Anche per il pensiero c’è un tempo per arare ed un tempo per mietere. (L. Wittgenstein)
Per chi si scrive? A chi ci si rivolge quando si elabora un articolo, si produce un video e via discorrendo? Senza dubbio i destinatari non sono i negazionisti la cui manifesta incapacità li colloca molto al di sotto dei sub-uomini.
Si ha sovente l’impressione che molti messaggi siano destinati ad essere captati ed intesi da una cerchia, un’aristocrazia che non riesce a varcare il confine della propria superiorità intellettuale, anche se forse è un cenacolo che impercettibilmente si allarga. La sfida all’establishment è agone contro l’ignoranza, poiché il sistema è ignoranza eretta a sistema. Si capisce allora quanto sia arduo non tanto educare, ma almeno informare un’opinione pubblica purtroppo plagiata.
Le carenze culturali si traducono in inettitudine, in remissività nei confronti del potere. Questo vale specialmente per gli Italiani inclini a lamentarsi, ma quanto mai recalcitranti ad agire, anche quando è intaccato ed attaccato il loro orticello.
Per chi si scrive dunque? Un po’ come Nietzsche per tutti e per nessuno. La vera élite si prefigge di spronare a porsi delle domande, ad individuare delle possibili risoluzioni: non vuole e non può offrire risposte apodittiche né strategie decisive, perché verrebbe meno al suo ruolo di coscienza critica.
Bisognerebbe anche che ciascuno smettesse di cercare, dimostrando un contegno puerile, una guida umana cui delegare sia l’azione sia – ed è più grave – il pensiero: occorre reperire in primo luogo le risorse necessarie alla comprensione della realtà in sé stessi, soprattutto per essere sé stessi.
Per chi si scrive? A chi ci si rivolge quando si elabora un articolo, si produce un video e via discorrendo? Senza dubbio i destinatari non sono i negazionisti la cui manifesta incapacità li colloca molto al di sotto dei sub-uomini.
Si ha sovente l’impressione che molti messaggi siano destinati ad essere captati ed intesi da una cerchia, un’aristocrazia che non riesce a varcare il confine della propria superiorità intellettuale, anche se forse è un cenacolo che impercettibilmente si allarga. La sfida all’establishment è agone contro l’ignoranza, poiché il sistema è ignoranza eretta a sistema. Si capisce allora quanto sia arduo non tanto educare, ma almeno informare un’opinione pubblica purtroppo plagiata.
Le carenze culturali si traducono in inettitudine, in remissività nei confronti del potere. Questo vale specialmente per gli Italiani inclini a lamentarsi, ma quanto mai recalcitranti ad agire, anche quando è intaccato ed attaccato il loro orticello.
Per chi si scrive dunque? Un po’ come Nietzsche per tutti e per nessuno. La vera élite si prefigge di spronare a porsi delle domande, ad individuare delle possibili risoluzioni: non vuole e non può offrire risposte apodittiche né strategie decisive, perché verrebbe meno al suo ruolo di coscienza critica.
Bisognerebbe anche che ciascuno smettesse di cercare, dimostrando un contegno puerile, una guida umana cui delegare sia l’azione sia – ed è più grave – il pensiero: occorre reperire in primo luogo le risorse necessarie alla comprensione della realtà in sé stessi, soprattutto per essere sé stessi.
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