Un universo fantasma
Che cosa cela il cielo? Il firmamento crivellato di stelle e la volta diurna sono proprio quel che sembrano? La descrizione della cosmologia ufficiale ha delle zone d’ombra, ma ciò non autorizza a pensare che non sia plausibile. Eppure…
L’ingegnere minerario ed inventore austriaco Hans Horbiger (1860-1931) elaborò la teoria del ghiaccio cosmico. Horbiger sosteneva che, durante la sua storia geologica, la Terra aveva catturato in sequenza quattro lune. Ciascuna di esse, inclusa l’attuale, nonché tutti i pianeti del sistema solare erano globi di roccia coperta da uno strato di ghiaccio spesso centinaia di chilometri. Gli astri erano dei blocchi di ghiaccio che riflettevano i raggi del Sole. Ognuno dei satelliti, nel corso di migliaia di anni, attratto dalla gravità terrestre, si era avvicinato al nostro pianeta, gelando gradualmente gli oceani e provocando lunghe ere glaciali, finché l’interazione delle forze gravitazionali avevano frantumato la luna. Cadde una pioggia di pietre e ghiaccio, seguìta dall’inondazione dovuta al disgelo dei mari. La distruzione della terza luna aveva segnato la fine dell’ultima glaciazione ed era stata l’origine della leggenda del diluvio universale (qui Horbiger anticipò Immanuel Velikovsky, autore di “Mondi in collisione”): i superstiti del cataclisma erano stati venerati come i progenitori dell’umanità.
Il tedesco Peter Bender, richiamandosi alle idee dello statunitense Cyrus Teed, desunte soprattutto da “The cellular cosmogony or the Earth a concave sphere”, disegnò, dopo aver semplificato le leggi ottiche e le polarità planetarie di Teed, un cosmo che definì “universo fantasma”. Al centro della Terra concava, Bender sospese una grande sfera azzurra, intorno alla quale il Sole, una massa di roccia fusa con un diametro di circa 250 chilometri, la luna e le stelle, masse più piccole, ruotavano a velocità e distanze diverse. Il globo era costellato di minuscoli punti che apparivano come astri. L’atmosfera, spessa poco più di sessanta chilometri, defletteva i raggi luminosi, dando l’impressione che gli astri si muovessero nel cielo, laddove l’alternarsi di giorno e notte erano determinati dalle rispettive posizioni dell’universo fantasma e del Sole. Se questo si interponeva tra noi e la sfera scura, era giorno; quando si trovava dietro, era notte. Il cosmo teorizzato da Bender prelude alla concezione, per così dire, olografica, di Giannini.
F. Amedeo Giannini fu autore di “World beyond the poles”(1959), un testo che andava oltre Horbiger. L’ingegnere, infatti, delineava un modello in contrasto con la scienza ufficiale, ma non rinunciando a considerare i corpi celesti degli oggetti concreti; invece Giannini li smaterializzava, trasformandoli in immagini ingannevoli.
Giannini descriveva una Terra che non è sferica, ma a forma di fuso con i Poli Nord e Sud illusori. La superficie del pianeta non termina alle estremità della “conocchia”, poiché prosegue nello spazio, curvando all’indietro sopra le nostre teste (?). Le stelle, i pianeti, le galassie e le comete sono “aree globulari ed isolate di una superficie esterna, continua ed ininterrotta”. Ciò significa che i corpi celesti non sono affatto tali, bensì punti sulla vasta estensione dell’universo, parte del quale è costituita dalla superficie terrestre. Lo spazio è un’illusione creata dal cristallino dei nostri occhi, dalle lenti dei telescopi e delle macchine fotografiche.
Alice nel paese dei miraggi
E’ curioso che un paradigma cosmologico di tipo olografico, pur nelle inevitabili differenze, sia stato valorizzato recentemente dall’astrofisica Giuliana Conforto. La Conforto ritiene che le stelle non siano solo corpi massicci, a differenza di quanto credono gli astronomi, ma immagini olografiche proiettate sul gigantesco schermo tridimensionale che avvolge il pianeta, il campo magnetico terrestre, a forma di mela. Il campo elettromagnetico intrappola due schermi al plasma: le fasce di Van Allen che sono oggi in via di dissoluzione. L’universo come ci appare è una matrice, una pellicola digitale che abbiamo scambiato per realtà: la vera realtà dunque è occultata dietro parvenze fallaci.
Si chiede la Conforto: “E se la luna, visibile in cielo, fosse non un corpo reale, ma un ologramma, un’immagine del vero satellite, forse molto più piccolo, il luogo extraterrestre dove si sono recati gli astronauti delle Missioni Apollo? […] Gli astronauti delle Missioni Apollo non sono rimasti a terra: sono andati su un satellite artificiale, immerso in una ‘zona’ senza campo magnetico, quindi invisibile, ma qui vicino, forse dietro l’angolo, ‘dietro’ la prima fascia di Van Allen, fuori dalla consueta visuale che chiamiamo “cielo”. […]
Se il campo magnetico si rovescia, come è già successo tante altre volte, il ‘cielo’ cambia, per il semplice fatto che il ‘cielo’ è un insieme di schermi al plasma, specchi curvi che amplificano e distorcono le immagini. La terra è circondata da una mela: è il campo magnetico terrestre, a sua volta immerso in una mela ancora più grossa, una Big apple, che è il campo magnetico solare, percorso da fiumi di particelle ad alta energia”. […]
Siamo come Alice nel paese delle meraviglie: gli specchi restituiscono immagini di immagini. Nulla è come appare ed i fenomeni si sovrappongono, si intersecano, si sfaccettano per ricomporsi. Chi abbia osservato il firmamento in questi ultimi decenni avrà notato particolari configurazioni, dimensioni inusitate, inattesi splendori, malgrado… È possibile che un indebolimento del campo elettromagnetico terrestre implichi una disgregazione degli aspetti tridimensionali, quasi fossero i fotogrammi tremolanti di un canale televisivo fuori sintonia. Il tempo subisce un collasso. Le forme quindi si disintegrano progressivamente. Il velo si assottiglia, si strappa, lascia intravedere l’invisibile. Possiamo escludere che le operazioni di Geoingegneria non siano pure volte a ricucire il tessuto che si sta per lacerare?
Comprendiamo che scenari come quelli cui si è accennato collidono sia con il senso comune sia con le “certezze” dell’astronomia, ma parecchi rompicapi ancora assillano i cosmologi accademici, perplessi di fronte alla cosiddetta materia oscura, ai buchi neri etc. E’ un campo dove le sorprese sono quotidiane. Oggigiorno, almeno le frange pionieristiche del pensiero scientifico sono meno recalcitranti ad accogliere sistemi che prescindono da una presunta oggettività assoluta, grazie segnatamente al modello interpretativo di David Bohm e di fisici che hanno elaborato ipotesi simili. E’ errato chiudersi a riccio al cospetto di teorie eccentriche, di mitologie ancestrali, oggi rilette e riproposte.
Se esiste una saggezza nella lingua, ricordando che il termine latino “caelum” (cielo) è probabilmente legato al verbo “celare”(nascondere, occultare), siamo tentati di pensare che gli antichi avessero intuito la verità. Il cielo eclissa qualcosa: dimensioni parallele, cavità atemporali, meandri siderei, universi secanti… Che cosa di preciso non è dato sapere… almeno per ora.
Libri consultati:
G. Conforto, Baby sun, Diegaro di Cesena, 2008
W. Kafton-Minkel, Mondi sotterranei, il mito della Terra cava, Roma, 2012
C. Paglialunga, Alla scoperta della Terra cava, Diegaro di Cesena, 2010
Che cosa cela il cielo? Il firmamento crivellato di stelle e la volta diurna sono proprio quel che sembrano? La descrizione della cosmologia ufficiale ha delle zone d’ombra, ma ciò non autorizza a pensare che non sia plausibile. Eppure…
L’ingegnere minerario ed inventore austriaco Hans Horbiger (1860-1931) elaborò la teoria del ghiaccio cosmico. Horbiger sosteneva che, durante la sua storia geologica, la Terra aveva catturato in sequenza quattro lune. Ciascuna di esse, inclusa l’attuale, nonché tutti i pianeti del sistema solare erano globi di roccia coperta da uno strato di ghiaccio spesso centinaia di chilometri. Gli astri erano dei blocchi di ghiaccio che riflettevano i raggi del Sole. Ognuno dei satelliti, nel corso di migliaia di anni, attratto dalla gravità terrestre, si era avvicinato al nostro pianeta, gelando gradualmente gli oceani e provocando lunghe ere glaciali, finché l’interazione delle forze gravitazionali avevano frantumato la luna. Cadde una pioggia di pietre e ghiaccio, seguìta dall’inondazione dovuta al disgelo dei mari. La distruzione della terza luna aveva segnato la fine dell’ultima glaciazione ed era stata l’origine della leggenda del diluvio universale (qui Horbiger anticipò Immanuel Velikovsky, autore di “Mondi in collisione”): i superstiti del cataclisma erano stati venerati come i progenitori dell’umanità.
Il tedesco Peter Bender, richiamandosi alle idee dello statunitense Cyrus Teed, desunte soprattutto da “The cellular cosmogony or the Earth a concave sphere”, disegnò, dopo aver semplificato le leggi ottiche e le polarità planetarie di Teed, un cosmo che definì “universo fantasma”. Al centro della Terra concava, Bender sospese una grande sfera azzurra, intorno alla quale il Sole, una massa di roccia fusa con un diametro di circa 250 chilometri, la luna e le stelle, masse più piccole, ruotavano a velocità e distanze diverse. Il globo era costellato di minuscoli punti che apparivano come astri. L’atmosfera, spessa poco più di sessanta chilometri, defletteva i raggi luminosi, dando l’impressione che gli astri si muovessero nel cielo, laddove l’alternarsi di giorno e notte erano determinati dalle rispettive posizioni dell’universo fantasma e del Sole. Se questo si interponeva tra noi e la sfera scura, era giorno; quando si trovava dietro, era notte. Il cosmo teorizzato da Bender prelude alla concezione, per così dire, olografica, di Giannini.
F. Amedeo Giannini fu autore di “World beyond the poles”(1959), un testo che andava oltre Horbiger. L’ingegnere, infatti, delineava un modello in contrasto con la scienza ufficiale, ma non rinunciando a considerare i corpi celesti degli oggetti concreti; invece Giannini li smaterializzava, trasformandoli in immagini ingannevoli.
Giannini descriveva una Terra che non è sferica, ma a forma di fuso con i Poli Nord e Sud illusori. La superficie del pianeta non termina alle estremità della “conocchia”, poiché prosegue nello spazio, curvando all’indietro sopra le nostre teste (?). Le stelle, i pianeti, le galassie e le comete sono “aree globulari ed isolate di una superficie esterna, continua ed ininterrotta”. Ciò significa che i corpi celesti non sono affatto tali, bensì punti sulla vasta estensione dell’universo, parte del quale è costituita dalla superficie terrestre. Lo spazio è un’illusione creata dal cristallino dei nostri occhi, dalle lenti dei telescopi e delle macchine fotografiche.
Alice nel paese dei miraggi
E’ curioso che un paradigma cosmologico di tipo olografico, pur nelle inevitabili differenze, sia stato valorizzato recentemente dall’astrofisica Giuliana Conforto. La Conforto ritiene che le stelle non siano solo corpi massicci, a differenza di quanto credono gli astronomi, ma immagini olografiche proiettate sul gigantesco schermo tridimensionale che avvolge il pianeta, il campo magnetico terrestre, a forma di mela. Il campo elettromagnetico intrappola due schermi al plasma: le fasce di Van Allen che sono oggi in via di dissoluzione. L’universo come ci appare è una matrice, una pellicola digitale che abbiamo scambiato per realtà: la vera realtà dunque è occultata dietro parvenze fallaci.
Si chiede la Conforto: “E se la luna, visibile in cielo, fosse non un corpo reale, ma un ologramma, un’immagine del vero satellite, forse molto più piccolo, il luogo extraterrestre dove si sono recati gli astronauti delle Missioni Apollo? […] Gli astronauti delle Missioni Apollo non sono rimasti a terra: sono andati su un satellite artificiale, immerso in una ‘zona’ senza campo magnetico, quindi invisibile, ma qui vicino, forse dietro l’angolo, ‘dietro’ la prima fascia di Van Allen, fuori dalla consueta visuale che chiamiamo “cielo”. […]
Se il campo magnetico si rovescia, come è già successo tante altre volte, il ‘cielo’ cambia, per il semplice fatto che il ‘cielo’ è un insieme di schermi al plasma, specchi curvi che amplificano e distorcono le immagini. La terra è circondata da una mela: è il campo magnetico terrestre, a sua volta immerso in una mela ancora più grossa, una Big apple, che è il campo magnetico solare, percorso da fiumi di particelle ad alta energia”. […]
Siamo come Alice nel paese delle meraviglie: gli specchi restituiscono immagini di immagini. Nulla è come appare ed i fenomeni si sovrappongono, si intersecano, si sfaccettano per ricomporsi. Chi abbia osservato il firmamento in questi ultimi decenni avrà notato particolari configurazioni, dimensioni inusitate, inattesi splendori, malgrado… È possibile che un indebolimento del campo elettromagnetico terrestre implichi una disgregazione degli aspetti tridimensionali, quasi fossero i fotogrammi tremolanti di un canale televisivo fuori sintonia. Il tempo subisce un collasso. Le forme quindi si disintegrano progressivamente. Il velo si assottiglia, si strappa, lascia intravedere l’invisibile. Possiamo escludere che le operazioni di Geoingegneria non siano pure volte a ricucire il tessuto che si sta per lacerare?
Comprendiamo che scenari come quelli cui si è accennato collidono sia con il senso comune sia con le “certezze” dell’astronomia, ma parecchi rompicapi ancora assillano i cosmologi accademici, perplessi di fronte alla cosiddetta materia oscura, ai buchi neri etc. E’ un campo dove le sorprese sono quotidiane. Oggigiorno, almeno le frange pionieristiche del pensiero scientifico sono meno recalcitranti ad accogliere sistemi che prescindono da una presunta oggettività assoluta, grazie segnatamente al modello interpretativo di David Bohm e di fisici che hanno elaborato ipotesi simili. E’ errato chiudersi a riccio al cospetto di teorie eccentriche, di mitologie ancestrali, oggi rilette e riproposte.
Se esiste una saggezza nella lingua, ricordando che il termine latino “caelum” (cielo) è probabilmente legato al verbo “celare”(nascondere, occultare), siamo tentati di pensare che gli antichi avessero intuito la verità. Il cielo eclissa qualcosa: dimensioni parallele, cavità atemporali, meandri siderei, universi secanti… Che cosa di preciso non è dato sapere… almeno per ora.
Libri consultati:
G. Conforto, Baby sun, Diegaro di Cesena, 2008
W. Kafton-Minkel, Mondi sotterranei, il mito della Terra cava, Roma, 2012
C. Paglialunga, Alla scoperta della Terra cava, Diegaro di Cesena, 2010
Le teorie di Horbiger sono decisamente 'superatine' e ormai hanno un valore puramente archeologico. L'ingegnere tedesco ci avrebbe azzeccato assai più come autore di fantascienza che non come cosmologo.
RispondiEliminaNegli ultimi anni si sta affermando la teoria dell'Universo Elettrico, la quale raccoglie sempre più seguaci e aderenti ogni giorno che passa. Pare si tratti di un insieme di concetti che spiegano effettivamente molte più cose di quanto non si riuscisse a spiegare con le teorie del passato.
La teoria di Horbiger è una mera curiosità antropologica, mentre il modello dell'universo elettrico ha numerosi dardi nel suo turcasso.
RispondiEliminaSono ancora molti gli enigmi astronomici e cosmologici a dover essere sciolti: forse in futuro qualcuno riuscirà a gettare un barlume.
Ciao
http://tankerenemymeteo.blogspot.it/2012/10/lotta-tra-titani.html
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