Succede all'improvviso. Un ricordo che credevamo estinto ci assale, scaraventandoci per qualche istante nel baratro spaventoso del passato. E' come se da un mucchio di ceneri ormai spente da tempo e fredde, divampasse subitanea una fiammella. Agostino scrisse pagine memorabili sul mistero della memoria nelle Confessioni. Come lui, restiamo incantati dalla straordinario prodigio della rievocazione, ma ci chiediamo anche per quale motivo un banale episodio riaffiori, dopo aver percorso gli ignoti meandri della reminiscenza, laddove esperienze che credevamo significative restano sepolte sotto spessi strati di oblio.
La memoria pare ignorare l'equilibrio: ora è ridondante sino all'ossessività, ora si sbriciola o addirittura scompare. Talvolta invade tutti gli spazi come un’immensa onda di marea, talora si ritira a guisa della risacca, trascinando con sé i ciottoli di mille sensazioni e volti che vorremmo rimanessero con noi.
Accade anche che la memoria travalichi i confini sensoriali: un colore risveglia un suono, una fragranza ridesta una parola perduta. La memoria è sinestesia, compresenza di orizzonti percettivi. Con un balzo improvviso un rumore può tradursi in un pulviscolo di note, nell'ouverture di una melodia che non ascoltavamo da anni.
I ricordi sembrano quelle stelle sperdute nel silenzio abissale degli spazi che di colpo tralucono nella notte: scintillano, ammiccando affini ad occhi lucenti, poi si chiudono coperti da veli di tenebra. Grani di un rosario legati da un filo invisibile, definiscono l’identità attraverso la successione illusoria del tempo.
Le memorie ci colpiscono a tradimento: impietose riaprono antiche cicatrici, rinnovano dolori ancestrali e lancinanti; oppure provvide ci consegnano ("tradire" deriva da “tradere” che significa "consegnare") pietre preziose estruse dalle rocce. Questi zaffiri rischiarano, con il loro bagliore puro e levigato, il buio finale.
La memoria pare ignorare l'equilibrio: ora è ridondante sino all'ossessività, ora si sbriciola o addirittura scompare. Talvolta invade tutti gli spazi come un’immensa onda di marea, talora si ritira a guisa della risacca, trascinando con sé i ciottoli di mille sensazioni e volti che vorremmo rimanessero con noi.
Accade anche che la memoria travalichi i confini sensoriali: un colore risveglia un suono, una fragranza ridesta una parola perduta. La memoria è sinestesia, compresenza di orizzonti percettivi. Con un balzo improvviso un rumore può tradursi in un pulviscolo di note, nell'ouverture di una melodia che non ascoltavamo da anni.
I ricordi sembrano quelle stelle sperdute nel silenzio abissale degli spazi che di colpo tralucono nella notte: scintillano, ammiccando affini ad occhi lucenti, poi si chiudono coperti da veli di tenebra. Grani di un rosario legati da un filo invisibile, definiscono l’identità attraverso la successione illusoria del tempo.
Le memorie ci colpiscono a tradimento: impietose riaprono antiche cicatrici, rinnovano dolori ancestrali e lancinanti; oppure provvide ci consegnano ("tradire" deriva da “tradere” che significa "consegnare") pietre preziose estruse dalle rocce. Questi zaffiri rischiarano, con il loro bagliore puro e levigato, il buio finale.
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Bisognerebbe imparare a controllare le emozioni. Non bisogna pansare né al passato né al futuro, ma bisogna tenere la mente sul presente.
RispondiEliminaBisognerebbe distaccarsi dai ricordi passati e se ritornano considerarli come estranei, come se appartenessero ad un'altra persona.
Non credo si tratti di controllare, ma di sublimare. Sublimazione è termine alchemico ed anche la memoria è alchimia. I nostri ricordi sono noi.
RispondiEliminaCiao
sto rivedendo il mio modo di vivere
RispondiEliminaquesto post è una delle tante conferme
L'oblio, invece della memoria; il non essere, invece dell'essere... Sarebbe bello.
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