I Liguri sono uno dei popoli più antichi d’Europa, quasi certamente di stirpe mediterranea. Sebbene non esercitino il fascino dei Celti, sono stati e sono oggetto di ricerche per opera spesso di insigni studiosi che, però, sono quasi sempre degli eruditi attenti per lo più a catalogare reperti, manufatti, dati toponomastici, citazioni negli autori greci e romani, piuttosto che persone volte a scoprire il volto nascosto del passato. Infatti, per quanto il contributo di ricercatori come Nino Lamboglia, il più profondo conoscitore della Liguria antica, sia insostituibile, non si può dimenticare che gli archeologi e gli storici ufficiali hanno eluso di fatto le domande più suggestive sui Liguri: qual era la loro regione di provenienza? A quali altre etnie erano legati? Come si spiega una radice prettamente ligure come alb/alp (col significato di monte, altura) in un’area talmente vasta da comprendere Albione (l’attuale Inghilterra insieme con la Scozia) sino all’Albania, passando per la regione alpina? Le stele della Lunigiana, con le loro fattezze ieratiche e misteriose, sono davvero raffigurazioni di antenati come sostengono gli esperti? Qual è il ruolo dei Liguri all’interno della cultura megalitica?
Una delle regioni di remoto stanziamento dei Liguri fu il territorio delle Alpi Marittime dove si ergono monti dai profili maestosi e tormentati che dominano gole in cui scorrono torrenti dalle acque rapinose. Qua e là occhieggiano laghetti di origine glaciale. Celebre è la Valle delle meraviglie, dove s’innalza il Monte Bego: sulle sue pareti generazioni di cacciatori e di pastori transumanti lasciarono le tracce indelebili di culti e di credenze nelle incisioni rupestri raffiguranti animali cornigeri, armi, utensili, uomini (guerrieri, oranti) talora dalle strane sembianze… Tra i graffiti restano del tutto inesplicati quelli a forma di reticolo, simili a campi con partizioni interne o a terrazzamenti: tali disegni sulle rocce, però, risalgono ad un’età preistorica in cui l’agricoltura, in quell’area, era del tutto ignota. Che cosa vollero rappresentare gli artisti del Neolitico e dell’Eneolitico con i reticoli, le linee a zigzag, i cerchi concentrici? Sono simboli? Quando non si sa penetrare l’arcano di mondi scomparsi, si evoca sempre il valore simbolico e sacrale di immagini ed opere, ma il riferimento generico a significati magico-religiosi è una risposta inadeguata.
Uno dei soggetti più strani del Monte Bego è una figura antropomorfa che reca conficcato nella testa un pugnale e sul petto un segno cornuto su una sorta di paramento. La scena potrebbe ritrarre la fine di uno sciamano o di un sacerdote, la conclusione di un rito che imponeva la morte rituale del celebrante.
Non meno enigmatica è la relazione individuata da uno studioso misconosciuto ma valente, Gennaro D’Amato, che si sofferma sulla somiglianza tra alcune glosse liguri e vocaboli maya: come si spiega tale affinità, in due culture tanto distanti nel tempo e nello spazio? (1) La coincidenza, se di semplice coincidenza si tratta, può ricordare la pressoché totale identità tra la scrittura di Mohenjo-Daro, in India, ed i geroglifici denominati rongo-rongo dell’Isola di Pasqua.
Sembra che esista un’origine comune delle genti protostoriche, una sorgente da cui scaturiscono numerosi ruscelli, ma l’archeologia ortodossa ha steso una coltre sul passato del genere umano per impedire che certe verità affiorino e, quantunque i Liguri non siano probabilmente l’arco di volta della storia segreta, a differenza di Sumeri, Egizi, Inca, Maya…, anch’essi nascondono uno scrigno prezioso.
Occorre cercarlo.
(1) Cfr G. D’Amato, Platone e l’Atlantide, Genova, 1988, p. 144
Fonti:
E. Bernardini, Le incisioni rupestri della Valle delle meraviglie La storia, le interpretazioni, la visita, Genova, 2001
C. Conti, Corpus delle incisioni rupestri del Monte Bego, Bordighera, 1972
G. D’Amato, Platone e l’Atlantide, Genova, 1988
Una delle regioni di remoto stanziamento dei Liguri fu il territorio delle Alpi Marittime dove si ergono monti dai profili maestosi e tormentati che dominano gole in cui scorrono torrenti dalle acque rapinose. Qua e là occhieggiano laghetti di origine glaciale. Celebre è la Valle delle meraviglie, dove s’innalza il Monte Bego: sulle sue pareti generazioni di cacciatori e di pastori transumanti lasciarono le tracce indelebili di culti e di credenze nelle incisioni rupestri raffiguranti animali cornigeri, armi, utensili, uomini (guerrieri, oranti) talora dalle strane sembianze… Tra i graffiti restano del tutto inesplicati quelli a forma di reticolo, simili a campi con partizioni interne o a terrazzamenti: tali disegni sulle rocce, però, risalgono ad un’età preistorica in cui l’agricoltura, in quell’area, era del tutto ignota. Che cosa vollero rappresentare gli artisti del Neolitico e dell’Eneolitico con i reticoli, le linee a zigzag, i cerchi concentrici? Sono simboli? Quando non si sa penetrare l’arcano di mondi scomparsi, si evoca sempre il valore simbolico e sacrale di immagini ed opere, ma il riferimento generico a significati magico-religiosi è una risposta inadeguata.
Uno dei soggetti più strani del Monte Bego è una figura antropomorfa che reca conficcato nella testa un pugnale e sul petto un segno cornuto su una sorta di paramento. La scena potrebbe ritrarre la fine di uno sciamano o di un sacerdote, la conclusione di un rito che imponeva la morte rituale del celebrante.
Non meno enigmatica è la relazione individuata da uno studioso misconosciuto ma valente, Gennaro D’Amato, che si sofferma sulla somiglianza tra alcune glosse liguri e vocaboli maya: come si spiega tale affinità, in due culture tanto distanti nel tempo e nello spazio? (1) La coincidenza, se di semplice coincidenza si tratta, può ricordare la pressoché totale identità tra la scrittura di Mohenjo-Daro, in India, ed i geroglifici denominati rongo-rongo dell’Isola di Pasqua.
Sembra che esista un’origine comune delle genti protostoriche, una sorgente da cui scaturiscono numerosi ruscelli, ma l’archeologia ortodossa ha steso una coltre sul passato del genere umano per impedire che certe verità affiorino e, quantunque i Liguri non siano probabilmente l’arco di volta della storia segreta, a differenza di Sumeri, Egizi, Inca, Maya…, anch’essi nascondono uno scrigno prezioso.
Occorre cercarlo.
(1) Cfr G. D’Amato, Platone e l’Atlantide, Genova, 1988, p. 144
Fonti:
E. Bernardini, Le incisioni rupestri della Valle delle meraviglie La storia, le interpretazioni, la visita, Genova, 2001
C. Conti, Corpus delle incisioni rupestri del Monte Bego, Bordighera, 1972
G. D’Amato, Platone e l’Atlantide, Genova, 1988
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