Si fronteggiano due concezioni irriducibili: una visione è incentrata sul caso; l’altra è imperniata sul senso. La prima è propugnata da molti scienziati accademici e dai filosofi nichilisti; la seconda da chi, nonostante tutto, non si arrende all’assurdo. Forse alcuni eventi sono fortuiti ed altri logici? Tra le due visioni esiste qualche punto di contatto? Invero, è arduo conciliare l’inconciliabile. Qualcuno si è cimentato nell’intrapresa con risultati deludenti.
Il significato ed il suo contrario, il non-senso, non si concettualizzano, ma si vivono a volte non solo nello stesso giorno, ma nel medesimo istante che assurge a paradosso esistenziale. Il valore della vita (di ogni vita anche quella infinitesimale) coesiste con la sua mancanza (percepita?) di senso: è una superficie profonda, una prospettiva piatta.
Ogni esperienza (anche la più dolorosa ed inesplicabile) insegna; sovente, però, segna in modo indelebile. Non è tanto la sofferenza a dichiarare la contraddizione, poiché sappiamo inscriverla in un progetto, quanto l’arbitrarietà degli accadimenti. Per quanto tentiamo di interpretarli, resta in questi un nocciolo illogico. Rinunciare all’aleatorietà, significa intravedere un disegno, la filigrana del destino. Nel deserto finalmente appare l’oasi, ma nel luogo in cui doveva essere. Anche in tale circostanza, si potrà individuare un trait d’union tra “caso e necessità”, ma a costo di quali acrobazie speculative?
Sebbene i confini siano labili e benché siano per lo più tracciati dagli uomini, rimane uno zoccolo duro: non ci si libera tanto facilmente del dualismo, poiché la dualità è nell’essere.
Occorre giustificare tutto, dalla galassia che ruota negli spazi immensi alla goccia di pioggia che stilla da un filo d’erba. E’ necessario motivare la morte ed il male: è come quadrare il cerchio, con il rischio di collocare valenze razionali in àmbiti irrazionali.
Il percorso dell’esistenza corre su due binari che talvolta possono avvicinarsi fin quasi a confluire, ma non si toccano mai.
Così si è gettati in un’oscura voragine: la luce che si intravede lassù sarà quella di un astro o di un fuoco fatuo?
Non sappiamo dove si situi il senso ultimo né se esista. Tuttavia, anche se sappiamo che forse non lo troveremo mai, continuiamo a cercarlo.
Il significato ed il suo contrario, il non-senso, non si concettualizzano, ma si vivono a volte non solo nello stesso giorno, ma nel medesimo istante che assurge a paradosso esistenziale. Il valore della vita (di ogni vita anche quella infinitesimale) coesiste con la sua mancanza (percepita?) di senso: è una superficie profonda, una prospettiva piatta.
Ogni esperienza (anche la più dolorosa ed inesplicabile) insegna; sovente, però, segna in modo indelebile. Non è tanto la sofferenza a dichiarare la contraddizione, poiché sappiamo inscriverla in un progetto, quanto l’arbitrarietà degli accadimenti. Per quanto tentiamo di interpretarli, resta in questi un nocciolo illogico. Rinunciare all’aleatorietà, significa intravedere un disegno, la filigrana del destino. Nel deserto finalmente appare l’oasi, ma nel luogo in cui doveva essere. Anche in tale circostanza, si potrà individuare un trait d’union tra “caso e necessità”, ma a costo di quali acrobazie speculative?
Sebbene i confini siano labili e benché siano per lo più tracciati dagli uomini, rimane uno zoccolo duro: non ci si libera tanto facilmente del dualismo, poiché la dualità è nell’essere.
Occorre giustificare tutto, dalla galassia che ruota negli spazi immensi alla goccia di pioggia che stilla da un filo d’erba. E’ necessario motivare la morte ed il male: è come quadrare il cerchio, con il rischio di collocare valenze razionali in àmbiti irrazionali.
Il percorso dell’esistenza corre su due binari che talvolta possono avvicinarsi fin quasi a confluire, ma non si toccano mai.
Così si è gettati in un’oscura voragine: la luce che si intravede lassù sarà quella di un astro o di un fuoco fatuo?
Non sappiamo dove si situi il senso ultimo né se esista. Tuttavia, anche se sappiamo che forse non lo troveremo mai, continuiamo a cercarlo.
Ciao Zret.
RispondiEliminaCredo che l'uomo, per sua natura, non ami l'incertezza, e vorrebbe sempre inscrivere gli eventi in categorie certe. Forse è il timore dell'incognito? Non sempre è facile intravedere la verità, eppure quando ci si riesce, si riesce anche a riprendere in mano le redini della propria vita. Una soddisfazione profonda!
Buona serata, Sharon
E' vero: l'uomo mira a razionalizzare il reale, ma il reale lo è? Questa è la domanda che attende risposta. Più che intravedere la verità ultima, forse possiamo a volte illuderci di scorgerne un barlume. Questa, però, è una mia opinione.
RispondiEliminaCiao
Il senso ultimo....ciò che l' uomo cerca da sempre.
RispondiEliminaLo cerca. Ma lo desidera davvero?
Davvero desidera ardentemente raccogliere l' ignoto fino all' ultima briciola, arrivare fino all' inaccessibile vetta scaraventandosi oltre l' assurdo, in modo da poter dire " ho trovato il senso ultimo "?
A quel punto un atavico terrore lo sopraggiungerebbe, e lo costringerebbe a desiderare l' annichilimento.
Perchè?
Perchè trovare il senso ultimo, accertarsi di essere arrivati, di aver compreso tutto, sarebbe veramente il castigo eterno prospettato dalle religioni. Sarebbe questa, la vera ed unica morte dell' essere.
Penso sinceramente che dovremmo sperare che la parola "fine", non esista, sia un assurdo, leggenda metropolitana, fantasticheria oltre il problema ontologico che la parola comporta...
Possano maestosi ed inconcepibili esseri, osservarci da mondi di inafferrabili avventure e ridere a crepapelle, ogniqualvolta ci sentono dire di voler trovare "il senso ultimo".
Possano loro, sorridere in modo carismatico, aspettandoci al varco, oltre le beffarde illusioni dell' io...
Chissà se almeno loro, potranno narrarci un nuovo, vero, interminabile proggetto di proporzioni abissali....
Speranze mal riposte...ma forse..
Jc, il tuo bel commento è vertiginoso.
RispondiEliminaLa domanda che echeggia è la seguente: tutto ciò ha un senso o siamo un lancio di dadi? Non ci rassegniamo ad essere delle semplici casualità in un universo i cui fondamenti sono ignoti, sempre che il cosmo si regga su fondamenti, per quanto invisibili, e non su un solido nulla.
Non è necessario sapere tutto, ma pensare che esista un significato, altrimenti si naufraga.
Ciao
Ciò che dici è giusto..
RispondiEliminaIl problema sembra non avere soluzione.
Chissà, come intuì qualcuno, il senso dell' esistenza potrebbe essere nell' esistenza stessa.
Ma non basta, sembra troppo banale...
Mi congedo. A queste altezze il pensiero è insostenibile.
Alla prossima
Nietzsche trovò la risposta ed era un responso tragico: la vita ed il mondo non hanno alcun senso. L'unico significato che hanno è quello che l'Oltreuomo riesce, con un ardimento mirabile, con audacia, ad attribuire loro: è la volontà di potenza, tanto spesso fraintesa.
RispondiEliminaScrivi: "Perchè trovare il senso ultimo, accertarsi di essere arrivati, di aver compreso tutto, sarebbe veramente il castigo eterno prospettato dalle religioni. Sarebbe questa, la vera ed unica morte dell'essere."
Concordo, perché il viaggio vale più della meta: forse anche Dio è in viaggio verso uno scopo.
Ciao