13 maggio, 2010

Il gigante di Erodoto

Erodoto, in Storie I, 68, ricorda che lo spartiate Lica, su indicazione della Pizia, la sacerdotessa di Apollo, venne a sapere da un fabbro del luogo in Arcadia, dove presumibilmente era stato sepolto Oreste, figlio di Agamennone e matricida. Nella tomba, secondo il racconto dell’artiere, giaceva lo scheletro di un uomo alto sette cubiti, un gigante di circa tre metri! Lo spartiate riferì il tutto ai concittadini che, accusandolo di propalare notizie mendaci, lo espulsero dalla pòlis. La testimonianza di Erodoto è aneddotica e non trova conferma né in altri autori né in ritrovamenti paleontologici in loco, ma si innesta su altre tradizioni che narrano di uomini di altissima statura (dai due metri e mezzo in su). Si possono qui almeno ricordare, a mero titolo esemplificativo, i giganti descritti in alcuni libri della Bibbia e le creature titaniche i cui resti sono stati reperiti in Sardegna. E’ possibile che la stirpe dei Giganti sia appartenuta ad una specie estintasi in epoca lontana, ma storica. Qualche ricercatore collega questa genia ad antenati non terrestri: è forse un volo pindarico. Non di meno, i paleontologi ufficiali hanno recentemente classificato una nuova specie di ominide dalla notevole statura, Homo Goliath… Poi, però, è calato il silenzio. Riporto il passo di cui sopra.

"Con simili riforme gli Spartani ottennero una buona legislazione; alla morte di Licurgo gli dedicarono un santuario che è tuttora molto venerato. Poiché risiedono in un buon territorio e costituiscono una massa non indifferente di uomini, ebbero un rapido sviluppo e conseguirono un notevole grado di prosperità al punto che non si accontentarono più di vivere in pace, ma, presumendo di essere più forti degli Arcadi, consultarono l'oracolo di Delfi sull'Arcadia intera e la Pizia diede loro il seguente responso: “Mi chiedi l'Arcadia? Chiedi molto: non te la concederò. In Arcadia ci sono molti uomini che si nutrono di ghiande i quali vi respingeranno; ma non voglio opporti solo un rifiuto: ti concederò Tegea, battuta dai piedi, per ballare e la sua bella pianura, da misurare con la fune. Appresa la risposta, gli Spartani si tennero lontani da tutti gli altri Arcadi, ma intrapresero una spedizione militare contro Tegea; e avevano tanta fiducia nell'ambiguo responso che portarono con sé anche le catene, per essere pronti a rendere schiavi i Tegeati. Quando, però, furono sconfitti nella battaglia, quanti di loro rimasero prigionieri furono costretti a lavorare la terra della pianura di Tegea dopo aver misurato con la fune la parte spettante a ciascuno ed incatenati con gli stessi ceppi che si erano portati dietro. […]

Durante questo primo conflitto, gli Spartani continuarono ad avere la peggio negli scontri contro i Tegeati, ma al tempo di Creso e del regno spartano di Anassandride e di Aristone, gli Spartiati ormai avevano acquistato una sicura superiorità bellica ed ecco come. Visto che in guerra risultavano sempre inferiori ai Tegeati, inviarono a Delfi una delegazione a chiedere quale dio dovessero propiziarsi per prevalere nella guerra contro Tegea. La Pizia rispose che ci sarebbero riusciti, quando avessero traslato nella loro città le ossa di Oreste, figlio di Agamennone. Poiché, però, non erano capaci di scoprire il luogo in cui Oreste era stato seppellito, mandarono di nuovo a chiedere al dio dove esattamente giacesse Oreste. Agli inviati la Pizia diede la seguente risposta: 'In Arcadia c'è una città, Tegea, in una aperta regione dove soffiano due venti sotto dura costrizione, dove c'è colpo e ciò che respinge il colpo, dove male giace su male, lì la terra, generatrice di vita, racchiude il figlio di Agamennone. Quando lo avrai con te, sarai signore di Tegea'. Anche dopo aver ricevuto questa risposta, gli Spartani non riuscivano affatto a scoprire il luogo in questione, pur cercandolo in ogni dove, finché lo trovò un certo Lica. […]

Lica, grazie ad un colpo di fortuna e alla sua intelligenza, trovò a Tegea la tomba di Oreste. Esistevano allora libere relazioni fra Sparta e Tegea; Lica, entrato in una fucina, se ne stava ad osservare ammirato la lavorazione del ferro. Il fabbro si accorse del suo stupore e, interrompendo il proprio lavoro, gli disse: 'Ospite spartano, sono sicuro che rimarresti a bocca aperta, se vedessi quello che ho visto io, dal momento che guardi con tanta meraviglia battere il ferro. Devi sapere che io volevo costruire un pozzo nel mio cortile e scavando ho urtato in una bara lunga sette cubiti. Non potendo credere che fossero mai esistiti uomini più alti degli attuali, la scoperchiai e vidi un cadavere lungo quanto la bara. Lo misurai e lo seppellii di nuovo'. Il fabbro gli raccontava quanto aveva visto e Lica riflettendoci ne arguì che quel morto fosse Oreste; lo deduceva dal testo dell'oracolo, interpretato così: nei due mantici del fabbro, che aveva sott'occhio, riconobbe i venti, nel martello e nell'incudine il colpo e ciò che respinge il colpo, nel ferro battuto il male che giace sul male, interpretando in base al principio che il ferro sia stato scoperto per il male dell'uomo. Avendo compreso l'enigma, fece ritorno a Sparta e riferì ai suoi concittadini come stavano le cose. Essi lo accusarono di propagazione di notizie false e lo bandirono dalla città. Lica tornò a Tegea e, narrando al fabbro quanto gli era accaduto cercò, ma senza successo, di prendere in affitto da lui quel cortile. Col tempo, riuscì a convincerlo e vi si poté installare; allora disseppellì la bara, raccolse le ossa di Oreste e con esse rientrò a Sparta. E da quel momento, ogni volta che avevano luogo degli scontri con i Tegeati, gli Spartani avevano sempre la meglio".


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APOCALISSI ALIENE: il libro

2 commenti:

  1. Vi mando un video interessante eseguito in Sardegna:

    http://vids.myspace.com/index.cfm?fuseaction=vids.individual&videoid=102581899

    Buona visione, wlady

    RispondiElimina
  2. Grazie della segnlazione, Wlady.

    Ciao

    RispondiElimina

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