Ogni numero è una cifra.
Nel racconto "La casa di Asterione" J. L. Borges fotografa la condizione umana. Asterione, il Minotauro nato da un perverso connubio tra Pasife, regina di Cnosso, ed un toro, si aggira nel labirinto costruito da Dedalo: dilaniato dall'angoscia e dalla solitudine, egli aspetta il redentore. Il testo, con i meandri riflessivi in cui si perde il protagonista, rispecchia le circonvoluzioni cerebrali, le spire delle galassie, gli attorcigliamenti del pensiero. Non è forse il cosmo un immenso dedalo, come l'io che lo concepisce e lo percepisce?
Veramente, come scrisse Galilei, "l'universo è scritto in caratteri matematici": infatti è una vertigine di numeri che popolano le regioni astratte della mente. Insiemi infiniti di cifre si intersecano ad altri insiemi incommensurabili.
"Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo."... "Non compresi finché una visione notturna mi rivelò che anche i mari ed i templi sono infiniti".
La solitudine è il vagabondaggio in un mondo senza centro, le cui direzioni non portano in nessuna direzione: l'universo è una babele di simboli e di corridoi. La prigionia non è nei muri, nelle porte serrate, ma nell'infinità delle porte, degli aditi affacciati sul nulla. "Tutto esiste molte volte, infinite volte". Gli eoni si ripetono in un "eterno ritorno" di nascite e morti, di distruzioni e palingenesi, di risposte che partoriscono solo nuove domande.
"Soltanto due cose al mondo sembrano esistere una sola volta: in alto l'intricato sole: in basso Asterione. Forse fui io a creare le stelle ed il sole e questa enorme casa." Forse è l'io ad aver creato il tutto, ombra di un sogno perenne. Ecco: niente esiste, al di fuori di questo piccolo, gigantesco io che ha creato, nel suo ebbro delirio, gli astri e lo smisurato carcere della mente.
Il cosmo evocato dal narratore argentino nel suo abissale racconto è un incubo gnostico, nel cui cuore è annidato un dio febbricitante.
Quale può essere la via d'uscita da questa cella senza sbarre?
"Il sole brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.
'Lo crederesti, Arianna? - disse Teseo - 'Il Minotauro non s'è quasi difeso".
Come Asterione, anche noi attendiamo il redentore che "un giorno sorgerà dalla polvere".
Nel racconto "La casa di Asterione" J. L. Borges fotografa la condizione umana. Asterione, il Minotauro nato da un perverso connubio tra Pasife, regina di Cnosso, ed un toro, si aggira nel labirinto costruito da Dedalo: dilaniato dall'angoscia e dalla solitudine, egli aspetta il redentore. Il testo, con i meandri riflessivi in cui si perde il protagonista, rispecchia le circonvoluzioni cerebrali, le spire delle galassie, gli attorcigliamenti del pensiero. Non è forse il cosmo un immenso dedalo, come l'io che lo concepisce e lo percepisce?
Veramente, come scrisse Galilei, "l'universo è scritto in caratteri matematici": infatti è una vertigine di numeri che popolano le regioni astratte della mente. Insiemi infiniti di cifre si intersecano ad altri insiemi incommensurabili.
"Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo."... "Non compresi finché una visione notturna mi rivelò che anche i mari ed i templi sono infiniti".
La solitudine è il vagabondaggio in un mondo senza centro, le cui direzioni non portano in nessuna direzione: l'universo è una babele di simboli e di corridoi. La prigionia non è nei muri, nelle porte serrate, ma nell'infinità delle porte, degli aditi affacciati sul nulla. "Tutto esiste molte volte, infinite volte". Gli eoni si ripetono in un "eterno ritorno" di nascite e morti, di distruzioni e palingenesi, di risposte che partoriscono solo nuove domande.
"Soltanto due cose al mondo sembrano esistere una sola volta: in alto l'intricato sole: in basso Asterione. Forse fui io a creare le stelle ed il sole e questa enorme casa." Forse è l'io ad aver creato il tutto, ombra di un sogno perenne. Ecco: niente esiste, al di fuori di questo piccolo, gigantesco io che ha creato, nel suo ebbro delirio, gli astri e lo smisurato carcere della mente.
Il cosmo evocato dal narratore argentino nel suo abissale racconto è un incubo gnostico, nel cui cuore è annidato un dio febbricitante.
Quale può essere la via d'uscita da questa cella senza sbarre?
"Il sole brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.
'Lo crederesti, Arianna? - disse Teseo - 'Il Minotauro non s'è quasi difeso".
Come Asterione, anche noi attendiamo il redentore che "un giorno sorgerà dalla polvere".
Il viaggio dentro la mente umana sfugge ad ogni spiegazione.
RispondiEliminaCi ha ha provato Platone postulando un'esistenza autonoma, Aristotele invece asseriva che la mente umana è riconoscibile attraverso la coscienza.
Il Buddismo la spiega in modo mistico, una sorta di ponte tra parte eterna e parte mortale.
L'interpretazione dei tempi nostri invece relega la mente solo a "Neuroni e Sinapsi".
E' la mente un carcere, non a vita, ma perpetuo, quale dio può aver creato una tortura così imperitura?
wlady
Sì, quale dio può aver creato quest'incubo? Possiamo solo sperare che un giorno finisca, in un modo o in un altro.
RispondiEliminaCiao e grazie.
Zret
Si vive in un carcere dal quale appare impossibile ogni via d'uscita. E la condanna dura, dura per un tempo indeterminato.
RispondiEliminaA volte vien da pensare che non se ne esce poichè non si risulta idonei per uscirne.
Credo non esista altra spiegazione. La propria estinzione fisica, a questo punto, non dovrebbe poi sembrare quel gran male ovvero non la si dovrebbe paventare come il male supremo.
E se solo allora si schiudesse un'esistenza più vera e la coscienza cominciasse a subire quelle metamorfosi su cui fantastichiamo da tempo immemorabile?
Paolo, hai proprio distillato il succo del racconto scritto da Borges. Che cosa significa estinzione? Dissolversi nel nulla o passare ad uno stato di esistenza migliore? Non possiamo saperlo, anche se si continua a porre le domande alla Sfinge.
RispondiEliminaCiao e grazie.
Forse ne usciremo solo quando comprenderemo che il labirinto lo abbiamo creato da soli e solo noi ne conosciamo la pianta. Ma lo abbiamo dimenticato.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Ciao Giuseppe, potrebbe anche essere che siamo stati noi a creare il labirinto: da questo dubbio è sfiorato Asterione. Per uscire dal dedalo occorre il filo di Arianna che Jung, se non erro, considerava simbolo di Animus-Anima.
RispondiEliminaCiao e grazie.