“Errando, discitur”, si suole ripetere, ossia “sbagliando, s’impara”. Purtroppo non è quasi mai cosi, poiché l’ultimo degli errori è solo il primo di una nuova serie. Eppure l’errore va elogiato per varie ragioni.
In primo luogo, errare significa deviare dal percorso prestabilito, come c’insegna l’etimologia. Errare è dunque vagare, esplorare nuovi territori, affrontare sfide formidabili.
Inoltre lo sbaglio può essere produttivo: quante scoperte ed intuizioni sono scaturite da sviste! Una trascuratezza in un esperimento, un azzardo in un’opera hanno spalancato la porta ad orizzonti inattesi.
Gli insegnanti sanno che certi lapsus nei compiti degli allievi hanno una loro logica che non è quella quadrata, aristotelica, ma una ratio più profonda: sono inesattezze che spingono a rivedere consolidati giudizi, spronano a guardare il problema da un’altra angolazione, eccentrica.
Certo, restano tutti gli errori che abbiamo commesso, commettiamo e commetteremo, quelle azioni che suscitano rammarico, persino rimorso, e che vorremmo non aver mai compiuto. Sono azioni che non ci hanno insegnato alcunché, scivoloni lungo il cammino che ci hanno lasciato con le ossa rotte.
Se accusare sempre e comunque il destino di queste cadute, può coincidere con il desiderio di liberarci dalle responsabilità, d'altro lato accusare sé stessi di ogni sbaglio accende ed alimenta un senso di colpa più dannoso che inutile. In fondo, pure codesti errori, per quanto dolorosi ed imperdonabili, ci appartengono, sono esperienze che danno sostanza al tempo, sebbene amara. Essi hanno deviato il corso della vita, creato diversioni, meandri, lanche. Tuttavia, come il fiume, anche attraverso anse e deviazioni, alla fine raggiunge il mare, così l’esistenza, nonostante e, in parte, grazie ai suoi inciampi, tocca il suo fine.
In primo luogo, errare significa deviare dal percorso prestabilito, come c’insegna l’etimologia. Errare è dunque vagare, esplorare nuovi territori, affrontare sfide formidabili.
Inoltre lo sbaglio può essere produttivo: quante scoperte ed intuizioni sono scaturite da sviste! Una trascuratezza in un esperimento, un azzardo in un’opera hanno spalancato la porta ad orizzonti inattesi.
Gli insegnanti sanno che certi lapsus nei compiti degli allievi hanno una loro logica che non è quella quadrata, aristotelica, ma una ratio più profonda: sono inesattezze che spingono a rivedere consolidati giudizi, spronano a guardare il problema da un’altra angolazione, eccentrica.
Certo, restano tutti gli errori che abbiamo commesso, commettiamo e commetteremo, quelle azioni che suscitano rammarico, persino rimorso, e che vorremmo non aver mai compiuto. Sono azioni che non ci hanno insegnato alcunché, scivoloni lungo il cammino che ci hanno lasciato con le ossa rotte.
Se accusare sempre e comunque il destino di queste cadute, può coincidere con il desiderio di liberarci dalle responsabilità, d'altro lato accusare sé stessi di ogni sbaglio accende ed alimenta un senso di colpa più dannoso che inutile. In fondo, pure codesti errori, per quanto dolorosi ed imperdonabili, ci appartengono, sono esperienze che danno sostanza al tempo, sebbene amara. Essi hanno deviato il corso della vita, creato diversioni, meandri, lanche. Tuttavia, come il fiume, anche attraverso anse e deviazioni, alla fine raggiunge il mare, così l’esistenza, nonostante e, in parte, grazie ai suoi inciampi, tocca il suo fine.
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