del passo. Il ritmo della vita è scazonte.

L’essenza è nei disiecta, nella disintegrazione che rivendica l’unità. Il racconto acquisisce senso, quando la sintassi narrativa moltiplica le prospettive. Il linguaggio, soggiogato dalla logica, ostenta una saldezza che è insignificanza. Invece l’épos ed il canto dell’aedo proiettano sillabe di senso sull’intonaco della notte.

Attratti nell’orbita gravitazionale di un pianeta oscuro, incubiamo sogni disseccati a somiglianza di steli bruciati dal sole. Siamo agglutinati al cuore nero della terra.

Solo quando (e se) saranno stati dissepolti, una volta rimossi i sedimenti, gli óstraka luccicheranno come attimi di eternità.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

07 gennaio, 2013

Le apparizioni “mariane” nel bosco di Zaro: indizio di una criptocrazia?

E’ il giorno 8 ottobre 1994. I giovanissimi ischitani Paolo, Luigi, Imma e Marianna, dopo aver pranzato, decidono di ricrearsi con una passeggiata nel bosco di Zaro. Si arrampicano su un declivo per giungere in una radura circondata da una vegetazione molto fitta. Lì, recitato il rosario, a Paolo, nei pressi di due rocce, appare un’entità che egli crede essere la Vergine. Ella proclama: “Questo è un luogo benedetto”. La sera dello stesso giorno, la Madonna si rivolge a Luigi, asserendo: “Zaro sarà un luogo benedetto”. Il 14 ottobre anche ad Imma si manifesta l’entità: l’apparizione è preceduta da una luce molto intensa. Il giorno succesivo la sedicente Madre di Gesù si palesa di nuovo: questa volta a Paolo, Imma e Marianna.

Biosogna precisare che i veggenti, prima dell’apparizione risalente al giorno 8 ottobre, sono già stati destinatari di visioni e di locuzioni interiori. Inoltre i percipienti appartengono a gruppi di preghiera: sono dunque soggetti in qualche modo predisposti a maturare esperienze “mistiche”. [1]

I fenomeni di Zaro (Isola d’Ischia) si discostano dalla pletora delle epifanie “mariane”, imperniate su inviti alla contrizione, alla preghiera, alla penitenza nonché costellate di contenuti generici di taglio omiletico e catechistico, poiché sono contraddistinti da alcuni vaticini piuttosto precisi.

Ad una dei numerosi veggenti, Simona, la Madonna mostra gli eventi del 9 11 con sette anni di anticipo. La sua testimonianza è raccolta da Federica Raimondi, giornalista del settimanale "Epoca". Simona, che ha il dono della xenoglossia, racconta all’inviata: "Ho visto dei grattacieli che venivano giù; poi ho visto la Statua della Libertà in frantumi ed ho capito che doveva essere New York".

Sempre a Simona l’entità affida un altro quadro predittivo: "Ho visto un'isola e un vulcano che eruttava, la gente cercare di scappare ma non ci riusciva e l'isola veniva inghiottita dal mare".

L’immagine del futuro scorta dalla veggente potrebbe adombrare una rovinosa eruzione non del Vesuvio, ma del vulcano Marsili, eruzione cui si riferiscono alcuni cronisti addentro agli arcana imperii? Costoro ritengono che il governo segreto abbia in animo di provocare sommovimenti tettonici e fenomeni eruttivi, di cui i terremoti susseguitisi negli ultimi mesi del 2012 in Italia meridionale ed in Sicilia, sarebbero gli inquietanti prodromi. Insomma, sempre presagi catastrofici... [2]

Come nel caso degli altri eventi “mariani”, bisogna chiedersi se siamo al cospetto di una Madre celeste che avverte i suoi figli dei pericoli che incombono sull’umanità o se - ipotesi più plausibile – sia le manifestazioni sia i messaggi scaturiscano da un regista occulto volto a perseguire fini sinistri.

Scrive l’ex gesuita Salvador Freixedo a proposito di tale fenomenologia: “Le apparizioni di ogni tipo e più concretamente quelle mariane, sono un fenomeno tremendo in cui l’essere umano viene usato da una creatura superiore ed invisibile, collocata su un gradino più alto di noi sulla scala che porta all’universo. Questa intelligenza invisibile usa l’uomo come l’uomo usa gli animali più deboli di lui, senza chiedere loro alcun permesso. Pensare che noi esseri umani siamo al di sopra di tutto e di tutti è un semplice infantilismo che la Chiesa ci ha inculcato per molti secoli e che molti ancora oggi credono”.

Gli accadimenti profetizzati dalla Madonna ischitana saranno da leggere come oracoli di fatti orchestrati da chi li predice. Nulla di più facile. E’ un po’ come la sequenza premonitrice all’interno delle carte degli Illuminati: le rivelazioni si adempiono perché Qualcuno agisce in modo che si adempiano. Questo significa che i fili della storia nascosta sono tenuti da un burattinaio tanto più potente giacché invisibile ai più? Siamo dominati da una criptocrazia?

Gli appelli dell’entità che si presenta come Vergine Maria insistono sulla necessità del pentimento e dell’astinenza. Tuttavia, invece di favorire un risveglio spirituale, mirano a creare una forma di sudditanza psicologica, un assenso acritico ai dettami di una volontà i cui scopi non sono certo cristallini. Nella congerie di comunicazioni “mariane”, oltremodo ripetitive e fumose nonché infirmate da un moralismo da parrocchia, non si reperisce neanche un cenno al genocidio noto come “Geoingegneria clandestina” né agli innumerevoli crimini perpetrati dai governi. Si instillano, invece, sensi di colpa nei devoti e nei miscredenti, con la minaccia neanche tanto velata, di lasciar mano libera a Satana affinché scateni l’inferno sulla terra, se i peccatori non si convertiranno.

Questo ed altri limiti denunciano le cosiddette apparizioni mariane come una grossolana mistificazione o, meglio, come una strategia di addomesticamento ad opera di un mandriano per cui l’umanità è un gregge, buono per essere tosato e, a suo tempo, macellato.

[1] La stessa fonte consultata da chi scrive riporta che le prime veggenti sono due bambine, rispettivamente di 9 e di 11 anni. Esse, recatesi nel bosco per una camminata, vedono la Madonna che le esorta a pregare “per l’umanità in pericolo”.

[2] Il Marsili è un vulcano sottomarino localizzato nel Tirreno meridionale. E' ubicato a circa 140 km a nord della Sicilia ed a pressappoco 150 km ad ovest della Calabria. E’ il maggiore vulcano europeo. È stato indicato come potenzialmente pericoloso, perché potrebbe innescare un maremoto che interesserebbe le coste tirreniche meridionali.

Fonti:

S. Freixedo, Le apparizioni mariane, Milano, 1993, passim
madonnadizaro.it


APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

04 gennaio, 2013

La morte di Spartaco

“Osate, ragazzi! Provate sempre l’entusiasmo della ricerca, coltivate la passione per la libertà, alimentate il culto della verità, praticate il metodo del dubbio, assaporate l’emozione della scoperta e non vi mancheranno la gioia ed il piacere della conquista”.

Quelle riportate sono parole del giornalista e scrittore Gianni Rodari. La sua esortazione agli adolescenti affinché nella loro vita l’amore per la libertà e la verità sia una “stella polare” è commovente per l’ingenuo entusiamo. L’incitamento di Rodari inciampa nei legacci della società attuale in cui “libertà” e “verità” sono spesso solo petizioni di principio.

I cittadini sono liberi o piuttosto sono incatenati da un sistema che li ha resi lavoratori, consumatori e contribuenti?

Uno studente è libero di criticare i professori ed il sistema educativo o deve temere ritorsioni? Un insegnante è libero di trasmettere contenuti non ortodossi o deve paventare richiami di presidi allineati o doglianze di genitori perbenisti?

Un giovane può costruirsi il suo futuro o deve scendere a compromessi per trovare un impiego purchessia?

Un ricercatore è libero di compiere indagini nei campi più disparati o deve sottostare alle direttive di baronie accademiche colluse con potenti società?

Oggigiorno libertà e verità sono illusioni o, peggio, parole altisonanti con cui ci si riempie ipocritamente la bocca.

Eppure il vero problema non è l’oppressione – è noto che i governi “democratici” sono tritacarne - ma la diabolica scaltrezza del sistema che ha inculcato in quasi tutti gli ex uomini il disdegno, se non il disprezzo per i princìpi. Il conformismo, anzi la soggezione nei confronti del potere, l’assenza di pensiero critico, l’adesione ai disvalori propagandati dai media di regime dequalificano gli individui come schiavi non solo contenti del loro stato, ma bramosi che i carnefici stringano ulteriormente i ceppi.

L’establishment è riuscito ad ottenere un consenso che non occorre venga strappato, poiché è offerto volentieri da vittime del tutto ignare.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

01 gennaio, 2013

Ildegarda di Bingen: una visione liminale tra misticismo, sciamanesimo ed ufologia

L’uomo è un accampamento di demoni. (Basilide)

Ildegarda di Bingen o Hildegard von Bingen (Bermershein 1098, Rupetsberg, Bingen, 1179) fu una mistica tedesca. Entrò come oblata già a otto anni nel monastero benedettino di Disibodenberg dove divenne monaca e badessa nel 1136. Fin da giovanissima ebbe esperienze visionarie che, su suggerimento del monaco Volmar, mise per iscritto: queste esperienze furono ufficialmente riconosciute come un dono profetico da papa Eugenio III nel 1147. Fondò un monastero a Rupertsberg, presso Bingen, dove rimase fino alla morte.

Tra le sue opere, oltre all’epistolario, va ricordato lo scritto visionario Scivias (Conosci le vie, 1141-1153): è un libro che descrive, in uno stile drammatico, le sue visioni di Cristo. Non si tratta né di estasi né di sogni, ma di immagini interiori in cui viene mantenuta la vista sensibile e dove la visio è, agostinianamente, strumento di conoscenza e di comunicazione. L’opera ha un disegno sistematico che ripercorre tutta la storia della salvezza. Nel Liber vitae meritorum (1158-1163) l’immanenza di Dio, che anima il mondo come un fuoco eterno, è rappresentata dalla figura di un Uomo cosmico che infonde vita all’universo. Lo stesso tema è rintracciabile nel Liber divinorum operum (1163-1170) in cui si ritrovano motivi cari alla scuola di Chartres: la corrispondenza tra universo (macrocosmo) e l’uomo (microcosmo), l’anima mundi, la creazione come teofania ed incarnazione delle idee eterne che albergano nella mente di Dio.

Ildegarda possedeva anche una vasta cultura nel campo della medicina e delle scienze naturali: sono cognizioni documentate da scritti raccolti sotto il titolo di Physica e Causae et curae. Questi testi accolgono sorprendenti intuizioni, ad esempio l’eliocentrismo e la circolazione sanguigna. Ildegarda fu anche autrice di pregevoli composizioni poetico-musicali e di un dramma morale, Ordo virtutum.

Il manoscritto di Rupertsberg mostra, tra le illustrazioni riferite alle percezioni della santa, un’insolita miniatura: vi è raffigurata una donna gravida coricata, congiunta per mezzo di un tubicino, ad una forma romboidale sospesa nel cielo. Ai lati della donna sono rappresentati degli uomini inscritti in un ovale: alcuni di loro reggono delle ceste contenenti (all’apparenza) della frutta o dei pani. In alto nella parte sinistra della composizione un folletto preleva un fungo da una canestra. Nella miniatura il firmamento è trapunto di stelle, mentre il quadrilatero è cosparso di cerchi e di “occhi”. In una banda centrale del poligono si nota una forma di non facile identificazione: un volto? un altro fungo? Se consideriamo le convenzioni iconografiche dell’arte medievale, osserviamo che il rombo, secondo la prospettiva policentrica, è probabilmente visto dal basso: gli inquietanti “occhi” dunque fissano dall’alto la donna incinta, come ad ipnotizzarla, mentre i giovani, con contegno improntato a devozione, sembrano voler offrire delle primizie.

Nella composizione le figure geometriche assumono notevole rilevanza: il rombo occupa il settore superiore del “quadro”, mentre la “mandorla” non solo include le figure, ma la sua curva, nella parte più bassa, coincide con il profilo inarcato della donna pregna.

E’ un soggetto davvero singolare, per certi versi incongruo, con l’elfo che piglia il fungo, il tubicino che, dipartendosi dalla figura muliebre, si allunga sino al rombo. In particolare, il fungo pare un richiamo ai vissuti sciamanici. E’ noto che, sin dalla preistoria, i medicine men erano usi assumere sostanze psicotrope estratte da funghi, quali l’Amanita muscaria (genere Psylocibe): le sostanze psicoattive propiziavano la trance, il viaggio nei regni invisibili. La miniatura inscena dunque una visione sciamanica? [1]

In che misura, invece, la donna, il cannello e la losanga possono aderire ad uno scenario ufologico classico, addirittura ad un resoconto di inseminazione per opera di esseri “alieni”? Se rintracciare dei tòpoi ufologici all’interno dell’icona può apparire arbitrario o persino destituito di fondamento, saremmo comunque inclini a scorgere nella descrizione uno sguardo gettato in una dimensione enigmatica, forse al confine tra celeste e demoniaco. E’ un bivio preternaturale in cui influssi e presenze eterogenee si incontrano e si sovrappongono, come la parte comune di due cerchi intersecati?

E’ probabile che l’immagine in esame sia il riflesso di una complessa visione simbolico-liminale e non lo spaccato iconografico di un fatto. Invero le figure sembrano disegnare una sorta di albero cosmico che nasce dalla Madre-Terra. Non solo, il cordoncino ricorda il filo d’argento che, durante i cosiddetti viaggi astrali, lega il secondo soma all’involucro materiale.

Tuttavia il crudo realismo di certi particolari e le analogie con quanto riportato da donne vittime di rapimenti sono aspetti che è legittimo pure ricondurre ad un ambito ufologico. Tale esegesi è per lo meno plausibile nel caso di una visione di cui si dà conto in Scivias. La religiosa la riferisce nel modo seguente: “Vidi una struttura gigantesca e scura simile ad un uovo… Lo strato esterno era interamente costituito da un fuoco scintillante e nella parte inferiore giaceva qualcosa di simile ad una membrana scura… La vampa lo scuoteva con un fragore simile al tuono, con una bufera ed una grandine di sassi appuntiti, grandi e piccoli”.

Questa ed altre percezioni della badessa vissuta nel XII secolo, sono state esaminate da G. Bonn, nel saggio “Le visioni di Ildegarda di Bingen: un parallelo tra documenti antichi e moderni”. Lo studioso le interpreta secondo i criteri della Clipeologia, concludendo che la mistica vide degli U.F.O. Si può in linea di massima concordare, purché l’ipotesi xenologica resti tale e non escluda altri orizzonti: la simbologia, le esperienze mistiche, il contatto con sfere incorporee.

Resta comunque il sentore che alcune circostanze descritte dalla santa tedesca siano indizi di un’interferenza “esterna": attraverso un varco in una realtà metafisica, si insinuò un'ambigua entità? Non lo sappiamo: sappiamo, però, che sono proprio esseri sinistri, parassiti psichici che oggi giorno quasi sempre si appiccicano a coloro che, credendo di maturare esperienze spirituali o di contatto con "fratelli dello spazio", si invischiano in situazioni di cieco, pecioso psichismo.

[1] Il fungo delineato non assomiglia all’Amanita muscaria o ad altre specie delle Amanitacee, ma a quei miceti dal cappello ad imbuto, ascritti alle Russulacee o alle Cantarellacee. E’, però, l’Amanita muscaria il fungo che, per le sue proprietà allucinogene, è conosciuto ed impiegato sin dalla preistoria. L’Amanita muscaria è un fungo appariscente e piuttosto diffuso nei boschi di Conifere e Latifoglie. Compare spesso nelle illustrazioni dei libri di fiabe e nei cartoncini d’auguri. Negli esemplari giovani, l’intero corpo fruttifero è coperto da un velo bianco, i cui residui a forma di verruche (che col tempo possono scomparire) adornano il cappello rosso vermiglio, solcato al margine. Le lamelle sono bianche, l’anello è pendulo e solcato. Il gambo è ingrossato alla base con cerchi concentrici di verruche. Gli occhi ed i circoli della losanga, se non si vuole pensare agli oblò di un’astronave, ricordano le verruche del fungo: l’artista tratteggiò forse una gigantesca Amanita? Più si analizza l’immagine e più essa appare contraddittoria, indecifrabile…

Fonti:

Enciclopedia del Medioevo, Milano, 2007, s.v. Ildegarda di Bingen
G. Hancock, Sciamani, Milano, 2006, passim
P. Harding, Funghi commestibili e velenosi, Milano, 2003, s.v. Amanita muscaria
G. Ranella, Le dimensioni parallele, 2012
G. Samorini, Sciamanismo, funghi psicotropi e stati alterati di coscienza: un rapporto da chiarire, articolo presente in Bollettino camuno di studi preistorici, vol. 25/26, pp. 147-150, 1990
E. Von Danichen (a cura di), I misteri dell’archeologia: alla ricerca di tracce cosmiche sul nostro pianeta, Roma, 2005, pp. 208-216


APOCALISSI ALIENE: il libro

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