La logica quadrata è suprema follia.
La Terra, dopo essere stata aggredita da una civiltà aliena, è divenuta inospitale, poiché sono state usate armi nucleari per sconfiggere gli invasori. Jack Harper e la sua compagna, Victoria Olsen, sono gli ultimi che vivono ancora su Gaia, ma sono in procinto di trasferirsi su Titano, dopo che sarà completata l’estrazione di energia dagli oceani. Un giorno un’astronave si schianta su una landa che Harper pattuglia per controllare il funzionamento dei droni usati per proteggere gli impianti di estrazione dalle sortite di insidiosi extraterrestri sopravvissuti, gli Scavengers. Il protagonista salva una donna russa, Julia (interpretata dalla bella attrice Olga Kurylenko) componente dell’equipaggio la cui navicella è precipitata. Cominciano allora delle peripezie che portano Harper a riscoprire un po’ alla volta il suo vero passato, a comprendere che l’umanità è stata vittima di un feroce inganno.
“Oblivion” è una pellicola che si apprezza specialmente per la suggestiva fotografia – le riprese sono state realizzate tra Stati Uniti ed Islanda – e per l’intreccio adrenalinico ma non scevro di pause elegiache.
L’interesse principale della produzione risiede nel tema del controllo esercitato attraverso un sistema tecnologico, il Tet, una colonia spaziale a forma di tetraedro. Il rinvio d’obbligo è all’inquietante monolite di “2001: Odissea nello spazio”, la celeberrima ed enigmatica opera di Stanley Kubrick, ispirata ad un racconto di Arthur C. Clarke. E’ un tòpos che punteggia la letteratura ed il cinema di fantascienza, tanto più efficace quanto più l’apparato che programma il destino umano rivela la sua natura algida ed impersonale, come avviene nelle raggelanti (pre)visioni di Philip K.Dick. E’ l’adombramento di una regia dalla logica implacabile perché quadrata.
Il prelievo dell’energia dai mari potrebbe essere letto come assorbimento di forze vitali succhiate ad un genere umano sempre più esangue? La finzione, come non di rado avviene, codifica messaggi xenologici più o meno obliqui, tra cui la clonazione, l’annullamento della memoria, la colonizzazione di corpi celesti... Intelligenti pauca.
In fondo “Oblivion” è una metafora sull’incompatibilità fra la tecnologia disanimante ed una natura ormai prostrata e negletta: emblematica la scena in cui la collega di Harper getta via una piantina fiorita che l’uomo ha poco prima amorevolmente innaffiato, temendo che il fiore possa essere fonte di contaminazione.
E’ una lotta fino all’ultimo sangue e fino all’ultima linfa. Vedremo chi la spunterà.
Scheda del film:
Anno: 2013
Regia: Joseph Kosinski
Sceneggiatura: Joseph Kosinski, Michael Arndt
Attori: Tom Cruise, Morgan Freeman, Nikolaj Coster-Waldau, Olga Kurylenko, Zoe Bell, Melissa Leo, Andrea Riseborough
Fotografia: Claudio Miranda
Paese: Stati Uniti d’America
Durata: 110 minuti
La Terra, dopo essere stata aggredita da una civiltà aliena, è divenuta inospitale, poiché sono state usate armi nucleari per sconfiggere gli invasori. Jack Harper e la sua compagna, Victoria Olsen, sono gli ultimi che vivono ancora su Gaia, ma sono in procinto di trasferirsi su Titano, dopo che sarà completata l’estrazione di energia dagli oceani. Un giorno un’astronave si schianta su una landa che Harper pattuglia per controllare il funzionamento dei droni usati per proteggere gli impianti di estrazione dalle sortite di insidiosi extraterrestri sopravvissuti, gli Scavengers. Il protagonista salva una donna russa, Julia (interpretata dalla bella attrice Olga Kurylenko) componente dell’equipaggio la cui navicella è precipitata. Cominciano allora delle peripezie che portano Harper a riscoprire un po’ alla volta il suo vero passato, a comprendere che l’umanità è stata vittima di un feroce inganno.
“Oblivion” è una pellicola che si apprezza specialmente per la suggestiva fotografia – le riprese sono state realizzate tra Stati Uniti ed Islanda – e per l’intreccio adrenalinico ma non scevro di pause elegiache.
L’interesse principale della produzione risiede nel tema del controllo esercitato attraverso un sistema tecnologico, il Tet, una colonia spaziale a forma di tetraedro. Il rinvio d’obbligo è all’inquietante monolite di “2001: Odissea nello spazio”, la celeberrima ed enigmatica opera di Stanley Kubrick, ispirata ad un racconto di Arthur C. Clarke. E’ un tòpos che punteggia la letteratura ed il cinema di fantascienza, tanto più efficace quanto più l’apparato che programma il destino umano rivela la sua natura algida ed impersonale, come avviene nelle raggelanti (pre)visioni di Philip K.Dick. E’ l’adombramento di una regia dalla logica implacabile perché quadrata.
Il prelievo dell’energia dai mari potrebbe essere letto come assorbimento di forze vitali succhiate ad un genere umano sempre più esangue? La finzione, come non di rado avviene, codifica messaggi xenologici più o meno obliqui, tra cui la clonazione, l’annullamento della memoria, la colonizzazione di corpi celesti... Intelligenti pauca.
In fondo “Oblivion” è una metafora sull’incompatibilità fra la tecnologia disanimante ed una natura ormai prostrata e negletta: emblematica la scena in cui la collega di Harper getta via una piantina fiorita che l’uomo ha poco prima amorevolmente innaffiato, temendo che il fiore possa essere fonte di contaminazione.
E’ una lotta fino all’ultimo sangue e fino all’ultima linfa. Vedremo chi la spunterà.
Scheda del film:
Anno: 2013
Regia: Joseph Kosinski
Sceneggiatura: Joseph Kosinski, Michael Arndt
Attori: Tom Cruise, Morgan Freeman, Nikolaj Coster-Waldau, Olga Kurylenko, Zoe Bell, Melissa Leo, Andrea Riseborough
Fotografia: Claudio Miranda
Paese: Stati Uniti d’America
Durata: 110 minuti
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