Alcune riflessioni di un profano
Se rileggiamo il proemio degli Ab Urbe condita libri di Livio ci accorgiamo dell'abisso che separa la storiografia romana dagli studi attuali, anzi notiamo come l'indagine del passato si sia ormai corrotta in modo irreversibile, ma il taglio moralistico, forse adatto a descrivere la decadenza di Roma denunciata da Livio, è per lo più inidoneo oggi anche solo per evocare le turpitudini e le violenze che insanguinano l'ultima era. Eppure molti "storici" contemporanei continuano a deplorare la cupidigia e la corruzione, ritenendole mali assoluti. Non che non siano tare, ma si dimentica la vera natura del sixtema.
Si è che molti di questi "scrittori" sono "giornalisti" (si pensi ad Enzo Biagi o a Giampaolo Pansa o allo stesso Indro Montanelli, pur un po’ più intelligente di tanti altri) ed il giornalismo è la cassa di risonanza del potere, anche se si atteggia a critica di una parte o di un partito, ostentando coraggio ed indignazione. Travaglio è l’incarnazione di questo falso dissenso, ad uso e consumo della massa frustrata. Il giornalismo frantuma gli eventi, pure quelli drammatici e cruciali, nel brusio della cronaca: i "fatti" si logorano presto come monete di vile metallo ed occorre sempre sostituirli con nuovi, per lo più inventati o distorti, mentre gli avvenimenti degni di nota sono ignorati o relegati su un fondo grigio ed indistinto. L’opinione pubblica deve essere costantemente atterrita, manipolata e blandita, affinché esegua gli ordini dei potenti, convinta di agire motu proprio.
I media non sono il quarto potere, ma il primo: la guerra in Afghanistan è un bollettino di stragi, di attacchi, di crimini, ma di quel teatro di guerra non si vedono immagini oppure ci vengono proposti sevizi edulcorati di intrepidi militari che "difendono" la gente dai cattivi Taliban. Questi malvagi studenti islamici sono fantomatici e dubitiamo che, dopo il micidiale e subitaneo attacco sferrato nel 2001, ne sopravvivano ancora tanti o che siano così bellicosi, addestrati e sicuri nei loro nascondigli, tra gole e grotte, da costituire una minaccia per le truppe di occupazione. E' una guerra mediatica finta, se si escludono i morti e le carneficine reali tra la popolazione civile, schiacciata dai calcagni di demoni nelle sembianze di costruttori di ponti e di pace.
Il criterio dell'oggettività e l'intento di narrare gli accadimenti sine ira et studio sono oggi obsoleti: neppure per un istante gli estensori odierni sono sfiorati dall'idea che l'investigazione debba, per quanto possibile, adottare un metodo imperniato sulla collazione delle fonti e sulla ricerca della verità. La partigianeria, la faziosità sono regole auree ed il più vergognoso servilismo nei confronti delle élites, che disgusta un lettore provveduto sin dalle prime righe, è l'ingrediente di dotte ed approfondite analisi: si pensi ad Umberto Ego in cui la storia è pervertita in una pseudo-sociologia.
A distanza di quasi sessant'anni la ricostruzione veridica sull'attacco a Pearl Harbor è confinata in pochi, sparuti articoli di studiosi della storia vera, denigrati e diffamati con epiteti ingiuriosi. Il resto è propaganda o piatta, acritica ripetizione delle versioni ufficiali. Anche la storiografia antica era incrinata da pregiudizi ideologici o da scopi laudativi, ma almeno nei suoi più insigni rappresentanti, manifestava un respiro ed una presa sul reale che la "ricerca" odierna ha smarrito, incapace sia di cogliere i nessi sia di esplorare moventi e fini.
E' pur vero che oggi lo sguardo dovrebbe spingersi in recessi oscuri, in voragini spaventevoli quali forse mai la storia umana conobbe. Quale storiografo, però, sarebbe disposto a riconoscere la natura non solo lurida e spregiudicata del potere, ma la sua essenza letteralmente satanica?
Se rileggiamo il proemio degli Ab Urbe condita libri di Livio ci accorgiamo dell'abisso che separa la storiografia romana dagli studi attuali, anzi notiamo come l'indagine del passato si sia ormai corrotta in modo irreversibile, ma il taglio moralistico, forse adatto a descrivere la decadenza di Roma denunciata da Livio, è per lo più inidoneo oggi anche solo per evocare le turpitudini e le violenze che insanguinano l'ultima era. Eppure molti "storici" contemporanei continuano a deplorare la cupidigia e la corruzione, ritenendole mali assoluti. Non che non siano tare, ma si dimentica la vera natura del sixtema.
Si è che molti di questi "scrittori" sono "giornalisti" (si pensi ad Enzo Biagi o a Giampaolo Pansa o allo stesso Indro Montanelli, pur un po’ più intelligente di tanti altri) ed il giornalismo è la cassa di risonanza del potere, anche se si atteggia a critica di una parte o di un partito, ostentando coraggio ed indignazione. Travaglio è l’incarnazione di questo falso dissenso, ad uso e consumo della massa frustrata. Il giornalismo frantuma gli eventi, pure quelli drammatici e cruciali, nel brusio della cronaca: i "fatti" si logorano presto come monete di vile metallo ed occorre sempre sostituirli con nuovi, per lo più inventati o distorti, mentre gli avvenimenti degni di nota sono ignorati o relegati su un fondo grigio ed indistinto. L’opinione pubblica deve essere costantemente atterrita, manipolata e blandita, affinché esegua gli ordini dei potenti, convinta di agire motu proprio.
I media non sono il quarto potere, ma il primo: la guerra in Afghanistan è un bollettino di stragi, di attacchi, di crimini, ma di quel teatro di guerra non si vedono immagini oppure ci vengono proposti sevizi edulcorati di intrepidi militari che "difendono" la gente dai cattivi Taliban. Questi malvagi studenti islamici sono fantomatici e dubitiamo che, dopo il micidiale e subitaneo attacco sferrato nel 2001, ne sopravvivano ancora tanti o che siano così bellicosi, addestrati e sicuri nei loro nascondigli, tra gole e grotte, da costituire una minaccia per le truppe di occupazione. E' una guerra mediatica finta, se si escludono i morti e le carneficine reali tra la popolazione civile, schiacciata dai calcagni di demoni nelle sembianze di costruttori di ponti e di pace.
Il criterio dell'oggettività e l'intento di narrare gli accadimenti sine ira et studio sono oggi obsoleti: neppure per un istante gli estensori odierni sono sfiorati dall'idea che l'investigazione debba, per quanto possibile, adottare un metodo imperniato sulla collazione delle fonti e sulla ricerca della verità. La partigianeria, la faziosità sono regole auree ed il più vergognoso servilismo nei confronti delle élites, che disgusta un lettore provveduto sin dalle prime righe, è l'ingrediente di dotte ed approfondite analisi: si pensi ad Umberto Ego in cui la storia è pervertita in una pseudo-sociologia.
A distanza di quasi sessant'anni la ricostruzione veridica sull'attacco a Pearl Harbor è confinata in pochi, sparuti articoli di studiosi della storia vera, denigrati e diffamati con epiteti ingiuriosi. Il resto è propaganda o piatta, acritica ripetizione delle versioni ufficiali. Anche la storiografia antica era incrinata da pregiudizi ideologici o da scopi laudativi, ma almeno nei suoi più insigni rappresentanti, manifestava un respiro ed una presa sul reale che la "ricerca" odierna ha smarrito, incapace sia di cogliere i nessi sia di esplorare moventi e fini.
E' pur vero che oggi lo sguardo dovrebbe spingersi in recessi oscuri, in voragini spaventevoli quali forse mai la storia umana conobbe. Quale storiografo, però, sarebbe disposto a riconoscere la natura non solo lurida e spregiudicata del potere, ma la sua essenza letteralmente satanica?
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molto bello, grazie
RispondiEliminaGrazie a te, Duffy.
RispondiEliminaLa verità storica è subordinata ai vincitori, alle documentazioni selezionate, alle ragioni del più forte. Comunque quand'anche fosse svincolata dai lacci del potere - rarissimo - la storia è interpretazione di fatti ed esclusione di alcuni altri. Dietro le quinte operano indisturbati arconti, da millenni influenzano masse e regnanti, spesso indisturbati, quasi sempre venerati. Chi cerca l'illuminazione ha qualche possibilità, residuale, di vincere l'oscura regia. Pochi nel corso dei secoli hanno avuto l'ardire di gridare al mondo la verità: siamo proprietà altrui. E sempre pochi si sono riscattati dalla servitù.
RispondiEliminaAllora è vero che si trattava di un virus legato al tuo blog. Grazie per averlo tolto. Qualcuno ti aveva fatto un regalo tramite il link 'lettori fissi'.
RispondiEliminaCiao. Con ammirazione, Paolo
Paolo, non mi risultano malwares su questo blog.
RispondiEliminaPaolo, non so che cosa possa essere accaduto. Comunque grazie della segnalazione e della fedeltà.
RispondiEliminaCiao
Angelo, la storia è stata quasi sempre scritta dai vincitori, ma anche la "scienza" è scritta e riscritta da chi agisce dietro oscure quinte.
RispondiEliminaCiao e grazie.
In realtà la storia non esiste, noi viviamo dentro un mondo virtuale e le nostre nozioni sono inserite inq uesto programma
RispondiEliminaTarkin, la storia possiede un suo statuto? Essendo basata sull'indagine delle cause, tale statuto, se esiste, è assai fragile (si veda Hume).
RispondiEliminaE' pur vero che il cosmo è un ologramma (tempo fa lo definii oloprogramma), generato da chi e perché non si sa. Scrissi anche, visto quanto è manchevole, che l'ideale sarebbe distruggerlo... sì, a volte, sono nichilista.
Se ne potrebbe generare un altro migliore?
Ciao