Luciano De Giovanni è poeta nato a Sanremo nel 1922 e morto a Montichiari nel 2001. E’ anche autore di un romanzo autobiografico, pubblicato postumo, “Le case vicino al torrente”.
E’ un peccato che De Giovanni sia voce misconosciuta, poiché le sue liriche, confluite negli anni in esili ma preziose plaquettes, sono quanto mai ispirate nella loro semplicità.
De Giovanni appartiene a pieno diritto a quella linea ligure che annovera in Montale ed in Sbarbaro i suoi esponenti più insigni. Come è ovvio, questa linea trascende una valenza meramente geografica: è, infatti, un modo di essere, di percepire la vita. Ci sembra che i tratti salienti di tale orientamento siano il disincanto e, quasi in modo paradossale, una tensione metafisica a valicare il limite. Si avverte nei componimenti di De Giovanni l’amaro della salsedine, l’anelito verso l’orizzonte infinito: la Liguria, come condizione esistenziale, stretta tra le montagne ed il mare, tra l’aridità del destino e la speranza nell’altrove. Così talune composizioni sono ventilate da un soffio di fede, una fede comunque dubbiosa e precaria.
In molti casi la misura breve delle unità metrico-ritmiche, la concentrazione semantica cingono le parole in composizioni gnomiche, a creare quasi degli aforismi versificati. Piccole cose e grandi aspirazioni si abbracciano nell’inventario lirico di De Giovanni.
La fragile realtà di tutti i giorni è sfiorata, come se il poeta temesse di incrinarla con parole fuori registro o toni che non siano dimessi. Le stesse rime, timide e consuete, accennano solo una melodia per lasciare spazio ad una meditazione su sofferenze e gioie ordinarie tra cui si insinua la grazia straordinaria di un’immagine limpida, di un’emozione senza tempo.
Di seguito alcune liriche dell'autore matuziano.
Penso
che il paradiso
sia ciascuno di noi
quando dimentica
il suo nome
Accettarsi: come il pesco
che sboccia mille fiori
per poche decine di frutti.
E non raccoglierli
nemmeno tutti.
I miracoli sono così fragili!
rifletto,
mentre delle cose osservo
i misteriosi confini.
Fragili come bambini!
Chissà quante anime mi stanno accanto,
mentre io soffro d’essere solo,
chissà l’ala, chissà il volo,
chissà il cielo, chissà il mare
che ancora non so navigare.
La nostra tristezza
nasce dal ricordare:
amare
e poi dimenticare
non ci è consentito.
Imparare a leggere
sul foglio bianco
un immaginario disegno
e non chiedere
altro segno
E’ un peccato che De Giovanni sia voce misconosciuta, poiché le sue liriche, confluite negli anni in esili ma preziose plaquettes, sono quanto mai ispirate nella loro semplicità.
De Giovanni appartiene a pieno diritto a quella linea ligure che annovera in Montale ed in Sbarbaro i suoi esponenti più insigni. Come è ovvio, questa linea trascende una valenza meramente geografica: è, infatti, un modo di essere, di percepire la vita. Ci sembra che i tratti salienti di tale orientamento siano il disincanto e, quasi in modo paradossale, una tensione metafisica a valicare il limite. Si avverte nei componimenti di De Giovanni l’amaro della salsedine, l’anelito verso l’orizzonte infinito: la Liguria, come condizione esistenziale, stretta tra le montagne ed il mare, tra l’aridità del destino e la speranza nell’altrove. Così talune composizioni sono ventilate da un soffio di fede, una fede comunque dubbiosa e precaria.
In molti casi la misura breve delle unità metrico-ritmiche, la concentrazione semantica cingono le parole in composizioni gnomiche, a creare quasi degli aforismi versificati. Piccole cose e grandi aspirazioni si abbracciano nell’inventario lirico di De Giovanni.
La fragile realtà di tutti i giorni è sfiorata, come se il poeta temesse di incrinarla con parole fuori registro o toni che non siano dimessi. Le stesse rime, timide e consuete, accennano solo una melodia per lasciare spazio ad una meditazione su sofferenze e gioie ordinarie tra cui si insinua la grazia straordinaria di un’immagine limpida, di un’emozione senza tempo.
Di seguito alcune liriche dell'autore matuziano.
Penso
che il paradiso
sia ciascuno di noi
quando dimentica
il suo nome
Accettarsi: come il pesco
che sboccia mille fiori
per poche decine di frutti.
E non raccoglierli
nemmeno tutti.
I miracoli sono così fragili!
rifletto,
mentre delle cose osservo
i misteriosi confini.
Fragili come bambini!
Chissà quante anime mi stanno accanto,
mentre io soffro d’essere solo,
chissà l’ala, chissà il volo,
chissà il cielo, chissà il mare
che ancora non so navigare.
La nostra tristezza
nasce dal ricordare:
amare
e poi dimenticare
non ci è consentito.
Imparare a leggere
sul foglio bianco
un immaginario disegno
e non chiedere
altro segno
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Io poi
RispondiEliminaquando sarete andati
e avrò sparecchiato
e lavato i piatti
e tolte le cicche
dai portaceneri–
mi sdraierò per terra
e guarderò dal basso
questo mondo inutile
ancora sporco di chiasso.