03 febbraio, 2014

Genova, primi decenni del XII secolo


Genova, primi decenni del XII secolo. “Il Comune non raggiunge autonoma coesione al di sopra delle fazioni: gli opposti schieramenti restano in equilibrio, senza che alcuno riesca a prevalere, in una perenne insicurezza. La cosa pubblica soffre anche la mancanza di una sufficiente base economica; la grande floridezza di questi secoli è prodotta e detenuta in gran parte dai privati. Di fronte ad un sistema fiscale inadeguato, per alimentare le proprie frequenti necessità straordinarie, il Comune chiede prestiti ai cittadini, cedendo in contropartita gabelle già esistenti o istituite ad hoc. Del cui gettito quindi si priva: sin dal XII secolo si delinea un debito pubblico che attraverso sviluppi e ristrutturazioni, è destinato ad accompagnare la vicenda medievale e moderna dello Stato genovese, per alcuni versi indebolendolo e condizionandolo, per altri elaborando innovative tecniche amministrative e finanziarie”.

Lo stralcio sopra riportato è desunto da “Storia della Liguria”, un volume erudito a cura di G. Assereto e M. Doria, comprendente saggi monografici ma in sequenza temporale. Nella monografia “Dalla marginalità alla potenza sul mare: un lento itinerario tra V e XIII secolo”, Valeria Polonio inquadra Genova e la Liguria durante la media tempestas, per ripercorrerne le principali vicende politiche ed economico-sociali.

Il passo in esame è cruciale: il Comune per sostenere le spese correnti ed eccezionali, crea un apparato che gli consente di introitare in modo rapido moneta sonante, ma generando un debito collettivo. I cittadini facoltosi prestano denaro alla Compagna, per ricevere congrui interessi il cui pagamento dipende dall’introduzione di nuovi tributi o dal loro aggravio.

E’ in nuce il meccanismo debitorio che attanaglia oggi molte nazioni. Gli interessi, alla scadenza concordata, devono essere versati: a pagarli sono i cittadini. Si produce un sistema che, se dapprincipio può stimolare i processi economici e finanziari, con il passare del tempo, diventa una morsa che immobilizza le attività produttive, favorendo solo gabellieri e speculatori. Le malversazioni proliferano. Alla fine il debito incatena ad altri debiti... inestinguibili. Ai gravami si aggiungono ulteriori gravami sempre più odiosi. I mali odierni hanno radici tenaci e profonde.

Nella Genova medievale e, in genere, nei secoli passati, le somme raccolte con il fisco, quantunque in parte destinate a corrispondere gli interessi sul deficit, erano impiegate nell’interesse della collettività. Scrive ancora la Polonio: “Già agli inizi degli anni Trenta del XII secolo si nota una buona cura per il decoro urbano e per la tutela di alcune parti di pubblico godimento. Sul mare si delinea il fronte di Sottoripa, solido ed elegante, con colonne in pietra; sono protette aree panoramiche; il fabbisogno idrico è soddisfatto da fontanelle alimentate da un acquedotto che viene dalla Val Bisagno; begni pubblici si trovano dalla parte del ‘Rivotorbido’, dove l’acqua non manca; il Comune controlla i banchi presso i quali gli operatori autorizzati cambiano le monete estere ed esercitano attività finanziarie più complesse, già di carattere bancario. I punti intorno a cui gravita la vita delle grandi famiglie (con tutto l’indotto di parenti e clienti) sono segnati e difesi da torri”.

La sensibile differenza rispetto al tempo presente non è d’uopo rimarcare.

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