28 giugno, 2014

Jacques Bordas: il preludio del Contattismo (prima parte)


La storia

Iniziatore del Contattismo è reputato lo statunitense di origini polacche George Adamski, ma alcune esperienze e figure precedono la saga di Adamski. Ci si può riferire in particolare alla singolare storia di Jacques Bordas.

Nato il 20 luglio del 1911, Bordas ebbe parecchi incontri con esseri straordinari: sono incontri che gli cambiarono la vita. Da bambino, fino all’età di dodici anni, Jacques fu cagionevole, a causa di una disfunzione ormonale che gli causò obesità con conseguente difficoltà di deambulazione.

Nell’agosto del 1923, il ragazzo era coricato nel suo letto, quando sentì l’impulso irrefrenabile ad uscire sulla terrazza. Vide dei piccoli apparecchi metallici di forma triangolare, simili ad aeromodelli. Tre dei velivoli atterrarono vicino al ragazzo. Uno si aprì come un ventaglio: ne uscì una creatura che indossava una tuta bianca ed un lucente mantello bianco.

L’essere, che era alto all’incirca quanto il ragazzo, disse: “Siamo venuti a trovarti, perché ti abbiamo preso sotto la nostra protezione. Sappiamo quanto soffri e conosciamo il tuo sogno di diventare un uomo forte, un atleta. Lo diventerai. Ora che ti abbiamo adottato, non ti abbandoneremo mai.”

Lo strano messaggero poi diede a Jacques una specie di candito scuro e cubico, ordinandogli di mangiarlo: in questo modo avrebbe cominciato una nuova vita. L’araldo rientrò nel suo aereo triangolare che decollò dirigendosi verso il Monte Tidibaro.

Bordas, nei quattro anni successivi al singolare rendez-vous, si irrobustì e sviluppò un interesse per la scienza e l’alpinismo. Fu il primo spagnolo a scalare il Green Needle nel 1934. Poco prima che divampasse la guerra civile spagnola, si iscrisse ad un corso per diventare meteorologo presso l’osservatorio di Turo, sulla cima del Montseny. Superato brillantemente l’esame, andò a lavorare nel centro meteorologico ubicato sul Montseny. Di quel periodo i biografi ricordano un curioso avvenimento: una notte qualcuno bussò all’uscio della sua casupola isolata. Bordas si alzò ed andò ad aprire: ad una certa distanza scorse una forma umana: era immobile su una sporgenza sopra uno strapiombo. L’umanoide si mosse verso l’abisso, ma, invece di cadere, continuò a procedere orizzontalmente.

Durante il conflitto civile, Bordas si schierò con i Franchisti, ma entrato in attrito con i superiori per i modo sbrigativo in cui erano eliminati i prigionieri repubblicani, fu rapito da tre uomini assoldati da un ufficiale cui si era opposto. L’uomo fu portato in una baracca isolata per essere fuciliato, ma all’improvviso i soldati fuggirono in preda al terrore, come di fronte ad un fenomeno soprannaturale.

Negli anni ‘50 del XX secolo Bordas diventò albergatore e guida alpina in un piccolo hotel a Casteil sul Monte Vernet. Fu in quegli anni che l’uomo ebbe un altro incontro con un messaggero dell’altrove: alto un metro ed ottanta, occhi azzurri, lunghi capelli biondi, corporatura atletica. Gli occhi erano leggermente oblunghi e le mani bianchissime. Lo straniero chiese a Bordas del pane e del latte. Nei giorni successivi i due si videro ancora ed il forestiero affermò di trovarsi là per uno studio topografico del monte Carigou di cui mostrò una pergamena dove la montagna era riprodottta nei particolari più minuti. Bordas pedinò il visitatore e scoprì che egli dimorava insieme con una donna in un rifugio di forma conica. Il misterioso ospite disquisì a lungo su argomenti di matematica e di politica, dimostrando conoscenze scientifiche notevoli. Prima di congedarsi, il visitatore volle donare a Bordas delle rocce contenenti pagliuzze d’oro. Erano frammenti litici provenienti dal greto del fiume Cadi.

In seguito il contattato si trasferì ad Andorra dove diventò un eccellente ebanista. Acquisì poteri particolari: ritrovava oggetti perduti e praticò con successo la pranoterapia.

Nell’estate del 1971, l’uomo ricevette una telefonata dal visitatore del Cadigou: gli fu preannunciato che sarebbe stato reso partecipe di verità universali.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

25 giugno, 2014

Appartiene ad un altro…

Nella celeberrima lirica “Cigola la carrucola del pozzo”, Eugenio Montale descrive un’avventura della memoria. Il riflesso sulla superficie dell’acqua contenuta in un secchio evoca il volto di una persona amata, ma presto quell’immagine si dissolve. Il ricordo si perde nell’oblio, in un passato irrevocabile, nella distanza dell’incomunicabilità.

Come spesso avviene, le parole più suggestive degli autori sono atrofizzate in interpretazioni banali. Si leggano i seguenti versi: “Accosto il volto a evanescenti labbri: / si deforma il passato, si fa vecchio,/ appartiene ad un altro...” “Appartiene ad un altro” non significa, infatti, che ora la donna condivide la sua esistenza con un altro uomo. Montale è conscio che l’identità individuale è labile, inconsistente, affidata ad una memoria di sé che è il tentativo di strappare alla dimenticanza ed alla fuga del tempo qualche brandello del proprio essere. "Appartiene ad un altro", ossia a qualcuno in cui non ci si riconosce, a chi non è più, al niente…

Che cosa garantisce che siamo gli stessi di un tempo? Solo l’abitudine a percepirci come coincidenza con le esperienze trascorse. Se cancelliamo la memoria, siamo ancora noi stessi? Esiste un substrato su cui alligna la coscienza o l’anima, per dirla con Hume, è un fascio di sensazioni? Una pianta che – si presume – non è dotata di facoltà mnemoniche, è ogni istante un essere nuovo?

Il paradosso della nave di Teseo (leggi Tèseo) esprime la questione metafisica dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un ente le cui parti cambiano nel tempo; in altre parole, se un tutto unico rimane davvero sé stesso oppure no dopo che, col passare del tempo, tutti i suoi pezzi componenti sono cambiati con altri uguali o simili.

Si narra che la nave in legno sulla quale viaggiò il mitico eroe greco Teseo fosse conservata intatta nel corso degli anni, sostituendone le parti che via via si deterioravano. Giunse quindi un momento in cui tutte i pezzi adoperati in origine per costruirla erano state rimpiazzate, sebbene la nave stessa conservasse esattamente la sua forma originaria.

Ragionando su tale situazione - la nave è stata completamente rimpiazzata, ma allo stesso tempo essa è rimasta la nave di Teseo - la questione che ci si pone è la seguente: la nave di Teseo si è conservata oppure no? Ovvero l'oggetto, modificato nella sostanza ma senza variazioni nella forma, è ancora il medesimo oggetto o gli somiglia soltanto o è un altro?

Il paradosso si può riferire all'identità della nostra stessa persona che, nel corso degli anni, cambia in modo notevole sia sotto il profilo fisico sia sotto quello psicologico. Nonostante ciò, sembra che un quid individuale sia preservato.

Le attività psichiche (memoria, appercezione, proiezione…) paiono le garanzie di una continuità temporale da cui dipende l’idea della propria identità. Se tuttavia aboliamo il tempo, la concatenazione cronologica, che cosa resta? Siamo solidificati nella coscienza dell’io, ma nulla è più evanescente ed illusorio dell’io, leggero fardello, pesante piuma. L’io è prigione senza sbarre, è una cella i cui muri sono d’aria, una catena i cui anelli si spezzano, non appena si sprofonda nell’estraniamento da sé, nel non essere.

Montale, consapevole che l’identità è inconsistenza, sente il terreno franargli sotto i piedi. L’uomo, nel momento in cui intuisce che l’unico punto stabile e l’instabilità del ricordo (ora inafferrabile ora fallace ora sfocato ora unidirezionale) rischia di sdrucciolare nel nulla.

Eppure il senso di vertigine al cospetto dell’abisso è anche estasi sublime, emancipazione dai ceppi dell’ego. Davvero, dato che la vita è questa, “svanire è la ventura delle venture”.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

21 giugno, 2014

Il ruolo di Putin e della Russia all’interno dello scacchiere internazionale


Si sta sempre più diffondendo l’idea che la Russia di Putin possa agire da forza utile a contrastare i piani dell’élites che intendono portare a compimento l’edificazione del Nuovo ordine mondiale. [1]

Se Machiavelli fosse vivo, ammirerebbe Putin poiché egli è statista gagliardo ed accorto, una sorta di Valentino del XXI secolo, su scala planetaria. Se dimentichiamo il probabile significato del suo cognome e se intendiamo cullare delle illusioni, possiamo pure vedere nel nuovo Cesare Borgia il paladino dei paesi che non vogliono sottomettersi alla prepotenza atlantica.

La politica vera, però, non si svolge sul proscenio delle relazioni tra alleati e delle tensioni fra antagonisti, bensì dietro le quinte. Per questo motivo ci sembra chimerico vagheggiare una denuncia per opera di Putin del 9 11 come inside job, coram populo. Se ciò accadesse, gli Stati Uniti sarebbero annichilati all’istante, ma il presidente russo non gioca la carta che lo porterebbe a vincere la partita. Perché? Perché egli presumibilmente non è, malgrado l’immagine di uomo energico ed intemerato, il fautore della libertà contro la tirannide occidentale, ma l’attore di un dramma, il cui regista è nerovestito.

Certo, se confrontato con la squallida inettitudine di fantocci come Obama o Renzi, colui spicca per la sua statura, ma sia l’esperienza delle cose metapolitiche sia certe profezie bibliche e coraniche (si intendano pure le profezie come annunci che Essi dirigono verso l’adempimento) ci invitano alla prudenza. La Russia è pur sempre Magog. E’, insieme con la Cina e l’India, la macroregione che pare destinata a sopraffare le nazioni occidentali dopo un feroce conflitto. L’assetto internazionale è sul punto di essere ridefinito secondo i piani occulti di chi, manovrando tutti i contendenti, usa rivalità reali e fittizie per conseguire i suoi fini, come il timoniere esperto sa sfruttare la corrente contraria per mantenere la rotta e condurre la nave in porto.

Rileggere “1984” di George Orwell può essere di giovamento per intuire gli sviluppi degli accadimenti attuali.

Un altro argomento smorza facili entusiasmi. La Russia è antesignana nella guerra climatica ed i suoi vertici dichiarano la necessità di combattere il riscaldamento globale provocato dal biossido di carbonio attraverso interventi di geoingegneria ufficiale. Il global warming, comunemente inteso, è una menzogna e dove alberga una menzogna ne pullulano presto altre. Questi possono sembrare solo piccoli indizi, ma rivelano l’adesione della Federazione russa ad un disegno inconfessabile, denotano il fatto che essa obbedisce ad ordini provenienti dall’alto, anzi obbedisce ad un... Ordine.

Abbiamo torto o ragione, se non facciamo assegnamento sul ruolo salvifico di Putin? Il tempo ci darà la risposta, anche se i posteri rischiano di non sopravvivere al flagello per stabilire chi fu più lungimirante.

[1] Tale interpretazione è sostenuta ed argomentata, tra gli altri, da Francesco Amodeo, nell’editoriale intitolato "Il loro piano sta fallendo: benvenuti nel nuovo disordine mondiale. Ora tutto dipende da noi", 2014


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18 giugno, 2014

Spiritati

In questi tempi sempre più difficili non sono pochi coloro che cercano di fuggire da un’esistenza asfissiante, dal cappio del quotidiano, ricorrendo alle esperienze più disparate. L’uomo contemporaneo avverte, sebbene in modo indistinto, che esiste un quid oltre il corpo, oltre i ceppi della materia. Purtroppo, però, cerca scorciatoie, privilegia le tecniche, pensa, un po’ come Simon Mago, che con il denaro si possano acquisire i doni dello Spirito. Ecco allora che comincia ad iscriversi a corsi, a procurarsi costosi tomi, a seguire gli insegnamenti di sedicenti maestri: quasi sempre il risultato non è l’espansione della coscienza, bensì uno spaventoso assottigliamento del portafoglio. Un percorso “spirituale” è più oneroso di un mutuo.

Come giudicare poi di tutte quelle costrizioni che dovrebbero liberare il nostro potenziale interiore? Posture scomode, estenuanti sedute di meditazione, impegnativi esercizi di visualizzazione, concentrazione della mente sul vuoto... Qual è alla fine il frutto di tutte queste prassi?

L’uomo di oggi è costitutivamente dissimile da quello di un tempo: altro che evoluzione! Così, se i partecipanti ai Misteri dei tempi venerandi compivano un itinerario che li conduceva, attraverso prove simboliche, ad una vera iniziazione, nell’età attuale si brancica nel buio o ci si muove in un labirinto. Dante ci insegna che “per riveder le stelle”, è necessario un lungo, paziente apprendistato. E’ necessario percorrere il sentiero che attraversa l’inferno per rendere l’anima degna di ascendere. Si preferisce la via più breve la cui meta, però, è il fallimento.

Difettano gli ierofanti genuini che possano trasmettere delle dottrine profonde senza pensare ad un tornaconto, al proprio ego; oggi il contatto con il sacro è sostituito dal convegno a pagamento, in cui i conferenzieri disquisiscono sui temi più eterogenei purché vi figuri l’aggettivo “quantico”. Questa non è spiritualità, ma una sua contraffazione, anzi mercimonio. Non mancheranno allora gli amuleti, i cristalli, i dispositivi di carta contro le onde elettromagnetiche, le orgoniti…

L’era della pazzia e dello sperpero ama ammantarsi con le parvenze della saggezza e della sobrietà.

Tutto si vende, tutto si acquista. I libri per innalzarsi oltre il mortificante materialismo pullulano: dallo Zen al sapere degli Orfici, dalla filosofia orientale alla fisica quantistica, dall’esoterismo cristiano alla New age… tutto congiura per la nostra felicità, per il successo, la salute, addirittura per la deificazione dell’uomo.

Eppure siamo sempre più insoddisfatti, frustrati, cagionevoli, incapaci di guardare oltre il soffocante orizzonte del qui ed ora...

Quando si terrà il prossimo simposio sull’apertura dei chakra?

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15 giugno, 2014

Il Contattismo tra simboli e fini sinistri

Certi simboli sono simili a briciole che spazziamo via dalla mensa, finito di desinare.

Rivelatori sono le icone di gruppi che ruotano attorno a contattisti, channelers, “profeti” dei tempi finali.

L’Ordine francese di Melchisedec, confraternita che mira ad eliminare il denaro, le religioni tradizionali e la guerra, annovera esponenti che asseriscono di essere in contatto con extraterrestri. La setta usa come emblema un cosiddetto sigillo di Salomone. All’interno dell’esagono formato dall’intersezione dei due triangoli è effigiato un quadrangolo in cui sono inscritti dei cerchi concentrici. Nelle punte della stella sono istoriati glifi dalle forme per lo più irregolari. [1]

I latori dei messaggi pseudo-mistici propinati da Ashtar Sheran di solito si identificano attraverso l’iconografia dell’ufonauta: sul palmo della mano destra aperta in segno di saluto brilla un astro a sette punte. Sulla divisa di Ashtar Sheran, sedicente Comandante della flotta spaziale interplanetaria, fa bella mostra di sé il sigillo di Salomone, dall’aspetto di un cristallo rutilante in modo da suggerire tridimensionalità. Le rivelazioni del lungicrinito visitor risalgono al 1952, quando il tedesco Georg Van Tessel compì un tour su un disco volante. Tessel fondò a Berlino il Centro della pace: ne originarono conventicole confluite in gran parte nella famigerata Federazione galattica.

Il Centro studi fratellanza cosmica (C.S.F.C.), fondato da Eugenio Siragusa nel 1963, esibisce uno “stemma” in cui è rappresentato un ricognitore adamskiano, sotto il quale sono raffigurate due stelle a cinque punte da cui si dipartono due avambracci che si stringono fraternamente. Il Centro fu voluto dal cultista catanese che, secondo la sua testimonianza, il 30 aprile 1962, incontrò per la prima volta sul Monte Sona (massiccio dell’Etna), alcuni visitatori non terrestri, ricevendo il solito messaggio di amore e fratellanza. Il C.S.F.C., dopo la morte di Siragusa, è diventato punto di riferimento per i contattisti italiani, sebbene abbia poi patito divergenze e scissioni.

Il più importante discepolo di Siragusa è lo stigmatizzato e contattista Giorgio Bongiovanni, fondatore di “Nonsiamosoli”: il movimento usa come logo un sole su cui si staglia un’aquila al naturale. Il sole è circondato da sette stelle a cinque punte. In basso si leggono le lettere greche alfa ed omega, con la prima minuscola e l’altra maiuscola.

Il Movimento raeliano, creato dal giornalista francese Claude Vorilhon, che ha poi cambiato il proprio nome in Rael, ha adottato come “insegna” il sigillo di Salomone in cui è inscritto uno swastika. Rael afferma che il Dio della Bibbia è, in realtà, da identificare con gli Elohim, scienziati extraterrestri, esperti nell’ingegneria genetica. Vorilhon sostiene di ricevere i suoi messaggi da un ufonauta che ha descritto come alto circa un metro e venti, con lunghi capelli neri, occhi a mandorla, carnagione olivastra. L’ex cronista, che è riuscito con il suo credo materialista a radunare attorno a sé circa 60.000 proseliti, ritiene che gli uomini possano conseguire l’immortalità attraverso la clonazione. Dopo di che saranno degni di ricongiungersi ai Creatori.

Una frangia cultista, che afferma di essere in contatto con i Siriani, si fregia di una sfera contenente un tetraedro rotante decorato da tre volute. Di solito, però, i vari gruppi che si richiamano ai “maestri” di Sirio esibiscono il sigillo di Salomone (di nuovo!): al suo interno spicca l’occhio onniveggente, attorno è disegnato un circolo. Nella maggior parte dei casi gli emissari dei Siriani usano come contrassegno la Stella di David cui sono intrecciati una croce greca e due archi. (Immagine in testa all'articolo)

Come si vede da questa rapida ed incompleta rassegna, un fil rouge collega quasi tutte le organizzazioni di contattisti dagli anni ’50 del XX secolo ad oggi. E’ un simbolo che evoca, attraverso il significato assunto in questi ultimi secoli, un centro di potere.



Credo che i corifei del cultismo (Adamski, Angelucci, Fry, Williamson…) fossero in buona fede, ma le loro esperienze, i loro abboccamenti con esseri delle stelle non sono, a differenza di quanto opina Roberto Malini, fantasie e leggende urbane, quanto i prodromi di un’acclimatazione allo sbarco di visitatori “saggi e benevoli”. Che dietro questa fenomenologia si nasconda un agente terrestre o allotrio, poco importa, giacché è indubbia un’intenzione sinistra, il fine di gettare le basi per un Nuovo ordine dove l’ecumenismo cosmico è la controparte del mondialismo, inteso come dittatura planetaria.

Certo, il contattismo è realtà tutto sommato marginale, il cui influsso sull’opinione pubblica è limitato, sebbene persistente da più di cinquant’anni. Tuttavia dipingendo un quadro edulcorato della questione aliena, esclude in toto non solo lo spinoso problema dei rapimenti, ma anche l’atroce scenario delle mutilazioni animali ed umane. D’altronde se chiediamo ad un ufologo ottimista o ad un canalizzatore che cosa pensi delle abductions e delle mutilazioni, ci risponde che non bisogna alimentare le energie negative, occupandosi di questi temi. E’ giusto non concentrarsi su aspetti foschi, ma ignorarli non significa che non esistono.

L’”ecologismo” a senso unico, la responsabilizzazione dell’uomo comune in cui è instillato il senso di colpa, l’abitudine a scagionare i governi, l’ingenua celebrazione della scienza e del progresso sono costanti che, presenti in nuce in Adamski, si sono poi ingigantite sino all’attuale contattismo del tutto indistinguibile per ideologia dalle più bieche correnti globalizzatrici.

Come è ovvio, lo scempio indicibile della geoingegneria clandestina che sfigura la Terra non trova neppure lo spazio di un millimetro quadrato nelle frange cultiste. Ciò dovrebbe indurre a riflettere.

[1] La Stella di David o sigillo di Salomone è un simbolo molto diffuso nelle culture del mondo antico. L’interpretazione tradizionale vi vede un triangolo “acqueo” (femminile, orientato verso l’alto) ed uno “igneo” (maschile, rivolto verso il basso) che, insieme, rappresentano un concluso sistema dualistico. La stella a sei punte è rintracciabile spesso nei graffiti della regione alpina ed in contesti culturali, come quello cinese, che non dipendono dalla tradizione ebraica.

[2] Lo swastika è simbolo cosmico, di movimento e di ciclicità, diffuso un po’ in tutto il mondo.


Fonti:

Enciclopedia dei simboli, a cura di H. Biedermann, Milano, 1991 s.v. stella di David e svastika
R. Malini, Dizionario enciclopedico degli U.F.O., s.v. Bongiovanni, Raeliani, Siragusa
J. Vallée, Messaggeri di illusioni, Milano, 1984, passim


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12 giugno, 2014

Guicciardini e la fortuna

Nei “Ricordi” Francesco Guicciardini (1483-1540) annota: “Chi considera bene non può negare che nelle cose umane la fortuna ha grandissima potestà, perché si vede che a ognora ricevono grandissimi moti da accidenti fortuiti e che non è in potestà degli uomini né a prevedergli né a schifargli: e benché lo accorgimento e sollecitudine degli uomini possa moderare molte cose, nondimeno sola non basta, ma gli bisogna ancora la buona fortuna”.

"Nel De principatibus Machiavelli aveva impostato il rapporto tra la fortuna e la virtù, risolvendolo nell’ipotesi di un possibile equilibrio fra queste due forze. Guicciardini sposta i termini del rapporto attribuendo alla fortuna una grandissima potestà, ovvero il peso maggiore e decisivo nel determinare l’esito degli eventi. L’equilibrio cercato da Machiavelli si spezza a favore di una concezione della realtà come campo degli accidenti fortuiti, dell’imprevisto e del casuale che l’uomo difficilmente riesce a fronteggiare”. (G. Baldi)

La riflessione di Guicciardini è inquadrata nel “pessimismo” che esprimerebbe lo storico a proposito della Storia. Nel linguaggio corrente “pessimismo” è sinonimo di sguardo lucido, disincantato. Che differenza rispetto ai carezzevoli discorsi sulla volontà che indirizza la vita, a guisa di un direttore d’orchestra! Che differenza rispetto ai lenocini oggi culminati nella formulazioni inerenti alla cosiddetta “legge dell’attrazione”. In codeste patinate teorie che inneggiano al libero arbitrio si intrecciano superbia ed ignoranza: la visione antropocentrica si alimenta di analfabetismo filosofico.

Con Guicciardini il maestoso edificio eretto da Machiavelli e da altri ingegni del Rinascimento crolla, poiché il baricentro si è spostato. La considerazione dei "Ricordi" è stringata, eppure densa. E’ aforistica, ma diramata in molteplici scorci. Nel breve volgere di poche righe l’intellettuale fiorentino chiama in causa le vicende umane, la sorte, l’intelligenza.

Nodale è il sintagma “accidenti fortuiti” che è ridondante, a sottolineare la forte incidenza di un caso che consuona con l’irrazionalità del mondo, l’imponderabilità del corso seguito dagli accadimenti. Poco è rimasto della visione rinascimentale saldata sulla fede nell’uomo arbitro del proprio destino, faber fortunae suae. E’ una fede che rischia di ergersi nell’hybris.

Certo, Guicciardini non è un filosofo, dunque la sua analisi non si addentra nei meandri metafisici per stabilire, di là dal senso comune, il ruolo della fortuna e della sua energia centripeta. Tuttavia il suo pensiero è un buon viatico per chi intenda saggiare la potenza di una forza ancora oggi non ben compresa, la si chiami destino, caso, determinismo.

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08 giugno, 2014

La fine della definizione


Un giorno mi sono ritrovato con un amico a tentare di chiarire il significato di “coscienza”. Siamo partiti dalla fine, ossia dalle definizioni fornite da due dizionari molto diversi tra loro. Il “Novissimo Melzi” riporta come accezioni di “coscienza”: “Facoltà per la quale sappiamo distinguere e deliberare tra il bene e il male – L’esser cosciente”.

Lo Zingarelli offre queste accezioni: “Modo particolare in cui le esperienze o i processi psichici, quali percezioni, ricordi, eventi intellettuali, sentimenti, desideri ed atti della volontà sono dati e conosciuti al soggetto – Correntemente, percezione che l’uomo ha di sé, del proprio corpo e delle proprie sensazioni, dei significati e dei fini delle proprie azioni – Sistema dei valori morali di una persona che le permette di approvare o disapprovare i propri atti, propositi e simili".

Si noti come un vocabolario antiquato, il Melzi, privilegi un taglio etico nella definizione, laddove uno più recente focalizza le valenze psichiche.

Invero, qualsiasi sia l’approccio, ogni definizione, intesa come delimitazione dei significati afferenti ad un lessema, è impossibile. Stabilire che cosa sia la “coscienza” è impresa inattuabile, ma, se pure ci limitiamo a circoscrivere il significato delle parole cosiddette concrete, l’operazione non è meno ardua: perché un recipiente con le anse non è più una bottiglia? Perché un recipiente di base quadrata non è più una bottiglia?

E’ palese che, non potendo definire i concetti, non possiamo neppure catturare le cose né stabilire quale sia il nesso tra parole ed oggetti, tra parole ed azioni. Nella “comunicazione” ordinaria ci accontentiamo di significati ordinari: il senso comune, pur con tutti i suoi limiti, ci consente di intrattenere le relazioni sociali indispensabili e di trasmettere i valori denotativi. Se in un bar ordiniamo un bicchiere d’acqua, è molto difficile che ci si porti un calice di champagne.

Qualora, però, intendiamo inoltrarci nei territori connotativi e dei significati fondamentali, qualsiasi accordo semantico è una chimera. Ognuno, ad esempio, intenderà la “coscienza” in modo diverso, secondo la sua enciclopedia ed il contesto storico-culturale. Qualcuno tenderà a sottolineare le sfumature morali del lessema, altri la filigrana psichica, altri ancora la curvatura filosofica…

Non solo, la definizione che il singolo adotta di “coscienza” è passibile di continui adattamenti e calibrature, secondo i suoi vissuti e le competenze culturali. Troveremo anche chi, come Borges, riconoscerà che “parlare significa incorrere in tautologie”. Il Novissimo Melzi, non a caso, propone una “spiegazione" tautologica di “coscienza”, ossia “esser cosciente” (sic).

Se si cerca di interloquire su temi abissali, si va incontro a disastri comunicativi: qualsiasi intesa è una pia illusione, anche perché, ammesso e non concesso che si trovi un minimo di condivisione su un significato generale, poi ci si accapiglierà circa i valori specifici e dei vocaboli correlati. Concediamo per assurdo che i locutori convengano sulla seguente delimitazione semantica di “coscienza”: “Correntemente, percezione che l’uomo ha di sé, del proprio corpo e delle proprie sensazioni, dei significati e dei fini delle proprie azioni”, quando bisognerà chiarire i confini semantici e gli usi di “percezione”, “uomo”, “corpo”, “sensazioni”, “significati”, “azioni”, il disaccordo diventerà babele linguistica e concettuale. Ancora peggio, se si cercherà di considerare il lato pragmatico della lingua.

Si potrebbe obiettare che i sensi profondi si estraggono dall’etimologia: anche prescindendo dal fatto che di molti termini si ignora la radice, il valore primordiale, l’etimologista è un po’ come il fisico. Costui più si addentra nella materia, meno la comprende, fino a quando si accorge che essa è insondabile nel suo substrato, nella sua quintessenza.

Dunque siamo condannati a vivere nelle nostre monadi lessicali, costretti a rispondere alle domande vitali con il silenzio. Infatti “In principio era il Lògos”, ma “In principio è il Silenzio”.

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06 giugno, 2014

Narciso e la N.A.S.A.


Alcune settimane addietro le agenzie di stampa hanno rilanciato l’informazione diffusa dalla N.A.S.A., secondo cui sarebbe stato scoperto nella costellazione del Cigno un pianeta molto simile alla Terra. Il corpo celeste orbita attorno ad una stella distante cinque milioni di anni luce da noi. La mirabolante scoperta è stata possibile grazie alle immagini raccolte per due anni dal telescopio Kepler.

Scrive Giovanni Caprara: “ll satellite Kepler della N.A.S.A. ha scoperto il pianeta extrasolare con la stessa taglia della Terra e nella zona abitabile, cioè alla distanza giusta dall’astro che permette la presenza dell’acqua allo stato liquido. Non siamo ancora al gemello del nostro pianeta ma al cugino, anche se, per il momento, gli astrofisici non riescono a stabilire la sua massa e la sua composizione. Tuttavia ritengono che la sua natura sia rocciosa”.

Insomma uno strepitoso annuncio con cui riempire le paludate e noiose pagine “scientifiche” delle testate nonché fonte di patinati servizi da pubblicare sulla cialtronesca rivista “Focus”.

Che cosa spinge i media di regime a dar tanto spazio ad una notizia, in fondo, accademica? Non è la prima volta in cui si strombazza ai quattro venti l’individuazione a distanze siderali di pianeti con caratteristiche analoghe a quelle della Terra. Sono comunicati insignificanti: lasciano il tempo che trovano, di fronte soprattutto a fatti molto più rilevanti. Ogni tanto la N.A.S.A., l’agenzia militare con patetiche pretese scientifiche, avverte l’esigenza di richiamare l’attenzione su di sé. E’ il narcisismo di “ricercatori” impegnati quasi esclusivamente nella disinformazione e nella censura circa temi quali la geoingegneria clandestina e la vita extraterrestre, a risaltare in tutta la sua ampollosa inutilità. Quei falliti fatui della nasuta N.A.S.A., ente che, come opinano alcuni studiosi, è in realtà una costola del Vaticano, tentano di accreditare di sé un’immagine di scienziati dediti anima e corpo alla ricerca pura, disinteressata. Nel migliore dei casi, cianciano di scie di condensazione, come il bugiardo Patrick Minnis oppure passano il tempo a cancellare con certosina pazienza particolari scomodi dalle fotografie lunari e marziane.

Si deve anche ipotizzare che la reboante “rivelazione” preluda ad altre veline ed a mezze verità inerenti ad enigmatici pianeti, a messaggi intelligenti captati da qualche radiotelescopio, ad un’antica civiltà su Marte? Non lo sappiamo. Sappiamo, però, che le notizie ufficiali sono quelle che bisogna valutare con maggiore circospezione.

Tra l’altro, come congettura l’astrofisica Giuliana Conforto insieme con qualche altro esperto, tutti i pianeti affini alla Terra localizzati in questi ultimi lustri, potrebbero essere, in un universo olografico, dei riflessi di Gaia. Gli astronomi accademici prendono lucciole per... pianeti? E’ ipotesi peregrina ed azzardata. Nondimeno “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”.

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03 giugno, 2014

Il crepuscolo del contattismo


E’ deprimente constatare quanto sia decaduto il contattismo. Fenomeno disdegnato, ma non scevro di un suo fascino pop, la grande stagione del contattismo, gli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, ha coinciso con l’acme della letteratura e del cinema fantascientifico. Oggi, però, a distanza di mezzo secolo e più, è rimasto ben poco di quell’epos ingenuo (a ragione Vallée lo giudica pericoloso, anche se l'autore sbanda verso una forma di scientismo) popolato di fratelli dello spazio, astronavi tirate a lucido, messaggi di amore universale.

Si prenda come piccolo ma significativo saggio di un declino inglorioso l’intervista all’experiencer (oggi è à la page chiamare così quelli che in modo più prosaico si definivano “rapiti”) Cinzia Molettieri, in “Frammenti di memoria ET” (X Times, n. 67, maggio 2014). Forse quello che più urta in questi resoconti propalati dagli stanchi epigoni di Adamski è la spocchia intellettuale: non è più sufficiente raccontare esperienze meravigliose e trasmettere comunicazioni edificanti, perché ci si cimenta in disquisizioni pseudo-filosofiche. Si leggano le farraginose interpretazioni che la Molettieri svolge circa il suo vissuto. Bene e male non esistono o, meglio, sono intercambiabili: “Non c’è positivo o negativo, tutto è funzionale per il nostro percorso di riacquisizione della consapevolezza [...] Abbiamo passato tante ere e tante tappe evolutive, ma siamo arrivati in un periodo in cui le risorse si stanno esaurendo (sic), quindi è necessario che ci sia una trasformazione, un’evoluzione, ma ciò non riguarda solo noi terrestri, ma anche altri esseri extraterrestri. Siamo tutti nella stessa situazione. L’universo intero si deve evolvere. Noi non siamo su un gradino inferiore. Anche noi siamo funzionali a loro per l’evoluzione così come loro lo sono per noi. A noi sembra di subirli, ma anche a loro sembra di subire noi. La legge funzionale funziona (sic) per tutti”.[1]

Insomma siamo al cospetto del Malanga-pensiero volgarizzato. Riconosciamo al chimico pisano meriti investigativi e persino talora filosofici, ma non si comprende perché egli non ammetta il suo enorme debito nei confronti dell’Idealismo tedesco, visto che, piaccia o no, la concezione del professor Malanga ricorda molto Fichte, un Fichte in salsa quantistica. La Coscienza che pone innanzi a sé degli ostacoli per acquisire consapevolezza, non assomiglia all’Io di Fichte? L’io pone il non-Io, il mondo materiale, per realizzare la sua piena facoltà creativa, per affermare la sua libertà. Affinché l'Io si realizzi, abbisogna di un'opposizione, di una resistenza. Orbene, questo retroterra culturale si è diluito in alcune esegesi attuali a cavallo tra scienza e filosofia. Appunto, si è diluito, come un vino annacquato: così la forza speculativa del filosofo tedesco, si condivida o no il suo approccio, è stata imbolsita in modo spaventoso, perdendo di vista le situazioni contingenti, storiche ed individuali.

Se è vero che sul piano metafisico la differenza tra bene e male non ha ragion d’essere, nel mondo caduto e caduco, tale divario ha implicazioni di non poco conto. Eppure un’indebita trasposizione non solo esclude l’intervento di alieni carnefici (di solito è questa la visione del contattismo tradizionale), ma per giunta trasforma gli intrusi in salvatori, in latori di esperienze che, anche se terribili, permettono di crescere. Giusto! “Ciò che non uccide fortifica”, ci rammenta Nietzsche. Tuttavia sono situazioni che molti, se potessero, eviterebbero, come pochi agognano di soffrire le pene dell’inferno per concludere che la gioia è preferibile al dolore.

Infine l’insistenza sull’idea di “evoluzione”, oltre ad essere stucchevole ed a ricordare lo screditato Darwin, apparenta il fosco autunno del contattismo con Teillhard de Chardin, bislacco pensatore gesuita. Dietro tutta questa fumosa nebbia evoluzionista, si deve intravedere l’ombra dei Gesuiti? Dietro i Gesuiti, poi qualcun altro? Troverà le risposte chi manterrà integro un salutare dubbio. Gli altri saliranno sull’ascensore per l’Inferno, pardon per le stelle...

[1] Tra l’altro, non si intende che cosa c’entri il presunto esaurimento delle risorse naturali con la dissertazione a proposito di una palingenesi spirituale. Questa confusione è indizio dell’ignoranza in cui si sono impantanate certe frange ufologiche.

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