Di fronte alla disastrosa situazione della nostra economia, segnalata da numerose Istituzioni, internazionali, europee e nazionali, Ocse, Eurostat, Istat e altri ancora, il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha ammonito, giorni fa, gli Italiani a non lasciarsi andare ad autolesionistici piagnistei e a "rimboccarsi le maniche".
Io non intendo rimboccarmi un bel niente, anche perché non saprei che cosa rimboccare ancora. Ho sessant’anni e lavoro da quando ne avevo ventitré, dopo essermi laureato con 110 e lode. Ho fatto l’impiegato, il pubblicitario e da trentatré anni sono giornalista, un mestiere che, se preso sul serio, è estremamente logorante e vuole un impegno quasi totale («Il giornalista nasce orfano e muore vedovo», diceva uno dei nostri maestri, Gaetano Afeltra, a significare che non ha tempo per la famiglia, per la moglie, per i figli). Con le mie tasse, che attualmente superano il 43%, ho contribuito a pagare, insieme con quelli della mia generazione, le pensioni “baby”, le pensioni d’oro degli alti dirigenti dello Stato e dei parlamentari (cui basta, per riceverla, aver fatto una mezza legislatura), le pensioni di anzianità fasulle, le pensioni di invalidità false, ma adesso che toccherebbe a noi metterci a riposo, l’età pensionabile viene continuamente alzata, in modo che venga possibilmente a coincidere con l’eterno riposo, cosicché lo Stato non debba sborsare una lira e, comunque, se mai arriveremo a ricevere una pensione, sarà ridicola rispetto a quanto abbiamo pagato in tutti i nostri anni di lavoro.
In più, il mio Istituto di previdenza mi aggredisce, chiedendomi cifre esorbitanti per un’integrazione di pensione che non prenderò mai.
Questa ulteriore aggressione alle mie tasche deriva dal fatto che il mio Istituto di previdenza in questi anni, sotto la pressione vorace dello Stato, ha sperperato il suo, anzi il mio denaro.
Il coordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, ha affermato che la disastrosa situazione economica italiana ha le sue origini, e cause molto lontane nel tempo e che non è addebitabile all’attuale governo. Verissimo.
Il disastro è stato preparato e perpetrato negli Anni Ottanta, con gli sperperi del denaro pubblico, cioè nostro, di noi lavoratori, con l’allegra finanza, con l’assistenzialismo a chi non faceva niente per averne in cambio consenso e voti, con l’inflazione a due cifre per permetterci questi sperperi, con la corruzione e le tangenti per mantenere la classe politica e i partiti, con la "Milano da bere" dove ad abbeverarsi erano solo i furfanti, i mascalzoni, gli opportunisti. Insomma, la Prima Repubblica nella sua ultima fase.
Ma sia Fabrizio Cicchitto sia Pier Ferdinando Casini appartengono a quella stagione e facevano già allora parte dell’establishment politico. Cicchitto era un importante esponente del P.S.I., il numero due, dopo Signorile, della cosiddetta "sinistra ferroviaria", e Pier Ferdinando Casini era l’uomo di fiducia di Arnaldo Forlani, uno dei massimi protagonisti, insieme con Bettino Craxi e Giulio Andreotti, di quel periodo di scialacqui e abusi, per non dir di peggio.
«Io non mi rimbocco niente!»
Sono quindi responsabili pro quota, e nel loro caso di una quota rilevante, delle imprevidenze della Prima Repubblica e quindi della nostra attuale, drammatica, situazione economica, le cui premesse Cicchitto fa giustamente risalire a quegli anni. Ma né Cicchitto né Casini hanno pagato dazio per quegli errori che ora ricadono sulla testa degli Italiani che hanno lavorato. Sono stati anzi premiati. Fabrizio Cicchito che, per soprammercato, risultò anche iscritto alla Loggia P2, la losca organizzazione di Licio Gelli e di Ortolani, è oggi un importante esponente di Forza Italia, coordinatore nazionale di quel partito; Pier Ferdinando Casini è diventato addirittura presidente della Camera.
Ora costoro hanno anche l’impudenza di venirci a chiedere di "rimboccarci le maniche", a noi che ce le siamo rimboccate tutta la vita, lavorando come muli.
Se le rimbocchino loro, le maniche, che sono parlamentari da quando hanno i calzoni corti e non hanno mai fatto un’ora di vero lavoro in tutta la loro vita.
Noi, come dicono a Genova, aemu za daetu. Infine, insieme con le nostre energie, che in questi anni sono servite a nutrire una massa enorme e variegata di parassiti lasciandoci senza fiato e senza soldi, stiamo pericolosamente esaurendo anche la nostra pazienza.
Io non intendo rimboccarmi un bel niente, anche perché non saprei che cosa rimboccare ancora. Ho sessant’anni e lavoro da quando ne avevo ventitré, dopo essermi laureato con 110 e lode. Ho fatto l’impiegato, il pubblicitario e da trentatré anni sono giornalista, un mestiere che, se preso sul serio, è estremamente logorante e vuole un impegno quasi totale («Il giornalista nasce orfano e muore vedovo», diceva uno dei nostri maestri, Gaetano Afeltra, a significare che non ha tempo per la famiglia, per la moglie, per i figli). Con le mie tasse, che attualmente superano il 43%, ho contribuito a pagare, insieme con quelli della mia generazione, le pensioni “baby”, le pensioni d’oro degli alti dirigenti dello Stato e dei parlamentari (cui basta, per riceverla, aver fatto una mezza legislatura), le pensioni di anzianità fasulle, le pensioni di invalidità false, ma adesso che toccherebbe a noi metterci a riposo, l’età pensionabile viene continuamente alzata, in modo che venga possibilmente a coincidere con l’eterno riposo, cosicché lo Stato non debba sborsare una lira e, comunque, se mai arriveremo a ricevere una pensione, sarà ridicola rispetto a quanto abbiamo pagato in tutti i nostri anni di lavoro.
In più, il mio Istituto di previdenza mi aggredisce, chiedendomi cifre esorbitanti per un’integrazione di pensione che non prenderò mai.
Questa ulteriore aggressione alle mie tasche deriva dal fatto che il mio Istituto di previdenza in questi anni, sotto la pressione vorace dello Stato, ha sperperato il suo, anzi il mio denaro.
Il coordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, ha affermato che la disastrosa situazione economica italiana ha le sue origini, e cause molto lontane nel tempo e che non è addebitabile all’attuale governo. Verissimo.
Il disastro è stato preparato e perpetrato negli Anni Ottanta, con gli sperperi del denaro pubblico, cioè nostro, di noi lavoratori, con l’allegra finanza, con l’assistenzialismo a chi non faceva niente per averne in cambio consenso e voti, con l’inflazione a due cifre per permetterci questi sperperi, con la corruzione e le tangenti per mantenere la classe politica e i partiti, con la "Milano da bere" dove ad abbeverarsi erano solo i furfanti, i mascalzoni, gli opportunisti. Insomma, la Prima Repubblica nella sua ultima fase.
Ma sia Fabrizio Cicchitto sia Pier Ferdinando Casini appartengono a quella stagione e facevano già allora parte dell’establishment politico. Cicchitto era un importante esponente del P.S.I., il numero due, dopo Signorile, della cosiddetta "sinistra ferroviaria", e Pier Ferdinando Casini era l’uomo di fiducia di Arnaldo Forlani, uno dei massimi protagonisti, insieme con Bettino Craxi e Giulio Andreotti, di quel periodo di scialacqui e abusi, per non dir di peggio.
«Io non mi rimbocco niente!»
Sono quindi responsabili pro quota, e nel loro caso di una quota rilevante, delle imprevidenze della Prima Repubblica e quindi della nostra attuale, drammatica, situazione economica, le cui premesse Cicchitto fa giustamente risalire a quegli anni. Ma né Cicchitto né Casini hanno pagato dazio per quegli errori che ora ricadono sulla testa degli Italiani che hanno lavorato. Sono stati anzi premiati. Fabrizio Cicchito che, per soprammercato, risultò anche iscritto alla Loggia P2, la losca organizzazione di Licio Gelli e di Ortolani, è oggi un importante esponente di Forza Italia, coordinatore nazionale di quel partito; Pier Ferdinando Casini è diventato addirittura presidente della Camera.
Ora costoro hanno anche l’impudenza di venirci a chiedere di "rimboccarci le maniche", a noi che ce le siamo rimboccate tutta la vita, lavorando come muli.
Se le rimbocchino loro, le maniche, che sono parlamentari da quando hanno i calzoni corti e non hanno mai fatto un’ora di vero lavoro in tutta la loro vita.
Noi, come dicono a Genova, aemu za daetu. Infine, insieme con le nostre energie, che in questi anni sono servite a nutrire una massa enorme e variegata di parassiti lasciandoci senza fiato e senza soldi, stiamo pericolosamente esaurendo anche la nostra pazienza.
Massimo Fini
Tratto dal quotidiano “Il resto del Carlino” del 9 giugno 2005.
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