31 gennaio, 2010

The Saturn connection

Nell'articolo intitolato "Il pianeta abitato vicino alla Terra", Paul Stonehil e Philip Mantle indugiano sulla biografia e sulla figura del noto cosmonauta sovietico Pavel Popovich (1930-2009), raccogliendo informazioni di tipo ufologico ed esobiologico.

Nello studio si legge: "Nell'agosto 2006, Popovich concesse un'intervista a Bil'var Gordona, una pubblicazione ucraina. Diversamente da altri cosmonauti che eludevano la domanda, quando gli venne chiesto se l'umanità fosse l'unica forma di vita intelligente nell'universo, egli rispose che, anni prima, Konstantin Tsiolkowsky aveva affermato che non siamo soli... Konstantin Tsiolkowsky era un visionario, filosofo e pioniere dell'Astronautica, affascinato dagli avvistamenti U.F.O. [...] Poi il cosmonauta raccontò una leggenda all'intervistatore. Molto tempo fa, esisteva un pianeta gigante vicino alla Terra, più grande di Saturno, abitato da una civiltà avanzatissima. Alcuni autori di fantascienza chiamano il pianeta Phaeton, altri Moonah. I suoi abitanti sfruttavano l'energia nucleare ed usavano il nostro pianeta come area di test: di conseguenza sul pianeta occorse un'esplosione con tragiche conseguenze. [...] Un frammento di Moonah si staccò e venne catturato dalla Terra, per diventare la nostra Luna. L'onda d'urto determinò l'inclinazione dell'asse terrestre, provocando delle inondazioni. Moonah si spostò verso lo spazio esterno, ma proprio all'ultimo momento decelerò e la sua civiltà non perì. Popovich aggiunse che aveva letto di calcoli scientifici riguardanti un pianeta gigante al confine del sistema solare, invisibile a causa della distanza. L'astronauta rivelò anche che gli abitanti di Phaeton probabilmente visitano la Terra di tanto in tanto. La loro base più vicina si trova nell'area di Saturno e possiedono tre installazioni sulla Terra: una è ubicata nelle Ande, un'altra nei fondali dell'Oceano Indiano ed una terza nell'Himalaya." Popovich ricorda che numerosi sono gli avvistamenti per opera degli equipaggi delle navi di oggetti infuocati che emergono dall'acqua o vi si tuffano.

I riferimenti del militare russo evocano antichi miti, come quelli sumerici e greco-latini (Ovidio), su collisioni di pianeti e cataclismi all'interno del sistema solare, eventi che furono studiati per primo da Immanuel Velikovsky. La leggenda riferita è la trasfigurazione di avvenimenti ancestrali cristallizzati in simboli di potente suggestione. Il pensiero corre anche al fantomatico Nibiru su cui qui non mi soffermo, poiché tema già sviscerato in un ampio articolo, quantunque non recente e quindi non aggiornato. L'aspetto notevole delle dichiarazioni sopra riportate è, però, un altro ed acquisisce un sinistro valore, alla luce di altre acquisizioni ed ipotesi. Nell'ambito dell'Ufologia, infatti, bisogna incrociare i dati, alla ricerca di sovrapposizioni, addentellati, nessi: così, di sfuggita e, per così dire, in modo obliquo, Popovich prospetta un inquietante scenario, su cui campeggia Saturno. Quasi sicuramente all'oscuro sia delle indagini condotte da Giuseppe Macaluso sia delle ricerche compiute da Angelo Ciccarella, il cosmonauta individua nel Signore degli anelli il corpo celeste su cui si troverebbe un avamposto appartenente ad una razza stellare.

L'esistenza di installazioni extraterrestri, occultate in regioni impervie o sottomarine, è poi confermata da altre fonti. Si colleghino questi sparsi, ma significativi indizi agli eventi che hanno costellato e punteggiano questi ultimi lustri, in una climax che tende la già parossistica situazione internazionale. Si provi a leggere in filigrana il contesto geo-politico con i disastri innaturali, la militarizzazione del pianeta, la creazione forse di un ambiente adatto agli invasori, le distorsioni cronotopiche (bang?)... e si delineerà un quadro di inverosimile, sulfureo realismo.

L'Armata delle tenebre avanza inavvertita trai gelidi meandri di spazi siderali.

Fonti:

A. Ciccarella, Il varco tra i mondi, in X Times, n. 10 agosto 2009
Id., Il regno di Saturno, ibid., n.13 novembre 2009
T. Good, Base Terra, Milano, 1988, passim
G. Macaluso, I dischi volanti, l'Atlantide e l'Egitto, Roma, 1967
P. Stonehil, P. Mantle, Il pianeta abitato vicino alla Terra, in X Times, n. 15 gennaio 2010


APOCALISSI ALIENE: il libro

29 gennaio, 2010

Resistenza

E' incredibile quanto sia tenace la resistenza ad acquisire nuovi paradigmi di ragionamento anche nelle persone che ormai conoscono le mille insidie e menzogne del sistema. Ancora molti non hanno compreso quanto sia precaria la condizione attuale e non riescono a concepire un mondo radicalmente diverso da quello in cui viviamo oggi. Stiamo assistendo ad una lenta, ma irreversibile metamorfosi dell'esistenza, ad un cambiamento antropologico, dopo aver accettato l'intrusione della tecnologia e del potere più osceno nella sfera privata. Le telecamere della video-sorveglianza non solo soltanto strumenti che spiano i cittadini, ma occhi di un Gerione minaccioso. Eppure, talvolta, anche tra i desti si evoca lo spettro della paura esterna, ricadendo in logori ed errati schemi di giudizio. Ancora si crede che il denaro possieda un valore intrinseco, che i “politici” contino qualcosa e così via.

La resistenza più pervicace è nell'incapacità di figurarsi una società "medievale", senza più gli agi dell'età contemporanea, ma anche priva delle risorse materiali, strumentali ed etiche del Medioevo. Sarà un salto nel buio, soprattutto per le nuove generazioni e per i popoli occidentali, inetti di fronte a situazioni impreviste ed ardue.

E' inevitabile: decenni di consumismo e di materialismo hanno radicato una forma mentis difficile da estirpare. Ben più preoccupante, però, di queste abitudini inveterate che hanno creato una società di inabili, dipendenti in toto dal sistema, è il solco che è stato scavato tra gli uomini e la natura, tra l'uomo ed i suoi simili sicché gli individui sono ridotti a monadi impazzite. Regna il disorientamento e sovente si cerca un punto fermo purchessia. Ecco perché, oggi giorno, i pifferai tragici riescono ad incantare le masse con tanta facilità.

Forse coloro che, in questi ultimi anni, pur non avendo preso le necessarie precauzioni, hanno cominciato ad immaginare l'inimmaginabile, grazie a folgoranti squarci sul futuro, avranno una possibilità di non perdere il senno, conservando un briciolo di umanità, ma gli altri, presi alla sprovvista, saranno sballottati dagli eventi, a guisa dell’equipaggio di una nave travolta e squassata da una violenta burrasca. Costoro sono i creduloni, quelli che si abbeverano alle fonti avvelenate dell'"informazione" ufficiale: essi, al cospetto di incombenti scie, preferiscono stornare lo sguardo altrove. Oggi sono simili ai porcellini di Sant'Antonio che, immobilizzandosi, si arrotolano su sé stessi, di fronte ad un pericolo reale o presunto; domani saranno implacabilmente schiacciati.

Gli altri, la minoranza degli accorti, resteranno a guardare gli avvenimenti, mentre imploderanno in catastrofi, non dalla finestra di un confortevole appartamento, bensì dalle impannate di un tugurio.


APOCALISSI ALIENE: il libro

27 gennaio, 2010

Ai confini del linguaggio

Che cos'è il linguaggio? Esiste qualcosa oltre il linguaggio? Sono questioni ardue, giacché bisognose di presupposti saldi attraverso definizioni rigorose; occorrerebbe anche distinguere tra linguaggio e lingua. La lingua è contraddistinta da una doppia articolazione (il significante, ossia la struttura del segno, nella lingua, può essere scisso ulteriormente, laddove nel linguaggio il suono non può essere ulteriormente scomposto).

Tralasciando aspetti complessi, proviamo ad accennare alla natura del linguaggio nel mondo contemporaneo, in cui, come osserva Angelo Ciccarella, "la realtà è stata rimpiazzata dalla relazione". Infatti le parole, con la loro forza di simbolizzazione, tendono a sostituire le azioni, i sentimenti, le sensazioni ed i referenti. Si crea in questo modo una frattura tra l'uomo e le cose, tra uomo ed uomo, divenuti inter-locutori. Si può dunque almeno in parte condividere il pensiero di Hagege che annota: "La lingua è una delle manifestazioni più alte e, al tempo stesso, più banalmente quotidiane della cultura".

Credo che sia fondamentale una distinzione che si inarca in una dicotomia: da un lato assistiamo alla strutturazione di un linguaggio sempre più invadente, basato sul codice binario, su bit, su impulsi; dall'altro si staglia in lontananza, simile ad un tremulo miraggio balenante all'orizzonte, il linguaggio vero che, superando le transazioni comunicative, gli usi strumentali, mira a rasentare l'essere. Heidegger, in alcune sue elucubrazioni talora (volutamente) oscure ma a volte profonde allude a questo tipo di logos. Nel testo In cammino verso il linguaggio il filosofo tedesco scrive: "Ma dove il linguaggio, come il linguaggio si fa parola? Pare strano, ma là dove noi non troviamo la giusta parola per qualche cosa che ci tocca, che ci trascina, ci tormenta e ci entusiasma. Allora lasciamo nell'inespresso quello che intendiamo e, senza che ce ne rendiamo conto, viviamo attimi in cui il linguaggio, proprio il linguaggio ci sfiora di lontano e fuggevolmente con la sua essenza."

Quindi ciò che giace nel non detto, nel detto a fior di labbra, nel detto ma in modo provvidenzialmente approssimativo è capace di evocare l'essenza ed è qui evidente che l'essenza, come la parola, è imparentata con il silenzio. In principio era il Logos? In principio era il silenzio, il non manifesto di cui il Logos è il palesamento primo. Il valore mistico, quasi spirituale che Heidegger tende ad attribuire alla voce è agli antipodi della parola standardizzata e sclerotica della "cultura" odierna. E' la parola sacra dei profeti, la metafora (trascendimento) degli artisti, ad alludere, ad illimpidire il senso, a riflettere l'essere come uno specchio. Essa è insofferente della logica e delle corrispondenze biunivoche tra segno e denotatum (l'oggetto), tra significante e significato, tra locutore e funzione. Non è il linguaggio che disegna una mappa del territorio per sostituirlo con la rappresentazione. E' questo, ad esempio, il linguaggio della scienza che, una volta elaborata una formula plausibile e sovente effimera, vi incastra a forza il reale con tutte le sue sfaccettature e contraddizioni.

Certo, qui ci si deve chiedere che cosa sia il reale e se sia possibile conoscerne qualche frammento, al di fuori del linguaggio, per quanto convenzionale (?) ed impreciso. Ci domandiamo se l'essenza stessa dell'essere sia linguistica, ossia costruita su rapporti per così dire alfanumerici. E' evidente che i fenomeni sono di tale indole, ma non sappiamo se lo sia anche il noumeno. E' probabile che, oltre le apparenze, si occulti un essere la cui natura sfugge a qualsiasi categorizzazione.

Dunque si potrebbe concludere un discorso, che aborre da qualsivoglia conclusione, con una frase di Federigo Tozzi, trasferendola, con un po' di audacia, dall'ambito psicologico-intimista in cui sbocciò ad una sfera ontologica: "Vi è in noi sempre un mondo che sembra destinato al silenzio ed è forse il migliore ed il più significativo."



APOCALISSI ALIENE: il libro

25 gennaio, 2010

Equlibrium

“Equilibrium” è un film del 2002 scritto e diretto da Kurt Wimmer. Le vicende sono collocate in una società distopica del futuro i cui tetri connotati evocano classici della letteratura come "Fahrenheit 451" (i roghi dei libri), "1984" (lo stato-padrone), "Il mondo nuovo" (la sostanza assunta dagli individui per sopire le emozioni). Le scene sono state girate quasi interamente nello Olympiastadion di Berlino, inaugurato nel 1936 da Adolf Hitler per l'undicesima Olimpiade.

La storia è ambientata a Libria, la capitale di un mondo post-atomico, governata con pugno di ferro dal regime di un carismatico e misterioso dittatore, Il Padre. Infatti, dopo uno rovinoso conflitto nucleare che ha quasi sterminato la razza umana, i pochi superstiti hanno deciso di creare un nuovo ordine e di eliminare la guerra, cominciando dalle radici, le emozioni, per estirpare dall'essere umano l'aggressività e gli istinti distruttivi ad essa collegati. Ogni cittadino è tenuto per legge ad assumere quotidianamente una droga, il Prozium (quasi citazione di un famigerato psicofarmaco) che inibisce le emozioni. I ricordi della civiltà del passato sono ugualmente vietati: libri, vecchi dischi, balocchi, ninnoli, profumi, se scoperti, devono essere immediatamente bruciati. Il loro semplice possesso può essere punito con la pena capitale.

Al fine di preservare il sistema, è stato creato il Tetragrammaton, a metà tra polizia segreta ed ordine monastico, con i suoi micidiali Cleric addestrati alle discipline di combattimento più raffinate, come il letale kata della pistola (Gun kata). John Preston è il più zelante tra i Cleric, ma un giorno, dopo che il suo migliore amico e collega, "contagiato" dalle emozioni, è stato condannato a morte, salta la razione quotidiana di Prozium per scoprire un mondo inesplorato di sensazioni e sentimenti che gli infondono il coraggio di lottare per la libertà.

La produzione cinematografica, pur essendo in parte un mélange di libri già letti e trasposti sul grande schermo, si apprezza, soprattutto per la fotografia contornata da gelide ombre e per le scene di incombente monumentalità. Questi tratti ben rendono l'atmosfera minacciosa, irrespirabile di una società ipercontrollata ed algida. L'unico calore, che si sprigiona in un mondo il cui freddo è marmoreo, è quello funebre della cremazione. I dissidenti, infatti, sono condannati ed essere arsi vivi, dopo un processo sommario. E' un riferimento ai forni crematori del Terzo Reich, ma sarebbe un'allegoria scontata, se nella pellicola non fossero disseminati altri indizi adombranti scenari storici e mitici assai più nascosti. Il Padre ed il Tetragrammaton (in greco significa “Quattro lettere”) paiono alludere ad una coercizione molto antica. Anche la croce che campeggia sulle facciate degli edifici ricorda qualcosa di ben noto... non lo swastica invertito del nazionalsocialismo.

Il montaggio dell’intreccio spezzato da un paio di analessi memoriali, la compresenza di intimismo ed azione denotano un senso del cinema come narrazione iconica, ormai rara nelle produzioni attuali. “Equilibrium” vuole essere una riflessione sul tema delle emozioni: la domanda se esista un bilanciamento possibile pare implicare una risposta negativa, con buona pace di coloro (tra cui molti filosofi) che accettano le emozioni, solo se temperate. Dov'è, però, il confine tra misura e dismisura e quale il modo per mantenersi in limine, per non oltrepassare la soglia? E' un po' come il piacere degli epicurei, "un piacere da moribondi" (G. Perrotta). Si è che le emozioni, in primis l'ira, sono sovente oggetto di biasimo: il regista Wimmer affida ai bravi attori del film - anemotiva quanto basta la recitazione di Christian Bale che interpreta il protagonista, John Preston - il compito di dominare i sentimenti, lasciando affiorare una vena di asettica crudeltà. Così l'eclissi dei sentimenti è sostituita solo dal sadismo programmato dei politici e degli agenti di polizia. La realtà di oggi ci offre innumeri esempi di queste genie, accoppiate in un connubio abominevole: governanti senza alcuna compassione, soldati manciuriani.

Infine la visione del film, attraverso la monocromia di Libria, ci permette di riscoprire il potere ed i colori delle emozioni e sia pure il grigio ferrigno della malinconia (Durer docet) o il nero compatto della disperazione o il rosso effimero, come raggio di sole al tramonto attraverso una fitta coltre di nuvole, dell'amore. Ancora riviviamo il pallido grigio del senso di colpa dilavato, anche se solo per un istante, dal pianto della pioggia, finalmente contemplata dopo anni di oblio.

Ringrazio Pirata Pantani per la segnalazione.



APOCALISSI ALIENE: il libro

23 gennaio, 2010

Viaggio ad Atlantide

Dionisio di Mileto è storico greco vissuto tra il VI ed il V sec. a.C. La tradizione antica gli attribuisce opere mitologiche di dubbia autenticità, una "Periegesi" e due scritti sulla Persia. E' considerato anche autore di "Viaggio ad Atlantide", un libro sul continente scomparso. Dionisio è il primo scrittore noto di opere di carattere storico-etnografico sui Persiani. "Viaggio ad Atlantide" è un testo che dovette costituire una delle fonti cui attinse Platone. Il filosofo greco nei dialoghi "Timeo" e "Crizia" rievocò le vicende dell'isola inabissatasi nell'Atlantico e di cui descrisse morfologia, ambiente e cultura. Una copia del manoscritto di "Viaggio ad Atlantide" fu reperita tra i documenti personali dello scrittore e storico Pierre Benoit, ma purtroppo fu smarrita nei passaggi tra i restauratori e le persone che la presero in prestito dopo la morte di Benoit.

La sorte del libro è una iattura, poiché priva gli studiosi di un importante documento su Atlantide. Non risulta che tale opera sia stata trascritta e così ne ignoriamo il contenuto. Tuttavia è possibile che si riusciranno a colmare, almeno in parte, le lacune dovute alla sparizione di moltissimi volumi antichi, per mezzo dell'archeologia. Si riuscirà, però, a sopperire alla perdita dei papiri custoditi nella biblioteca di Alessandria, a causa dei vari incendi che incenerirono tante preziose testimonianze culturali? Viene anche il sospetto che lo smarrimento di "Viaggio ad Atlantide", come la distruzione di altre opere del passato, non sia da attribuirsi del tutto al caso. E' una forma di censura, un modo per (ri)scrivere la storia, secondo precisi intenti ideologici ("chi controlla il passato controlla il futuro): è una prassi che dagli Egizi in poi ha contraddistinto il potere, uso a contraffare, interpolare, modificare le testimonianze per trasmettere una visione degli avvenimenti funzionale agli interessi delle élites. E' una prassi che possiamo ben definire instrumentum regni, oggi più che mai diffusa.

Tuttavia, se circoscriviamo il discorso alle civiltà antidiluviane, come accennavo, sarà l'archeologia a lasciar affiorare frammenti di verità occultate per millenni. Sta avvenendo, ad esempio, al largo di Yonaguni, l'isola giapponese che si trova a 125 km dalla costa est del Taiwan, nell'arcipelago delle Ryūkyū. L'isola è diventata famosa all'inizio del XX secolo, dopo che fu scoperta una grande costruzione di pietra conosciuta come Monumento di Yonaguni. Sebbene archeologi e geologi accademici affermino che si tratta di formazioni naturali, recenti indagini subacquee hanno permesso di individuare altre strutture di evidente origine artificiale. Sulla datazione di questo sito sottomarino gli studiosi non sono concordi, poiché la cronologia oscilla dall'undicesimo millennio a.C. al terzo.

Naturalmente questa scoperta, come molte altre, sarà oscurata e finirà nell'oblio, soprattutto perché ammettere che esistettero civiltà in grado di erigere edifici ciclopici e città durante il Paleolitico, quando ufficialmente la terra era abitata solo da orde di cacciatori-raccoglitori, significherebbe dover rivedere le versioni canoniche. Questo è troppo per l'establishment e comunque poco per i cercatori della verità che sono abituati ad esplorare anche regioni oltre la storia.



APOCALISSI ALIENE: il libro

21 gennaio, 2010

Di fronte all'abisso del Nulla

Sgomenta ed attrae l'abisso del nulla. Ci chiediamo per quale motivo gli uomini evitino la solitudine: anche gli anacoreti cercano nel silenzio dei loro romitaggi tra le montagne o nei deserti di udire la voce di Dio. L'uomo comune, per combattere l'isolamento, si circonda di "amici" e di conoscenti, li tempesta di telefonate, li subissa di inviti.

Un impulso incoercibile spinge le persone a cercarsi, ad unirsi: i fidanzati, oggi teneri e romantici, domani, sposi, si detesteranno o si sopporteranno vicendevolmente. Intanto avranno procreato e generato una terza infelicità. Anche qui agisce una sorta di horror vacui, una paura del vuoto, una smania di colmarlo in qualche modo. E' per questa ragione che l'autore crepuscolare Marino Moretti in una sua malinconica lirica, si chiedeva se non dovesse risolversi ad avere un figlio o almeno a piantare un tiglio. Si desidera lasciare qualcosa di sé, prima che le ombre avvolgano tutto.

In verità, non sappiamo che cosa ci attenda oltre la soglia e se perderemo per sempre quanto abbiamo costruito con passione e spirito di sacrificio. Forse scivoleremo nel nulla: allora sarà stato vano ogni affanno ed ogni gioia, vana ogni conquista ed ogni sconfitta. E' possibile che l'universo contempli questa destinazione per gli uomini. Forse, invece, ci aspetta un'altra vita altrove o di nuovo su questo pianeta.

Di fronte ai patimenti dell'esistenza, alle spine confitte nel cuore, al lento, irreversibile declino, il nulla non spaventa più, ma ci appare come un porto di pace. Solo grazie all'anestetico che ogni notte, se non siamo insonni, ci elargisce l'oblio, riusciamo a tollerare i mille triboli che straziano l'anima di giorno.

Antichi filosofi amaramente conclusero che è "meglio non esser nati": nichilismo assoluto, ma non scaturito per lo più da pose atee e provocatorie, a differenza il nichilismo di alcuni pensatori contemporanei, bensì sgorgato da una profonda, sconfinata esperienza del dolore.

Avremmo evitato questa abnorme mole di mali, se... Distinguiamo: non tutti i destini sono uguali. Il cupio dissolvi afferra gli sventurati ed i malinconici; gli altri vivono ogni dì, come se fosse il primo. Anche, questi ultimi, però, quando si affacciano, a causa dell'età avanzata o di una grave malattia, sul limitare dell'ignoto, si domandano che cosa sia e sia stato preferibile: immersi in pensieri ombrosi, tetri si interrogano sul senso (o non-senso?) del percorso, contemplano il baratro, incerti tra tremore e speranza. In ogni vita può leggersi in filigrana il significato recondito? Giace un significato nell'esistenza, a somiglianza di una partitura che, mentre per un profano è solo un bello ma insignificante insieme di glifi, diventa una melodia di fronte al musicista? Ci interroghiamo se ciascun evento del cosmo, dal palpito d'ala di una farfalla all'edificazione di una cattedrale gotica, obbediscano ad un piano segreto o se il caso, come un demiurgo maldestro, si sia insinuato in ogni dove.

Pensare ad un ordine mirabile, di là dalle eterogenee, confuse, lacerate apparenze, richiede fervida immaginazione. Non sappiamo rinunciare al senso, poiché in esso è la nostra consolazione, ma anche la giustificazione del tutto. E’ possibile che il cosmo sia frutto del caso? Forse il cosmo è la meravigliosa creatura di un Dio assalito da un senso di solitudine: i fogli bianchi sono lì per essere riempiti di parole, le tele per essere abbellite di figure e paesaggi, i silenzi per essere costellati di note, i cieli trapunti di astri… Da quel desiderio originario promanano tutti gli altri, come in un’irradiazione di luce ai confini del buio.

Non abbiamo certezze e forse, possiamo se non accettare, rileggere sotto una nuova luce un’accorata massima di Giacomo Leopardi contenuta nello Zibaldone: “Non v’è altro bene che il non essere: non v’ha altro di buono che quel che non è; le cose che non son cose: tutte le cose sono cattive”.

Di là dal nichilismo raggelante, si coglie un’intuizione: l’intuizione che, in fondo l’essere vero è imparentato con il non essere. Basilide scrisse:“Il Principio è l’inesistente”. Così certamente “le cose”, le mere cose, inerti e dure, sono insensate, mentre solo nel non essere delle cose così come sono è il bene. Se immaginiamo le cose radicalmente trasfigurate, restituite al loro valore originario, esse recuperano quel riverbero di Assoluto che hanno perso. Appunto “le cose che non sono cose”, il tempo e lo spazio che non sono più né tempo e spazio, ma orizzonti inimmaginabili di un “essere oltre” possono attingere l’estasi della vita. Qualsiasi paradiso confinato sulla Terra è un eden da cartolina turistica.

In fondo poi il Nulla, tanto vituperato e temuto, non è forse la sorgente del tutto, la fonte invisibile e sotterranea da cui erompono i fiumi dell’essere? Dio nella teologia negativa è Assoluto di là dell'essere e del non-essere e quindi privo di specificazioni, ineffabile secondo il linguaggio umano e qualsiasi altro linguaggio. E’ l’Assoluto che si specchia nel lago del Nulla: forse è per questa ragione che la rarissima esperienza del Nulla, annichilente ed abissale, paradossalmente ci avvicina al divino.



APOCALISSI ALIENE: il libro

19 gennaio, 2010

Angeli del silenzio

In quelle notti in cui le disperate braccia degli alberi si protendono ad implorare il cielo, si cammina come esuli verso orizzonti d'argento. Uno sciame di note traudite tanti anni prima (esiste ancora il passato o è solo un'ombra sciolta nell'oscurità?) si spande fra le vie deserte. Rintocchi di campane sgocciolano in neri echi. Mentre procediamo, le linee del paesaggio rabbrividiscono e la luna, amaro sorriso, splende dietro il crinale delle nubi.

Ora attraversiamo le cose: quanto sono immateriali e diafane le cose, ora che... Inconsistenti si dissolvono, come veli di nebbia. Credevamo di incontrare qualcuno nella landa dell'ignoto, ma la strada è solitaria e soltanto ci osservano gli astri, gli abissali occhi del firmamento. E' tutto svanito, come un sogno che dilegua alle prime luci dell'alba. Eppure questa solitudine non contrista: è come se, anche quando credevamo di essere circondati dai nostri simili, volti noti e sconosciuti fossero stati ombre di pensieri.

Ora che, a poco a poco, la vita si immerge nell'oceano dell'oblio, ogni ferita si rimargina grazie al balsamo della quiete ed il tempo trascorso sfuma in una sensazione indistinta, appena screziata di malinconia.

I platani inchinano le cime, quasi ad accompagnarci partecipi nel viaggio che conduce al cuore dell'universo.

In lontananza palpitano le ali del vento, fragili e leggere come gli angeli del silenzio.



APOCALISSI ALIENE: il libro

17 gennaio, 2010

I "Visitors" rivisitati

In "Visitors", degli extraterrestri rettili antropofagi, ma dalle rassicuranti sembianze umane, approdati sulla Terra, s’introducono astutamente nei centri nevralgici del potere per perseguire i loro nefandi scopi. La serie fantascientifica, prodotta dalla Warner Bros negli Stati Uniti tra il 1983 ed il 1985, si apre con l’apparizione improvvisa di alcuni giganteschi dischi volanti nel cielo di trentuno città del mondo. Gli extraterrestri, che sbarcano dalle astronavi, sembrano del tutto simili agli uomini, a parte uno strano timbro vocale. Gli alieni chiedono di poter produrre sulla Terra delle sostanze chimiche di cui il loro pianeta è carente e assicurano, in cambio, il loro contributo scientifico alla risoluzione di gravi problemi e malattie che affliggono l'umanità. Presto, però, la verità si svela in tutto il suo orrore. Gli alieni sono in realtà delle creature ripugnanti, spietate “lucertole” interessate solo a procurarsi l'acqua ed a nutrirsi di esseri umani.

A distanza di più di vent'anni, Scott Peters ha realizzato un rifacimento della serie televisiva: Peters ha preferito non replicare l'adombramento della serie classica in cui i visitatori ricordavano i nazionalsocialisti, per esplorare le conseguenze causate da una devozione della massa nei confronti dei capi. L'intreccio ricalca la trama dell'archetipo: una mattina il mondo si sveglia con ventinove gigantesche astronavi che stazionano nel cielo di alcune grandi città. Dopo un iniziale sgomento, la popolazione della terra viene rassicurata da una candida voce, quella di Anna (Morena Baccarin), l’affascinante e carismatica portavoce degli alieni, che sostiene di venire in pace. Ella promette che gli ospiti useranno la loro tecnologia avanzata per lasciare l'umanità in condizioni migliori di come l’hanno trovata. Eppure, quando Anna è incalzata da un ambizioso giornalista del piccolo schermo (Scott Wolf), poco prima di un'intervista, chiede in modo perentorio di evitare qualsiasi “domanda scomoda" che potrebbe mettere in cattiva luce i visitatori, minacciando di cancellare l'intervista all'ultimo momento.

Alcuni nutrono sospetti sulle reali motivazioni degli intrusi: tra questi l'agente dell'F.B.I. Erica Evans (Elizabeth Mitchell) ed un sacerdote (Joel Gretsch). Ambedue ricevono inquietanti informazioni sulle vere intenzioni degli alieni. Erica scopre che i visitatori hanno impiegato decenni per infiltrarsi nei governi e nelle grandi industrie terrestri e che ora è giunta la fase finale del loro piano volto al controllo del pianeta. Si crea così un movimento di resistenza clandestina cui si unisce Erica: alla resistenza partecipa pure Ryan, un agente dormiente dei visitatori che vuole salvare l'umanità. Tuttavia gli ospiti si sono accattivati il consenso fra i popoli della Terra con le loro promesse di guarire numerose malattie ed hanno reclutato molti giovani che agiscono come delatori.

Come si nota, la rivisitazione di "Visitors" è maggiormente incentrata rispetto all'originale sul tema dell'infiltrazione: infatti si scopre che gli alieni operano da tempo sulla Terra ben mimetizzati negli apparati politici ed economici di cui controllano i gangli vitali. Questo aspetto rende la produzione realistica, se si pensa alla diffusione capillare del potere pertinente ad un'élite occulta mondiale. La nuova serie, che pare essere disseminata di allusioni ad eventi contemporanei ed ai piani del governo segreto, ha un retroterra in alcune pubblicazioni ufologiche della fine degli anni '80.

Infatti lo scenario descritto in Visitors I e II trova un macabro riscontro specialmente nel libro di John H. Andrews, The extraterrestrials and their reality. Nel testo l’autore accozza una serie di messaggi ricevuti da canalizzatori, da medium, da abitanti dello spazio "incarnatisi sulla Terra": sono comunicazioni mescolate a materiale che, secondo Andrews, proviene dai servizi segreti e si riferiscono spesso ai Grigi che si nutrono di sangue umano. Inoltre è ormai prossima la Parousia del Cristo seguita dal Giudizio universale e, chi non avrà combattuto i Grigi, sarà destinato alla perdizione.

Disinformazione? Vaneggiamenti? In buona misura. Eppure resta il dubbio che entità non-umane si nascondano dietro alcune letali macchinazioni, camuffandosi abilmente fra normalissime sembianze. Sono entità forse coincidenti con i predatori astrali descritti da don Juan, lo sciamano dei testi scritti da Carlos Castaneda: il sangue si potrebbe intendere in senso metaforico. Ora, pur senza aderire all’ipotesi monopolare, basta anche solo per qualche istante osservare l’abisso in cui siamo precipitati per inferirne che “qualcuno” non di questo piano trama da tempo per dominare il pianeta.

La sovrabbondanza di male e la malvagità pura, irremissibile che divorano la terra non si spiegano solo con l’egoismo umano pur deprecabile. Così, banditi parimenti l’ingenuo ottimismo di chi è convinto di vivere nel migliore dei mondi possibili, come il nichilismo cosmico, si potrebbe concludere, ricordando che la verità, come la virtù, sta nel mezzo.


Qui il sito monografico sulla serie "Visitors"



APOCALISSI ALIENE: il libro

15 gennaio, 2010

L'anima delle pietre

L'arché è l'Inesistente. (Basilide)

"Le cose sono piene di dei", insegnava Talete di Mileto. Molti filosofi pensano che nel mondo alberghi un'anima. Gli scienziati materialisti non solo negano che oltre la realtà fisica esista alcunché, ma affermano pure che la coscienza stessa emerge dalla materia. Non è questione di poco conto stabilire se la coscienza abbia, invece, la priorità e qui per coscienza non intendiamo un fenomeno cerebrale, ma un principio ontologicamente diverso dalla materia, un arché da cui scaturisce il cosmo.

Lo studio della materia nei suoi costituenti "fondamentali" ci ha condotto in una regione liminare, dove le particelle subatomiche fluiscono in correnti di energia per scorporarsi in processi. Ai confini di questa regione l'universo si affaccia sul nulla. Ai bordi di questo spazio la mente traccia mappe di un territorio che è vuoto. Geoffrey Chew ha elaborato una teoria paradossale ed astrusa, la teoria del bootstrap: secondo Chew, non esistono unità basilari della natura né costanti fisiche né equazioni. Tralasciando questa interpretazione ardita(?) che ci conduce sull'orlo dell'abisso mentale, resta il dubbio che un quid incorporeo fluttui in tutto il creato, a guisa di sangue che irrora un intero organismo.

Anche le pietre hanno un'anima? Le pietre sono esseri viventi la cui coscienza è sopita? E' noto che i cristalli possiedono singolari qualità, come se fossero in un certo qual modo dotati di una forma, per quanto aurorale, di vita. Bisogna chiedersi quale sia il confine tra inorganico ed organico e che cosa determini il salto verso la vita. E' certamente casuale la somiglianza fonica tra il termine greco che denota l'esistenza (bìos) ed il vocabolo indicante la forza e la violenza (bìa): è come se uno strappo, un'azione repentina e lacerante provocasse la creazione della vita (o la creazione tout court?). D'altronde i parti sono dolorosi.

La rivoluzione copernicana del futuro consisterà nel collocare al centro dell'universo la Coscienza? In questi ultimi decenni alcuni orientamenti scientifici hanno sfiorato una realtà "magica", in cui invisibili corrispondenze legano le parti, dove anche le cose all'apparenza più banali ed insignificanti splendono di una luce spirituale. Sarà questa rivoluzione solo il ritorno ad antiche concezioni e potrà effondere un soffio mistico in un corpo che pare inerte. Siamo forse vicini non ad una maggiore comprensione del reale, giacché, quanto più ci si interna in dimensioni enigmatiche ed impensabili, tanto più il discorso logico si indebolisce, piuttosto siamo prossimi ad un sentimento dello spazio e del tempo svincolato da coordinate e da schemi.

Quantunque sia precluso normalmente agli uomini elevarsi oltre la dimensione sublunare, attingendo alle sfere celesti, resta la pur fuggevole intuizione di un regno dove tutto è possibile ed in cui le catene terrene sono spezzate. Lì l'esistenza è riassorbita nel Principio da cui, per un errore o a causa della solitudine o chi sa per quale altro motivo, è stata esiliata. Come, via via che ci si inoltra nei misteriosi meandri delle particelle subatomiche, il reale si rarefa sino ad essere quasi risucchiato nel nulla, così a mano a mano che risaliremo la vetta, l'aria si illimpiderà sino a diventare un terso cristallo. Le sembianze trascoloreranno in sottili veli di nebbia, in diafane trasparenze, infine...



APOCALISSI ALIENE: il libro

13 gennaio, 2010

Un amore del nostro tempo

"Un amore del nostro tempo" è un'opera minore di Tommaso Landolfi. Il breve romanzo dipana un intreccio scabroso che si sfilaccia in dialoghi cerebrali, in manierismi alessandrini, forse per riempire il vuoto spirituale della storia. L'arte di Landolfi si snerva ed estenua, in questo libro, fra virtuosismi linguistici, fra ostentate circonvoluzioni riflessive: l'indole sdegnosa dell'autore si trasfonde nei due protagonisti, Anna e Sigismondo, sorella e fratello, i cui atteggiamenti snobistici ed amorali nascondono debolezza ed insoddisfazione. L'autore adotta il punto di vista di Anna, immedesimandosi in una psicologia femminile morbosa, cui affida un diario acre e quasi cinico di sentimenti anatomizzati, di gelide elucubrazioni.

In fondo, "Un amore del nostro tempo" è un libercolo tanto aspro e sgradevole che non meriterebbe di essere letto, se non fosse uno sguardo disincantato ma dolente sul tema della felicità impossibile, sull'egocentrismo umano e sull'oscurità della vita, cui, in particolar modo, è dedicata l'enclave narrativa in cui Sigismondo ricostruisce le vicende dal suo punto di vista. Lo sdoppiamento della voce narrante non riesce, però, ad ampliare l'orizzonte della visione confinata in un'esperienza di vita che è quasi del tutto letteraria, quanto più la tempesta della passione pare tumultuosa.

L'incipit è eloquente: "E' una febbre, un delirio. Che cosa? La vita, che diamine! Fever called living; e, come la febbre, oscura. Accenna talvolta ad alcunché di filato, sembra proporre uno svolgimento ed una conseguenza, ma son momenti". Mentre la magistrale capacità di dipingere la natura in brevi scorci in cui valli e monti effondono sensazioni di infinito, è cifra di Landolfi, "Un amore del nostro tempo" si discosta dalla restante produzione dello scrittore per la chiusura dei personaggi all'altro ed agli altri: Anna e Sigismondo sono prigionieri di una passione esclusiva ed insana, soprattutto perché egoica. Balena solo in alcune sequenze più pensose che l'unica fuga dal tedio e dal non-senso, dal male e sia pure come ammette Anna, "un male eletto, di chi pettini i cani", è "la domanda che noi rivolgiamo al tutto, illusorio o no, che ci circonda."

Che poi questa domanda riceva una risposta oppure echeggi nel nulla, poco o punto importa.


APOCALISSI ALIENE: il libro

11 gennaio, 2010

Gli ologrammi di Gizah

Il giorno 11 dicembre 2009, verso l'una di notte, una figura luminosa è stata scorta sopra la chiesa copta di Warraq al-Hadar, Gizah. A proposito del singolare fenomeno il vescovo della locale diocesi, Anba Theodosius, si è così espresso: "La diocesi di Gizah rende noto che la Vergine Maria è apparsa in trasfigurazione presso la Chiesa a lei dedicata in Warraq al-Hadar, Gizah, nelle prime ore di venerdì 11 dicembre 2009 alle 1.00 del mattino. La Santa Vergine è apparsa a figura intera con vesti luminose, sopra alla cupola centrale della chiesa, con un vestito bianchissimo ed una cintura regale blu. Aveva una corona sulla testa al di sopra della quale appariva la croce posta sulla cupola centrale. Anche le croci sulle cupole della chiesa e della torre si sono illuminate. La Santa Vergine si è mossa tra le cupole e sul cancello della chiesa tra le due torri gemelle. I residenti locali l'hanno vista. L'apparizione è durata dalle 1.00 di notte fino alle 4.00 di venerdì ed è stata ripresa da macchine fotografiche e cellulari. Circa 3.000 persone del quartiere e delle aree circostanti si sono affollate nella strada davanti alla chiesa per vedere l'apparizione".

Risulta per lo meno avventata la dichiarazione del vescovo copto, circa una manifestazione che, esclusa l'origine soprannaturale, pare essere collegata a ritrovati olografici. Sul fatidico e fallace giorno 11, cui risale l'apparizione, non ci soffermeremo, ma sembra che la silhouette della creduta Vergine, una sagoma in fondo alquanto rozza, sia riconducibile ad un inganno tecnologico (laser) nell'ambito del Progetto Bluebeam. D'altronde tale epifania segue di poco la spirale del cielo norvegese, anch'essa attribuita da vari ricercatori a H.A.A.R.P., per situarsi nell'ambito di un caleidoscopio di segni celesti sempre più frequenti.

L'Egitto non è nuovo a “prodigi” del genere: in particolare si ricorderanno gli avvenimenti di Zeitun del maggio-aprile 1968. A Zeitun, quartiere del Cairo, apparve una figura radiosa, insieme con alcune colombe anch'esse scintillanti: le immagini, scorte sopra le cupole della chiesa, attrassero una moltitudine sbigottita, composta da Cristiani, Musulmani e non credenti. Si tratta di fenomeni definiti B.V.M., ossia Blessed Virgin Mary, apparizioni che alcuni ricercatori collocano nella casistica ufologica, all'interno degli incontri ravvicinati del terzo tipo.

Sarei tentato di vedervi, invece, più che un intervento alieno, uno spettacolo terrestre in cui l'enfasi sulla Vergine (Iside) potrebbe preludere ad altre rappresentazioni con soggetti iconografici cristiani (o ritenuti tali) trascoloranti nelle tradizioni pagane: essi sono strumenti visivi potentemente simbolici, volti presumibilmente alla creazione di una religione mondiale basata sull'adorazione dell'Anticristo.

Forse gli eventi di Gizah si comprendono meglio non solo se si rammentano gli avveniristici e sinistri risultati delle tecnologie militari finalizzate al controllo mentale, ma anche se si inquadrano questi atroci anni che stiamo vivendo in un più generale sfaldamento delle certezze consolidate ed in un quadro di conturbanti coincidenze. Così l'epifania di Gizah coincide cronologicamente con le indiscrezioni circa la scoperta di camere segrete sotto la Sfinge. Così si susseguono avvenimenti che suscitano interrogativi: sono stati segnalati, in queste ultime settimane, vari black out in diverse aree che potrebbero essere stati causati da H.A.A.R.P. Le interruzioni nell'erogazione dell'energia elettrica hanno riguardato gli aeroporti delle Isole Canarie, lo scalo Reagan National, il secondo per importanza di Washington, la città di Pueblo nel Colorado, le zone di Kediri e Tulungagung (Est di Java). In queste circostanze non possiamo, però, escludere azioni di civiltà extraterrestri: è forse un monito contro talune attività, visto che i black out hanno interessato spesso degli aeroporti? Ricordiamo che il console bolognese Alberto Perego, nei suoi libri, documentò le interferenze della da lui definita "aviazione elettromagnetica" nei confronti degli esperimenti e delle missioni terrestri, specialmente quando tali operazioni prevedevano l'impiego di ordigni nucleari.

Comunque sia, occorre restare molto vigili: mai come oggi, è necessario essere guardinghi, diffidando degli ingannevoli sensi per valorizzare lo spirito critico. Virgilio ci insegna: Nimium ne crede colori, "Non credete alle parvenze", soprattutto se sono parvenze ostentate dal governo occulto.



APOCALISSI ALIENE: il libro

09 gennaio, 2010

Ductus

Stiamo smarrendo il diletto che proviene dalla scrittura intesa in senso fisico, come atto con cui l'inchiostro si intride nel foglio, simile ad un ruscello che scorre tra bianche prode. La tecnologia ci reca dei vantaggi (non quella - ed è la maggior parte - che cade in mani perfide), ma ci ha privato pure di quella sensazione che oggi solo per avventura proviamo, allorquando, per annotare un rapido appunto, prendiamo una penna ed un biglietto: allora ecco che il liquido sgorga dalla biro, assecondando, docile e sinuoso, il moto della mano e l'impulso del pensiero.

Non importa più quello che si scrive: è solo un arruffio di parole inutili, quanto più cerchiamo di adombrarle di senso. Siamo incantati per qualche istante dal filo che magicamente si dipana, dal rivolo che si diluisce, dalla linea che si inanella in asole, si infittisce di aste, si inarca in meandri. Ora, con l'ancestrale memoria di antichi scribi, incidiamo la superficie, per sovrabbondanza di emozioni, ora la sfioriamo, come se fossimo musici che peritosi tentano le corde di uno strumento. Dal tratto traspare l'anima delle riflessioni o la filigrana di una visione appena percepita nella penombra di un sogno.

In latino il termine "ductus" rende l'idea di una scrittura che è condotta lungo un sentiero immaginale: incommensurabilmente sensoria e tattile era l'esperienza di quegli amanuensi che, con la penna d'oca, trascrivevano testi dei secoli passati. Alla luce calda di una candela, nel silenzio immateriale dello scriptorium, i concetti si tramutavano in lettere tracciate con diligente e calma dedizione. Echi di lontananze immemori erano imprigionati in glifi vergati sulle pergamene.



APOCALISSI ALIENE: il libro

07 gennaio, 2010

Magnifiche sorti e progressive

Al principio di ciascun anno i profani si divertono a spulciare tra le previsioni astrologiche per mostrare che non si sono adempiute e per dimostrare che l'astrologia è una pseudo-scienza. E' inutile tentare di spiegare a costoro il significato di tradizioni che non sono tanto arti divinatorie, ma discipline esoteriche avulse per lo più da fini empirici, perché radicate in un universo simbolico, appartenenti ad orizzonti sapienziali.

Menti invischiate in schemi razionalisti, irretite in pregiudizi scientisti non possono comprendere la dottrina delle corrispondenze né il valore di ciò che è essenziale e "l'essenziale è invisibile agli occhi".

Tra l'altro gli attacchi che i rauchi bardi della "scienza" accademica sferrano contro il sapere tradizionale, considerato paccottiglia, si possono ritorcere nei confronti di una "cultura" dominante che ha miseramente fallito. Le promesse di un mondo in cui sarebbero stati debellati l'inquinamento, la fame, le malattie,... sono naufragate. Tralasciando la desertificazione etica e spirituale cagionata da una scienza senza coscienza, anche sul piano meramente pratico, questo sapere utilitarista ed inutile si è rivelato un inganno, un fuoco di paglia: i tumori continuano a mietere vittime, anzi sono sempre più frequenti ed aggressivi, il cibo è veleno, il pianeta è stato trasformato in un immenso, graveolente cimitero...

Non che non esistano le risorse conoscitive e tecnologiche per affrontare e risolvere molti problemi, ma l'establishment scientifico si è prostituito al potere sì da sabotare tutte le ricerche per la vita, nel contempo votandosi alle applicazioni per la morte e la distruzione. Non è quindi casuale se l'unico ambito in cui sono stati compiuti enormi ed esiziali "progressi" è il settore militare con tutti i suoi parafernali (tecnologie per il dominio del clima, per il controllo della popolazione, per la "sicurezza" etc.).

Inoltre la "lotta" alle patologie è affidata ormai alle intrusioni della téchne: ci assicurano che nuovi efficacissimi farmaci agiranno sulle cellule tumorali o sugli organi malati in modo mirato, grazie a mirabilia bio-nanotecnologiche. Paradosso estremo: per "curare" affezioni provocate spesso dalle nanotecnologie e da veleni diffusi nell'ambiente si ricorre ai veleni ed alle nanotecnologie.

Come l'età dei tenebrosi lumi agonizzò nel Terrore e nelle carneficine napoleoniche, così la "gaia scienza" del XXI secolo inscena il suo ultimo, tristo spettacolo in un bunker di piombo.



APOCALISSI ALIENE: il libro

06 gennaio, 2010

In edicola il n.15 di X Times

Sarà in edicola dal 10 gennaio il numero 15 della rivista "X Times". Leggi qui il sommario degli articoli e l'editoriale della Direttrice, Dottoressa Lavinia Pallotta. Senza nulla togliere ai vari autori, vorrei segnalare l'articolo dell'amica Luigina Marchese sui vaccini, ricordando che X Times è l'unica rivista cartacea che si occupa di scie chimiche e di altri temi scomodi al regime, in modo obiettivo e diretto.



APOCALISSI ALIENE: il libro

05 gennaio, 2010

"Amicizia" in Cile

L'ufologo Scott Corrales ha recentemente elaborato un breve studio, intitolato Riflessioni sul contattista Aiguas Prietas, dove analizza alcuni casi in cui supposte entità aliene hanno comunicato tramite apparecchiature di radio-amatori.

Nel brano che ho estratto dall'articolo, l'autore fornisce informazioni sul caso Amicizia in Cile, caso che ha corrispondenze in Italia: infatti, nel libro di Stefano Breccia, Contattismi di massa, sono narrate le vicende di presunti alieni, gli Akrij, approdati in Europa nel 1956 e, in seguito ad una sconfitta subita per opera di esseri a loro ostili, i Weiros, costretti a smobilitare e ad abbandonare, nel 1978, le loro basi, di cui la più importante costruita nell'Adriatico. I visitatori "cileni" di "Amicizia" presentano tratti fisionomici ed un contegno simili a quelli degli Akrij installatisi in Italia. Anche il particolare della collaborazione degli ufonauti con uomini che procurano agli ospiti attrezzature combacia con quanto riportato da Breccia. Bisognerebbe riuscire a stabilire se Octavio Ortiz, il cileno che, secondo le sue dichiarazioni, entrò in contatto con i Nordici in Clie, sia stato a conoscenza degli eventi occorsi nella nostra penisola. Se così non fosse, sarebbe una significativa coincidenza...

Corrales scrive: "Una delle situazioni più interessanti ed ancora in corso in Sud America riguarda l'attività di un gruppo denominato "Amicizia", che opera nell'arcipelago Chonos. Questo sodalizio è stato variamente associato con U.F.O., esseri interdimensionali, agenti della C.I.A., nazionalsocialisti rfugiatisi in America meridionale, secondo le interpretazioni dei vari autori. Nel 1984, un radio-amatore, Octavio Ortiz, residente a Santiago del Cile, diventò il protagonista di un'avventura che si è protratta sino ad oggi. Quell'anno, Ortiz ricevette un angoscioso S.O.S. da una nave il cui equipaggio sosteneva di essere intrappolato da una luce misteriosa che stava interferendo con la strumentazione elettronica del natante. La luce, un misterioso vascello, era scesa vicino alla nave. Sorpreso, Ortiz assicurò che avrebbe ritrasmesso il messaggio alle autorità portuali di Iquique, a nome del comandante.

A seguito di ciò, Ortiz strinse amicizia con il comandante della nave, un uomo di nome Alberto, che rivelò di essere stato reclutato da misteriosi "gringos" per fornire loro attrezzature utili per l'insediamento situato in un'isola. Questi elusivi uomini di aspetto nordico affermarono di appartenere ad una "Congregazione" e che avevano battezzato l'isola su cui risiedevano "Amicizia".

Octavio Ortiz in seguito avrebbe avuto la possibilità di comunicare attraverso la sua radio con Ariel, uno fra gli esponenti di "Amicizia". In un'intervista con il giornalista spagnolo Josep Guijarro, Ortiz spiegò che ogni volta in cui Ariel comunicava con lui, gli aghi della sua ricetrasmittente saltavano, indicando l'impiego di un trasmettitore di enorme potenza. Né Ortiz fu l'unico a parlare con questa entità: la moglie Cristina un giorno chiese ad Ariel donde egli ed il suo gruppo provenissero. La voce rispose che non erano 'di questo mondo, ma che appartenevano all' umanità'.

Nell'agosto 1985, a poco più di un anno da quando Ortiz aveva captato il segnale di soccorso, un oggetto luminoso apparve nel primo pomeriggio sopra casa sua, a Santiago. Secondo la testimonianza di Ortiz, egli udì una voce alla radio che esclamava "Esci! Esci!". Ortiz capì che era "Ariel" e che l'U.F.O. era un oggetto controllato in remoto dai sodali di "Amicizia".

Secondo Guijarro, il rinomato ufologo Jorge E. Anfruns ha notato un particolare molto importante: "Alcuni dei radio amatori hanno riferito ai giornali di interferenze con le loro sofisticate apparecchiature ".[...]

Anche la Marina cilena sembra abbia conosciuto per molti anni interferenze radio e problemi causati dagli ordigni volanti nelle vicinanze delle isole Chonos. Josep Guijarro ricevette una lettera da un tecnico che ha prestato servizio per cinque anni nella stazione radio navale di Puerto Mont. Nella lettera era scritto: "Noi eravamo stanchi di questi 'diavoli' che spesso interferivano con le nostre comunicazioni per mezzo di potenti apparecchiature tecnologiche e che in alcune occasioni produssero una barriera invisibile attorno alla penisola Taitao, impedendo a tutti i natanti, comprese le unità militari, di comunicare. [...]



Fonti:

S. Breccia, Contattismi di massa, Padova, 2007
S. Corrales, Riflessioni sul contattista Aiguas Prietas, 2009



APOCALISSI ALIENE: il libro

03 gennaio, 2010

Anno di grazia

"Rimetti a noi i nostri debiti, come [1] noi li rimettiamo ai nostri debitori." Quante volte abbiamo udito questa richiesta contenuta all'interno del Pater noster, ma quanti ne hanno davvero compreso il valore? Di solito la mente corre ai peccati che Dio rimette agli uomini, allorquando essi li perdonano a chi ha recato delle offese. Questo è solo uno dei sensi del periodo.

Alcuni storici sottolineano la valenza politica ed economica della predicazione riferibile al Messia (di David), soffermandosi su alcuni passi dei Vangeli. Bontempelli e Bruni scrivono in Civiltà storiche e loro documenti, Milano, 1993: "Nel Regno di Dio entreranno coloro che sono stati capaci di rifiutare di perseguire nella loro vita il profitto economico. Nel Regno di Dio entreranno coloro che non si sono assuefatti alle gerarchie di potere e si sono prestati a favore non già dei potenti, ma degli ultimi della società.... La vera novità introdotta da Gesù circa il Regno di Dio sembra essere stata l'idea che questo Regno non dovesse essere più il termine di un'attesa futura, ma dovesse essere realizzato subito con un impegno immediato di trasformazione spirituale. Nel racconto del Vangelo di Luca, infatti, egli comincia la predicazione, affermando la necessità che i prigionieri siano liberati, i debiti condonati, ogni servitù abolita, ogni oppressione sciolta. Egli si riferisce al cosiddetto anno di grazia del Signore, che l'antica società templare ebraica praticava ogni cinquant'anni, imponendo l'annullamento degli acquisti immobiliari e dei gravami personali costituiti nei 49 anni precedenti e che il profeta Isaia aveva sostenuto dovesse essere attuato per ogni forma di ricchezza e di soggezione, in modo da eliminare scandalose ingiustizie. Gesù, infatti, fattosi consegnare dall'inserviente della sinagoga il rotolo biblico dove Isaia preannuncia il suo integrale anno di grazia del Signore, lo legge ad alta voce ai presenti per proclamare solennemente : "Oggi questa scrittura si compie nel momento stesso in cui le vostre orecchie la ascoltano". Insomma, quello annunciato dal Messia è un programma sociale ed economico che potremmo definire rivoluzionario. I due autori succitati si spingono ad affermare che: "Il Regno di Dio nel modo in cui Gesù lo intende è la più radicale forma di comunismo mai pensata nella storia: un comunismo fatto derivare non da bisogni generati dalla storia, ma da decreti divini anteriori ad ogni storia e pensato di conseguenza, non come obiettivo politico, ma come pratica di vita religiosa."

Ora, la conclusione sopra riportata mi pare, più che eccessiva, parziale, giacché ignora le altre componenti (escatologiche, teologiche, sapienziali, misteriche...) del Kerigma divulgato dal Messia. Nondimeno è vero che le rivendicazioni economiche non furono estranee al piano concepito dal Cristo: il debito inestinguibile, l'interesse, la schiavitù per i debitori insolventi sono aberrazioni e, come tali, condannate dal Messia.

Nel 594-593 a.C. il legislatore Solone, eletto arconte ad Atene, comprese che le tensioni e gli squilibri sociali potevano essere ridotti solo proibendo la schiavitù per debiti e con l'eliminazione delle ipoteche contratte dai piccoli agricoltori (la seisachteia). I saggi provvedimenti di Solone culminarono nello sradicamento dei cippi che segnavano le ipoteche nei fondi: fu un gesto simbolico di enorme portata. Si è che nella mentalità antica un sistema basato sul debito, sulla prepotenza dei creditori e sulle vergognose speculazioni dei banchieri, benché diffuso in alcuni contesti (Babilonia in primis), era sentito come iniquo ed illegale.

Oggi, invece, del signoraggio bancario molti ignorano la stessa esistenza ed alla massa appare del tutto normale che chi riceve un prestito debba restituire la somma, versando un interesse più o meno alto. E' proprio l'interesse la vergogna per eccellenza! E' l'interesse, insieme con il signoraggio, a determinare l'inflazione da cui l'usura stessa dovrebbe proteggere. Il denaro non va prestato ad usura e nemmeno prestato e basta: chi possiede delle ricchezze doni il superfluo agli indigenti. E' questo un altro insegnamento evangelico (utopistico quanto si vuole, ma condivisibile) cui usurai istituzionali e vescovi-banchieri che si dichiarano "cristiani" (sic) sono del tutto sordi. L'apparato economico del mondo odierno è fondato su frodi, ladrocini, vessazioni: la Banca europea che stampa le banconote non agisce in modo differente da un falsario che crea e stampa biglietti contraffatti. "Rapinare una banca è un reato, ma fondarne una è un reato ben più grave", ci rammenta Bertold Brecht. Ezra Pound vide correttamente nell'usura la mostruosa piaga della società. Pure le tasse (tutte) sono spoliazioni, soperchierie nei confronti di cittadini le cui risorse, frutto di sudore, sono depredate per finanziare guerre ed altre operazioni scellerate, usate contro la collettività.

Anche Paolo (o chi per lui) in Col. 2, 13-14 usa termini economici: "Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce." Qui, però, il senso sociale si è completamente perduto, eclissato da un'interpretazione soteriologica e meta-storica: d'altronde non stupisce tale distanza rispetto al messaggio del Cristo in chi, sul piano politico, manifesta concezioni differenti, dettate più che altro da esigenze di captatio benevolentiae nei confronti del potere. Infatti l'apostolo dei Gentili (Romani, 13. 1-6) esorta i destinatari della sua lettera nel modo seguente: "Ognuno sia soggetto alle autorità superiori, poiché non c'è autorità che non venga da Dio e quelle che esistono sono costituite in Dio [...] Per questo dovete anche pagare le imposte, perché sono pubblici funzionari di Dio, addetti interamente a tale ufficio" etc. Qui si nota la discrepanza rispetto a chi aveva ammonito: "Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio, a me quel che è mio", con chi aveva affermato: "Satana è l'Arconte di questo mondo"

Dunque, quando recitiamo o ascoltiamo la domanda: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori", ricordiamone il risvolto economico-sociale. Solo una società, senza gli ingranaggi stritolanti dell'interesse, dell'interesse capitalizzato, della riserva frazionaria, del denaro creato dal nulla, dell'inflazione, del debito... tutti strumenti di coercizione e di asservimento dell'umanità, sarà una società equa... Anzi, sarebbe.


[1] Di passaggio accenno al fatto che una traduzione appropriata dovrebbe introdurre "perché" e non "come". Ne scaturirebbe un significato meno ragionieristico.




APOCALISSI ALIENE: il libro

01 gennaio, 2010

Egomania

Pulvis et umbra sumus (Orazio)

Nonostante si continui a disquisire circa l'evoluzione della coscienza, ovunque si vada, si trovano tanti piccoli ma ipertrofici ego, tante meschinità nascoste dietro parole altisonanti. Tutte le dissertazioni sul cambio di era e sulla nascita di un'umanità rinnovata sono fedi consolatorie ed ingannevoli di questi ultimi, contraddittori tempi. L'alba di un'era radiosa pare molto lontana.

"Mio" ed "io" sono le parole che intasano i nostri discorsi: possesso e superbia sono i gravami di un soggetto ormai immemore della sua comunione con l’altro e con la natura. "Io, il più lurido dei pronomi", annotava amaramente Carlo Emilio Gadda. Se da un lato il senso dell'identità è del tutto naturale e consonante con una personalità equilibrata, la prevaricazione dell'io alla perenne conquista di un Lebensraum è aberrante. Non sappiamo rinunciare al nostro ego che si nutre di querimonie, di autocelebrazioni, del consenso altrui. Ciò è segno di debolezza: forti sono coloro che, rinunciando all'acclamazione della folla, hanno scelto una vita solitaria, umbratile dove le esose esigenze dell'io sono ricondotte emtro limiti accettabili.

Siamo di passaggio, pellegrini su questo pianeta: proveniamo da un luogo di cui ignoriamo tutto o quasi, diretti verso un altrove altrettanto misterioso. Il nostro mastodontico io è simile ad un gigante d'argilla: da un momento all'altro può crollare e ne resteranno solo frammenti sparsi.

In un suo accorato sonetto il poeta secentesco Tommaso Stigliani descrive degli oggetti (libri, candele, suppellettili) che muti sopravvivono all'uomo ormai trapassato in un'altra dimensione o svanito nel nulla, come un ricciolo di fumo nell'aria.

Quanti interessi di parrocchia, quante quisquilie che diventano ragioni di stato solo per compiacere il nostro famelico io! Quanto più divora, però, tanto più è smunto, poiché una fame insaziabile lo consuma e lo tormenta. Imparare a negare l'io per affermare la proprio dignità senza compromessi, ma anche senza chiusure preconcette: è questa una sfida assai impegnativa. Le catene più difficili da spezzare sono quelle da noi stessi forgiate.

Quando qualcuno tradisce o delude, forse soffriremo meno, se proveremo a pensare che il nostro io non può essere sfiorato da bassezze e da insulti. Il vero uomo non si impone, ma non accetta di abbassarsi al livello infimo dell'individuo volgare, soprattutto quando costui crede di potersi ergere a giudice. "L'uomo veramente libero - scrisse Gibran - non vuole dominare, ma neppure essere dominato ".

Neppure dominato da un io tirannico, si potrebbe chiosare.



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