07 novembre, 2015

Che cosa succede dopo la morte?



Che cosa succede veramente dopo la morte? E’ domanda che dovrebbe incalzare tutti, ma – si sa – siamo presi da cose più importanti: il calcio, Renzi, "X Factor", il sabato sera in discoteca… Comunque è quesito che vogliamo porci.

Accantonati gli scenari secondo cui, dopo il decesso, ci attende il nulla o un sonno profondissimo prima della resurrezione, proviamo ad immaginare che la coscienza individuale sopravviva, una volta azzerati i parametri vitali. Gli studi ed i resoconti sulle esperienze di pre-morte hanno lasciato intravedere le dimensioni in cui l’anima presumibilmente si inoltra ed è singolare non tanto che queste esperienze si assomiglino un po’ tutte, piuttosto che, pur nella sostanziale affinità con altri vissuti, il racconto del neurochirurgo Eben Alexander se ne discosti, con la descrizione di particolari eccentrici ed anomali. Alexander, dopo essere “morto” per una settimana a causa di un’infezione da Escherichia coli che aveva colpito l’encefalo, non solo tornò in “vita”, ma, contro ogni prognosi, recuperò presto le facoltà motorie e cognitive. L’uomo, oltre a ricordare un’estatica avventura in una terra meravigliosa popolata da farfalle multicolori, riferì di aver dimorato in una regione repellente, piena di miasmi e dove aveva udito un suono meccanico ed ossessivo. Forse Alexander si era smarrito nell’Inferno, prima di trovare la strada per il Paradiso?

Non mancano relazioni di esperienze terribili (di solito narrate da persone che hanno tentato il suicidio) né rapporti antitetici con “viaggi” in plaghe luminose dove i redivivi hanno provato un senso di ineffabile beatitudine, ma reperire nello stesso resoconto entrambi i vissuti lascia esterrefatti. Quella zona tenebrosa, invasa da creature ripugnanti e mefitiche, in cui la coscienza di Alexander rimase per un po’ di tempo imprigionata, è l’Inferno?

Per rispondere, dobbiamo rispolverare una veneranda e negletta Tradizione, quella gnostica. La Gnosi antica è simile ad un fiore profumato e bellissimo che riesce a spuntare in uno stretto interstizio: è pressoché l’unico retaggio che pare essere senza ambiguità dalla parte degli Uomini e non degli Arconti. (1) E’ la Gnosi antica che tenta di avvisare l’umanità dell’arazzo di inganni tessuto dai Dominatori, non solo durante l’esistenza ma pure nel momento decisivo del trapasso.

Non è scontato che l’anima, una volta uscita dal guscio corporeo, si rechi nell’aldilà: essa potrebbe rimanere, per un periodo più o meno lungo, in una sorta di zona di frontiera (l’astrale?) che presenta tratti simili a quelli del mondo tetro e mefitico rappresentato da Alexander. Forse non è solo la condotta durante la vita terrena ad influire sul destino post mortem, ma pure una particolare consapevolezza della propria natura e del fatto che i Guardiani della soglia hanno tutto l’interesse ad evitare che l’anima ritorni nella sua sede primigenia per cui tentano di acciuffarla e di rigettarla nel calderone del samsara.

La Prima Apocalisse di Giacomo rivela una sorta di salvacondotto verso la Liberazione? In questo testo apocrifo (segreto) leggiamo: “Il Signore disse a lui: 'Giacomo, ecco, ti rivelerò la redenzione. Quando sei afferrato e subisci queste sofferenze, una moltitudine si armerà contro di te per afferrarti. E in particolare tre di loro ti ghermiranno - coloro che siedono come esattori di pedaggio. Non solo chiedono il pedaggio, ma portano via le anime con un furto. Quando si cade in loro potere, uno di loro che è a guardia ti dirà: 'Chi sei tu e da dove vieni?' Gli risponderai: 'Io sono un figlio e sono dal Padre'. Egli ti chiederà: 'Che tipo di figlio sei ed a quale Padre appartieni?' Dirai: 'Vengo dal Padre pre-esistente e sono un figlio pre-esistente".

La cella buia e maleodorante evocata da Alexander potrebbe non essere l’Inferno, ma il ribrezzoso Regno degli Arconti ed il cosmo, dove siamo incarcerati, una propaggine tecno-olografica del loro Impero nefando e squallido. Notiamo in primo luogo che nel film “Matrix”, l’ambiente in cui le macchine allevano il bestiame umano è desolato e freddo come l’Ade raffigurato da Alexander.

Inoltre, in questi ultimi anni alcuni scienziati, preceduti, però, da un artista visionario come Philip K. Dick, hanno ipotizzato che l’universo sia una neurosimulazione o, meglio, un sofisticato software: qualche ricercatore si è accorto che la strutture basilari del cosmo paiono avere i caratteri dei pixel, come se la “realtà” fosse l’immagine di uno schermo, un’immagine composta in ultima istanza da innumerevoli puntini. A quale cosmo ci riferiamo? Probabilmente a quello generato e distorto dagli Arconti, non alla realtà reale (dall’iperuranio di Platone all’ordine implicito di David Bohm). Si comprende allora perché molte sinistre confraternite adorano il Grande Architetto dell’Universo (G.A.U.): esse venererebbero il Signore degli Arconti, un essere in cui una sbalorditiva conoscenza della matematica si abbina alla smania di controllo. Culto fanatico della tecnologia, smania di controllo non sono le ossessioni delle sedicenti élites, composte dai sicari delle Potenze?

Galilei scrisse che “l’universo è scritto in caratteri matematici”: quale universo? La caverna arcontica (il programma informatico percepito come unica realtà) o l’Empireo dove non hanno cittadinanza i perfetti, algidi numeri?


(1) Nei testi gnostici gli Arconti sono dipinti come una progenie imitatrice. “Arconti” significa sia “reggitori” sia “esseri del principio”, giacché nacquero prematuramente, donde l’analogia con l’aborto spontaneo nei papiri di Nag Hammâdi. Questa genia deviante venne alla luce prima che si formasse la Terra: a differenza degli uomini e delle altre specie, gli Arconti non originarono dalla Luce, ma dalla materia inorganica. In principio gli Arconti non possedevano un habitat, ma brulicavano attorno alla Terra a guisa di cavallette fameliche, attratti da Sophia, da cui furono respinti. Queste creature sono prive di ennoia, ossia volontà ed intenzione, rappresentando un’aberrazione cosmica. Degli Arconti ci siamo occupati in parecchie occasioni soprattutto in relazione ad orizzonti xenologici. Perciò rimando i lettori ai precedenti articoli per approfondire il tema e per le fonti.

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10 commenti:

  1. Un quadro completo ed al contempo scorrevole e sintetico, complimenti Zret. Questo aldilà somiglia in modo sempre più palese all'aldiquà! Ciao

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    1. E' argomento ostico a causa del quale quando trovi una risposta, sorgono tre domande. Ad esempio, se la realtà olografica è arcontica, come si spiegano alcuni suoi aspetti mirabili? Sono inganni o tracce della realtà reale?

      Ciao

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    2. E' difficile districarsi utilizzando la logica ... forse sono artifici di seduzione, oppure bagliori di quell'energia primordiale perduta ... su questo Platone aveva le idee molto chiare! Oggi è tutto talmente confuso che dirimere la realtà dalla finzione è impresa quasi impossibile. Questa mania di gestire l'immaginario però mi lascia credere che non tutto sia nelle loro mani ... ciao

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  2. Ciao Zret,

    purtroppo, come fa notare anche il Sig. Battaglia, rimanendo chiusi nella gabbia della dialettica, della mente speculativa solo e puramente logica - o, peggio ancora, razionale - non si può ottenere alcuna risposta alle pur legittime e inesorabili domande che con tanta acuta efficacia ti - e ci - poni. Qualunque risposta chiunque azzardasse a fornire non sarebbe infatti che mera opinione personale, null'altro che "doxa", non importa quanto all'apparenza esaurientemente puntellata su questo o quel testo dottrinale piú o meno ortodosso di questo o quel culto "gnostico" o presunto tale, la quale non farebbe altro, dopo essere stata espressa, che lasciarci impastoiati nella medesima palude di incertezza. Solo raccordando dati disponibili dalle diverse tradizioni originarie - e se siano davvero tali o meno è già di per sé materia di ardua discriminazione - è possibile ricavare un primo, preliminare orientamento che possa indirizzarci perlomeno su una via dove si intravedono bagliori di quella Verità che deve necessariamente essere "Una", per quanti riflessi piú o meno distorti e deformati possa poi aver indirettamente generato dopo essere stata frazionata - "razionalizzata", appunto - nel corso del dipanarsi del flusso temporale in cui il mondo è in ogni caso caduto, ma che, e qui è da ritenersi esservi il punto fondamentale, Essa Verità, non può che essere conoscibile in modo diretto e ineffabile in quanto letteralmente sovra-sensibile, al di là dell'esperienza dei sensi fisici o dell'altrettanto "fisicizzato" pensiero dell'uomo moderno. E volgendo lo sguardo verso tali tradizioni è appunto l'idea di una Caduta, di un progressivo deteriorarsi dell'umano genere e, parallelamente, di quello del mondo che lo circonda - e che sempre lo riflette senza che però quasi mai il primo ne abbia contezza - in uno all'altrettanto progressiva materializzazione "solidificante" di entrambi, quella che si lascia intuire, piuttosto che quella, radicalmente alternativa e in nessun modo con essa compatibile, di una creazione menomata ad opera di un ipotetico Demiurgo che abbia peccato di "hybris". Già la stessa frammentazione spinta spesso fino alla totale incompatibilità - basti pensare alle dispute che vi erano fra diverse correnti sulla divinità o meno del Cristo e la conseguente realtà della sua resurrezione dopo la crocifissione - fra le diverse dottrine dello gnosticismo cristiano indica quanto lontana già all'epoca potesse risultare una reale adesione di esse a un'autentica gnosi sovrarazionale, riducendosi nella maggior parte dei casi a una congerie di speculazioni "dogmatiche" - in senso deteriore - che poco o nulla potevano apportare quanto a reale conoscenza, la quale non può che essere sempre diretta e in-mediata, cioè non mediata in alcun modo dalla mente di superficie, il cui prodotto - o "frutto avvelenato", verrebbe di dire - è la mera razionalità che è andata vieppiú vincolando il pensiero umano alla "dittatura" mentale delll'organo cerebrale. Lo gnosticismo, nato, come mi insegni, in una transizione estremamente traumatica che dal mondo antico e "pagano" portò a quello cristiano sembra aver risentito in modo persino tragico di un sostanziale nichilismo esistenziale da cui dovette essere afflitta tanta parte della società del tempo, provocato dal subitaneo venir meno dei punti fermi tradizionali su cui il mondo antico si era fondato fin quando fu possibile. - continua -

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  3. E questo sembra ben rispecchiarsi in concezioni tanto cupe e disperanti le quali videro improvvisamente nel corpo fisico, nella stessa materialità del mondo, lo stigma di una natura malvagia e irredimibile se non con la radicale fuga da essa - se non sbaglio alcune correnti estremistiche come i Catari, vedevano nel suicidio l'unico strumento di "salvezza" - e non fu altro, plausibilmente, alla luce di quanto piú sopra accennato, che lo scarto decisivo nel compimento di quella materializzazione progressiva del mondo, e della stessa mutata percezione di sé e del mondo medesimo che l'uomo del tempo dovette provare. Si direbbe che la speculazione su cui si basa il film "Matrix" - che rammento tu ottimamente contro-recensisti anni fa mettendo in guardia dai facili entusiasmi per certe oblique e ambigue valenze all'apparenza cosí dirompenti e confliggenti con la comune visione del mondo ma in realtà subdolamente passibili di un nefasto reindirizzamento nella medesima direzione anti-umana funzionale al Sistema globalistico stesso da cui il film è stato prodotto e promosso - sia nata proprio in quel tempo, e poi ai nostri giorni solo cinematograficamente trasposta, prevî gli opportuni adattamenti tecno-informatici, dalla "fabbrica degl'Incubi" hollywoodiana. Quanto alle distopiche speculazioni dickiane, perdipiú indotte dall'abuso di sostanze chimiche di sintesi che sfociarono in stati mentali allucinatorî, i quali ebbero il sopravvento sulla sua stessa capacità di padroneggiarli piombandolo in una schizofrenia paranoide artificialmente indotta, essi non sono certo da reputare piú prossimi al Vero di quelle "gnosticistiche". Ugualmente si potrebbe dire per certi parossismi nichilistici raggiunti da "filosofi" contemporanei come il Cioran. All'opposto di tutto ciò i testi buddhisti delle origini erano "fieramente" antagonisti di qualsiasi speculazione mentale, non riconoscendo a esse alcuna possibilità di raggiungere la Verità, tanto che, al riguardo, al Buddha stesso sono attribuite queste parole: "L'opinione, o discepoli, è una malattia; l'opinione è un tumore; l'opinione è una piaga. Chi ha superato ogni opinione è chiamato santo sapiente", assimilando la vera conoscenza a un "vedere" con l'occhio interiore della mente profonda - non diversamente da com'era stato già per l'epoca vedica dei primordî, dalla radice indo-europea del quale verbo, del resto, i Veda stessi prendevano il nome. Resta fermo che l'unico modo per staccarsi dalla "doxa" è quello di svincolarsi dall'inesorabilità del morto pensiero cerebralizzato; e proprio tornando al commento del Sig. Battaglia, appare significativa la sua acuta osservazione riguardo all'immaginario gestito dal Sistema; infatti il Moloch mondialista sa molto bene che dominando l'immaginario comune si può tenere addomesticata l'unica facoltà dell'uomo che potrebbe sottrarre quest'ultimo all'anzidetta inesorabilità, facoltà che è appunto l'immaginazione, ben chiaro dovendo però essere che un tale svincolamento è potenzialmente foriero di serî rischî, potendo sfociare, ove le precauzioni del caso venissero meno, in stati mentali non dissimili da quelli in cui incorse il Dick, a suo modo. In ogni caso, anche non volendosi provare ad avventurarsi su sentieri tanto impervî, non può non essere riconosciuta l'importanza di interiorizzare almeno una salda consapevolezza dei termini effettivi in cui si deve porre la basilare questione della conoscenza e dei modi per raggiungerla, o - quantomeno - approssimarvisi incamminandosi nella sua direzione.

    Un saluto a te e agli utenti del blog, Zret, e sempre grazie per la preziosa opportunità di confronto che rendi possibile col tuo instancabile lavoro.

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    1. Lupo nella notte, in primo luogo grazie per la dotta e profonda disquisizione. Quanto scrivi suscita un numero cospicuo di riflessioni sicché essere esaurienti in una risposta è impossibile, ammesso che io abbia le risorse per rispondere, laddove posso soltanto accennare alle mie piccole intuizioni.

      Certamente è fondamentale il tema della caduta, del cedimento ontologico, soggetto cui, non a caso, ho dedicato numerosi frammenti. E' probabile che l'universo abbia subito tale scivolamento per ragioni che è anche solo difficile congetturare. Non vedo tale scenario del tutto incompatibile con l'esistenza di un Demiurgo che potrebbe aver sabotato una realtà armoniosa, giacché la comparsa del Demiurgo (che non crea, ma scimmiotta ed inficia) potrebbe essere il risultato di un errore primigenio.

      Riconosco che siamo prigionieri del pensiero razionale, anzi mentale e mendace, che ci impedisce di intravedere anche solo una favilla della Verità. Semmai possiamo scorgere un alone pallidissimo di quella scintilla. Cos' brancoliamo nel buio, ma importante è cercare la Via. Chissà forse un giorno troveremo un tedoforo...

      Ciao e grazie a Te della bella occasione di dibattito ed approfondimento.

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  4. Sul tema della caduta scrissi queste righe:

    “Le cose da cui proviene la nascita alle cose che sono, peraltro sono quelle in cui si sviluppa anche la rovina, secondo ciò che deve essere: le cose che sono, infatti, subiscono l'una dall'altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia, secondo il decreto del Tempo”.

    (Simplicio, Commento alla "Fisica" di Aristotele)

    Nel passo sopra riportato, Anassimandro, il filosofo dell’apeiron (lo si traduca con “indeterminato” e non con “infinito”) sembra rispecchiare il concetto orfico di colpa originaria. Il frammento, giuntoci per tradizione indiretta, è oscuro ed involuto, ma decisivo nel suo nucleo semantico che definisce un errore primigenio. Se l’errore è letteralmente errare, ossia movimento, si comprende la sua consustanzialità all’essere, allorquando si manifesta nel cerchio spazio-temporale.[1] Il pensatore intreccia tragicamente la “nascita” (in greco “physis” che è anche “natura” e la natura è madre perennemente generatrice: il suffisso “attivo e produttivo” –ura lo attesta) con la “rovina”.

    Il nascimento è l’energia cosmica che crea e disgrega. Ab origine Anassimandro coglie il cedimento ontologico, in un’ottica fatalista sottolineata dalle espressioni “ciò che deve essere” e da “secondo il decreto”. Tale deviazione iniziale è causa e conseguenza insieme dell’”ingiustizia” (insufficienza) inerente alle cose: è lo stato di difetto che implica sia la “punizione”, cioè l’espiazione dell’errore, sia la “vendetta” che allude forse ad un riscatto alla fine dei tempi o del ciclo. La redenzione è il suggello della nemesi, poiché nulla può essere riparato senza sacrificio. L’ingiustizia degli enti è negli enti in quanto tali e non nelle loro determinazioni. Così il cosiddetto “peccato originale” più che essere la decisione (libera?) da cui dipese la caduta dei protoplasti e della loro progenie, pare retrocedere verso un atto precedente.

    Il sapere che rifiuta questo principio è condannato ad adagiarsi nell’inganno e nel narcotico della perfezione, non riuscendo a dar conto dello sdrucciolamento.

    In questo solco interpretativo, l’aforisma di Carlo Michelstaedter, “la nascita è il caso mortale”, strappato dalle sue radici esistenziali, si staglia, duro e netto, su un orizzonte metafisico.

    [1] L’Essere si tiene fuori da questo cerchio, pur talvolta affacciandovisi?

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  5. Ciao Zret,

    rammentavo che anche la Caduta fu al centro di tue pregresse riflessioni. Sulla compatibilità dei due scenarî vi sarebbe purtroppo da "risolvere" il problema di come possa l'"errore" - rappresentato dal Demiurgo - insinuarsi nella Manifestazione o Creazione che dir si voglia... temo che si debba essere tedofori a sé stessi, e farsi luce da sé, ma abdicando al pensiero speculativo.

    Un caro saluto

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    1. Hai ragione, ma anche la domanda seguente: "Come può dalla perfezione originare l'imperfezione?" mi pare senza risposta. Insomma, si Deus, unde malum? Come e perché Dio può aver consentito che Lucifero (uso i nomi correnti) corrompesse l'uomo e seminasse il male nel mondo? Purtroppo, come scrivevo, ogni ipotetica risposta, genera un numero notevole di incongruenze ed interrogativi. Se si riuscisse a comprendere l'origine del male, si scioglierebbe il nodo di Gordio, ma finora nessuno ne è stato capace.

      Ciao

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  6. Quando un bambino nasce, soffre. Viene strappato di colpo a uno stato idilliaco in cui non abbisogna di nulla che già non abbia. Poi, all'improvviso, si ritrova in un mondo completamente differente. Che cos'è quel fluido rarefatto che ora, bruciante, gli entra nei polmoni? Che cos'è quella luce accecante, quel rumore insopportabile? È un trauma terribile, un incubo. È male. Ma per tutti quelli che sono lí intorno ad aspettare proprio la sua nascita, tutto quello è bellissimo, è un evento meraviglioso, un miracolo. Per loro è bene. Chi ha ragione? Entrambi e nessuno, perché finché si rimane vincolati a un punto di vista contingente, vi sarà sempre una polarità, un'insoddisfazione da una parte o dall'altra. Solo al Centro vi è equidistanza, oggettività al di là di qualsiasi soggettività. Approssimarsi a quel Centro è stato sempre lo scopo di tutte le autentiche dottrine spirituali; riuscirvi è nella maggior parte dei casi utopistico, ma vale la pena intraprendere il viaggio anche se si sa che non si raggiungerà la meta.

    Parafrasando Hobbes:
    homo homini Deus?
    homo homini Lucifer?
    o homo homini Homo..?

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