15 settembre, 2015

Una ragione irrazionale



U.A.A.R. è la sigla di Unione degli atei, agnostici, razionalisti. E’ una setta famigerata ed invadente che pontifica su tutto e sul contrario di tutto, atteggiandosi ad avanguardia illuminata contro la superstizione, l’oscurantismo e le “pseudo-scienze”. Evidente la parentela con la genia negazionista che ruota attorno al C.I.C.A.P.

Quello che in special modo non mi convince di questa chiesa è l’accostamento tra ateismo e razionalismo.[1] Come può un ateo, con tutto il rispetto per i suoi convincimenti, essere un propugnatore del razionalismo? Vedere nella ragione il fondamento della conoscenza e della condotta mi pare non sia del tutto conciliabile con la miscredenza. Se, infatti, l’universo è irrazionale, poiché non esiste un Logos trascendente che lo giustifica e lo organizza, da dove emerge la quadrata ragione utile ad analizzare il mondo? Bisognerebbe postulare che in un cosmo del tutto illogico ad un certo punto, in modo del tutto inatteso, nasce e si sviluppa una specie, Homo sapiens sapiens, che, a differenza di tutte le altre, è dotata del raziocinio. Tuttavia il raziocinio è adoperato paradossalmente per constatare l’irrazionalità del Tutto e per individuare delle leggi fisiche, traducibili in equazioni matematiche che, con il loro rigore e la loro costanza, paiono contraddire l’insensatezza universale.

Un ateo coerente dovrebbe essere un fervente irrazionalista come il marchese De Sade: il filosofo francese, infatti, negando Dio, asserisce che il fulcro della natura e degli esseri viventi è il perseguimento egoistico della propria perpetuazione, l’incessante ricerca del piacere ad ogni costo. De Sade disegna una realtà dominata da istinti incontrollabili, da ciechi processi biologici avulsi da qualsiasi fine etico. E’ una visione che si può condividere o rigettare in tutto o in parte, ma è congruente al suo interno, solidissima sotto il profilo concettuale. Il pensatore d’oltralpe rinuncia ad educare l’umanità, non si impegna nelle battaglie in nome della “scienza” e dei “lumi” contro i retaggi religiosi e sociali dell’ancien régime, ma si prefigge solo di trarre il maggior godimento e successo personale possibili dalla sua condotta amorale. Prima ancora che con Karl Marx, la sua filosofia è prassi.

I pontefici atei e razionalisti, invece, si impantanano in incongruenze insanabili, cercando di salvare capra e cavoli. Sono gli stessi che esigono le “prove concrete” di quanto supera l’angusto spazio dei loro pregiudizi. Con quali criteri, però, possono stabilire il confine tra empirico e teorico, naturale e soprannaturale, razionale ed irrazionale, dal momento che, secondo la loro Weltanschauung, tutto è gratuito, assurdo, immotivato, caotico? Che cosa significa “prova concreta”, quando la stessa materia ed il corso degli eventi sono, nella loro essenza, non solo inconoscibili, ma pure casuali?

Infine l’atteggiamento di codesti credenti al contrario prescinde del tutto dai progressi della scienza attuale, in primis la fisica quantistica che ha svelato scenari non sempre inquadrabili in schemi ottocenteschi. Sono proprio questi gli schemi che i sacerdoti dello scientismo (lo scientismo non è scienza, ma una sua caricatura) continuano ad imporre: oltre che obsoleti, sono riduttivi. I nostri atei fanatici pretendono di togliere una spina da un dito con le pinze da meccanico.

[1] Circa l’agnosticismo si veda “Scettici e dogmatici”, 2011

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