30 aprile, 2011

Predatori di anime

“Predatori di anime” è il secondo episodio della serie a fumetti “The secret”, albo ideato da Giuseppe di Bernardo, cui si devono l’originale soggetto e l’arguta sceneggiatura. In questo numero le tavole sono dell’esordiente Rosario Raho: il suo disegno asciutto e quasi araldico culmina nei quadri di paesaggi notturni in cui Raho riesce a suggerire, miracoli del bianco e nero, la fosforescenza degli U.F.O. La grafica essenziale ben si adatta soprattutto a raffigurare situazioni in cui sono protagonisti dei bambini (i precursori anagrafici degli eroi) con il loro immaginario ingenuo e fantasioso.[1]

La seconda avventura di “The secret”, che vede protagonista lo scanzonato Adam Mack, sviluppa i tratti anti-realistici già presenti in nuce nel primo episodio: lo spazio e soprattutto i piani temporali si moltiplicano e si intersecano, attraverso il gioco dei rimandi, delle analessi e delle psichedeliche esplorazioni dell’inconscio. Si sarebbe tentati di asserire che il cuore pulsante di “Predatori di anime”, non è tanto il tema dei parassiti alieni, ma la riflessione sul tempo: in che misura la dimensione cronologica è “oggettiva”? Il tempo rettilineo, simile al tragitto unidirezionale di una freccia, non è forse una trappola della mente?

Su questo orizzonte euristico si stagliano le vicende di Mack e degli altri personaggi, dai nomi evocativi: Robyn, Soul, Conrad Malcor (l’alter ego di un noto ufologo). Sono figure, se si esclude il “dottore degli alieni”, schizzate con attenzione al ruolo più che alla psicologia, come si conviene ad una storia che, gradatamente, colloca nelle giuste posizioni gli attanti.

Nel districarsi della trama, tra colpi di scena e retrospezioni in bilico tra avventura e lirismo, spesso con un pizzico di brio, si ricostruisce un po’ alla volta l’antefatto. Di Bernardo predilige una narrazione per scatti ed addizioni ad un racconto disteso: la continuità espositiva risulta in questo modo spezzata nell’entralecement con effetti stranianti. Si dura fatica a riavvolgere gli eventi, secondo un processo rassicurante di causa ed effetto, mentre le stesse teorie malanghiane, con un’incursione nella tradizione celtica, perdono qualsiasi tono apodittico, anzi velate come sono di una sottile ironia, si assimilano agli altri ingredienti narrativi.

Nonostante il gusto del racconto per il racconto, il lettore è indotto a porsi il quesito-epigrafe da cui si irradia la storia: “L'uomo è davvero al vertice della piramide alimentare o è a sua volta l'inconsapevole nutrimento di spaventose creature?” Le risposte sono mere ipotesi e le stesse ipotesi si aprono in una raggiera di percorsi più o meno praticabili, ma la domanda non solo è ben posta: è doverosa. Ne va del nostro futuro.

[1] La presentazione porta la firma di Dario Maria Gulli che, insieme con la citazione delle fonti cui si è ispirato “Predatori di anime”, anticipa una collaborazione fra “The secret” ed “X Times”, la rivista diretta dall’ottima Lavinia Pallotta.



APOCALISSI ALIENE: il libro

28 aprile, 2011

Il guado

La vera sconfitta non è la morte, che è apparente, ma l'annichilimento della coscienza. Pensiamo a chi l'ha perduta e capiremo quale benedizione sia averla e preservarla, pur nell'assordante tumulto dell'esistenza, nel deserto accecante della malvagità.

Chi potrebbe dubitare che siamo ormai prossimi ad un guado decisivo, mortale? Eppure, in questi tempi di ferro, non bisogna abdicare al valore della testimonianza, pur consci che probabilmente non potremo cambiare il corso degli eventi.

Restino l'attaccamento alla vita ed ai suoi semplici ma importanti gesti. Non manchi il convincimento (forse è un'illusione, ma le illusioni possono incarnarsi in realtà, se ci crediamo veramente) che il rinnovamento accade attraverso la consumazione.

Non manchino in questi ultimi giorni avvolti in un perenne crepuscolo, i colori di un geranio sul davanzale, il ricordo affettuoso per chi ci ha lasciato, la melodia che smussa gli spigoli della disperazione. Non manchi una tavola imbandita in modo parco ma con gratitudine, il ritratto sullo scrittoio di un parente o di un amico allontanatisi, qualche briciola per un passero, un cordiale per l'ospite, il sorriso e l'aiuto concreto per chi è in difficoltà...

Non manchi una finestra da cui guardare un ordito di rami frondosi e, nottetempo, l'occhio ceruleo di un astro. Gustiamo gli istanti di gioia, sapendo che di momenti dolci la sorte è tanto avara.

Non manchi la consapevolezza che non tutti gli errori sono deviazioni dalla strada. Non manchi la consapevolezza che è ancora possibile rimediarvi. Ci nutra l'idea che, dopo la resa dei conti, tutto si appianerà, come il mare che, sconvolto da nere burrasche, infine si placa nella bonaccia.


APOCALISSI ALIENE: il libro

26 aprile, 2011

William

Il principe Guglielmo (William) del Galles, il cui nome completo è William Arthur Philip Louis Mountbatten-Windsor (Londra, 21 giugno 1982), è esponente della famiglia reale britannica, nipote della regina Elisabetta II del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del nord. E’il primogenito di Carlo, principe di Galles e della scomparsa Diana, principessa del Galles. Il principe Guglielmo è secondo nella linea di successione al trono del Regno Unito, dopo il genitore e prima del germano, il principe Enrico del Galles.

Nel 1997 la madre Diana, principessa del Galles, era morta in un “incidente” d'auto a Parigi, nella notte fra il 30 e il 31 agosto. Il 6 settembre si celebrarono le esequie nell'Abbazia di Westminster.

Nel 2001 William conobbe Kate Middleton, sua collega di studi alla St. Andrew’s University. I due si fidanzarono nel 2003. Il 16 novembre 2010 la casa reale britannica annunciò il fidanzamento ufficiale di William con Kate Middleton. I due convoleranno a nozze il 29 (11) aprile 2011.

Catherine Elizabeth Middleton è nata il 9 gennaio 1982 nell'Ospedale Reale del Berkshire, Reading, Regno Unito. E’ figlia di Michael Francis Middleton (23 giugno 1949) e di Carol Elizabeth Goldsmith (31 gennaio 1955), ex dipendenti della British Airways. Essi si erano sposati il 21 giugno 1980 nella Chiesa Parrocchiale di Dorney, nel Buckinghamshire.

Di recente una ricercatrice statunitense, Joey Puegh, ha pubblicato un articolo in cui afferma che il principe William è l'Anticristo.[1] Come è giunta a tale conclusione? Soprattutto confrontando le fattezze dell'Uomo sindonico con i lineamenti dell'erede al trono di Albione: impressionante è la somiglianza dei nasi che presentano un’affine protuberanza sul setto. Sarebbe stata eseguita, stando alla Puegh, una clonazione, usando il materiale genetico presente sulla Sindone: il Cristo massonico deve possedere qualcosa del Cristo. Ad un Messia clonato, tempo fa accennava Bojs. Si intenda pure la clonazione, non in senso letterale, ma come imitazione per opera della simia Dei. Se il sudario di Torino veramente abbia avvolto il corpo del Salvatore forse poco importa, visto che, nell'immaginario collettivo, l'effigie sul lenzuolo è quella del Messia (di David?).

La nascita del principe coincide con il solstizio d'estate: egli fu partorito poco dopo un'eclissi lunare. Molti altri aspetti astrologici, dal potente valore simbolico, costellano il cielo natale dell’erede che festeggerà il suo trigesimo compleanno nel topico 2012.

Se William non è un araldo dell’Anticristo o l’Anticristo stesso, tuttavia risulta indicativa la grancassa mediatica sul suo principesco sponsale, una celebrazione data in pasto ad un’opinione pubblica vorace di fatui ma corruschi eventi. E’ un rito che le élites enfatizzano per il suo valore simbolico, foriero di oscuri significati di là dalla luminosa facciata.

Forse non è un caso se il principe porta lo stesso nome del duca di Normandia, divenuto primo re d'Inghilterra, dopo la vittoriosa impresa normanna, sancita dalla battaglia di Hastings (1066): il duca di Normandia, che sconfisse l'anglosassone Aroldo, è noto come Guglielmo il Conquistatore. Prima dell'invasione, però, era Guglielmo il Bastardo...

[1] E’ solo uno dei tanti testi sul tema, ma l’unico, per quanto mi consta, che abbina la Sindone di Torino al principe William.

Fonti:

Viceland, La donna che ha rivelato l’identità segreta del principe William, 2011
The Synopticon, Epilogo, 2010


APOCALISSI ALIENE: il libro

24 aprile, 2011

L'arciere bendato

L’uomo è incline a catalogare, ad etichettare: la grammatica, dal settore linguistico, viene facilmente traslata nel mondo della vita. Ecco: viene costruita la grammatica della vita e la vita si sclerotizza nelle forme. L’uomo tende spesso a categorizzare: tale inclinazione, nata come esigenza di ordine, come “sfida al labirinto (I. Calvino), degenera in un’attitudine all’incasellamento più rigido, proprio laddove tale esigenza non si può applicare. La vita e la coscienza rifuggono da ogni schema, da ogni norma normalizzante. La vita viola le norme, le coercizioni. Insofferente di limiti, anela ad espandersi oltre l’oltre. Essa si riconosce nelle regole, principi regali e profondi attinti dal Sé, ma spezza le catene delle costrizioni empiriche e concettuali.

Quando qualcuno ci chiede se crediamo in Dio, in lui agisce in modo più o meno inconscio, il solito istinto classificatorio, di stampo dualistico. Bisognerebbe rispondergli: “Non so se Dio creda in me oppure no”. La risposta che incenerisce la domanda, provocatoria e paradossale, è la vera risposta. Se poi la provocazione è spinta, proiettata anzi fino al koan, l’affermazione apparentemente assurda e straniante, avremo reso la pariglia all’interlocutore che intende chiuderci nella trappola del gruppo. Cristiano, buddhista, induista, musulmano, ebreo, ateo, agnostico…: tutte classificazioni, generalizzazioni più false che detestabili.

Credere in Dio? E se fossimo dei credenti perplessi o degli atei fidenti o dei cercatori? Se la realtà trasgredisce il principio di non contraddizione, perché noi dovremmo essere sempre logici, razionali, quadrati? Se l’esistenza ci pone di fronte ad interrogativi, se essa smentisce sé stessa in ogni istante e rovescia i suoi assiomi, se la vita è permeata di morte, se si nega affermandosi, dovremmo noi ridurre il nostro essere alla bidimensionalità di un’etichetta? La vera identità non si lascia identificare, perché è anima e “per quanto tu possa camminare – scrive Eraclito l’oscuro - e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima.”

Le verità che offriamo sono simili a fiocchi di neve che cadono sul deserto: si sciolgono, ancora prima di sfiorare il suolo. Come possiamo dispensare la verità assoluta a proposito di una “realtà” su cui possiamo formarci solo delle speculazioni e teorie che difficilmente non entreranno in contrasto con la logica e con gli elementi percepiti dai sensi? Scrivono Shea e Wilson: “Questa mancanza di contraddizioni è rara: alcuni conflitti tra la teoria e la logica non vengono scoperti per secoli (per esempio, l’allontanamento di Mercurio dal calcolo newtoniano della sua orbita). Anche quando la si ottiene, l’assenza di incongruenze è soltanto la prova che la teoria non è totalmente falsa: mai in nessun caso, dimostra che la teoria è totalmente vera, dato che un numero indefinito di teorie simili può essere elaborato in ogni momento, partendo da dati conosciuti.”

Così le scienze esatte (esatte nella loro perfetta astrazione, avulse come sono dal cuore dell’esperienza umana), si rivelano le più inidonee per comprendere la natura intima delle cose, proprio come i giudizi che vengono trinciati sugli altri, sulla base per lo più di impressioni e pregiudizi. Siamo ossimori viventi, antitesi inconciliabili, antinomie dirompenti: le nostre parole assurgono a disfatta, non appena dimenticano l’assurdo ed il silenzio.

“Non giudicate e non sarete giudicati”: anche perché il giudizio mancherà clamorosamente il bersaglio, come una freccia scoccata a caso da un arciere bendato.

APOCALISSI ALIENE: il libro

21 aprile, 2011

Tracce di Atlantide (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Accanto a simboli primigeni si situano emblemi spuri creati da interpreti fantasiosi. Come scrivevo tempo fa, hanno torto i letteralisti alla Von Daniken che colgono nella Bibbia solo riferimenti agli extraterrestri, ma errano anche i simbolisti ad oltranza che distillano valori reconditi in ogni dove, pure in parti semistoriche o denotative. Si dovrebbe usare un metodo stratificato per enucleare i vari livelli di lettura, riconoscendo che alcune sequenze ne posseggono uno solo. E’ giusto condannare gli interpreti alla Rael che trasformano il Pentateuco in un titolo di ufologia scientista, ma non riconoscere che certuni episodi biblici manifestano un contatto non dirò con alieni, ma con esseri enigmatici (ultraterrestri? Interdimensionali?) significa percorrere un’ermeneutica a senso unico. Come leggere altrimenti situazioni come la lotta di Giacobbe contro l’angelo o la storia di Caino o i primi capitoli del Genesi con la doppia creazione ed i due alberi all’interno del giardino e di una vexata quaestio? Inoltre pensare che creature di altri mondi o sfere di realtà siano intervenute per degradare geneticamente i protoplasti potrebbe essere un insegnamento biblico, con cui non si disconosce la paternità spirituale della prima creazione, ma la si integra con una visione che cerca di dar conto della caduta.

Mario Biglino, autore del saggio "Gli dei che vennero dallo spazio?" non è uno sprovveduto e se le sue conclusioni irritano cabalisti e fedeli, non si può reagire semplicemente ignorandole o per bollarle come blasfeme. Bisognerebbe, invece, provare a suffragare i propri assunti, dimostrando una pari conoscenza dell’ebraico ed impegnarsi in una paziente cernita per distinguere denotazione da connotazione.

La Tradizione scorre ancora tra la waste land di questa età precipite e tetra: le sue acque sono cristalline come quando la sorgente sgorgò, ma oggi fluisce solo un sottile filo d’acqua. Fuor di metafora: pochi privilegiati conservano i fondamentali di un remoto sapere, mentre in passato tali dottrine erano appannaggio di più consistenti confraternite. Quando la Tradizione non si è tradotta in formule che pochissimi riescono a decodificare nel loro significato originario, essa balugina in una Weltanschauung vivificata dall’intuizione.

Si sono persi più che i concetti, i percorsi, i “metodi” [3]: chi non ritiene che il corpo ed il mondo visibile siano tutto, sa che oggi più che mai la via per risalire è disagevole e ripida. Sa anche che, lungo l’erta, sarà facile cadere nel dirupo.

[3] Tra i capisaldi della Philosophia perennis, annovererei i seguenti: “Non uno itinere pervenitur ad tam magnum secretum”; la realtà vera non è quella empirica; la conoscenza intuitiva (saggezza) è superiore a quella razionale, ergo la contemplazione è superiore alla filosofia e questa alla scienza;; esistono due specie di insegnamento: esoterico ed exoterico; l’itinerario umano è una progressiva involuzione; la meta è la fusione con Dio.



APOCALISSI ALIENE: il libro

19 aprile, 2011

La profondità della superficie

Anni fa lessi di un padre ed una madre che, perduta prematuramente l’adorata figlia, notarono con sorpresa nella targa dell’automobile appartenuta alla giovane, le date della di lei morte. Fu una combinazione o il destino era scritto a tal punto che le cifre ferali furono indicate nei numeri della targa? Quante volte ci scopriamo ad individuare in lettere di insegne, in numeri di targhe, in mille frammenti di scritte ed immagini, dei segni, dei messaggi sibillini, eppure così chiari per noi, perché collegati ad una data cruciale! Qui leggiamo le iniziali della persona mancata, quivi la data del suo compleanno; addirittura un suono, affiorando dal mare dei rumori, accenna le prime note di una melodia per noi tanto pregnante. Ne traiamo presagi, conferme, ammonizioni. Sono corrispondenze casuali o tracce di un mondo ulteriore che i sensi e l’intelletto, di solito sopiti, ma ora aguzzati da un evento decisivo sino ad una percezione iperbolica, ossessiva, ci permettono di scorgere?

Quante volte le lettere di un libro che stiamo leggendo, simili a sciami di piccoli insetti, si staccano dalla pagina per attaccarsi ad una parola udita, in una concomitanza inspiegabile!

E’ arduo stabilire se, dietro il caos (apparente?) delle parvenze, si celi una trama segreta, un disegno capace di motivare quanto sembra illogico, stocastico, assurdo persino. Se è così, quale valore assumono le cifrate cifre che costellano i giorni dell’esistenza? Porsi tale domanda significa pure interrogarsi su che cosa si annidi nel numero, magico scrigno di cui abbiamo perso la chiave. Le coincidenze significative passano attraverso insignificanti sincronicità. E’ compito impari tentare di interpretarle.

Charles Baudelaire scrive che “la Natura è una foresta di simboli”: ci perdiamo in questa fitta foresta, dove a tratti un dardo di luce rischiara pochi fili d’erba. Decriptare i messaggi e poi? Si rischia di inclinare al fatalismo: così fu, perché doveva essere, come se il libero arbitrio introducesse una dose di entropia e di gratuità in un universo intimamente coeso, nonostante la frammentarietà dei fenomeni. Non sappiamo se e dove la libertà si saldi in modo inconcepibile per la nostra limitata capacità di comprendere, all’organizzazione implicita, finanche alla Provvidenza.

Le date della scomparsa incise sulla targa sono e restano un enigma, simili alle sillabe spezzate di una lingua ignota, alle lettere scalpellate su un minuscolo frammento di una tavoletta fittile.



APOCALISSI ALIENE: il libro

17 aprile, 2011

Cubo

L’arca che Ziusudra, re di Shuruppak, (il Noè biblico) costruì, su consiglio del dio Enki, aveva la forma di un cubo, con ciascun lato di 120 cubiti. [1] Anche l’imbarcazione fabbricata da Noè, per volontà di Dio, era un parallelepipedo: 150 cubiti di lunghezza per 30 di altezza e 50 di larghezza. Invano gli archeologi continueranno a cercare il relitto dell’arca biblica sul Monte Ararat: essa non navigò per arenarsi sulle pendici della maestosa vetta armena.

L’arca di Ziusudra era dunque un gigantesco dado che è l’espressione simbolica tridimensionale del quadrato, adombrando tutto ciò che è saldo e durevole. Tra i corpi regolari, Platone assegna al dado l’elemento terra. Nell’alchimia è in relazione alll’elemento “sal” come principio del concreto. La Gerusalemme celeste, città ideale dell’Apocalissi attribuita a Giovanni (21-16,17) è cubica: “la lunghezza, la larghezza e l’altezza della città sono eguali”. I suoi lati sono di 12.000 stadi (2200 km), un corpo perfetto sulla base del numero 12. E’ un cubo pure la Kaaba, nel santuario della Mecca: ivi è custodita la pietra divenuta nera per i peccati degli uomini.

Il quadrato è l’emblema geometrico che esprime l’orientamento dell’uomo nello spazio e nella vita, in base ad una divisione del mondo in parti governate da custodi soprannaturali. E’ immagine del cosmo a misura d’uomo, al cui centro viene pensato l’arciere celeste (axis mundi). Questa figura è in connessione con il numero quattro che indica i quattro fiumi del Paradiso, le quattro direzioni del cielo, i quattro temperamenti etc. Se si scrive tale cifra usando il sistema romano, si ottiene IIII: le quattro linee disegnano, una volta dislocate, un quadrangolo che ricorda una porta con gli stipiti, la soglia e l’architrave. Il quadrato con la triplice cinta è archetipo suggestivo.

René Guénon ci ricorda che il Quaternario rappresenta l’espansione totale dell’Unità originaria. L’espansione, simboleggiata dalla croce i cui quattro bracci sono formati da due rette perpendicolari, è il numero del Verbo manifestato e dell’Adam Kadmon.

Da non trascurare le misure dell’arca sumera e le dimensioni della Gerusalemme celeste, entrambe basate sul numero 12, probabilmente di significato astronomico-precessionale, oltre che sacro. E’ possibile che l’arca di Ziusudra e la sfavillante città ultraterrena siano i punti estremi dello stesso segmento.

Secondo David Wilcock, il cubo di Ziusudra potrebbe essere uno stargate, grazie al quale il re sumero riuscì a mettere in salvo sé stesso, i congiunti e gli animali, seguendo le istruzioni del dio Enki (Ea). Wilcock nota che l’ipercubo (o n-cubo), forma geometrica regolare inclusa in uno spazio di quattro dimensioni, secondo gli studi pionieristici di alcuni scienziati, si lega alla fisica iperdimensionale, dunque alla possibilità di varcare il confine del nostro universo per accedere ad un altro piano.

Le speculazioni riportate da Wilcock si potrebbero accostare al significato del numero 11 ripetuto. Il numero 11 possiede per lo più valenze oscure, ma, raddoppiato, a formare altresì un quadrilatero virtuale (una porta?), stando ad alcuni orientamenti interpretativi, indica il passaggio, la transizione.

I passaggi sono luoghi fisici, “ombelichi” cultuali (sorgenti, monoliti, grotte, fenditure…), quindi anticamere di spazi ulteriori, metafisici. Fortunato chi – è una chimera? – quando questa linea temporale si sarà spezzata, riuscirà a deviare sullo scambio per l’altro binario.

[1] La storia di Ziusudra, scritta in sumero, è riportata nei frammenti di una tavoletta fittile reperita ad Eridu. Nei testi accadici Ziusudra diventa Utnapishtim, il cui nome dovrebbe valere “ho trovato la vita ” o “ho visto la luce”.

Fonti:

Dizionario universale dei miti e delle leggende, a cura di A. Mercatante, s.v. Noè ed Utnapishtim
Enciclopedia dei simboli, a cura di Hans Biedermann, Milano, s.v. dado, numeri, quadrato
Enigmi alieni, Messaggeri dallo spazio, documentario di History channel, 2011
R. Guénon, Il demiurgo ed altri saggi, Milano, 2007




APOCALISSI ALIENE: il libro

16 aprile, 2011

Apologia del male (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Il compito della teodicea fu assolto nello stesso momento in cui essa scomparve, non per averlo fallito, ma per esserci riuscita in pieno. In ultima analisi, essa fece sparire la nozione stessa di male. (M. Sgalambro, Dialogo teologico)

E’ abominevole non il male in sé, che può essere formidabile occasione di apprendimento e talora di ispirazione, ma la teodicea. Così, sebbene pensiamo che finalmente ci siamo liberati dal fardello della morale cattolica, quell’etica condensabile nella frase di padre Cristoforo “Dio vi ha visitate”, con cui il cappuccino evoca il concetto di sofferenza come premessa per un’elevazione, come prova, siamo ricaduti in quest’etica consolatoria, senza, però, più le perplessità di Manzoni, senza il suo “tragico ottimismo”. Se l’autore dei “Promessi sposi” vagheggia una “provvida sventura” (ma non sarà spesso solo sventura?) , alcuni new agers affermano che la “grande messe” può avvenire solo con colossali sacrifici umani. La retorica del sacrificio, con tutte le sue dismisure sadiche e masochistiche, assurge a Diktat, a condicio sine qua non per passare nella “quarta dimensione” (sic!). Naturalmente i sacrifici riguardano solo gli uomini comuni: i trainers e gli eletti se ne stanno sereni e tranquilli.

Si oblia l’archetipo della vittima innocente che è innocente proprio perché subisce un male di cui non ha alcuna colpa: anche coloro che non sono cristiani riconoscono in Cristo la figura mitopoietica (esistono comunque dèi pagani che adombrano valori molto simili: si pensi ad Osiride) dell’Uomo che è immolato ingiustamente, immagine potente di un’ingiustizia umana tanto scandalosa da richiedere lo scandalo della Croce. Cristo è l’emblema di un male insensato.

Non so se la materia sia un errore cosmico (come pensavano i diffamati Buoni uomini, vulgo Catari, che, esclusi gli eccessi di alcuni Perfetti, seppero in non pochi casi contemperare il disprezzo per il mondo con una vita integra nel mondo) o se sia una necessità. Credo sia comunque un limite, se ci si riferisce alla materia caduca, corruttibile, imprigionante. Dunque la celebrazione della vita non è la venerazione dell’esistenza, del suo freddo sarcofago, ma di quanto di radioso brilla nell’involucro di carne. E’ una venerazione che conduce all’accanimento terapeutico, alla fanatica preservazione di un soma in disfacimento, alla santificazione di una sopravvivenza agonica, dimentichi della scintilla che sola dà senso all’essere. E’ un materialismo cattolico, ammantato di ipocriti discorsi sulla sacralità della vita.

Non so se il cosmo sia in toto perfetto, nonostante le sue palesi pecche o se sia la conseguenza di un errore (errare) primigenio, errore destinato ad essere riparato, ma che ora ci costa sudore, lacrime e sangue. Propenderei, però, per la seconda possibilità.

Ogni fine è un confine: gli stessi traumi, tragici spartiacque del cammino umano, insegnano e danno il senso della prospettiva, ma la legittimazione del male per giunta nelle sue forme assurde, parossistiche, estreme, è spregevole oltre che insostenibile sul piano filosofico e teologico. Disgustosa è la teodicea che concepisce il male come una vendetta divina per colpe più o meno gravi commesse da uomini comuni che non sono perfetti, ma neppure dei demoni. Se esiste una giustizia superiore, essa è distante anni luce dalle simmetriche e meccaniche espiazioni della “giustizia” umana.

Si abbia la compiacenza di rispondere agli strazianti interrogativi sul Male con l’unica parola che non risulterà falsa, stonata, insincera: il silenzio.



APOCALISSI ALIENE: il libro

13 aprile, 2011

Plasma (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Parassiti dunque i Voladores come i Lux malanghiani, raffigurati come predatori alieni. Questi ingordi succhiatori richiamano pure, mutatis mutandis, il doppio descritto da Rudolf Steiner. Nel libro "Il mistero del doppio" (si tratta della silloge contenente gli interventi di cinque conferenze tenutesi a San Gallo ed a Dornach nel 1917), il fondatore dell’antroposofia indugia sugli enigmi dell'anima umana ed in particolare sul doppio, un'entità dimorante nell'uomo sin dalla nascita e che, temendo la morte, si allontana dal corpo prima del decesso. Secondo Steiner il doppio, la cui natura è ahrimanica, è responsabile di molte malattie. L'autore descrive una sorta di demone che alberga nell'individuo e di cui egli non è conscio. L'inquietante teoria steineriana del doppio trova addentellati in alcune concezioni gnostiche: ad esempio, il maestro Basilide, a proposito dell'uomo, sentenziò che egli è "un accampamento di demoni", evocando l'influsso di misteriose e sinistre creature.

Il Doppelganger steineriano, che dopo la morte dell’ospite, si allontana per cercare un altro soma da parassitare, assomiglia al Lux. L’entità si intrude, infatti, negli individui per assorbirne l’energia animica e può agganciarsi via via a diverse vittime.

Queste ricostruzioni possono trovare delle conferme? Sembra di sì. Micah Hanks, in “Creature di energia nell’atmosfera terrestre?” ricorda che, fra gli altri, Charles Fort, Trevor James Constable ed Ivan Sanderson proposero la teoria di “forme di vita atmosferiche”. In particolare Constable nel saggio “The cosmic pulse of life” ipotizza l’esistenza di esseri che vivrebbero negli strati superiori dell’atmosfera, donde si muoverebbero per recarsi sulla terra col fine di predare capi d’allevamento ed altri animali. Per quanto strana possa apparire questa idea, persino Carl Sagan discusse di alieni sferici in grado di vivere nell’ambiente di giganti gassosi come Giove. Inoltre alcuni astronauti hanno visto nello spazio singolari forme energetiche. Ancora, studi condotti dalla N.A.S.A. hanno suggerito che forme di vita basate sul plasma possano persino scaturire dal “vacuum”.

Come si vede, l’idea di Bellini non è poi tanto isolata. U.F.O. plasmatici, creature proteiformi e, last but not least, la trasformazione dell’atmosfera in qualcosa di simile al quarto stato della materia, attraverso le operazioni elettro-chimiche (si pensi alla diffusione di bario), sono altrettanti meandri di un labirinto enigmatico e tetro. Il fattore tecnologico è sottolineato da Bellini che scrive: “Attualmente, grazie allo sviluppo tecnologico umano, il Lux è in grado di muoversi nell’intero globo per mezzo dell’energia elettrica e di entrare nelle nostre case con estrema rapidità, anche da una presa della luce o da una lampadina.”

Tra le carte degli “illuminati”, quella denominata "The rapture" mostra un registratore a bobine: da una bobina si dipana il nastro spezzato. Sullo sfondo è effigiata la Terra spaccata, come fosse una mela: dall'ampia fenditura schizzano dei raggi dardeggiati da un sole all'interno di Gaia. Il tutto sembra un'allusione all'eccentrica teoria della Terra cava o riferirsi al cuore del pianeta che potrebbe essere formato da plasma e non composto da metalli fusi. Numerosi indizi suffragano questa ipotesi: ad esempio, la sonda spaziale "Dynamic Explorer" della N.A.S.A. ha determinato che un vento plasmatico emana dai poli della Terra in aggiunta al vento che scorre dentro i poli.

Creature viventi e nucleo del pianeta di plasma. Fantasie? Può darsi, ma non avremo forse trascurato di studiare adeguatamente uno stato della materia che è tanto rilevante nell’universo?

APOCALISSI ALIENE: il libro

11 aprile, 2011

Sinopie

E poi con quello che succede/ in una vita come questa/ forse è meglio se la strada/ non è proprio quella giusta (D. Silvestri)

Siamo di fronte ad orizzonti di significato, alla ricerca di una Verità che dia senso al tutto, dalla galassia che arranca negli spazi del cosmo alla crepa che ferisce l’intonaco. L’uomo vive in una terra di nessuno, tra materia ed altrove, tra fato e sogni di libertà. In questa landa desolata si intersecano dimensioni, si consumano gli incontri con noi stessi e con le immagini dei mondi, intermittenze di percezioni, urti con altri esseri.

Nulla quadra, nulla combacia: anche le coincidenze si disuniscono ed i sincronismi si disintegrano in schegge di stupore. I percorsi del pensiero deragliano. Il cuore sterza all'improvviso. Invano cercheremo la via: qui le direzioni si moltiplicano. La raggiera delle direttrici ruota all’impazzata. Si può continuare il cammino, dopo che l’unico ponte è affondato?

La Verità ci sfugge: è acqua fra le dita. Poiché essa è Tutto, non possiamo concepirla. Chi bandisce la verità ne agita solo laceri vessilli, ne disegna tenui sinopie.

Siamo di fronte ad inafferrabili orizzonti di significato.

Foglie arrugginite, librandosi nel silenzio, si adagiano sul selciato. Rintocchi di campane si sbriciolano nella sera. Ombre di suoni azzurri rimbalzano sul lago della notte.


APOCALISSI ALIENE: il libro

09 aprile, 2011

In edicola "X Times" di aprile

E' in edicola il nuovo numero di "X Times", la rivista diretta da Lavinia Pallotta. Tra i vari contributi di questo numero, vorrei segnalare l'articolo scritto da Luigina Marchese a proposito del diossido di cloro (M.M.S).

Colgo l'occasione per rispondere ad alcuni lettori che sono rimasti un po' perplessi, allorché hanno letto su "X Times" l'intervista a Leo Zagami e quella all'avvocato Paolo Franceschetti. In primo luogo, non discuto le scelte editoriali di "X Times", scelte cui soggiace sicuramente una precisa ratio. Ritengo poi che pubblicare le dichiarazioni di personaggi come i due sopra citati, nella consapevolezza che sono figure prodighe di notizie interessanti, quanto avare di rivelazioni davvero scabrose (il ruolo preminente del Vaticano, le scie chimiche, i microprocessori sottocutanei...), sia quanto mai istruttivo. Ai fruitori intelligenti il compito di separare il grano dal loglio, nella coscienza che "in interiore homine habitat veritas".

Senza dilungarmi oltre, consiglio la lettura dell'articolo di Corrado Penna che traccia il profilo del gatekeeper, nella fattispecie l'"ex" agente russo, Daniel Estulin.

Leggi qui l'editoriale della direttrice ed il sommario degli articoli.

APOCALISSI ALIENE: il libro

08 aprile, 2011

Il fattore cigno nero

“Il fattore cigno nero” è il primo episodio della serie “The secret”, aprile 2011. Molti storceranno il naso, leggendo una recensione lusinghiera di un albo a fumetti: i “comics” sono sdegnosamente considerati un’espressione della sub-cultura o visti dai critici generosi come un prodotto della cosiddetta “cultura popolare”. Meglio forse i brogliacci di Umberto Eco?

Giulio Carlo Argan, nella sua schifiltosa analisi della Pop art, a proposito delle note opere di Roy Liechtenstein, si chiede se leggere un fumetto per provare una fuggevole emozione non sia una perdita di tempo. In una società di uomini per lo più meccanizzati l’emozione vale così poco? Inoltre il fumetto statunitense, serigrafico e seriale, è lontano dalle produzioni italiane che preservano, almeno negli esempi migliori, dignità estetica. Si pensi a “Dylan Dog”. In questo alveo si colloca “The secret” con le sue tavole incise, la sceneggiatura intelligente ed un accorto dosaggio degli ingredienti narrativi tra realtà e fantasia. Qual è poi il confine tra fiction e verità? Cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia: qui l’inventiva ci conduce non solo a vivere avventure, ma a compiere il viaggio per eccellenza, l’itinerario in noi stessi.

Non si legga “The secret” per attingere la Verità, ma per aprire degli spiragli possibili sul volto oscuro del potere: in questi tempi sinistri ci può accompagnare lungo il declinante tracciato, tra desiderio di conoscere e smania di evasione. Evasione? “Il fattore cigno nero” spinge a riflettere, anche con le sue citazioni alte (in primis la frase della “Lettera agli Efesini”, “La nostra lotta…”), sulla necessità di evadere dalla condizione di uomini-prigionieri. Uomo-prigioniero è il protagonista Adam Mack (nella caratterizzazione anagrafica, il ricordo della creatura prima della caduta ed uno sprazzo di fidente Ufologia): un personaggio quanto mai pragmatico e, per così dire, pentasensoriale, costretto da eventi sbalorditivi a confrontarsi con la natura contraddittoria e multidimensionale del mondo. Anche se attraverso la forma dell’intrattenimento, i lettori più sensibili intuiranno che non esiste solo la materia e che, se si rinuncia all’immaginazione, si rinuncia ad una parte di noi, la migliore.

Qualcuno si è rammaricato, perché “The secret”, risultato di una lunga e – penso – travagliata gestazione, è uscito solo nel 2011, a distanza di tanti anni dal 9 11, dalle abductions, dall’operazione “scie chimiche” etc. Immagino non sia stato facile contemperare le esigenze diegetiche, che si muovono tra analessi, montaggio sovrano e ripetuti cambiamenti di inquadratura, con lo scopo di disseminare frammenti di attualità censurata, ma Giuseppe di Bernardo, insieme con i suoi collaboratori, ci è riuscito in pieno.

Che “The secret” contribuisca a diffondere quel briciolo di coscienza, soprattutto tra gli adolescenti ed i giovani, tradizionali fruitori di fumetti, pur in questa età frigidamente digitale, coscienza da cui può dipendere qualche percorso del futuro. Se non è troppo tardi.


APOCALISSI ALIENE: il libro

07 aprile, 2011

Il codice binario di Rendlesham

La Rendlesham forest (Inghilterra) è il teatro di uno fra i casi ufologici più sbalorditivi e documentati, il più importante occorso in terra d’Albione.

Così lo ricostruisce Roberto Malini: “Il 27 dicembre 1980 tre addetti alla sicurezza della base aerea di Woodbridge, nel Suffolk (Inghilterra), all’interno della foresta di Rendlesham, avvistano in cielo alcune luci di natura sconosciuta. In seguito alla loro segnalazione, si verifica un insolito movimento di aerei e di altri mezzi militari che partono dalle basi della R.A.F. di stanza a Bentwaters, presidiate dalla forze armate statunitensi. Gli agenti descrivono un oggetto triangolare luminoso, fermo in alto sopra la base. L’U.F.O. è caratterizzato da una luce rossa intermittente posta sulla sua parte alta ed alcune luci blu sulla parte inferiore. Le guardie escludono che si tratti di un aereo. Il colonnello Charles Halt, vice-comandante della base, descrive l’evento in un rapporto ufficiale, aggiungendo che nei giorni successivi all’avvistamento alcuni militari in perlustrazione avrebbero rilevato tre profonde impronte al suolo, forse le tracce di un atterraggio. Contemporaneamente all’avvistamento riportato dal personale di Woodbridge, alcuni civili osservano luci notturne muoversi in cielo con traiettorie zigzaganti.[…] Ottemperando alla legge sulla libertà di informazione, nel dicembre 2002 il Ministero della "difesa" divulga alcuni files relativi al dossier sul caso di Rendlesham, insieme con altri documenti coperti, fino ad allora dal massimo riserbo, che tuttavia non offrono particolari novità”.

Risale alla fine del 2010 un rilevante sviluppo sul Rendlesham incident. Il militare statunitense Penniston, ora in pensione, già di stanza nella base britannica, diffonde alcune informazioni circa la sua esperienza. Egli racconta che il 27 dicembre 1980 fu tra i militari che videro l’ordigno triangolare atterrato in una radura. Egli si avvicinò all’oggetto per sfiorarlo con una mano. Il testimone si accorse che l’U.F.O. sprigionava calore, poi fu investito da un’immagine che si stampò indelebilmente nella memoria visiva: scorse nella mente una serie numerica formata da una lunga serie di 0 ed 1. Tornato alla base, Penniston sentì l’impulso irrefrenabile di trascrivere su un taccuino la sequenza che per lui rimase un enigma indecifrabile per molti anni, fino a quando, andato in pensione, consegnò il quaderno con la successione numerica ad un informatico affinché provasse a decodificarla. L’esperto, dopo vari tentativi, concluse che la serie era traducibile nel seguente messaggio: “Esplorazione dell’umanità per l’avanzamento del pianeta”. Non solo, un’altra parte della comunicazione conteneva le seguenti coordinate geografiche: 53 gradi 15 primi N; 10 gradi 08 primi W.

Queste coordinate potrebbero localizzare l’isola Hy Brasil (dall’antico irlandese “Isola della bellezza”). Hy Brasil è una misteriosa isola, una sorta di paradiso terrestre alla stessa latitudine dell’l'Irlanda. Anche se forse di origine irlandese, il concetto di Hy Brasil deve chiaramente molto ai miti che evocano l’Atlantide inabissatasi nell’oceano. L'isola di Hy Brasil appare, sotto molti nomi diversi, su carte medievali e fu disegnata dal cartografo Angelinus Dal Orto nell’atlante "L'Isola del Brasile" (Genova, 1325). Indipendentemente dalla sua origine, Hy Brasil è spesso citata nella tradizione irlandese. A volte è associata alle Isole Aran ed alle saghe dei Tuatha Dé Danann. Nell’opera “Il crepuscolo celtico” (1893), il poeta W.B. Yeats riferisce i racconti di pescatori che descrivono un'isola edenica dove si può godere la conversazione di Cúchulainn. Hy Brasil, citata pure da Plinio il Vecchio nell’enciclopedia “Naturalis historia”, generalmente si ritenne si trovasse nel mezzo dell'oceano, a centinaia di miglia ad ovest dell'Irlanda, anche se non mancò chi ne segnò la posizione non lontano dalle Azzorre.

Se le informazioni di Penniston sono veritiere, siamo di fronte ad un indizio di una presenza aliena sul pianeta Terra. Il messaggio decriptato si potrebbe interpretare come il riferimento ad una ricognizione di Gaia per opera di una civiltà dello spazio, legata altresì ad Atlantide di cui Hy Brasil fu forse un vestigio. Si potrebbe tracciare il seguente canovaccio: una nazione stellare in un lontano passato fondò delle colonie sulla Terra, tra cui l'Atlantide o influì sull’evoluzione di antiche culture. In seguito ad un cataclisma naturale o artificiale, gli extraterrestri abbandonarono il pianeta per ritornarvi millenni dopo al fine di verificare l’avanzamento della civiltà umana e per stabilire le strategie idonee a riprendere il controllo della situazione. Questa ricostruzione è probabilmente fantasiosa: nondimeno è indiscutibile che il caso di Rendlesham è una pietra miliare nella storia dell’Ufologia, nonché una questione scomoda per l’establishment a tal punto che, come denuncia Whitley Strieber nell’articolo “La verità rubata”, le carte inerenti sono scomparse: distrutte o occultate? È plausibile che la documentazione più scottante sia stata nascosta, mentre al pubblico sono state distillate notizie marginali.

La tenebrosa foresta di Rendlesham continua a custodire il suo inquietante segreto.

Fonti:

Documentario di History channel, Enigmi alieni: messaggeri dallo spazio, 2011
J. MacKillop, A dictionary of celtic mythology, 2004
R. Malini, U.F.O. il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2003, s.v. Rendlesham
W. Strieber, La verità rubata, 2011



APOCALISSI ALIENE: il libro

03 aprile, 2011

Oltre

Quando sarà caduto il sipario davanti ai tuoi occhi, finirà il dramma e comincerà la vita.

Tende, protezioni di silenziose solitudini. Appena scostate per sbirciare il mondo là fuori. Tende a fiorami, simulacro di primavere lontane. Cortine ondulate come dune di emozioni. Veli per attutire la luce ed offuscare i rumori, la roca voce di una fisarmonica nel pomeriggio indolente, il grigio calpestio della pioggia. Tendaggi chiusi su gusci di dolore.

Di notte, fra uno spiraglio della finestra, ondeggiano le stelle su drappi di cielo.

APOCALISSI ALIENE: il libro

01 aprile, 2011

Apologia del male (prima parte)

L’abbiamo accusato, difeso, scagionato, implorato, negato… Non manca chi attribuisce il male a Dio stesso. Così in Lamentazioni 3:38 si legge “Dalla bocca dell'Altissimo non procedono forse le sventure e il bene?” Il profeta Amos (3:6) è d’accordo: “Risuona forse la tromba nella città, senza che il popolo si metta in allarme? Avviene forse nella città una sventura, che non sia causata dal Signore?” Sarà…

Assai più intelligente è l’idea di Schelling che, tentando di dar conto di ciò che nei conti non torna, ipotizzò che l’Assoluto contenesse in sé le tenebre stesse, con buona pace di Hegel e delle sue vacche nere. Quanto è diversa l’idea di Schelling, risultato di una speculazione sofferta ed interrogativa, rispetto al quietismo anestetico dei “filosofi” che proclamano “Tutto è uno”!

Secondo alcuni, il male è uno strumento per promuovere l’evoluzione umana. Se il dolore è un viatico dell’esistenza, un mezzo per l’introspezione, la conoscenza, persino il miglioramento di sé, la sua sovrabbondanza a nulla conduce, se non alla pazzia. Est modus in rebus: esiste una misura per tutte le cose. Eppure taluni non esitano a vedere il male ipertrofico ed assurdo come una sfida: vediamo per quanto resisti alle sevizie. Vediamo come va a finire: somma incongruenza per chi dovrebbe conoscere, se non il fine, almeno la fine.

Avremo l’umiltà di ammettere che il male eccessivo non trova né giustificazione né motivazione?

No! Ecco allora le legioni di teologi dilettanti che spiegano, disquisiscono, chiariscono, illustrano. “Il male ti serve per evolvere ed è una meravigliosa dimostrazione che esiste il libero arbitrio. Se tu non esistessero il bene ed il male, non saresti libero di scegliere. Se hai scelto il male, significa che sei libero di sbagliare, anche se poi ne pagherai le conseguenze, anzi già stai pagando perché il tuo karma è negativo. Che bello! L’universo è duale e nella dualità si esplica il dinamismo del cosmo. D’altronde lo yin e lo yang sono lì a dimostrare che ho ragione. Non vedi? Anche i Cinesi, prima dei geniali maestri della New age, avevano capito che tutto è basato sul magnifico contrasto tra bene e male, da cui provengono tutte le stupende atrocità che ti permettono di crescere: le guerre, le torture, le malattie, l’agonia, la morte, la fame, la sete, l’infelicità, la disperazione, le ingiustizie, le sopraffazioni… Che l’introduzione del male consuoni con il libero arbitrio, è petizione di principio, mentre il concetto di libero arbitrio è e può essere solo un postulato della ragion pratica. La vera libertà è scegliere il bene: i malvagi sono schiavi. Non a caso, il termine cattivo deriva da “captivus diaboli”, prigioniero del diavolo. E’ difficile comprendere come un prigioniero possa essere libero.

Aveva ragione Gerolamo: Venter plenus facile de ieuniis disputat, ossia “Quelli che hanno la pancia piena facilmente disquisiscono di digiuni”. Quindi chi, per un fortunato concorso di circostanze, nella sua vita, non è stato mai scuoiato da patimenti fisici e morali, ma semmai è stato solo lambito da qualche contrarietà, è subito pronto a spiegare origini e scopi del male. Invece di tacere, di fronte all’inquietante enigma, si offrono risposte tanto dozzinali, quanto categoriche. E’ così e basta. Dall’apologia del male all’apologia dei malfattori il passo è breve. Essi sono i nostri addestratori, anzi i nostri redentori: senza i tagliagole, quale possibilità avremmo di evolvere? Commossi, ringraziamo. Ringraziano in primis i seviziati che, rivolgendosi ai loro benevolentissimi carnefici, chiedono: “Raddoppia i supplizi , intensifica la brutalità: in questo modo ci assottiglierai il karma”. [1]

Insomma, siamo noi ignoranti che non comprendiamo: i campi di battaglia pieni di soldati semivivi maciullati e ridotti a moncherini, gli ospizi dove gli anziani si riempiono di piaghe purulente, le strade in cui le prostitute sono percosse in modo selvaggio dai protettori, le camere di tortura che echeggiano di grida laceranti, gli ospedali psichiatrici, albergo di un’umanità disfatta ed umiliata, le caserme dove le reclute subiscono vessazioni indicibili e, perché no? Gli strazi psicologici, tutto questo e molto altro ancora – non ce ne eravamo accorti, a causa di un’imperdonabile distrazione – se non è l’Eden, è l’anticamera del Paradiso. Neanche Jacopone da Todi era così autolesionista.

[1] Ha scritto l’amica Ginger sulle folli motivazioni di Hidden hand: “Male intenzionale chiama male e non si capisce come questo potrebbe mai condurre al bene. Chi ordina il male o lo procura ad altri, lo riceva in cambio. Siamo già abbastanza bravi a farci del male con le nostre stesse mani, certe volte. Rifiuto di dar credito alle entità propagandate che si professano in diritto di giudicare i vivi ed i morti. Tutti abbiamo il nostro margine di miglioramento, forse siamo proprio qua per questo ma la strada non è quella prospettata dal fantasioso Hidden hand e dalle sue "muse ispiratrici". Mi spiace per lui e per chi ci crede".

APOCALISSI ALIENE: il libro