Il pensiero libero deve essere anche provocatorio.
Il dibattito tra chi sostiene che la specie Homo sapiens differisce dagli animali da un punto di vista meramente quantitativo e chi, invece, crede l’uomo manifesti delle caratteristiche irriducibili rispetto agli altri esseri viventi, è infuocato. Come spesso avviene, il problema in questi termini dilemmatici è mal posto. Se si affrontano le questioni con discernimento, esse diventano meno ostiche e si evitano dicotomie inconciliabili.
Vediamo dunque come si potrebbe approcciare tale spinoso tema. E’ forse errato disquisire di uomini tout court. Piaccia o no, gli uomini non sono tutti uguali: alcuni – abbiamo il coraggio di ammetterlo – sono inferiori agli animali; altri sono senza dubbio, sotto il profilo qualitativo, superiori. Non sono forse dei bruti tutti coloro che oggigiorno sono incapaci di usare i cinque sensi e la ragione, donati loro dalla Natura? Se potessimo immedesimarci in alcuni primati non umani, probabilmente scopriremmo che possiedono sensi più vividi ed un’intelligenza più acuta della massa irragionevole. Coloro che, come ci insegna Giovanni Pico della Mirandola nel “De dignitate hominis”, sono scivolati sul pendio che conduce alll’imbarbarimento, non sono più “uomini”, non appartengono più alla specie Homo sapiens sapiens, avendo subito una mutazione antropologica.
La Bibbia ed altre tradizioni (si pensi soprattutto alla cultura gnostica) sembrano suggerire che l’umanità del passato non coincideva con un’unica specie: coesistettero diversi tipi dissimili da un punto di vista strutturale. Forse da uno dei vari gruppi discendono le cosiddette élites, invero una stirpe degenere di degenerati che definire “umana” è erroneo in rapporto alla loro origine e natura.
Resta un barlume di umanità e di etica in tutta quella masnada di individui che definiamo “negazionisti”? Essi ci sembrano l’incarnazione di una subspecie che pare non avere alcuna speranza o perché a tal punto corrotta da occupare una nuova nicchia biologica, la specie Homo insipiens insipiens, o in quanto derivante da una razza imbastardita cui si accenna in pristini retaggi.
Sono accese le polemiche tra i carnivori ed i vegetariani-vegani: i primi accusano i secondi di essere incoerenti, di difendere gli agnelli, ma non le zanzare. Li incolpano di commuoversi per la mucca ed il maiale mandati al macello, ma di non muovere un dito per tutti i bambini che muoiono di fame e di sete. Quasi sempre queste accuse sono strumentali e pretestuose. Spesso provengono da chi non ha cuore la vita né umana né animale né vegetale. Esistono i Giainisti che, per quanto è loro possibile, cercano di evitare anche l’uccisione accidentale di un moscerino e, accontentando i carnivori, considerano strappare un frutto dall’albero un’azione riprovevole come macellare una capra.
Ora, chi reputa la vita sacra, cerca di rispettarla in ogni sua forma, sebbene ci possa riuscire solo in alcuni casi: chi comincia ad eliminare un po’ di sofferenza dal mondo è da apprezzare, visto che il male non potrà mai essere del tutto annichilito.
Quanto alle zanzare che i vegetariani-vegani non esitano a schiacciare, allorquando questi insetti diventano molesti, quanto ai frutti ed agli ortaggi che finiscono sulle tavole dei sanguinari vegetariani-vegani, non è certo colpa di costoro se la vita si basa, almeno in una certa misura, sulla morte. Bisogna dunque rivolgersi alla Natura o a Dio per tentare di capire per quale ragione il mondo debba fondarsi sul pesce piccolo divorato dal pesce grande, sull’erbivoro sbranato dal predatore. L’Artefice (o chi per Lui) ha generato (o promanato) un universo in cui per alimentarsi occorre, volenti o nolenti, uccidere: in linea teorica, se Egli avesse voluto (o potuto?), la vita potrebbe sostenersi solo con l’etere o qualcosa del genere. Compito dell’uomo non è dunque abolire il male da questa dimensione – è, infatti, impresa impossibile – ma provare a migliorare le condizioni del mondo.
Molte parabole buddhiste narrano di animali che si immolano per salvare vite umane preziose. Se un filosofo vegetariano, la cui benevolenza è destinata ad alleviare le sofferenze del prossimo, decide, spinto dalla fame, di uccidere una lepre e di cibarsene, la sua azione è equiparabile alle crapule carnee di un maldicente che sul pianeta diffonde solo veleni?
Vediamo quindi quanto sia utile il discernimento: ci aiuta a distinguere caso per caso, a non perderci in diatribe infinite. Allora gli uomini sono differenti per natura dagli animali? Alcuni sì ed altri no? Quali uomini? Che cosa s’intende per “uomo”? Vale più la vita di una mosca o quella del principe Filippo d’Edimburgo?
Il dibattito tra chi sostiene che la specie Homo sapiens differisce dagli animali da un punto di vista meramente quantitativo e chi, invece, crede l’uomo manifesti delle caratteristiche irriducibili rispetto agli altri esseri viventi, è infuocato. Come spesso avviene, il problema in questi termini dilemmatici è mal posto. Se si affrontano le questioni con discernimento, esse diventano meno ostiche e si evitano dicotomie inconciliabili.
Vediamo dunque come si potrebbe approcciare tale spinoso tema. E’ forse errato disquisire di uomini tout court. Piaccia o no, gli uomini non sono tutti uguali: alcuni – abbiamo il coraggio di ammetterlo – sono inferiori agli animali; altri sono senza dubbio, sotto il profilo qualitativo, superiori. Non sono forse dei bruti tutti coloro che oggigiorno sono incapaci di usare i cinque sensi e la ragione, donati loro dalla Natura? Se potessimo immedesimarci in alcuni primati non umani, probabilmente scopriremmo che possiedono sensi più vividi ed un’intelligenza più acuta della massa irragionevole. Coloro che, come ci insegna Giovanni Pico della Mirandola nel “De dignitate hominis”, sono scivolati sul pendio che conduce alll’imbarbarimento, non sono più “uomini”, non appartengono più alla specie Homo sapiens sapiens, avendo subito una mutazione antropologica.
La Bibbia ed altre tradizioni (si pensi soprattutto alla cultura gnostica) sembrano suggerire che l’umanità del passato non coincideva con un’unica specie: coesistettero diversi tipi dissimili da un punto di vista strutturale. Forse da uno dei vari gruppi discendono le cosiddette élites, invero una stirpe degenere di degenerati che definire “umana” è erroneo in rapporto alla loro origine e natura.
Resta un barlume di umanità e di etica in tutta quella masnada di individui che definiamo “negazionisti”? Essi ci sembrano l’incarnazione di una subspecie che pare non avere alcuna speranza o perché a tal punto corrotta da occupare una nuova nicchia biologica, la specie Homo insipiens insipiens, o in quanto derivante da una razza imbastardita cui si accenna in pristini retaggi.
Sono accese le polemiche tra i carnivori ed i vegetariani-vegani: i primi accusano i secondi di essere incoerenti, di difendere gli agnelli, ma non le zanzare. Li incolpano di commuoversi per la mucca ed il maiale mandati al macello, ma di non muovere un dito per tutti i bambini che muoiono di fame e di sete. Quasi sempre queste accuse sono strumentali e pretestuose. Spesso provengono da chi non ha cuore la vita né umana né animale né vegetale. Esistono i Giainisti che, per quanto è loro possibile, cercano di evitare anche l’uccisione accidentale di un moscerino e, accontentando i carnivori, considerano strappare un frutto dall’albero un’azione riprovevole come macellare una capra.
Ora, chi reputa la vita sacra, cerca di rispettarla in ogni sua forma, sebbene ci possa riuscire solo in alcuni casi: chi comincia ad eliminare un po’ di sofferenza dal mondo è da apprezzare, visto che il male non potrà mai essere del tutto annichilito.
Quanto alle zanzare che i vegetariani-vegani non esitano a schiacciare, allorquando questi insetti diventano molesti, quanto ai frutti ed agli ortaggi che finiscono sulle tavole dei sanguinari vegetariani-vegani, non è certo colpa di costoro se la vita si basa, almeno in una certa misura, sulla morte. Bisogna dunque rivolgersi alla Natura o a Dio per tentare di capire per quale ragione il mondo debba fondarsi sul pesce piccolo divorato dal pesce grande, sull’erbivoro sbranato dal predatore. L’Artefice (o chi per Lui) ha generato (o promanato) un universo in cui per alimentarsi occorre, volenti o nolenti, uccidere: in linea teorica, se Egli avesse voluto (o potuto?), la vita potrebbe sostenersi solo con l’etere o qualcosa del genere. Compito dell’uomo non è dunque abolire il male da questa dimensione – è, infatti, impresa impossibile – ma provare a migliorare le condizioni del mondo.
Molte parabole buddhiste narrano di animali che si immolano per salvare vite umane preziose. Se un filosofo vegetariano, la cui benevolenza è destinata ad alleviare le sofferenze del prossimo, decide, spinto dalla fame, di uccidere una lepre e di cibarsene, la sua azione è equiparabile alle crapule carnee di un maldicente che sul pianeta diffonde solo veleni?
Vediamo quindi quanto sia utile il discernimento: ci aiuta a distinguere caso per caso, a non perderci in diatribe infinite. Allora gli uomini sono differenti per natura dagli animali? Alcuni sì ed altri no? Quali uomini? Che cosa s’intende per “uomo”? Vale più la vita di una mosca o quella del principe Filippo d’Edimburgo?
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Un bell'articolo. Affermazioni pienamente condivisibili che mi fanno venire alla mente alcuni fra gli insegnamenti dell'Adepto Maitre Philippe e cioè che il nostro compito fondamentale consiste non nel vagheggiare di eliminare il male dal mondo ma solamente nel tentare di alleviarlo.
RispondiEliminaConcordo, Paolo. D'altronde una certa dose di male in questa dimensione ima è, tra l'altro, indispensabile.
EliminaCiao
Mi scuso per la lunghezza, e per eventuali refusi.
RispondiEliminaQueste false diatribe, vegetariani – vegani vs. carnivori, o anche petrolio – rinnovabili, servono molto spesso (direi quasi sempre) a nascondere qualcosa che poi è la vera soluzione, l'élite al potere deve necessariamente creare divisioni fra la massa (nel cui numero vede un'ovvia minaccia). La divisione è imperante, lo vedete. In famiglia, al lavoro, squadre di calcio (o altri sport), partiti, ideologie, religioni etc. potrei continuare all'infinito; una di queste divisione è anche quella Uomo – Natura e Materia – Spirito.
Badate bene queste non sono discussioni, sono divisioni, dove l'altro è vissuto come una minaccia al proprio modo di pensare, al proprio sé. Con un inconscio transfert emozionale noi attribuiamo a cose esterne (astratte o concrete) o persone, parti del nostro sé, identificandoci con esse e, quindi, facendoci possedere da esse. Noi siamo ciò che siamo diventa così Noi siamo ciò che abbiamo.
Questa digressione per spiegare il livore che si raggiunge in molte di queste diatribe, non tanto maleducazione, ma la difesa a qualcosa (in questo caso un'opinione contraria) che percepiamo come una minaccia al nostro sé. La stragrande maggioranza della popolazione mondiale è invischiata in una rete psicologica sadomasochista da cui uscire non è per niente facile, anche perché la società stessa si basa su questa rete e quindi sembra la norma (il che ci impedisce di impazzire... o meglio ciò consente alla nevrosi di non manifestarsi in forme violente, non sempre almeno).
Da tutto il discorso sopra derivano la grettezza, la bestialità, la brutalità che vediamo in alcune persone, persone che, a dispetto di tutto ciò che si può credere, sono molto più tormentate poiché in loro la battaglia tra il bene e il male è molto più accesa (da qui vengono escluse le persone sociopatiche). Non mi stancherò mai di ripetere che l'Uomo non è malvagio di natura, anzi il contrario, è buono, solidale e capace di dare amore verso sé stesso e gli altri. Tutta questa rete sadomasochista viene intessuta proprio per impedire che le naturali qualità umane si manifestino apertamente, perché sarebbe la fine del potere occulto.
Spero di non essere andato troppo fuori tema, ciao.
Ottima dissertazione, Devil. Io aggiungerei che il virus della discordia (i seminatori di scandali ed i fomentatori di divisioni dovrebbero leggere il canto dell'Inferno dantesco a loro dedicato) sono, invece, malvagi per natura, inclini al Male. Essi non sono uomini, ma Alienati ed A.
EliminaChi abbia permesso che questi "monstra" si incistassero nel cosmo e perché resta un enigma.
Ciao
Beh Zret, io credo che l'élite, e con questo termine definisco anche il governo ombra, siano umani profondamente disturbati che, nella loro cecità (che più che altro è paura), abbiano stretto accordi con esseri interdimensionali. Hanno stretto questi accordi con leggerezza, ed ora si trovano loro stessi sottomessi e schiavi di questi esseri.
RispondiEliminaLa mia analisi riguarda solo gli umani, e decade quando si parla di qualcosa di non umano...
Alla fine sono giunto a guardare questi umani sociopatici, con una sorta di pena, e anche di pietà; sono presi in un vortice di paura, di insicurezza, e si aggrappano con le unghie e con i denti a illusioni, a chimere distopiche, coscienti, nel loro profondo, che la fine per loro sarà terribile.
Buona notte.
E' una ricostruzione plausibile, Devil. Non escluderei che tali sub-uomini siano ibridi o discendenti di una schiatta degenere.
EliminaNon cambia molto in fondo. Che abbiano stipulato patti con creature interdimensionali è più che probabile: in cambio di potere e denaro, hanno rinunciato a quanto è veramente prezioso.
Ciao
Vi ho letto con interesse e non posso che convenire con la Vostra disamina.
RispondiEliminaCiao
Ciao Wlady. Grazie dell'attenzione.
Elimina...non mi perdo una riga Zret, mai. ;-)
EliminaCiao
Condivido il post e le domande che negli ultimi mesi mi ponevo. I commenti davvero interessanti. Grazie
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