Nella lirica "Assenzio", Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011) coagula il senso disperso del tempo che sovrasta il mondo: l'esistenza si appiatta sotto la minaccia di un universo estraneo, profano, ostile. La stagione autunnale, con l'azzurro glaciale delle Alpi, il rosso odore del mosto ed il vento amaro, è solo l'eco vuota di una conchiglia, lo strascico di un cosmo-relitto.
La deserta stagione
nell’acqua dei cortili
le sue gioie scompone
precipita dai clivi.
Verso i monti delle alpi
torna azzurro ed assenzio
di venti, torna ai campi
la sagra del silenzio.
E il tuo freddo rimpianto
sta sui vacui confini
contro il purpureo vanto
dei mosti e dei giardini,
mentre l’astro crudele
dalle attardate sfere
rigèrmina e fedele
cresce nel suo potere.
Sigillo augusto, degna
fine, voto profondo,
spada che a morte segna
per sempre il cielo e il mondo,
delle tenebre alunno
che impietrisci l’aurora!
Nell’ombra dell’autunno
il chiuso bosco odora.
La deserta stagione
nell’acqua dei cortili
le sue gioie scompone
precipita dai clivi.
Verso i monti delle alpi
torna azzurro ed assenzio
di venti, torna ai campi
la sagra del silenzio.
E il tuo freddo rimpianto
sta sui vacui confini
contro il purpureo vanto
dei mosti e dei giardini,
mentre l’astro crudele
dalle attardate sfere
rigèrmina e fedele
cresce nel suo potere.
Sigillo augusto, degna
fine, voto profondo,
spada che a morte segna
per sempre il cielo e il mondo,
delle tenebre alunno
che impietrisci l’aurora!
Nell’ombra dell’autunno
il chiuso bosco odora.
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