Nel I libro del dialogo intitolato Politeia, dopo che il principale interlocutore, Socrate, ha discusso per un certo tempo di che cosa si debba intendere per giustizia con Cefalo e con i fratelli maggiori di Platone, interviene il retore Trasimaco. Costui proclama, senza tante ambagi, che “la giustizia non è altro che l’interesse del più forte.”
Ovviamente Socrate, controfigura di Platone, cerca di ribattere con argomentazioni più capziose e contorte che convincenti.
La storia ha dato ragione a Trasimaco: la giustizia è veramente, da tempo immemorabile, guercia, non bendata; la sua bilancia ha un piatto che pende vistosamente ed ignominiosamente dalla parte del più forte e del più scaltro. Ad accorgersene fu proprio, se vogliamo credere al suo interprete, lo stesso Socrate, condannato a bere la cicuta con accuse pretestuose.
Come non ricordare, poi, tutti gli “eretici” bruciati sul rogo perché invisi al potere di una Chiesa prepotente e corrotta?
Come non ricordare tutti gli aristocratici e (non solo) ghigliottinati durante la Rivoluzione francese in nome del popolo?
Vogliamo soffermarci sui nostri giorni? Due esempi per tutti: Belzebush, pesantemente coinvolto nell’ideazione dell’attentato alle Torri del 9 11 e in mille altri delitti, libero come il vento; il messia di Arcore pluriinquisito, ma serafico perché protetto da una legge ad hoc. Tutto ciò mentre le carceri sono per lo più gremite da innocenti in attesa di giudizio o da ladri di polli.
Quanti politici accusati di concussione, peculato, violazione della legge sul finanziamento dei partiti… siedono sugli scranni del parlamento!
Quanti magistrati ignobili ed ignoranti decidono se sei colpevole o innocente, sulla base di pregiudizi o di pressioni!
Quanti banchieri avidi e laidi che dissanguano i popoli con l’astuzia del debito e del signoraggio?
Ma quale giustizia, quale equità, quale stato di diritto!
L’Italia, in particolar modo, da patria della giurisprudenza, è diventata il paese delle storture e delle vessazioni. I cittadini onesti devono temere i rigori della “giustizia”, laddove i manigoldi imperversano grazie alle loro aderenze.
Giustamente già Catone il censore affermava: “I ladri privati sono in catene, i ladri pubblici vivono nella porpora e nell’oro.”
Insomma, di fronte al disincantato realismo di Trasimaco, i cavillosi ed involuti ragionamenti di Socrate-Platone si rivelano, nonostante l’onestà intellettuale del filosofo ateniese, per quello che sono, illusioni di un venditore di illusioni.
Ovviamente Socrate, controfigura di Platone, cerca di ribattere con argomentazioni più capziose e contorte che convincenti.
La storia ha dato ragione a Trasimaco: la giustizia è veramente, da tempo immemorabile, guercia, non bendata; la sua bilancia ha un piatto che pende vistosamente ed ignominiosamente dalla parte del più forte e del più scaltro. Ad accorgersene fu proprio, se vogliamo credere al suo interprete, lo stesso Socrate, condannato a bere la cicuta con accuse pretestuose.
Come non ricordare, poi, tutti gli “eretici” bruciati sul rogo perché invisi al potere di una Chiesa prepotente e corrotta?
Come non ricordare tutti gli aristocratici e (non solo) ghigliottinati durante la Rivoluzione francese in nome del popolo?
Vogliamo soffermarci sui nostri giorni? Due esempi per tutti: Belzebush, pesantemente coinvolto nell’ideazione dell’attentato alle Torri del 9 11 e in mille altri delitti, libero come il vento; il messia di Arcore pluriinquisito, ma serafico perché protetto da una legge ad hoc. Tutto ciò mentre le carceri sono per lo più gremite da innocenti in attesa di giudizio o da ladri di polli.
Quanti politici accusati di concussione, peculato, violazione della legge sul finanziamento dei partiti… siedono sugli scranni del parlamento!
Quanti magistrati ignobili ed ignoranti decidono se sei colpevole o innocente, sulla base di pregiudizi o di pressioni!
Quanti banchieri avidi e laidi che dissanguano i popoli con l’astuzia del debito e del signoraggio?
Ma quale giustizia, quale equità, quale stato di diritto!
L’Italia, in particolar modo, da patria della giurisprudenza, è diventata il paese delle storture e delle vessazioni. I cittadini onesti devono temere i rigori della “giustizia”, laddove i manigoldi imperversano grazie alle loro aderenze.
Giustamente già Catone il censore affermava: “I ladri privati sono in catene, i ladri pubblici vivono nella porpora e nell’oro.”
Insomma, di fronte al disincantato realismo di Trasimaco, i cavillosi ed involuti ragionamenti di Socrate-Platone si rivelano, nonostante l’onestà intellettuale del filosofo ateniese, per quello che sono, illusioni di un venditore di illusioni.
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