E’ stata un’esperienza reale o si è svolta "solo" nella mente? Questa è la domanda che ci poniamo di fronte ad un evento che trascende le normali coordinate cronotopiche ed i parametri della logica. E’ una domanda discutibile ed ingenua, poiché ignora che ignoriamo quali siano le vere differenze tra realtà “reale” e realtà mentale. Lo spazio, il tempo e le cose stesse non sono forse in primis oggetti psichici?
Essi esistono come contenuti della coscienza, prima di trovarsi eventualmente là fuori. Ciò che è percepito è: esse est percipi, scrive appunto il filosofo Berkeley. Non disponiamo di criteri oggettivi per attribuire gradi di realtà ai disparati livelli della realtà. Il senso comune non è criterio né oggettivo né certo.
La materia è più reale del pensiero, un oggetto più di un’idea? L’universo onirico è meno vero del mondo in cui siamo desti? Una veneranda tradizione (si pensi almeno ad Artemidoro nella cultura greca) ci insegna a conferire importanza ai sogni, ad ascoltarne i messaggi sibillini, anche se l’interpretazione dei simboli onirici, dal momento che si avvale per lo più di categorie razionali, è quasi sempre condannata al fallimento.
Realtà e realismo, la realtà ed il suo rispecchiamento, un gioco di specchi dove non si sa che cosa rifletta che cosa. Così un quadro realistico ci appare più concreto e tangibile di quel fuggevole fotogramma di realtà che l’opera ha immortalato. Forse è per questo che si rimane incantati al cospetto di un dipinto realistico, quanto più è realistico. La fascinazione del realismo, con il caso estremo del fotorealismo, è sguardo di Medusa al contrario: siamo noi osservatori ad impietrire la realtà. Ne scaturisce una visione interrogativa di fronte all’oggetto con il soggetto che interroga sé stesso.
A ben vedere, nulla è più astratto ed immotivato del cosiddetto “mondo reale” che eppure ha una sua consistenza, una sua dura refrattarietà, come si può constatare sovente, soprattutto quando prendiamo una sonora zuccata.
Se la mente mente, il reale non è meno menzognero: filtrato dall’encefalo ed organizzato nelle forme a priori affinché sia conoscibile, di esso conosciamo ben poco; solo una superficie variegata in cui i colori, le forme e la tridimensionalità sono mere organizzazioni percettive, fantasmagorie.
In che cosa differiscono una pellicola cinematografica e la realtà dinamica? In questi ultimi decenni si è diffuso il paradigma dell’universo-ologramma che si avvia a soppiantare il modello del cosmo paragonato ad un complesso meccanismo: sono schemi molto diversi, ma li accomuna il fatto che non sappiamo chi sia l’ideatore di tutto questo e perché.
Essi esistono come contenuti della coscienza, prima di trovarsi eventualmente là fuori. Ciò che è percepito è: esse est percipi, scrive appunto il filosofo Berkeley. Non disponiamo di criteri oggettivi per attribuire gradi di realtà ai disparati livelli della realtà. Il senso comune non è criterio né oggettivo né certo.
La materia è più reale del pensiero, un oggetto più di un’idea? L’universo onirico è meno vero del mondo in cui siamo desti? Una veneranda tradizione (si pensi almeno ad Artemidoro nella cultura greca) ci insegna a conferire importanza ai sogni, ad ascoltarne i messaggi sibillini, anche se l’interpretazione dei simboli onirici, dal momento che si avvale per lo più di categorie razionali, è quasi sempre condannata al fallimento.
Realtà e realismo, la realtà ed il suo rispecchiamento, un gioco di specchi dove non si sa che cosa rifletta che cosa. Così un quadro realistico ci appare più concreto e tangibile di quel fuggevole fotogramma di realtà che l’opera ha immortalato. Forse è per questo che si rimane incantati al cospetto di un dipinto realistico, quanto più è realistico. La fascinazione del realismo, con il caso estremo del fotorealismo, è sguardo di Medusa al contrario: siamo noi osservatori ad impietrire la realtà. Ne scaturisce una visione interrogativa di fronte all’oggetto con il soggetto che interroga sé stesso.
A ben vedere, nulla è più astratto ed immotivato del cosiddetto “mondo reale” che eppure ha una sua consistenza, una sua dura refrattarietà, come si può constatare sovente, soprattutto quando prendiamo una sonora zuccata.
Se la mente mente, il reale non è meno menzognero: filtrato dall’encefalo ed organizzato nelle forme a priori affinché sia conoscibile, di esso conosciamo ben poco; solo una superficie variegata in cui i colori, le forme e la tridimensionalità sono mere organizzazioni percettive, fantasmagorie.
In che cosa differiscono una pellicola cinematografica e la realtà dinamica? In questi ultimi decenni si è diffuso il paradigma dell’universo-ologramma che si avvia a soppiantare il modello del cosmo paragonato ad un complesso meccanismo: sono schemi molto diversi, ma li accomuna il fatto che non sappiamo chi sia l’ideatore di tutto questo e perché.
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Noi conosciamo meno dell'1% di tutto ciò che esiste e appena apprendiamo qualcosa si creano più dubbi di prima...
RispondiEliminachissà per quanto andrà avanti... (almeno finché la gente continuerà a vedere tutto in maniera razionale e materialistica, quindi...)
ottimo articolo zret e buone feste :)
E' proprio così, si compie un passo avanti e due indietro. Cicerone scrive che "è peculiare dell'uomo investigare", dunque continuiamo a cercare.
RispondiEliminaGrazie infinite e lieti Saturnali.
Ciao