16 gennaio, 2014

Discrimine e crimine

Gli esseri umani si trovano impegnati in un cammino di consapevolezza momentaneamente interrotto da forze estranee”. (C. Castañeda)



Alcuni pensano che tutto sia perfetto così com’è. Costoro da un lato affermano una libertà senza limiti, dall’altro accettano l’esistente in modo fatalistico, incorrendo in una contraddizione insanabile: tale incongruenza, più di molte altre fallacie, rischia di minare codesta idilliaca visione del mondo. Infatti, se veramente l’universo forse perfetto, esso coinciderebbe con Dio oppure non esisterebbe, poiché solo ciò che non esiste nello spazio-tempo è sottratto alla caducità ed all’insufficienza per quanto lieve.

Gli gnostici la pensavano diversamente. Nel Vangelo di Filippo addirittura leggiamo: “Il sistema mondo in cui viviamo è nato da un errore”. In che cosa consista questo sbaglio e da che cosa sia dipeso nessuno sa. Si può soltanto speculare: si può credere che il cedimento primigenio sia connaturato all’essere stesso o che il buio ed il freddo abbiano invaso un cosmo luminoso. Qualcuno evoca un’interferenza, altri una caduta repentina nell’abisso della materia, altri ancora uno sdrucciolare lento ma incessante. Taluno vede la necessità della catabasi decretata ab aeterno.

Quale sia l’origine dell’origine non ci è dato comprendere. Fatto sta che portiamo sulle nostre deboli spalle tutto il peso insostenibile della realtà. La mortalità ci pone innanzi alla nostra condizione di inadeguatezza. Ogni svolta è un’occasione ma anche un rischio. L’esistenza è un rapido morso ed una morsa.

Qual è stato il passo falso? Dove si è inciampato? Accadde ad un certo punto che gli atomi, privi affatto di coscienza, cominciarono ad essere senzienti (o, al contrario, la coscienza si insinuò nella materia inerte). Dalle infinite non possibilità che escludevano la possibilità della vita e della consapevolezza emerse proprio quella meno probabile. E’ lì il discrimine e forse pure il crimine: nella coscienza che tenta di staccarsi dal substrato materiale, ma, appunto non riuscendovi, resta con le radici spezzate e mezzo scoperte, dunque esposte all’aria ed alle intemperie. Così il nutrimento contenuto nell’humus non attraversa più come prima il tronco e, attraverso il tronco, i rami e le foglie. L’albero si indebolisce e si ammala.

Perciò più la coscienza è elevata, cosciente di sé, più è vulnerabile, fragile. Essa si specchia in sé stessa, condannata a non riconoscersi.

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7 commenti:

  1. D'altronde chi non ha coscienza non si preoccupa minimamente di ciò che ha informo e quindi sembra meno soggetto alle "intemperie"

    Però solo chi ha coscienza può discernere ciò che vede e capire la situazione in cui si trova e cercare di vivere nel modo migliore possibile

    Un saluto Zret, bell' articolo :)

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    1. E' così: la coscienza si innalza di fronte ad una realtà che sente estranea.

      Ciao

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  2. Già, ma allora che cosa è la coscienza?

    Secondo Robert Lanza, sebbene i singoli corpi siano destinati alla morte e alla disintegrazione, la coscienza viva dell’individuo – il “chi sono” – esiste come forma di energia (circa 20 watt) che opera all’interno del cervello.

    Siccome il Secondo principio della Termodinamica (uno degli assiomi più sicuri della scienza) afferma che l’energia non si può nè creare, nè distruggere, ma solo trasformare, dobbiamo concludere che questa “energia di coscienza” che opera nel cervello non scompare con la morte del corpo.

    Concludendo in questo dedalo misterioso che è la vita così come la intendiamo, il problema più grande è che in una particolare forma di vita, quella umana, esiste un fenomeno come quello della coscienza, la cui comprensione rimane ancora, a dir poco, un mistero.

    Se il 20° secolo è stato dominato dalla fisica, il 21° secolo si configura come l’epoca della convergenza tra diverse discipline, fino ad oggi ancora in apparente conflitto tra loro, quali la fisica e la filosofia, la biologia e la teologia. Tutto sembra convergere in una unificazione dei saperi.

    Forse è questo il tentativo più qualificante di una teoria come quella del biocentrismo, secondo la quale la vita precede l’esistenza dell’Universo. E’ un concetto semplice ma sorprendente: la vita determina l’universo, anziché il contrario.

    Ciao

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    1. Bella domanda, Wlady. Che cos'è la coscienza? Essa non solo precede la materia-energia, ma è pure da essa distinta da un punto di vista ontologico? Sarebbe quasi una rivincita di Cartesio, giacché la materia potrà pure essere eterna, ma non pensante. E' tema che vorrei riprendere sulla base delle esperienze del medico Eben Alexander.

      Ciao

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    2. Già, ma se non è pensante (come presuppongo che così sia), che senso ha allora venire alla vita? Un non senso fatto di esperienze fini a se stesse senza speranza di un ricordo futuro.

      Mi vengono sempre alla mente le parole del poema di Dilgamesh, quando in uno di questi episodi è l'incontro con la divina Siduri, la taverniera, che cerca di dissuaderlo dal continuare il suo viaggio invitandolo a godere delle gioie della vita a cominciare da quelle della famiglia, perché gli dèi, quando hanno creato l'uomo, hanno stabilito per lui la morte:

      "La vita che tu cerchi non la troverai.
      Quando gli dèi crearono l'umanità,
      tennero la vita nelle loro mani.
      Così, Gilgamesh, riempi il tuo stomaco,
      giorno e notte datti alla gioia,
      fai festa ogni giorno.
      Giorno e notte canta e danza,
      che i tuoi vestiti siano puliti,
      che la tua veste sia lavata: lavati con acqua,
      gioisci del bambino che tiene la tua mano,
      possa tua moglie godere del tuo petto:"

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    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Alla fine, Wlady, si resta intrappolati nel solito labirinto. Perché la vita emerge in un un universo tautologico, fine a sé stesso? Perché la coscienza, che di per sé è eterna e perfetta, avrebbe bisogno della materia per compiere esperienze? Per capire che il male è male? Ma non lo sapeva già prima?

    Né bisogna dimenticare che la tradizione dei Sumeri e quella degli Ebrei, negando l'immortalità dell'anima, stabiliscono un destino finito per gli uomini.

    Quanto sono plausibili le teorie e credibili i resoconti circa la sopravvivenza del singolo dopo la morte fisica? Domande su domande.

    Ciao

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