28 novembre, 2012

Ossimoro

Ossimoro, ossia “acuto-sciocco”. L’ossimoro è l’essenza della realtà, anzi il mondo stesso che è contraddizione insanabile. La coscienza che si desta dal torpore della materia greve è ossimoro che porta con sé la rifulgente gloria della caduta, il trionfo della sconfitta, la panoplia della fragilità. Non siamo forse ossimori viventi? Il peso leggero dell’oblio, la mole dei mali schiacciano la vita su cui striscia silenziosa ma implacabile la morte, a guisa di un vilucchio che adagio si avviticchia ai rami di un’altra pianta… per soffocarla.

Invano cercheremo di distinguere nel sapore degli istanti che scavano l’esistenza l’agro dal dolce. La ragione “pietrificante” (Novalis) ci blocca nella dualità, mentre gli opposti non si incontrano: poiché si scontrano.

Sono inestricabili il destino ed i sogni di libertà. Siamo carnefici di noi stessi, vittime inesorabili. “Ognuno inciampa sul suo cammino”. (De Gregori). L’alba s’illanguidisce nel buio. Nella notte le stelle intrecciano ghirlande di spine. L’incubo è contornato di luce.

Ossimoro, ossia “acuto-sciocco”: acuto è colui che legge nel paradosso la verità, nell’assurdo una scheggia di senso, persino sul muro nero del silenzio la risposta di Dio. Il saggio stolto, però, ha parole, sguardi e dubbi più acuminati.

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