31 gennaio, 2014

Dambruoso l'ombroso

"Non sono io che l'ho percossa: è lei che si è trovata lungo la traiettoria della mia articolazione digitata".

Il 29 gennaio 2014, all'interno dell'Aula di Montecitorio, il deputato nonché questore, Stefano Dambruoso, picchia la parlamentare Loredana Lupo. Un beau geste, civile e rispettoso, degno di un appartenente a "Scelta cinica", pardon civica...



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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

29 gennaio, 2014

Noli me tangere


Ogni esperienza ha la sua età. Rammento le intense emozioni che provai quando lessi il romanzo breve di Herman Hesse, “Sotto la ruota”, la storia di un adolescente che, pieno di speranze, si affaccia alla vita per esserne schiacciato nell’arco di breve tempo. Non so se, rileggendo il libro dell’autore tedesco, a distanza di tanti anni, sarei capace di rivivere quelle ineffabili sensazioni.

Non sono le esperienze che ci permettono di maturare, piuttosto è il primo contatto con la realtà a donarci un’esperienza vergine ed ingenua, anzi è l’attitudine a non toccare le cose a preservarne la loro magia. Codesta è la vera comunione con il mondo.

Forse è per questo che il vissuto più coinvolgente è la visione del firmamento notturno. Ricordo quando, alcuni lustri addietro, contemplai la Via Lattea. Era una notte luminosa e cristallina: l’arcata della galassia, cosparsa di stelle, si dispiegava su un oceano profondissimo. La percezione era tutt’uno con il sentimento dell’infinito e della bellezza, perché nessuna riflessione e nessuna domanda sul senso del Tutto si insinuavano ad offuscare la sublime purità dello spettacolo.

Le cose, per essere comprese, non devono essere neppure sfiorate: è preferibile abbracciarle con lo stupore, accoglierle nell’anima.

“Amai solo le rose che non colsi”, scrive Guido Gozzano in una sua celebre poesia. Così si può veramente amare una voce senza volto o l’ombra del silenzio o perdersi nelle dissolvenze di un sogno. Per vivere un’avventura, per intraprendere un viaggio nell’infinito, è sufficiente ammirare una stilla di pioggia, mentre scivola sul vetro.

La felicità (se esiste) è simile ad un cristallo fragilissimo: basta un nonnulla per mandarla in frantumi. Il narratore Barbey d’Aurevilly osserva che le persone davvero felici tengono un contegno misurato, non lasciano quasi trasparire la loro gioia. Incedono come se stessero portando un vassoio su cui sono collocati dei calici pieni sin quasi all’orlo.

La vita e la felicità si sbriciolano, non appena le sfiora il tempo, quando le inseriamo nel diagramma della logica.

La vera esperienza ama immergersi nell’ignoto e nell’incanto affinché restino tali.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

26 gennaio, 2014

Coscienza senza materia

Nel momento in cui il nostro cervello perde le sue peculiari funzionalità, la coscienza non è più in grado di interagire con questa dimensione, stabilendo un contatto con altri piani di realtà.

Più mi accosto alla materia, più essa si allontana; più interrogo l’anima, più essa tace.

Dopo la morte attendono gli uomini cose che non sperano e neppure immaginano.
(Eraclito)



Il bel libro di Eben Alexander, “Milioni di farfalle” (titolo infelice nell'edizione italiana), narra un’esperienza di pre-morte. Il volume del neurochirurgo aggiunge alla letteratura sulle N.D.E. risvolti filosofici di notevole interesse. L’avventura in un mondo inesplorato spinge, infatti, l’autore a domandarsi se la coscienza individuale possa prescindere del tutto dalla materia-energia. Egli ritiene di sì, andando in rotta di collisione non solo con la maggior parte dei neuro-scienziati che, invece, vedono nella coscienza un epifenomeno del cervello, ma pure con chi cerca di elaborare teorie secondo cui la materia e la coscienza sarebbero pressoché consustanziali o interdipendenti.

La domanda di Alexander è cruciale e se ne trascina dietro altre non meno decisive. E’ necessario per la coscienza acquisire un corpo? In caso affermativo, l’assunzione di un corpo che cosa implica? Una caduta o un’evoluzione? Che ruolo ha la dimensione temporale nell’incarnazione della psiche?

Ha ragione l’autore: la sopravvivenza dell’anima, intesa come principio spirituale, contiene in sé l’esistenza di Dio e viceversa, anche se Dio va inteso in maniera molto differente da come lo descrivono le religioni positive. Comunque l’Essere è staccato dalla materia.

Mutatis mutandis, è una rivincita di Cartesio e del suo tanto esecrato dualismo, poiché la res cogitans è totalmente altra rispetto alla res extensa. Possiede, infatti, una differente natura ontologica. E’ una sostanza le cui caratteristiche fondamentali non coincidono con i tratti peculiari del mondo ilico.

Sull’altro versante ha ragione Stephen Hawking, che pur con argomentazioni più imbarazzanti che capziose, negando l’esistenza di Dio, rigetta ipso facto l’idea di un’anima in grado di sopravvivere alla disgregazione del soma. Le due affermazioni sono intercambiabili o, per lo meno, la seconda è un corollario dell’assunto.

Se, come scrive il Nostro, davvero “la coscienza è alla base di tutto”, è necessaria una rivoluzione copernicana, cambiare radicalmente il punto di osservazione ed adottare nuovi paradigmi interpretativi. In questo inedito contesto, paradossalmente emerge l’enigma della materia più del mistero riguardante la coscienza stessa. Il mito del Dio che si incarna, a questo punto, assumerebbe il significato cosmologico di una coscienza che resta inchiodata all’universo tangibile o per scelta o per un errore.

Rimangono, tra gli altri, il nodo di Gordio a proposito dell’azione dello spirito sulla materia e viceversa (sempre che non si escluda uno dei due termini), il tema abissale del libero arbitrio e la vexata quaestio del male (può il male dipendere dal libero arbitrio?). Se, però, sia pure come mera ipotesi di lavoro, accogliamo l’eventualità di una coscienza del tutto avulsa dalle restrizioni della corporeità, si apre uno spiraglio su una realtà finalmente reale.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

24 gennaio, 2014

Colpevole sino a prova contraria

I media ufficiali si prefiggono l’obiettivo di plagiare e di ottenebrare le coscienze. Non solo, essi incanalano le frustrazioni e la collera del cittadino medio verso capri espiatori sia per coprire i veri autori di delitti sia per sollecitare gli istinti più laidi e brutali dei sudditi.

Nel corso di certi programmi televisivi si finge di compiere inchieste in modo oggettivo, mentre si adesca il pubblico per trasformarlo in una folla forcaiola.

Complici criminologi, testimoni, pennivendoli, alla fine si concentrano i sospetti sulla vittima di turno: non è accusata in modo palese, ma si insinua il dubbio che sia responsabile, anche contro la logica e la verosimiglianza. “Qualcuno sarà pur stato”, “Quello lì non mi piace proprio”: così commenta il volgo cui è dato in pasto un assassino purchessia. Anche l’innocentista, immancabile ospite della trasmissione, ha il compito appunto di dividere il pubblico tra innocentisti e colpevolisti, appiattendo tutto sul piano emotivo, poiché bisogna ottundere nei telespettatori qualsiasi forma di ragionamento. Così, invece di sviluppare il pensiero critico, si stimolano nell’opinione pubblica l’irrazionalità, la propensione a “pensare” e ad agire d’impulso.

Si ignora sempre il contesto, si cancellano i retroscena, le ragioni occulte, gli indizi simbolici sicché il fatto di cronaca nera si aggranchisce in un “giallo” puerile e manicheo alla Lucarelli. Si punta, invece, l’attenzione su circostanze morbose, si delineano profili psicologici che risultano schematici quanto più si ricorre a termini tecnici o ad orridi neologismi come “intenzione omicidiaria”.

Un solo esempio.

Il 13 agosto 2007 è stata ritrovata morta Chiara Poggi, una ragazza di ventisei anni, residente a Garlasco (Pavia). Secondo una prima ricostruzione, la sera di domenica 12 agosto 2007, Chiara Poggi ed il fidanzato, Alberto Stasi, cenarono assieme. Stasi dichiarò che, dopo cena, aveva lasciato la villetta della famiglia Poggi per tornare a casa sua e trascorrervi la notte. La mattina seguente tentò invano di contattare la Poggi al telefono cellulare. Attorno alle 14.00 del 13 agosto, il ragazzo si recò nuovamente presso l'abitazione della Poggi dove trovò la porta aperta: entrato, rinvenne il corpo esanime della fidanzata, riverso per terra in un lago di sangue. Stasi allora si precipitò presso la vicina caserma dei Carabinieri per denunciare l'accaduto.

Secondo gli inquirenti, la sventurata giovane fu uccisa con un oggetto pesante, non ancora ritrovato. Fu colpita più volte da una persona che probabilmente ella conosceva. Sotto le unghie della vittima furono ritrovate tracce organiche, forse appartenenti all'omicida.

Per l’assassinio di Chiara Poggi è stato indagato, processato, infine assolto Alberto Stasi. Con folle decisione, tipicamente italiota, la Cassazione ha, però, stabilito che il processo dovrà essere celebrato di nuovo. Nel nostro paese, tomba del diritto, non valgono i principi giuridici fondamentali, quali in dubio pro reo o ne bis in idem... Cose da pazzi. [1]

Nel caso di Chiara Poggi sono state trascurate (in buona fede?) piste che portavano verso altri lidi, mentre è stato demonizzato il fidanzato della sventurata giovane. Stasi ha anche subìto un procedimento per possesso di materiale pedopornografico: il giovane prima è stato riconosciuto colpevole del delitto, poi è stato assolto. Il possesso di tale materiale è il labile movente dell’accusa, secondo cui Chiara Poggi fu assassinata, perché aveva in modo fortuito scoperto le immagini licenziose nel computer del fidanzato. Si corre il rischio che Stasi sia giudicato reo sulla base di un movente cui è risultato estraneo in un altro procedimento. Una “giustizia” schizofrenica partorisce codesti mostri.

Alla televisione ed alla stampa menzognere e manipolatrici siamo abituati. Transeat, purché se ne svelino e denuncino storture e mistificazioni, ma che in carcere languiscano innocenti è inammissibile, magari se ciò avviene per mezzo di “prove” inserite da una manina fatata nella memoria di un elaboratore...

[1] Sull’omicidio di Chiara Poggi grava il sospetto che sia stato di tipo rituale: peculiare è il fatto che non sia mai stata trovata l’arma. Presumibilmente anche l’atroce strage di Erba è da ricondurre al medesimo ambito: significativo che sia stata perpetrata il giorno 11 dicembre 2006 e che i coniugi, accusati di essere gli esecutori del massacro, Rosa Bazzi ed Olindo Romano, abbiano ammesso le loro (?) responsabilità innanzi ai giudici il giorno 11 gennaio 2007.


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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

21 gennaio, 2014

Universi paralleli

Nobody's listening to the sounds of the street: the clamor, the violence, the sirens, the heat. (Ayo)



Più passa il tempo e più si approfondisce il solco tra il mondo fittizio proiettato dai media di regime e la realtà quotidiana. Le più recenti tecnologie (penso, ad esempio, alla televisione HD) creano scenari sfavillanti, dalle tinte nitide, dagli spazi profondi, prospettici.

Paradossalmente questa realtà finta è più sensoriale e più aggettante dell’universo “reale” ormai offuscato ed appiattito dalle incessanti azioni distruttive perpetrate ai danni della natura. La natura “naturale” è oggi quella dei documentari prodotti da prestigiose reti: la savana, la foresta equatoriale, il deserto... hanno una plasticità ed una forza iconica ignota agli ambienti veri.

Talora ci si chiede se quell’esplosione di vita con animali e piante esotiche non sia, almeno in parte, il risultato di artifici digitali. Molte specie estinte continuano a vivere forse solo nella ri-creazione elettronica. Qui l’Oceano Pacifico pullula ancora di fauna, si slarga in azzurri orizzonti, in cieli sconfinati, si accende di tramonti corruschi..., mentre la concreta desolazione radioattiva di Fukushima si staglia in un silenzio invisibile.

All’evocativa ed esotica Terra del fuoco, nell’estremo sud dell’America oggi si è sovrapposto il paesaggio campano: nella “terra dei fuochi” dai rifiuti tossici si elevano tetre colonne di fumo, si sprigionano aspri colori.

La distanza tra questi universi aumenta sempre più: il diorama attrae con le sue figure fantasmagoriche, ma l’esistenza langue in una cella squallida. Mentre nell’universo catodico la morte è solo un ingrediente narrativo, essa aleggia sulle città-dormitorio simile all’ombra di un angelo dalle ali pesanti, coperte di catrame.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

18 gennaio, 2014

Joshua Rhinehall e l’Anticristo

Chi non si aspetta l’inaspettato non troverà la verità. (Eraclito)



Precisazione terminologica: nel presente articolo è adoperato il termine “anima” senza chiarirne tutti i possibili valori. Il vocabolo “alieni” non designa necessariamente esseri provenienti da lontani pianeti, ma pure creature di altre dimensioni.

Joshua Rhinehall è un presunto rapito che da alcuni anni incontra entità non umane (Grigi, Mantidi...): ripetute esperienze lo hanno condotto a ritenere che le creature non terrestri abbiano un forte interesse per la manipolazione genetica della razza umana. Afferma Rhinehall: “Credo che le entità non umane abbiano eseguito e stiano eseguendo esperimenti biologici sul genere umano al fine di alterarne la genetica. Il loro scopo è quello di guidare la nostra ‘evoluzione’ verso un punto in cui si può ottenere una componente cromosomica adatta alla clonazione ed all’ibridazione. Essi tentano di creare corpi capaci di contenere un'anima con tratti molto specifici coltivati attraverso cicli di reincarnazione dentro e fuori alcuni contenitori di D.N.A”.

Aggiunge l’experiencer: "Insieme con la manipolazione genetica fisica diretta, ritengo che gli Stranieri rafforzino ulteriormente gli effetti biologici desiderati collocando gli individui o le civiltà in situazioni ambientali che determinano un particolare feedback. Gli stimoli esterni possono variare molto: si può essere portati in un luogo estraneo e costretti ad imparare una lingua aliena oppure si può essere obbligati a sopportare gli orrori della guerra. [...] Un organismo geneticamente modificato è inserito in un ambiente ad hoc per forzare dei cambiamenti. Fasi della storia umana, come l'ètà del bronzo, l’ètà del ferro, la Rivoluzione industriale, per citarne solo alcune, potrebbero essere fattori temporali concomitanti con modificazioni cromosomiche".

Rhinehall si spinge oltre: l’obiettivo finale degli Insettoidi sarebbe la creazione di un involucro idoneo ad ospitare l’energia di un angelo caduto, di un essere malvagio, forse dell’Anticristo, comunque di un’entità espulsa dal suo piano dimensionale e bramosa di dominare la Terra.

Confessa il sequestrato: “Al cospetto delle Mantidi provo una sensazione di paura totale. Ho accumulato contatti che sono fortemente negativi. Penso che i visitatori si siano concentrati su centinaia di migliaia di persone, non solo su di me. Seguono l’albero genealogico: infatti, nella mia famiglia, mia madre, mia nonna, il padre di mia nonna hanno avuto esperienze con entità. Credo che gli Altri abbiano influito sul genere umano fin dal principio della storia per estrarre informazioni genetiche. Hanno interagito con noi e manipolato tutto il percorso dell'umanità. Infine sono giunti ad un punto in cui si sono mostrati capaci di ricavare i dati biologici utili ad incapsulare l'energia di un'anima non umana”.

Recentemente la giornalista investigativa Linda Molton Howe, che si occupa da tempo del “caso Joshua Rhinehall”, ha pubblicato un commento di un lettore che correla le ipotesi del rapito alle acquisizioni di un’équipe scientifica. I ricercatori della Emory University School of Medicine hanno riportato sulla rivista “Nature neuroscience” i risultati di uno studio da cui si evince che i ricordi possono essere tramandati ai discendenti attraverso variazioni chimiche nel D.N.A. Il Dottor Brian Dias, sperimentatore principale, ha asserito: "Le esperienze dei genitori, prima ancora che essi generino la prole, incidono notevolmente sia sulla struttura sia sulla funzione del sistema nervoso delle generazioni successive”.

Il Professor Marcus Pembrey, genetista britannico della University College con sede a Londra, ha dichiarato: “La ricerca spiega le fobie congenite che potrebbero dipendere da traumi ancestrali: i vissuti si trasmettono attraverso la memoria del D.N.A.”

Le risultanze degli scienziati si connettono alla congettura di Rhinehall circa un programma genetico alieno. La fusione di diversi tratti di D.N.A. altera la capacità del genere umano. Può una stirpe straniera che ha modificato l'umanità usare il corredo genetico di Homo sapiens per maturare esperienze? Potrebbero quelle situazioni essere un vantaggio per gli extraterrestri che userebbero l’umanità come una grande mandria di vacche da latte genetico? Oppure può la genia allotria inserire un segmento di D.N.A. nel Sapiens, segmento da cui dipendono anche tendenze e comportamenti? Ad esempio, può una razza aliena insinuare nel nostro D.N.A la bramosia per l'oro? I volumi di Zecharia Sitchin descrivono gli Anunnaki come manipolatori di ominidi per creare esseri umani trasformati in cercatori d'oro.

Questo è il quadro complessivo in cui l’ingegneria genetica si intreccia all’”alchimia” psichica. Protagoniste sarebbero delle specie malevole o comunque prive di scrupoli. Sono scenari controversi e pionieristici, ma che trovano parziali conferme in altri filoni di ricerca: si ricordino almeno le indagini del Professor Corrado Malanga.

Si realizza così una xilografia cui si aggiunge, tra l’altro, stando sempre alle “rivelazioni” di Rhinehall, il conflitto fra differenti civiltà aliene ed addirittura incursioni di esseri del futuro. Questi viaggiatori nel tempo starebbero tentando di deviare le linee cronotopiche per stornare i disastri che stanno sconvolgendo questi tempi finali. A tale proposito l’autore di Cropcircleconnector nota che alcuni pittogrammi nei campi di cereali, formazioni che hanno attratto l’attenzione del contattato, sembrano anticipare alcuni “incidenti”, quali la dispersione di greggio nel Golfo del Messico nell’aprile 2010. Il disegno, invero di fattura un po’ rozza, risalente al 16 luglio 2007 ed apparso a Hinton downs si inquadrerebbe in tale predizione. Un altro cerchio nel grano del 19 luglio 2009 (Martinsen hill) rispecchia il logo della BP, la compagnia petrolifera coinvolta nella catastrofe.

Fantasie? Frammenti di verità? Le navi lontane diventano visibili solo dopo che sono emerse dall’arco dell’orizzonte. Spesso è troppo tardi per approntare le difese necessarie.

Fonti:

Cropcircleconnector, Anasazi, Japan tsunami, 2011
L. M. Howe, D.N.A. transmission of traumatic memories, 2014


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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

16 gennaio, 2014

Discrimine e crimine

Gli esseri umani si trovano impegnati in un cammino di consapevolezza momentaneamente interrotto da forze estranee”. (C. Castañeda)



Alcuni pensano che tutto sia perfetto così com’è. Costoro da un lato affermano una libertà senza limiti, dall’altro accettano l’esistente in modo fatalistico, incorrendo in una contraddizione insanabile: tale incongruenza, più di molte altre fallacie, rischia di minare codesta idilliaca visione del mondo. Infatti, se veramente l’universo forse perfetto, esso coinciderebbe con Dio oppure non esisterebbe, poiché solo ciò che non esiste nello spazio-tempo è sottratto alla caducità ed all’insufficienza per quanto lieve.

Gli gnostici la pensavano diversamente. Nel Vangelo di Filippo addirittura leggiamo: “Il sistema mondo in cui viviamo è nato da un errore”. In che cosa consista questo sbaglio e da che cosa sia dipeso nessuno sa. Si può soltanto speculare: si può credere che il cedimento primigenio sia connaturato all’essere stesso o che il buio ed il freddo abbiano invaso un cosmo luminoso. Qualcuno evoca un’interferenza, altri una caduta repentina nell’abisso della materia, altri ancora uno sdrucciolare lento ma incessante. Taluno vede la necessità della catabasi decretata ab aeterno.

Quale sia l’origine dell’origine non ci è dato comprendere. Fatto sta che portiamo sulle nostre deboli spalle tutto il peso insostenibile della realtà. La mortalità ci pone innanzi alla nostra condizione di inadeguatezza. Ogni svolta è un’occasione ma anche un rischio. L’esistenza è un rapido morso ed una morsa.

Qual è stato il passo falso? Dove si è inciampato? Accadde ad un certo punto che gli atomi, privi affatto di coscienza, cominciarono ad essere senzienti (o, al contrario, la coscienza si insinuò nella materia inerte). Dalle infinite non possibilità che escludevano la possibilità della vita e della consapevolezza emerse proprio quella meno probabile. E’ lì il discrimine e forse pure il crimine: nella coscienza che tenta di staccarsi dal substrato materiale, ma, appunto non riuscendovi, resta con le radici spezzate e mezzo scoperte, dunque esposte all’aria ed alle intemperie. Così il nutrimento contenuto nell’humus non attraversa più come prima il tronco e, attraverso il tronco, i rami e le foglie. L’albero si indebolisce e si ammala.

Perciò più la coscienza è elevata, cosciente di sé, più è vulnerabile, fragile. Essa si specchia in sé stessa, condannata a non riconoscersi.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

13 gennaio, 2014

E’ possibile uscire da un sistema socio-economico infernale?

La corruzione più grave non è forse quella che affligge il consorzio umano e l’individuo, ma quella che snatura la lingua. Nel nostro tempo quasi sempre le parole sono usate a vanvera: imperversa il termine “teoria” impiegato a sproposito, ma le cose non vanno meglio con l’aggettivo “politico”, considerato addirittura un insulto, laddove la politica vera, ossia l’amministrazione della pòlis nell’interesse della collettività è dottrina nobilissima. Che pensare poi del vocabolo “comunista” oggidì sinonimo di “appestato” o di “cannibale” con particolare predilezione per i bambini o di “carnefice”?

Lungi da me impegnarmi in una difesa dell’ideologia socialista (tra l’altro socialismo e comunismo non sono voci intercambiabili), ma credo che, se mai sorgerà una società migliore di questa (non perfetta), essa sarà la negazione del vigente sistema fondato sullo sfruttamento sistematico ed indiscriminato degli uomini, degli animali, delle piante. Essa sarà il superamento di un modello incrostato sul profitto, l’usura, la speculazione, l’accumulo, il mercimonio…

Il lavoro stesso non sarà più lavoro (dal latino labor), ossia fatica, sforzo, ma qualcosa di profondamente diverso. Karl Marx – qui sia chiaro che non intendiamo propugnare in toto la sua Ideenkleid, ma anche in un campo di “erbacce” troveremo delle piante medicinali – descrive il lavoro nel mondo da lui vagheggiato come un’attività creativa, appagante con cui l’individuo plasma la materia o elabora idee, sviluppando la manualità e l’inventiva. E’ un’occupazione gratificante, artigianale o intellettuale, emancipata dalla ripetizione meccanica, dall’obbligo di produrre per il capitalista ed il mercato, dalla necessità di racimolare un po’ di soldi utili solo per sopravvivere all’interno della spirale perversa “produci, consuma, crepa”. Dimenticavo: “Paga le tasse ad uno stato esoso, insaziabile, iniquo e guerrafondaio”. Il lavoratore inoltre non è più defraudato dell’oggetto che ha costruito. Il prodotto, recuperando così il valore d’uso, diventa valore.

Non solo, nella società comunitaria ciascuno può decidere di cambiare mestiere o professione ogni qual volta gli aggrada. Oggi è agricoltore, domani vasaio, dopodomani scultore, posdomani regista. E’ naturale che siamo al cospetto di un’utopia, ma non sarebbe auspicabile provare a compiere almeno in parte tale progetto? Preferiamo forse l’attuale struttura socio-economica? Teniamocela, ma non lamentiamoci più.

Si dovrebbe tentare di promuovere una pòlis ispirata ai valori del sostegno reciproco, della condivisione, dello scambio di idee, di beni e risorse (NON merci!) dove il denaro o non è più adoperato oppure è un mero strumento per le transazioni e NON una merce. Erano questi gli ideali di talune comunità antiche e medievali: si pensi ai Nazirei, alle chiese paoline ed ai cenobi medievali. Che siano principi difficili da realizzare e da mantenere è vero: si corre sempre il rischio che si manifestino discordie tra gli appartenenti alla collettività. Incombe poi il pericolo che serpeggi la tentazione di ripristinare un organismo di tipo statale, ossia oppressivo. Lo Stato, espulso dalla porta, rientrerebbe dalla finestra. Questo è una minaccia immane, spaventosa: Nietzsche ci insegna che lo Stato è un mostro e Gramsci ci ammonisce che “ogni Stato è dittatura”.[1]

L’essere umano è sempre essere umano, con i tutti i suoi pregi ed i suoi limiti. Alcuni autori – penso, ad esempio, a Wilhelm Reich - hanno additato dei modelli decorosi. Reich, che fu fiero detrattore dello statalismo sia nelle sembianze del “social-comunismo” sia in quelle del “liberalismo”, auspica una rigenerazione del singolo come presupposto per il miglioramento del corpus sociale.

Possiamo ostinarci ad aggredire la classe di burattini ventriloqui, possiamo continuare con le giaculatorie o cercare, nel nostro piccolo, qualche possibile rimedio, se non è troppo tardi…

Gli schiavi agognano una schiavitù sempre più coercitiva: così, invece di concepire e provare a delineare un prototipo sociale nuovo, impetrano spiccioli da uno Stato-Leviatano che elemosina ai disperati qualche baiocco, purché si stringano viepiù i ceppi agli Iloti.

La palingenesi, sempre che essa sia possibile, comincia dalla depurazione del linguaggio, quindi dalla cultura e non può prescindere da un totale azzeramento della classe “politica” pullulante di buffoni e di parassiti. Rifiutiamoci di votarli e pure di definire “comunisti” Matteo Renzi e la sua claque: ammesso e non concesso che si possa attribuire un aggettivo qualsiasi al “nulla costellato di nei” e agli altri inutili idioti di “centro”, di “destra” e di “sinistra”, potremo affibbiare loro l’epiteto di plutocrati, imbroglioni, maggiordomi dei banchieri, ciarlatani, impostori, sfruttatori, predoni, tagliagole… ma essi non sono “comunisti”, anche perché semplicemente non capiscono un’acca di politica e di economia, non sono, non esistono.

Ancora un paio di considerazioni.

Negli Stati Uniti d’America alcuni intellettuali e movimenti politici accusano Barack Obama - Barry Soetoro di essere “comunista” e di voler instaurare una compagine “comunista”. Siamo precisi: quel pu-pazzo lì è appunto un pu-pazzo incapace di intendere e di volere. E’ vero, però, che le élites che controllano gli Stati Uniti mirano a trasformarli in una tirannide di tipo socialisteggiante, dove del socialismo si estremizza il ruolo opprimente dello Stato teso a controllare tutto e tutti. Allora si potrebbe concludere che Obama è un fantoccio cui gli apparati hanno assegnato il compito di portare la Federazione verso una tirannia ammantata di simboli e di slogan socialisteggianti.

Di recente un amico si è trasferito in Venezuela: dal suo resoconto credo di arguire che il governo di Caracas, con Chavez ed il suo successore, abbia favorito grosso modo una commistione tra social-comunismo (ad esempio, calmiere del potere centrale sui prezzi dei beni primari, gratuità dei servizi) e sistema rappresentativo. Non esprimo un giudizio sul merito: mi limito ad osservare che qualcosa del quadro venezuelano è apprezzabile, mentre altri aspetti non lo sono. L’osceno connubio tra autocrazia ed ultracapitalismo, connubio che connota l’Occidente, non ha ancora devastato alcuni paesi sud-americani. Non sono il paradiso in terra, ma neppure l’inferno statunitense, italiano, greco, portoghese etc., un inferno tanto più demoniaco, quanto più è dipinto come il “migliore dei mondi possibili”.

[1] Dunque si potrebbe desumere qualche suggerimento dalla teoria politica di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, in primis l’antimilitarismo, non certo dai fautori della dittatura del proletariato né dai propugnatori dello statalismo invadente tipico dei paesi scandinavi. I leader della Spartakusbund non a caso furono fortemente critici nei confronti di Lenin, della cui ideologia e prassi sùbito compresero la deriva liberticida, prodromo del totalitarismo stalinista.

Articolo correlato: C. Penna, I soldi non crescono sugli alberi, 2014

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11 gennaio, 2014

Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno

Gianluca Marletta ed Enzo Pennetta sono autori di un libricino intitolato “Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno”, 2011. Il testo si situa nel solco della saggistica xenologica che ascrive in toto il fenomeno U.F.O. a dimensioni occulte di natura non fisica. Tempo fa, esprimemmo un giudizio severo che oggi ci sentiamo globalmente di confermare. Quali sono le ragioni di tale valutazione?

In primo luogo, nel già ripetitivo panorama della letteratura ufologica, il titolo dei due autori non aggiunge alcunché di nuovo: numerosi studiosi, troppo celebri per essere menzionati, già formularono ed esplorarono l’ipotesi parafisica. Transeat: è possibile comunque che si intenda proporre un taglio personale all’interpretazione in esame.

Ciò che non convince è l’approccio riduzionista a causa del quale tutti gli aspetti hard dell’Ufologia sono ignorati a favore di una lettura che, pur legittima, è opinabile quando diventa esclusiva, apodittica. Il rigetto delle caratteristiche materiali elimina ipso facto il problema del terraforming, dell’ibridazione genetica, delle misteriose mutilazioni animali, dalla retroingegneria (si pensi alla notevole testimonianza del Tenente Colonnello Philip J. Corso). Sono questioni che è arduo negare, ma pure facile omettere per non essere accusati di essere dei visionari.

E’ questo il limite maggiore: la tesi è enunciata, senza avvertire la necessità in qualche modo di dimostrarla. E’ così che si getta tutto nello stesso calderone: lo spiritismo ottocentesco, il contattismo, l’archeologia spaziale, gli oggetti volanti non identificati...

Se cardine della ricerca è il discernimento, allora il testo in oggetto non è una ricerca. Si consideri solo il caso del contattismo, molto più complesso di com’è presentato, non riconducibile sic et simpliciter all’occultismo. Vero è che gli ufonauti incontrati da Adamski e dai numerosi epigoni lasciano intuire, di là dai mirabilia tecnologici e dalle apparenze angelicate, obiettivi, se non malevoli, ambigui, ma sarebbe auspicabile adottare criteri più duttili. Quando si affrontano temi controversi, come quelli connessi alla Xenologia, occorre affinare e calibrare gli strumenti interpretativi: è come se un orefice usasse pinze e tenaglie per lavorare l’oro.

Un altro aspetto ci sembra minare la fatica di Marletta e Pennetta: l’opposizione, ormai obsoleta e rude, tra ipotesi parafisica ed ipotesi extraterrestre. A ben vedere, i due orizzonti non sono così lontani: è possibile che una civiltà, dopo aver toccato il culmine del “progresso” tecnologico, abbandoni la tecnica per procedere lungo la via dei poteri psichici, del dominio della materia e dello spazio-tempo attraverso il pensiero. Ad esempio, nell’India vedica dèi, semidei ed eroi ora impiegano la tecnologia ora ne sono svincolati. Lo stesso termine “loka”, in sanscrito, designa sia il pianeta fisico sia un mondo sovradimensionale: invero, realtà fisica ed iperfisica coesistono e si compenetrano, anche se, quasi sempre noi percepiamo solo la prima, anzi una sua piccola frazione. Un Venusiano non deve per forza provenire dal pianeta materiale che chiamiamo Venere.

Pertanto se nella Bibbia ed in altri libri tradizionali alcuni specialisti scorgono “angeli” in carne ed ossa nonché macchine volanti, mentre altri ricercatori vedono immagini sciamaniche e fenomeni eterici, probabilmente hanno ragione entrambe le categorie di studiosi. Si tratta di stabilire dove il testo o l’esperienza descrivono un referente concreto e dove, invece, un simbolo, pur nella consapevolezza che tale distinzione può essere sfumata. Lo stesso vale per la fenomenologia ufologica, il cui versante tecnologico (viti e bulloni), sebbene sia da ridimensionare, non può essere escluso del tutto, pena la creazione di una grisaille in cui si confonde tutto ed il contrario di tutto: esoterismo, occultismo, New age, scienza di frontiera…

Occorre provare a superare la tradizionale separazione tra empirico e meta-empirico. La scienza ortodossa si ostina ad ignorare le cosiddette energie sottili nonché la sfera metafisica: in questo modo si preclude dogmaticamente una visione più ampia ed approfondita. La vera ricerca, però, non può prescindere dalla ricognizione, sempre critica e prudente, di territori liminali. In molti casi l’osservazione del “fatto concreto” dà l’impulso per un’indagine che, un po’ alla volta, travalica i confini dell’empiria, lasciando intravedere inattesi paesaggi.

Dunque la visione dei due scrittori è poco aggiornata e rischia di appiattirsi su un’esegesi dicotomica, anzi manichea dove il bene coincide con il Cattolicesimo ed il male con tutto il resto.

Le ambizioni antropologiche degli autori, cioè dimostrare che le manifestazioni ufologiche nascondono il fine delle élites di creare il terreno adatto ad una pseudo-religione mondialista, si diluiscono nella brevità (brevis laboro esse, obscurus fio...) dell’opuscolo, ma soprattutto sono quasi vanificate dall’impostazione confessionale.

Condividiamo, pur con alcuni distinguo, l’assunto centrale dell’opuscolo, ossia dietro gli Altri (tutti?) opera un agente pericoloso, ma se il fine è portare i lettori nell’ovile della Chiesa cattolica, come tante docili pecorelle bianche, allora preferiamo rimanere pecore nere.

Siamo concordi con altre tesi degli autori, ostili al riduzionismo scientifico, al darwinismo, alla teoria dei cambiamenti climatici dovuti al biossido di carbonio etc. Perciò, visto che le premesse sono buone, auspichiamo che “Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno” sia solo un primo passo di un lungo cammino verso mete più originali, specialmente verso concezioni emancipate dal dualismo interpretativo cui si è accennato sopra.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

07 gennaio, 2014

Ego ed eco

Viviamo nell'epoca delle ciarle insulse per gli stessi ciarlieri.



Non sono pochi i brillanti conversatori, ma quanti sanno veramente ascoltare? L’ego ipertrofico impedisce a molti di udire nelle parole altrui, se non un’eco delle proprie. Osserviamo costoro: il loro sguardo non si posa sull’interlocutore. Sono distratti, assorti a seguire il filo dei loro discorsi, insofferenti. Si annoiano, se gli interventi altrui superano una certa lunghezza.

Per quanto mi consta, nessun regista ha mai avuto l’idea di rinunciare in modo sistematico al campo e controcampo, l’inquadratura alternata degli attori-personaggi che dialogano, per adottare una tecnica uguale e contraria, indugiando con la macchina da presa non su chi parla, ma su chi ascolta o dovrebbe ascoltare.

Dagli occhi del destinatario, dalla mimica, dal modo di ammiccare, si comprenderebbe se davvero egli presta attenzione, quanto si immedesima nel locutore, se è empatico o noncurante o persino ostile, nonostante le sue parole di disponibilità, dietro il velo della cortesia. Particolari inquadrature e tagli permetterebbero di scrutare l’anima del personaggio.

La finzione cinematografica ci aiuterebbe ad estrarre una scheggia di vita.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

04 gennaio, 2014

La Repubblica delle stragi impunite

Ferdinando Imposimato, giudice onorario della Corte di Cassazione, è autore del volume “La repubblica delle stragi impunite”. Opera fitta di testimonianze, Imposimato vi dipana un fil rouge che percorre la storia italiana (e non solo) dalla strage di Portella della Ginestra (Palermo), 1 maggio 1947, quando durante la celebrazione della festa dei lavoratori, furono uccisi 11 manifestanti, sino all’assassinio dei magistrati Falcone e Borsellino.

Al libro-denuncia, premio Roma 2013 per la saggistica, sono stati tributati omaggi formali dalla stampa mainstream che non può e specialmente non vuole riconoscere la portata rivoluzionaria, dirompente del dossier.

L’autore non formula ipotesi, non elabora ricostruzioni, se non in modo molto marginale, ma offre una documentazione imponente ed inoppugnabile circa gli eccidi di Stato. Sono carneficine in cui sono coinvolti gruppi eversivi e servizi segreti collegati alla famigerata organizzazione para-militare nota come Gladio-Stay behind. Anche la criminalità organizzata ha il suo ruolo, ma – non è un paradosso – tale ruolo non è preponderante.

Non si pensi ad un’inchiesta che si fissa su mafiosi cattivi contro cui combattono i buoni delle istituzioni, in stile reportage edulcorato di Carlo Lucarelli. Qui il quadro è molto più complesso, molto più impietoso: tra le altre cose, Imposimato riporta un resoconto di Guido Giannettini alla requisitoria di Emilio Alessandrini su Piazza Fontana, in cui è dichiarato apertis verbis: “La radice di questa trama internazionale si trova a Washington, molti dei tramiti maggiori si trovano a Roma, in Vaticano... Terreno di incontro erano le N.E.I. (Nouvelles équipes internationales), con sede a Bruxelles, una sorta di ufficio di collegamento cattolico-massonico”.[1]

Ne consegue che, come si legge tra le righe del testo, lo stesso papa Giovanni Paolo II fu, se non un agente della C.I.A., un suo solerte collaboratore.

L'ex magistrato, grazie alle prove raccolte e ad un buon intuito, si avvicina al cuore nero del potere, pur non inoltrandosi nel campo minato della vera e propria storia occulta. [2] Gladio, artefice della sanguinaria strategia della tensione, è solo il tentacolo di una piovra mondiale: non sorprende se Imposimato giunge a sospettare che anche l’attentato alla scuola “Falcone Morvillo” a Brindisi nel 2012 sia da attribuire a strutture “deviate” dello Stato; non sorprende che sia incline a vedere nel 9 11 un inside job.

La pista è quella giusta: dietro i colossali interessi economici in cui hanno parte attiva la delinquenza comune e la casta dei “politici” (va bene che la differenza è quasi impercettibile... ), si celano le trame di un’influente organizzazione internazionale. Commenta l’autore nel capitolo conclusivo: “Vorrei porre in evidenza che i terroristi, i servizi, gli apparati, i mafiosi e, ad un più alto livello, i massoni, sono stati solo esecutori di ordini provenienti da altre entità, assolutamente insospettabili”. Difficile non convenire.

Lo scenario è sconfortante: innumerevoli vittime innocenti sono state e sono immolate sull’altare di scopi inconfessabili. Balugina, però, un barlume di speranza: qualche uomo ha sacrificato la sua vita per la verità, tra cui il giudice Vittorio Occorsio, ucciso il giorno 11 luglio 1976 (anche il fratello del giudice Imposimato fu assassinato, in una vendetta trasversale, il giorno 11, nell’ottobre del 1983. Fu colpito da 11 proiettili…), Falcone, Borsellino ed altri.

Anzi, leggere “La Repubblica delle stragi impunite” ci spinge quasi a rimpiangere quei pur tragici decenni passati in cui comunque qualcuno si opponeva alla criminalità istituzionale anche tra funzionari e ministri. Oggi il panorama è desolante: sopravvive oggi qualche uomo integerrimo e coraggioso all’interno della magistratura, delle forze dell’ordine, dei dicasteri? Qualche giudice intende avviare un’indagine per perseguire gli artefici del biocidio noto come "geoingegneria clandestina" ed i numerosi Quisling?

Se ci siete, battete un colpo.

[1] E' un rapporto che risale al 1967.

[2] Sul tema si veda Gerarchia, 2013.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

02 gennaio, 2014

Dante e le “segrete cose”

Se è vero, come è vero, che la “Commedia” è opera esoterica (si pensi alle intuizioni di U. Foscolo, D. G. Rossetti, G. Pascoli, L. Valli, R. Guénon...), è indubbio che il valore intimo di certi versi ci sfugge. Dante appartiene a quel Medioevo che abbiamo definito indecifrabile: qualcosa si è compreso, ma non siamo ancora entrati nel sancta sanctorum.



Consideriamo un passaggio del III canto (Inf. 14-21). Dante, insieme con Virgilio, si accinge ad internarsi nell’inferno, quando legge la terribile epigrafe sulla porta dell’Ade. Il pellegrino chiede alla sua guida di illustrargli il significato dell’iscrizione. Il maestro risponde:

"Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.

Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c'hanno perduto il ben de l'intelletto
".

Quindi...

"E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose
".

Sotto il profilo esoterico, è palese che l’Inferno è il mondo dei profani, il Purgatorio evoca i gradi dell’affiliazione, il Paradiso adombra la dimensione degli iniziati. Questo è il disegno simbolico, al cui interno, però, molti particolari sono sfocati.

Per quale ragione il vate di Andes, dopo aver spiegato al viandante il senso dell’epigrafe, decide di rivelargli ulteriori “segrete cose”? In che cosa consistono codeste “segrete cose” che gli esegeti di solito interpretano con “soggetti ignoti ai vivi”?

Forse l’autore latino intende chiarire al suo discepolo che il luogo della perdizione non è interminabile, ma uno stato dell’anima che, nell’infinita misericordia divina, è destinato ad essere un giorno trasceso, come nell’escatologia di Origene?

E’ arduo rispondere. Dante era “cristiano” (anche se le accezioni dell’aggettivo “cristiano” sono molteplici e talora difformi): purtuttavia la sua Weltanschauung accoglie concezioni ai margini dell’”ortodossia”, talvolta persino catare. Ad esempio, nel canto in oggetto, il cenno alle schiere degli angeli non ribelli a Dio, ma che neppure seguirono Lucifero, trova riscontro solo nella teologia albigese.

Per un motivo o per un altro, sia il concetto di una gehenna senza termine sia quello di un inferno che un giorno lontanissimo finirà, ripugnano alla coscienza umana.

Dante, grazie alla profonda saggezza di Virgilio, riuscì a trovare la quadratura del cerchio?

Post scriptum

Il saggio di Adriana Mazzarella, “Alla ricerca di Beatrice, Il viaggio di Dante e l’uomo moderno” offre del capolavoro dantesco un’esegesi simbolico-iniziatica alla luce (a volte offuscata) della psicologia junghiana.


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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare