Le ragioni del silenzio sono molteplici: in primo luogo, ci si è sempre più allontanati dall’attualità. La cronaca, sebbene incida spesso sulle nostre condizioni materiali, è il cascame della storia e la storia stessa è misero simulacro della miseria umana.
La massa “vive” come se dovesse vivere per sempre; così non è. Alla massa appartiene non solo il volgo profano, ma soprattutto chi crede di essere sveglio, perché ha capito che il potere è perverso (grande scoperta!). Al popolino appartengono specialmente tutti quegli idioti saccenti che dispensano nuove teorie scientifiche a proposito della "realtà" nella sua interezza, senza conoscere né il significato di “teoria”, senza essersi mai chiesti che cosa sia la “realtà”. [1]
Per questo, se si scrive, si cerca di scavare in profondità, di strappare al destino un brandello di senso, altrimenti non è il caso neppure di cimentarsi. A che pro soffermarsi sul tragicomico spettacolo della “realtà” che ci circonda? Essa ha valore solo - e solo se - lascia trasparire qualcosa che sta oltre. L’universo fisico ha un significato soltanto se vi si può leggere in controluce una filigrana metafisica. La stessa filosofia vale, se si può trascenderla per tenderla in modo parossistico verso il paradosso, poiché l’esistenza, che è il fulcro del pensiero, è paradosso.
Siccome, però, alludere a tale situazione irrazionale con il linguaggio, che è pur sempre strumento logico, è arduo, sovente quanto si elabora si riduce ad un aforisma, lontano dall’articolo atteso dai lettori.
Un altro problema è costituito dal fatto che i testi filosofici sono spesso fraintesi, a causa della densità concettuale che li rende ostici anche a chi li concepisce e li appronta.
Per queste ragioni, si può decidere di interrompere l'aggiornamento della pagina personale: eppure, quanto più ci si chiude nel silenzio, tanto più anche in una sola frase si coagula la dynamis di un saggio formato da mille pagine. In poche parole si può concentrare una potenza dirompente, proprio poiché l’idea è imprigionata in un ambito ristretto, a somiglianza di quando si confina un'energia smisurata in uno spazio limitato. Si perde in estensione, ma si acquista in spessore ed efficacia.
[1] Che cos’è, infatti, la “realtà”? Un insieme di cose o di eventi, come ritengono i più? Una neurosimulazione? Un ologramma? Una proiezione della coscienza? O che cos’altro? Qual è lo statuto ontologico del “reale” di là dal senso comune? Qual è la differenza tra un modello scientifico e la "realtà"? Non bisogna mai rinunciare ad uno spirito critico affinché non si dia per scontato alcunché. Solo in questo modo ci si può emancipare dalla schiavitù nei confronti dell’”oggetto” per asserire i diritti dell’esegesi: questo non è relativismo ma consapevolezza che l’universo è una sfida formidabile ad ogni tentativo di comprensione esaustiva. Sebbene le domande sulla natura intrinseca del mondo siano destinate a naufragare nell’oceano dell’incomprensibile, è più opportuno, come scrive Manzoni, “tormentarsi nel dubbio che adagiarsi nell’errore”. Leggere Husserl, Wittgenstein, Kuhn, Feyerabend etc. potrebbe giovare a chi si è... appiattito su posizioni dogmatiche, pur convinto, con infinita spocchia, di aver rivoluzionato la scienza, di aver rifondato la cultura.
La massa “vive” come se dovesse vivere per sempre; così non è. Alla massa appartiene non solo il volgo profano, ma soprattutto chi crede di essere sveglio, perché ha capito che il potere è perverso (grande scoperta!). Al popolino appartengono specialmente tutti quegli idioti saccenti che dispensano nuove teorie scientifiche a proposito della "realtà" nella sua interezza, senza conoscere né il significato di “teoria”, senza essersi mai chiesti che cosa sia la “realtà”. [1]
Per questo, se si scrive, si cerca di scavare in profondità, di strappare al destino un brandello di senso, altrimenti non è il caso neppure di cimentarsi. A che pro soffermarsi sul tragicomico spettacolo della “realtà” che ci circonda? Essa ha valore solo - e solo se - lascia trasparire qualcosa che sta oltre. L’universo fisico ha un significato soltanto se vi si può leggere in controluce una filigrana metafisica. La stessa filosofia vale, se si può trascenderla per tenderla in modo parossistico verso il paradosso, poiché l’esistenza, che è il fulcro del pensiero, è paradosso.
Siccome, però, alludere a tale situazione irrazionale con il linguaggio, che è pur sempre strumento logico, è arduo, sovente quanto si elabora si riduce ad un aforisma, lontano dall’articolo atteso dai lettori.
Un altro problema è costituito dal fatto che i testi filosofici sono spesso fraintesi, a causa della densità concettuale che li rende ostici anche a chi li concepisce e li appronta.
Per queste ragioni, si può decidere di interrompere l'aggiornamento della pagina personale: eppure, quanto più ci si chiude nel silenzio, tanto più anche in una sola frase si coagula la dynamis di un saggio formato da mille pagine. In poche parole si può concentrare una potenza dirompente, proprio poiché l’idea è imprigionata in un ambito ristretto, a somiglianza di quando si confina un'energia smisurata in uno spazio limitato. Si perde in estensione, ma si acquista in spessore ed efficacia.
[1] Che cos’è, infatti, la “realtà”? Un insieme di cose o di eventi, come ritengono i più? Una neurosimulazione? Un ologramma? Una proiezione della coscienza? O che cos’altro? Qual è lo statuto ontologico del “reale” di là dal senso comune? Qual è la differenza tra un modello scientifico e la "realtà"? Non bisogna mai rinunciare ad uno spirito critico affinché non si dia per scontato alcunché. Solo in questo modo ci si può emancipare dalla schiavitù nei confronti dell’”oggetto” per asserire i diritti dell’esegesi: questo non è relativismo ma consapevolezza che l’universo è una sfida formidabile ad ogni tentativo di comprensione esaustiva. Sebbene le domande sulla natura intrinseca del mondo siano destinate a naufragare nell’oceano dell’incomprensibile, è più opportuno, come scrive Manzoni, “tormentarsi nel dubbio che adagiarsi nell’errore”. Leggere Husserl, Wittgenstein, Kuhn, Feyerabend etc. potrebbe giovare a chi si è... appiattito su posizioni dogmatiche, pur convinto, con infinita spocchia, di aver rivoluzionato la scienza, di aver rifondato la cultura.
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E' la "costante contraddizione della realtà" che ci costringe nell'alveo del Dubbio, non certo una scelta consapevole: e che dubbio sia...fino a quando non scorgeremo la fonte del pensiero.
RispondiEliminaHai ragione, Giuseppe. Infatti un pensatore, di cui ora non mi sovviene il nome, rovesciando Hegel, scrive: "Il reale è irrazionale e l'irrazionale è reale".
EliminaCiao
"Il reale è irrazionale e l'irrazionale è reale"... proprio per questo Jung diceva che "la cosa più terrificante è accettare sé stessi senza riserve": è terrificante ma inevitabile che la "cosiddetta razionalità" si ritrovi nel suo contrario (o complementare?). Dopotutto le leggi della psicologia non sono diverse da quelle della fisica...Concediamoci intanto il beneficio del Dubbio ristoratore!
EliminaCiao Zret, carissimo Amico, ho letto con veemenza di intenti queste tue parole; guardando quella sedia (non a caso postata)che riflette la sua immagine mi ha portato ad un passo di quello che Castaneda scriveva, un breve passo che ben si accosta al tuo lucido pensiero:
RispondiElimina"Ci manca l’energia, non possiamo fare altro che specchiarci, nella pozzanghera di consapevolezza, in un limitato e illusorio riflesso di sé, una falsa personalità. «La coscienza delle suole rispecchia la nostra immagine, la nostra superbia e il nostro ego, i quali alla fine non sono altro che la nostra vera gabbia.
Un caro abbraccio wlady
Carissimo Wlady, la condizione umana è questa. Ho cercato di evocarla.
EliminaCiao
...pozzanghera di consapevolezza! L'ego e' la nostra gabbia emozionale! La citazione che Wlady qui ha riportato centra tutta la questione...e non dovremmo nemmeno farci troppe illusioni in merito alla possibilita' di svincolarci troppo agevolemente da questo intrappolamento profondo, la cui intelaiatura sottile coincide con la psiche stessa...e' fuori da ogni dubbio che immensamente irrisolti qui stiamo e che un giorno (presto o tardi potra' essere) ugualmente smarriti o confusi varcheremo la soglia fatidica. Il nucleo della consapevolezza sarebbe addensato nell'enigmatico Nulla e la sua sensibilita' definisce la possibilita' stessa di essere molteplicemte depistato da infinite fantasmagorie. L'anestesia cibernetica alla fine vorrebbe risolvere una volta per tutte il disagio atavico, affrancando definitivamente l'uomo dal suo abissale tormento esistenziale col renderlo schiavo senziente di un dovere totalmente svuotato di senso elettivo.
RispondiEliminaNon ci sono risposte allo stato di crisi attuale e ugualmente, nel Ciclo presente, con ogni evidenza lo Smarrimento e' la cifra dei tempi.
Sì, non ci sono risposte e non solo allo stato di crisi attuale, ma alla condizione umana come stato ontologico. Lo Smarrimento è la cifra di questi tempi degeneri, ma pure del tempo tout court, poiché il tempo è teso sull'abisso. Chi o che cosa potrà salvarci non è dato sapere né quando.
EliminaCiao
Personalmente mi dispiace non potere leggere i tuoi nuovi articoli, contenenti riflessioni così profonde che sento tanto vicine alla mia percezione del mondo, con la cadenza di un tempo; però capisco il tuo stato d’animo così nitidamente espresso in queste tue ultime righe.
RispondiEliminaAnche io – benché sinceramente lontano dal tuo talento espressivo-sintattico – ogni tanto mi cimento nella scrittura, scrittura come tentativo di condensare e chiarire i miei pensieri, i miei desideri, le aspirazioni: tutto ciò che mi rende umano, nell’accezione maggiormente nobile del termine. Ahimè non sempre questi tentativi chiarificatori riescono. In questo inferno sintetico e proiettato verso la disperazione ed il non-senso, nessuno può dirsi immune al veleno che l’arretrata modernità secerne e ci obbliga a suggere; è enormemente complicato discernere il nostro essere dalle suggestioni ombrose instillateci dal potere maligno, ma terribilmente pervasivo.
Non riusciamo a capire noi stessi, il significato di questa manifestazione dimensionale – almeno per me e così - ma nello stesso tempo capiamo che è tutto sbagliato, tutto sta andando alla deriva; è in pieno svolgimento la più grande guerra mai generata e noi siamo impreparati. I nostri simili non se ne avvedono, perciò non hanno sentore di niente, per essi siamo dei pazzi, poveri allucinati bisognosi delle finte cure del finto mondo al quale hanno consegnato se stessi; però prima o poi gli sarà sbattuta in piena faccia la verità e non avranno scampo. Noi ci salveremo, invece? Non so, intanto soffriamo come e più degli altri.
Rimaniamo massimamente confusi, avremmo bisogno di riposo, ritirarci nella ristoratrice lentezza propria dei ritmi naturali, ma la natura è stata sfigurata da tempo, nulla è com’era e dovrebbe essere; non più. Le necessità legate alla vita volgare ci risucchiano e rubano le nostre misere forze.
Come si può scrivere, ma anche pensare, vivere, quando là fuori ogni istante muore qualcosa, l’incanto viene svilito in ogni istante: una piccola parte della nostra autenticità muore ogni istante.
Ti ringrazio. Non è da tutti spendere il proprio tempo per cercare, non dico la verità, ma quantomeno di instillare nelle coscienze sensibili il sano dubbio ed alimentare la vera ribellione verso un sistema che non deve esistere.
A presto
Il Tuo commento, come quello degli altri amici, è da incorniciare. Le Tue profonde riflessioni, scritte con stile quanto mai efficace e vivo, ci permettono di capire che non sono poi così pochi coloro che vivono le contraddizioni dell'esserci (Dasein direbbe Heidegger). Purtroppo è difficile comunicare, incontrarsi, condividere, se non attraverso i limiti del linguaggio sovente espresso con i freddi strumenti della tecnologia.
EliminaCiao
Il pensiero liberal-democratico prima o poi rivela la propria essenza: oppressivo, ma non in un giusto senso gerarchico, bensì in un senso egualitario. Più si è bassi e infami, più si è mediocri e comuni, e più, paradossalmente, si vale, nel disumano sistema liberal-democratico.
RispondiEliminaTra l'altro il sistema liberal-democratico non ha alcunché né di liberale né di democratico.
EliminaCiao
Sapere e non dire.
RispondiEliminaColui che sa non parla.
Colui che parla non sa.
Blocca i passaggi,
Chiude le porte.
Smussa ciò che è affilato,
Districa ciò che è legato.
Offusca ciò che è luminoso,
Riunisce ciò che è separato.
Questo si chiama unione arcana.
Poichè, raggiungendola, non possiamo esserle vicini, nè lontani.
Raggiungendola, non possiamo esserle di vantaggio, nè di svantaggio.
Raggiungendola, non possiamo onorarla, nè denigrarla.
Per questo il mondo la tiene in gran conto.
Laozi - Tao Te Ching
La vera saggezza è non aspirare alla saggezza che è irraggiungibile.
RispondiEliminaPerdonami il commento fuori tema.
RispondiEliminaZret, vorrei approfittare della tua cultura, nonché della tua sensibilità filosofica, chiedendoti un parere su Rudolf Steiner e le sue opere.
Una persona a me vicina, tempo fa, mi consigliò di accrescere le mie conoscenze sull'eredità dottrinale dello Steiner. In particolare, m’interesserebbe la sua concezione relativa a forze nemiche di natura demonica che ostacolerebbero la piena realizzazione dell’uomo.
Che ne pensi, credi valga la pena di spendere del tempo per tali scritti? E sul tema di mio interesse - prima citato - quali altri pensatori e relativi componimenti mi consiglieresti?
Grazie in anticipo
Carissimo Gaspar,
RispondiEliminaconsidero, limitatamente alle mie conoscenze, un autore interessante e degno di fede. Notevoli sono le sue riflessioni sulle entità ahrimaniche (Arconti, demoni). Steiner predisse anche eventi poi adempiutisi. Nondimeno alcuni suoi libri mi paiono cerebrali ed astrusi (penso a quelli sui misteri egizi e sull'origine della Luna). Quali libri consigliare? Ti segnalerò qualche articolo, qualche autore, ma ritengo che si possano reperire frammenti di verità in molti testi tradizionali; la Verità ultima - ma avremmo il coraggio per tollerarla? - è custodita in uno scrigno di cui non abbiamo la chiave. Se ne potrebbe cogliere un'eco, se avessimo accesso al cd. Sé superiore. Non è il mio caso.
Ciao
http://www.tankerenemy.com/2011/06/steiner-ed-il-destino-della-terra.html
RispondiEliminahttp://zret.blogspot.com/2009/08/lenigma-del-doppio-in-steiner.html
RispondiEliminaGrazie davvero, per le preziose informazioni fornitemi. Peraltro sono concorde su tutto quanto hai scritto a proposito dei testi tradizionali.
EliminaSi, appena avrò lo spirito adatto, studierò il materiale lasciatoci da Steiner, quantomeno le parti più interessanti.
Ciao
Il silenzio ci permetterebbe di pensare o comunicare per mezzo dell'etere che tutto permea. Già scrivere questo gli dà un aspetto troppo materialista, ma credo che l'ispirazione artistica venga da lì, quando non è razionalissimo pensiero imprenditoriale. Ci siamo capiti, molte persone odiano star ferme e lasciar correre l'attimo ed osservarlo. Collasserebbero. Da qui gran parte dei ns vizi, volti a distrarsi da sè stessi, da qui il grande sistema di, appunto, intrattenimento, svago, rumore. E più la gente si svaga, più allontana il silenzio. E molte persone vampirizzano tutti quelli che stanno in silenzio. Siamo tanti, fa piacere "essere in compagnia" pur sapendo che è illusorio. Alla fine se fossimo vicini finiremmo per disturbarci..o per divenire un movimento di massa, che quindi si distorcerà nelle peggiori perversioni...o no?
RispondiEliminaCiao ciao
Solo quel silenzio che ispira la creazione ci potrà salvare. Purtroppo spesso cerchiamo il silenzio e troviamo solo un vuoto pieno di niente.
EliminaCiao
Grazie per queste tue parole Zret, capitano proprio - come si suol dire - a fagiolo!
RispondiEliminaSo (e mi conforta quasi!) di non essere l'unica a provare sempre più spesso la sensazione di lottare contro i mulini a vento. Difendere o giustificare ciò in cui credo non mi ha mai interessato, e lottare parlando m'interessa sempre di meno.. cercare di comprendere i meccanismi dell'umana esistenza e dell'universo lo si può fare anche in silenzio e solitudine ;)
Ad maiora, semper ^_^