31 luglio, 2014

Collezionisti


Quanti collezionano oggetti! Chi colleziona i classici francobolli, chi insulse schede telefoniche o figurine di calciatori, soldatini di piombo, orologi a cucù… Qualcuno raccoglie libri che non leggerà mai, un altro dischi che non ascolterà.

Che cosa li spinge ad accumulare cose su cose, a riempire mensole, scrigni e scatole di carabattole? E’ una sorta di horror vacui, un modo per tentare di riempire l’incolmabile vuoto della vita. E’ una coazione a ripetere: si aggiudicano un francobollo raro che mancava alla collezione ed un brivido di estasi li percorre. Già, però, dopo pochi giorni l’aura di quel prezioso cimelio è quasi del tutto svanita e ricomincia la queste per appropriarsi di qualcos’altro. E’ una ricerca interminabile.

A ben vedere, pochi sono immuni da questa mania. Qualcuno, come Casanova, colleziona amanti, un altro automobili e la differenza è sottile. L’impulso ad accumulare è anche nell’avido che simbolicamente impila monete su monete, ma pure nell’asceta. Costui allinea trionfi sulla carne e sulla concupiscenza.

Qualche cupido erede cercherà nella chincaglieria ammassata dal collezionista un oggetto di valore per rivenderlo. Si disferà, infastidito, di tutto il resto.

Che cos’è poi l’esistenza, se non una collezione di istanti, settimane, mesi, giorni, anni, spesso dolorosi?

Guardiamoci attorno: tutto è collezione. L’universo è una collezione di corpi celesti. Il collezionista annovera nel suo armamentario milioni di galassie, stelle, quasar, pulsar, buchi neri, miliardi di esseri viventi, dalle sembianze più disparate, dispersi su miliardi di pianeti. Ammucchia cadaveri nei cimiteri, neonati nelle nursery forse per pareggiare i conti e sembra non stancarsi mai: al momento seguitano a sbocciare astri e gli entomologi non hanno ancora finito di classificare gli insetti.

Che senso ha il collezionismo? Forse è un tentativo di durare oltre il tempo, oltre la morte. E’ la proiezione di parte del proprio essere nelle cose, consci che esse resteranno, quando la vita sarà svaporata.

E’ come se, attraverso tutto quel coacervo, il trapassato intendesse dire: “Io sono tuttora qui..." E non è così.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

28 luglio, 2014

Other B.R.I.C.S. in the wall: strategie globali per una dittatura planetaria?


Nota: il presente testo non vuole essere per nessuna ragione una difesa delle cosiddette "democrazie occidentali" né tanto meno dei diabolici Stati Uniti d'America.

Sono stati raggruppati in una sorta di acronimo, B.R.I.C.S., ossia Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa. Sono paesi rampanti nell’economia del mondo globalizzato: ricchi di risorse naturali, di manodopera a basso costo, poco o punto sindacalizzata, dinamici nella finanza, i B.R.I.C.S. sono formidabili concorrenti di Stati Uniti, Unione europea, Giappone. In particolare gli Stati Uniti, pur essendo ancora tra le maggiori potenze militari, stanno attraversando una grave crisi economica e sociale, ma soprattutto di immagine a livello internazionale. Non sono più percepiti come il paese delle opportunities né i difensori della “democrazia”, ma come uno stato canaglia che esporta guerre e distruzione in ogni angolo del pianeta. Dominato da un’élite tanto ottusa quanto feroce, gli U.S.A. cercano di procrastinare il crollo del dollaro, con politiche che incrementano un debito pubblico abnorme, inimmaginabile.

E’ questo, a grandi linee, lo scenario geo-politico odierno, ma sarebbe un errore ritenere che l’assetto sia multipolare (B.R.I.C.S. contro i paesi occidentali). Lo è, ma solo in apparenza. Infatti i banchieri internazionali (e coloro che li manovrano su cui qui non ci soffermiamo) non sono animati da alcuno spirito patriottico e nemmeno sciovinista: essi dirigono il film come un regista sul set dirige gli attori, il “buono” contro il “cattivo”. Come in una pellicola, è tutta una finzione. Ai banchieri non interessa se l’egemonia appartenga agli Stati Uniti o alla Russia: essi controllano il denaro, i governi che non governano, gli apparati produttivi. A loro interessa instaurare un unico esecutivo planetario, fomentando odi e divisioni in ogni dove.

Che cosa sta succedendo in Israele e Palestina? Dopo l’uccisione di tre coloni ebrei per opera di non si sa chi (un false flag?), il governo di Netanyahu ha trovato l’alibi per scatenare l’inferno. Hamas ha risposto con il lancio di missili su alcune località israeliane. Ecco che subito l’opinione pubblica si schiera, con uno dei due contendenti. E’ evidente, però, che qualcuno molto in alto (i vertici israeliani e palestinesi stessi, che poi non sono, a ben vedere, né israeliani né palestinesi) è in combutta per creare le premesse di una terza guerra mondiale, secondo i programmi enunciati nel carteggio Pike-Mazzini. Come sempre i popoli sono due volte danneggiati: in primo luogo Palestinesi ed Israeliani sono massacrati (chi più chi meno), inoltre sono indotti a credere che la loro dirigenza li difenda dai nemici malvagi. Certo, alcuni hanno maggiori responsabilità rispetto ad altri, ma nessuno nelle alte sfere è innocente. Lo stesso papa Imbroglio che, a parole, tuona contro le ingiustizie e gli eccidi, se non è un congiurato, è per lo meno un inetto, incapace di opporsi ai guerrafondai. Che cosa ci si può aspettare d’altro canto da un pontefice massone?

Insomma i criteri storiografici per comprendere gli eventi devono essere rivoluzionati: alla concezione orizzontale della storia bisogna sostituire quella verticale. Non solo, le vere radici delle dinamiche storiche non sono tanto le cause profonde, intermedie ed occasionali (i precipitanti), ma stratagemmi come le operazioni false flag e gli inside jobs. Si pensi all’incendio del Reichstag, rogo ideato dai nazionalsocialisti e di cui furono accusati alcuni comunisti olandesi: fu un inside job che permise ad Hitler di accelerare la sua scalata al potere. Fu un espediente molto efficace. Perché oggigiorno i mondialisti non dovrebbero ricorrere a questo collaudato strumento per perseguire i loro piani di dominio? Squadra che vince non si cambia, tattica che funziona neanche.

Dopo la Seconda guerra mondiale gli usurai apolidi non esitarono a strappare il testimone della supremazia mondiale al Regno Unito per darlo agli Stati Uniti. Oggi sono in procinto di consegnarlo alla Russia o alla Cina, comunque ad uno stato che dubitiamo creerà il paradiso sulla terra. O forse la Cina è un modello di democrazia? I B.R.I.C.S. sono, pur con qualche differenza, altri mattoni nel muro, il muro dell’inganno e della sopraffazione. Vero è che, complici anche molti “giornalisti”, essi paiono come il fronte che addirittura si oppone al Novus ordo seclorum. Non sarà, invece, un’altra azione gattopardesca? L’opinione pubblica in ogni caso è indotta a schierarsi sino all’astio ed alla vendetta: vuoi che a farsi sgozzare, decapitare, squartare e sbudellare sul campo di battaglia sia un presidente della repubblica o un primo ministro? Non sia mai! E’ sempre è solo il soldato di leva o quello convinto dalla propaganda a sacrificare la sua vita sul fronte per gli strozzini, pardon per la patria. Aggiungiamoci poi le numerose vittime tra i civili (i famosi danni collaterali) e si sfoltisce anche un po’ la popolazione: il che non guasta.

Per conseguire questi scopi, però, i manigoldi devono prima spronare i rivali a lottare fino all’ultimo sangue, come in un combattimento di galli. Dopodiché sulle rovine fumanti di una sconfinata waste land, apparirà il Salvatore del genere umano pronto ad offrire pace, benessere e sicurezza in cambio di…

L’epilogo non è scontato, ma non è neppure garantito che potremo scegliere la conclusione che più ci aggrada.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

24 luglio, 2014

Triangoli


ll triangolo di Kanizsa è un'illusione ottica assai nota. Nel 1955 per la prima volta fu descritta dallo psicologo italiano, Gaetano Kanizsa. Nella figura il percipiente tende a scorgere due triangoli equilateri bianchi l'uno sovrapposto all'altro, sebbene nessuna delle due figure geometriche sia effettivamente disegnata.

Il fenomeno non è facilmente spiegabile. Gli esponenti della Gestaltpsychologie (Psicologia della forma, scuola psicologica nata alla fine del XIX secolo e diramatasi nel XX secolo in Austria, Germania, Stati Uniti, Italia) hanno tentato di motivare questa illusione ottica, chiamando in causa la percezione a priori di una forma (Gestalt), a prescindere dagli elementi costituenti. Secondo Von Eherenfels, le forme costituiscono un oggetto percettivo sui generis: percepiamo in un modo gli elementi e in un modo dissimile le configurazioni complessive. Anche se le configurazioni non possono esistere senza gli elementi di cui esse sono composte, questa dipendenza non è così forte da impedirci di riprodurre la conformazione con elementi diversi.

Il caso del triangolo di Kanizsa si riferisce addirittura all’assenza degli elementi costitutivi del triangolo (i lati) che, però, la percezione (cervello-mente-coscienza) si incarica di costruire, secondo un principio di organizzazione “dall’alto verso il basso”, ossia dal complesso al semplice. Ciò significa che al centro di un meccanismo percettivo o di apprendimento si situerebbe un processo di riorganizzazione gestaltica consistente nel vedere gli elementi singoli legati in un’immagine ordinata, invisibile prima della riorganizzazione stessa (insight).[1]

La psicologia della forma tende a dar conto del motivo per cui riconosciamo una melodia, anche se eseguita in una tonalità differente o qualora se ne oda solo un frammento o perché si ravvisa un volto anche da un solo particolare fisiognomico.

Il poligono in oggetto, però, non implica solo formidabili problemi inerenti alle sensazioni ed ai fattori gnoseologici, perché palesa delle declinazioni culturali. Infatti l’osservazione del triangolo trascina con sé in ogni percipiente con un minimo di scolarizzazione l’istintivo collegamento all’Ebraismo. Quantunque la cosiddetta Stella di David o sigillo di Salomone sia un simbolo molto diffuso nelle culture del mondo antico, nonostante l’astro a sei punte sia rintracciabile spesso nei graffiti della regione alpina ed in contesti culturali, come quello cinese, che non dipendono affatto dalla tradizione ebraica, la cultura fa, per così dire, aggio sulla natura. Infatti, a causa di una fruizione connotata in senso conoscitivo e persino ideologico, l’osservatore “vede” nel non triangolo di Kanisza due triangoli intersecati e... una stella di David.

[1] Si osservi che il lemma sul triangolo di Kanisza all’interno di Wikipedia contiene un’illustrazione del problema quasi del tutto errata. Ciò la dice lunga su Wikipedia e sulla grossolana ignoranza dei suoi estensori.

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

21 luglio, 2014

U.F.O. e black out nel biennio 1965-1966: preludio di un patto scellerato?


Il 23 settembre 1965 un U.F.O. fu scorto sorvolare la città messicana di Cuernavaca e subito dopo il centro fu avvolto dall’oscurità. La stampa locale associò i due fatti cui diede notevole autorevolezza la testimonianza oculare del governatore, Emilio Riva Palacio. Più drammatica fu l’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica occorsa tra New York, Boston e Toronto il 9 novembre 1965. Quella sera otto stati della Federazione e la provincia canadese dell’Ontario, precipitarono nel buio a causa di un malfunzionamento nella centrale elettrica del Niagara: secondo le fonti ufficiali, il problema era stato causato dalla rottura di un relais. L’oscuramento durò dieci ore, gettando nel timor panico milioni di persone tra Statunitensi e Canadesi.

L’eco del big black out non si era ancora spenta che fu la volta di Londra, poi di Stoccolma, di Bahìa, di Rio de Janeiro, del Texas e del Nuovo Messico, dell’Olanda orientale, dell’Alaska, del Canada settentrionale, dell’isola di Vancouver, di Melbourne e dintorni, di Buenos Aires e zone limitrofe, dell’Italia meridionale. Tutto ciò nel breve arco di due mesi, in regioni distanti tra loro e contraddistinte da condizioni climatiche e tecnologiche differenti.

Tali “eclissi” della luce aprirono delle falle nel sistema della difesa statunitense e di altre nazioni. Le basi dell’U.S.A.F. di Giggs, Holloman e Fort Bliss nonché l’installazione missilistica di White Sands dovettero ripiegare sui gruppi elettrogeni, mentre la rete radar in Alaska fu messa completamente fuori uso. L’autorevole quotidiano “Time” confermò che, durante l’oscurità, i Newyorkesi videro nel cielo un ordigno che ritennero un satellite sovietico. Un pilota istruttore, mentre sorvolava la linea elettrica che collega Clay alle cascate del Niagara, si imbatté in una “palla di fuoco”, notata anche da un altro testimone a terra.

Nel 1966 il buio calò sull’Italia meridionale. La testata “Paese sera” del 10 gennaio 1966 scrisse all’interno di un articolo di prima pagina su nove colonne: “Un globo luminoso è apparso nel cielo di Napoli, a mille metri di altezza nella direzione di Capri, proprio pochi istanti prima che la luce elettrica si affievolisse per poi spegnersi del tutto. Due aerei, decollati da un aeroporto della N.A.T.O., sono stati visti sfrecciare vicini alla sfera, che poi si è allontanata, e compiere evoluzioni di ricognizione".

Il giornale genovese “Il Lavoro” in quell’occasione titolò tra il serio ed il faceto: “Sono i Marziani a spegnere le fonti di energia elettrica?”.

Il primo ricercatore a congetturare una relazione fra le interruzioni di corrente e velivoli non identificati fu il console ed ufologo Alberto Perego nella metà degli anni ‘50 del XX secolo. La sua ipotesi fu ripresa nel decennio successivo, quando si constatò che spesso le power failures erano precedute da avvistamenti di oggetti volanti non identificati o erano simultanee alle segnalazioni stesse.

Tra parentesi osserviamo che l’avvistamento di globi luminosi è non di rado foriero di terremoti, eruzioni vulcaniche, conflitti. Anche le manifestazioni “mariane” – in realtà, nella maggioranza dei casi, di matrice allotria – anticipano talora lo scoppio di guerre e di epidemie.

Come interpretate tali concomitanze? Sono soltanto combinazioni o entità ostili flettono i muscoli, nel caso soprattutto dei black out, per dimostrare la loro potenza, per intimidire e convincere qualche esponente governativo recalcitrante a sottoscrivere patti scellerati?

La data del 9 novembre 1965 è doppiamente significativa: contiene le cifre 911 (o 119) nel giorno e nel mese, come se fosse un messaggio criptico ed un sinistro sigillo cui ci hanno reso avvezzi numerose tragedie successive (9 11 2001, in primis). Inoltre le misteriose mutilazioni animali datano proprio dalla metà degli anni ‘60 del XX secolo, come se, stipulato o più probabilmente ridefinito un accordo anteriore, l’esecutivo segreto avesse dato il benestare ai loro malefici alleati non terrestri di avviare su larga scala l’operazione “cattle mutilations”?

E’ una coincidenza se la data ufficiale in cui fu scoperto il primo animale mutilato è il 1967?

In quell’anno una coppia di coniugi del Colorado, Berle e Nelle Lewis, chiesero ad un parente di accudire per un breve periodo uno dei loro cavalli, Lady (fu poi erroneamente ribattezzata Snippy). Lady aveva tre anni, era di razza Appaloosa e, fin da piccola, aveva dimostrato un temperamento esuberante. Il rancher Harry King, fratello di Nelle Lewis, portò Lady in uno dei suoi pascoli così che potesse brucare e scorrazzare in grandi spazi aperti. La mattina del 9 settembre 1967 Harry King, durante una visita di controllo nei suoi pascoli, si trovò al cospetto di uno spettacolo raccapricciante. La giumenta era stata orribilmente mutilata: la testa ed il collo erano stati scarnificati. Il resto del corpo non era stato toccato. Il suo teschio era così bianco e pulito che sembrava essere stato irraggiato per molte settimane da un'energia molto intensa. Quando furono eseguite le prime analisi, emerse che le aree interessate dall’asportazione non presentavano residui di sangue o di altri liquidi corporei. Tracce piuttosto elevate di radioattività furono registrate nel luogo dove Lady era stata uccisa. Il taglio praticato alla base del collo fu reputato dagli esperti molto preciso. King, poco dopo l’evento, dichiarò ai giornalisti che nessun coltello o arma da taglio avrebbe potuto compiere un’incisione così accurata. Due settimane dopo il rinvenimento della carcassa, il dottor John Henry Altshuler, patologo del Rose Medical Center a Denver, compì l’autopsia. Egli individuò subito un’incisione netta alla base del collo: la ferita mostrava resti di colore nerastro dovuti alla cauterizzazione immediata della lacerazione. Ad un esame interno dell’animale si riscontrò l’assenza del cuore, dell’intestino e della tiroide. Ulteriori indagini indussero i ricercatori a supporre che lo strumento usato per incidere il collo dell’animale fosse stato un laser chirurgico verosimilmente già in possesso dei militari. Testimonianze successive riportarono la presenza di strani bagliori nei luoghi nella zona in cui era stata trovata la giumenta. La madre di King aveva osservato un“enorme oggetto luminescente”. Pure una residente della Saint Louis Valley, la signora Duane Martin, aveva scorto, il giorno precedente il rinvenimento di Lady, alcuni oggetti che assomigliavano a “piccoli jet”. I singolari apparecchi avevano evoluito nella zona a velocità molto elevata e radenti il suolo.

Si potrebbe concludere che l’avvistamento di “segni nel cielo” non è quasi mai un fausto presagio…

Sitografia:

ansuitalia

ecn.org

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

19 luglio, 2014

Incanto

Una pagina dal romanzo di Luigi Malerba, "Il serpente", libro dove la più scintillante immaginazione si indurisce nella più opaca realtà.

"Chi ha rotto l’incanto? Qualcuno deve averlo rotto, a giudicare dalla cronaca dei giornali. Basta leggere la cronaca o andare per la strada per capire subito che l’incanto è stato rotto.

Come andassero le cose prima, non è molto chiaro. Non c’è nessuno che se ne ricordi (è passato tanto di quel tempo), ma pare che gli uomini si cibassero di lattuga, di miele, di latte. Sarà vero? Ci dev’essere qualcos’altro che ci sfugge, che è stato dimenticato. Non c’erano le automobili e tutti i rumori che ci sono oggi. Ma che cosa c’era? I cavalli, i rinoceronti, ma anche i serpenti ed i pipistrelli. Che i serpenti ed i pipistrelli fossero amici dell’uomo, prima che qualcuno rompesse l’incanto? Si fanno ipotesi astruse.

Non esisteva la paura, dicono. La paura del buio, dell’acqua, degli altri uomini. Ormai che l’incanto è stato rotto, tutto può essere pericoloso, anche un buco di pochi centimetri. Un operaio stava trapanando un muro con normale trapano a manovella: la punta d’acciaio ha incontrato un cavo sottotraccia. L’operaio è rimasto fulminato. Fatti come questo succedono ogni giorno, da quando è stato rotto l’incanto".

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La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

16 luglio, 2014

Inconscio, affezioni e tropi


Si sta affermando l’idea che la mente possa influire sul corpo e che, in ultima istanza, la salute e la malattia dipendano in toto dal pensiero. Di solito si chiama in causa l’inconscio e qui casca l’asino. Le “cause” all’origine delle affezioni sarebbero da ricercare nella dimensione inconscia.

Premesso che nessuno sa che cosa sia di preciso tale sfera psichica, per definizione inaccessibile alla logica, si dovrebbe in primo luogo ridefinire l’inconscio, chiamandolo transconscio, intendendolo come un ambito che è situato di là dalle (dal latino trans, oltre, di là da) esperienze individuali. Sorvoliamo nondimeno su questioni terminologiche e chiediamoci non tanto in che modo la mente possa agire sulla materia (abbiamo sviscerato il tema nella serie “La legge dell’attrazione”), ma se le categorie razionali siano legittimate a rendere conto di ciò che razionale non è.

Se davvero tutte le patologie trovassero le loro radici in un humus psicologico, tutte le persone gioviali e positive non dovrebbero cadere inferme. Perché allora alcuni bambini che vivono in un universo spensierato e giocoso conclamano patologie anche gravi? Che l’umore influisca sulle condizioni fisiche è indubbio, ma da questa relazione non si può desumere una legge che spiega tutte le relazioni. Davvero l’ambiente non esercita alcun influsso sul corpo a tal punto che si ammala solo chi per una recondita ragione ha, per così dire, deciso di ammalarsi?

Si vuole offrire una visione nuova della medicina, più aperta e più duttile, ma si ricade nel più scontato nesso causale. Così, se, ad esempio, un’adolescente è colpita dall’anoressia, ci si affanna alla ricerca di un trauma inconscio, di un singolo evento interiore che ha provocato la sindrome. Non bisognerà, invece, studiare una costellazione di circostanze che potrebbero non essere riconducibili al soggetto, ma alla madre o a qualche altro parente, visto che il transconscio valica i confini della psiche individuale?

Quando si prova ad esplorare l’enigmatica, ambigua e sfuggente regione del transconscio, si potrebbero usare i criteri che si adottano quando ci si interroga sulle sorprendenti peculiarità del mondo subatomico. Qui una particella può interferire con sé stessa, sdoppiarsi, l’”effetto” può precedere la “causa”, qui l’osservazione rende indeterminato il fenomeno etc. Sono tutte caratteristiche che gli scienziati seri riconoscono come controituitive e, fino ad oggi, non inquadrabili in una teoria coerente ed esaustiva.

E’ altresì auspicabile che il misterioso libro delll’inconscio sia letto con gli strumenti della Glottologia, anzi della Retorica. Lo psicanalista francese Jacques Lacan, nonostante l’ipoteca di un approccio post-freudiano e la fumosità del suo pensiero, a nostro parere, ha il merito di valorizzare la dimensione linguistica dei processi con cui l’inconscio, trasfigurando le rappresentazioni, produce i sogni, i lapsus, gli atti mancati, i sintomi. Egli equipara la condensazione (processo per cui una singola immagine può riassumere più raffigurazioni) alla metafora. Assimila lo spostamento (il meccanismo con il quale un contenuto inconscio, di forte significato emotivo, è dirottato verso un oggetto almeno all’apparenza estraneo alla dinamica interiore) alla metonimia. Se ricordiamo che il cosmo della psiche si manifesta (e si occulta) con il simbolo, archetipo e tropo di inesauribile ricchezza, si può concludere che l’inconscio possiede una sua struttura retorico-linguistica, tanto complessa quanto complessa è la lingua.

Rigettiamo dunque non l’impegno a percorrere nuovi sentieri che conducano a liberare l'umanità da tutte le patologie, ma il riduzionismo e la superficialità con cui si crede di poter debellare un’affezione, non appena si individua il conflitto (la causa) che ne sarebbe la matrice.

Da un lato si corre il rischio di diffondere delle illusioni, convincendo i pazienti che, ripetendo un mantra o con qualche bizzarra terapia, potranno ottenere una totale remissione, dall’altro, da un punto di vista filosofico, si ribadisce un modello concettuale incentrato su un nesso meccanico ed ingenuo tra “causa” e “conseguenza”.

Infine è forse errato proclamare la necessità di una vita del tutto emancipata da scompensi psichici: una dose, seppur minima, di disagio esistenziale è non solo ineliminabile ma necessaria alla crescita ed alla realizzazione del proprio essere. Gli antichi sapevano che, almeno in una certa misura, la vita è una forma di malattia. Si pensi alla conclusione dell’Apologia di Socrate.

Un orizzonte è suggestivo ed attraente non quando coincide con un arco netto, ma se è increspato da flutti di nuvole e screziato da riflessi.

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13 luglio, 2014

Inferno


In fondo ai rapporti sociali e ai rapporti familiari non c’è innocenza. (A. Moravia)

E’ difficile non considerare il mondo un inferno. Le relazioni umane sono infernali: rapporti sociali inautentici, aduggiati da secondi fini, ostilità latenti, insincerità, competizione; legami familiari sempre appesi ad un equilibrio precario.

Non si comprende per quale motivo continuiamo a cercare gli altri, se poi ne caviamo solo incomprensioni, dissapori, delusioni ed amarezze. Sbagliò Cesare Pavese ad uccidersi, perché non trovava una donna che lo amasse con sincerità e passione. L’amore vero è talmente raro che, se dovessero togliersi la vita tutti coloro che non sono ricambiati, il mondo sarebbe spopolato.

Esaminiamo: qui una persona lamentosa (avrà anche le sue buone ragioni per lagnarsi, ma...), là un arrogante, qui un violento, là un iracondo, qui un avaro, là un lubrico, qui un superbo, qua un invidioso... Sono uomini e donne, però, che si possono ancora sopportare, come Socrate tollerava le bizze della bisbetica consorte, Santippe.

Del tutto insoffribili sono, invece, due categorie di esseri “umani”: i superficiali e gli ipocriti. I primi sono quelli che parlano, parlano, parlano... senza mai dire niente. Sono vuoti pieni di nulla. Sono incapaci non solo di pensare, ma pure di provare sensazioni ed emozioni. Forse sono automi in sembianze più o meno umane. Sono simili a strumenti a corda, ma con una corda sola che, vibrando, produce sempre il medesimo suono.

La genia più detestabile è quella degli ipocriti: l’ipocrisia crea una terza natura, una maschera incollata tenacemente al volto. Eclissate non solo le qualità di creature viventi, ma pure le caratteristiche di esseri sociali, gli ipocriti sono una cosa sola con le loro viscose bugie ed i dolciastri infingimenti.

Quando ci troviamo al cospetto di un Tartufo, si rischia di essere avviluppati in una ragnatela appiccicosa. Purtroppo sono i simulatori ad occupare quasi tutti i posti di comando nella nostra schifosa e venefica società sicché il potere alla sopraffazione accoppia la più untuosa svenevolezza.

Non si ha requie nell’esistenza dilaniata da impegni, seccature, scadenze, problemi, preoccupazioni... Siamo ancora fortunati, se non si schianta su di noi una vera disgrazia. In ogni caso, la vita è un inferno, talora comodo e confortevole, ma pur sempre un inferno.

Non si ha requie: una volta l’uomo che cercava il silenzio e la quiete, poteva trovarla a contatto con una natura incontaminata, oggi...

Non si ha requie: la storia è una carneficina senza senso e solo per caso(?) siamo stati piazzati di qua dallo schermo televisivo dove le immagini di corpi sbudellati e di quartieri sventrati mantengono, nonostante la mediazione televisiva, l’atroce plasticità della morte, l'acre sentore del massacro.

Noi qui a chiederci – se non ci siamo del tutto assuefatti all’infernale “benessere” – il perché di tutto questo. Noi qui in questo spazioso appartamento, dotato di innumerevoli ammennicoli tecnologici rigorosamente wi-fi, con splendida vista panoramica sull’inferno.

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11 luglio, 2014

Misteriose mutilazioni animali anche nel lontano passato?


Le "mutilazioni animali" sono un fenomeno noto anche come "mysterious animals mutilations" (M.A.M.) e che occorre da circa quarant'anni anni negli Stati Uniti, in Canada, in America meridionale, Australia ed Europa. Qualche caso è stato segnalato pure in Africa. Nell'aprile del 1971, i casi di mutilazione di bestiame aumentarono improvvisamente negli Stati Uniti, specialmente nel Nuovo Messico ed in Colorado. Furono reperite all'interno di allevamenti e fattorie carcasse di bovini sgozzati, dissanguati, privi di occhi, di orecchie, degli organi riproduttivi e di altri parti del corpo.

Linda Moulton Howe, giornalista, scrittrice e regista di documentari scientifici, è la maggiore studiosa delle M.A.M.: ella ha passato in rassegna le principali ipotesi esplicative dell'inquietante fenomeno, contribuendo in parte a diffondere l'idea degli alieni macellai. Secondo vari ricercatori, le mutilazioni del bestiame possono essere ricondotte alle seguenti cause: l'aggressione di animali selvatici; l'azione di roditori, corvidi ed altri volatili necrofagi su bovini ed ovini morti per malattia; riti satanici; messaggi cruenti legati ad organizzazioni criminali presenti nel mondo degli allevatori; mistificazioni. Alcuni studiosi scettici di fronte all'assenza degli organi interni, chiamano in causa l'autolisi, un processo decompositivo a causa del quale gli organi interni si trasformano in un fluido che si disperde all'interno del corpo degli animali. Costoro tendono a sorvolare sulle incisioni molto precise con cui è tagliata e staccata la pelle degli animali: paiono incisioni praticate con strumenti laser. La sofisticata tecnica chirurgica, la cauterizzazione, l'assenza di tracce attorno alle carcasse dei poveri animali ed il pur occasionale avvistamento di U.F.O. in concomitanza con le M.A.M. hanno indotto alcuni ufologi ad attribuirle ad extraterrestri carnefici.

Mentre solo in qualche caso sono stati scorti oggetti volanti non identificati, molti testimoni hanno riferito di aver visto, in coincidenza con le M.A.M, silenziosi elicotteri privi di contrassegni identificativi: si può congetturare che i militari siano implicati in queste sanguinose operazioni o come alleati di intrusi ostili o autonomamente, forse per incolpare i visitatori di queste scelleratezze, al fine di demonizzarli e con lo scopo di intorbidare le acque.

Tempo fa ebbi un’istruttiva conversazione con Ghigo di "Freeskies". Ci chiedevano se l’inquietante problema fosse una prerogativa di questi ultimi decenni o se fossero noti casi di mutilazione animale pure nelle epoche trascorse e riportati quindi da autori antichi e medievali. Ad esempio, l’autore latino Giulio Ossequente (secolo IV d.C.), nel Prodigiorum liber (ne conosciamo la parte che copre gli anni dal 190 al 12 a.C.), silloge di episodi portentosi, desunti da Livio e dalle liste dei consoli, non accenna ad alcunché di riconducibile alle M.A.M.

Avevamo concluso, anche se in forma dubitativa, che il fenomeno in esame fosse appannaggio dei nostri tempi feroci. Tuttavia, rileggendo un classico dell’ufologia, “Messaggeri di illusioni” di Jacques Vallée, mi sono imbattuto in un’informazione che, almeno in parte, smentisce quanto stabilito. Nel capitolo intitolato “Una vacca per il N.O.R.A.D.”, Vallée ripercorre le esperienze narrate da un un allevatore sudafricano di nome Anton Fitzgerald.

Fitzgerald nella metà degli anni ‘60 del XX secolo, insieme con un agricoltore, Jock Marrais, stava scendendo il declivio di un colle in una splendida mattina. All’improvviso i due scorsero un ‘bizzarro bagliore rossastro’ sopra il sentiero della fattoria a circa duecento metri di distanza. Il gregge di pecore, nel recinto situato accanto al sentiero, si era diviso in due gruppi a semicerchio, ai lati opposti del fulgore. Gli animali fissavano immobili la luce. Fitzgerald sulle pagine della rivista dedicata all’aviazione “Wings over Africa” annotò attraverso un’efficace similitudine: ‘Le pecore mi ricordavano della limatura di ferro su un foglio di carta attorno ad una calamita’. Il chiarore cominciò ad alzarsi verticalmente senza produrre il minimo suono. Il mandriano ispezionò la zona e notò che mancava una vecchia pecora. Gli ritornò alla mente la leggenda degli Zulu del Sole rosso che si leva dritto nel cielo dopo aver divorato qualche capo di bestiame appartenente alla tribù. Anche i nativi americani Cherokee hanno una leggenda simile con l’astro che si solleva a perpendicolo nel firmamento”.

Dunque qualcuno da tempo immemorabile preleva e divora il bestiame? Chi è questo aguzzino? Per quale ragione questa scelleratezza si è intensificata negli ultimi decenni sino a coinvolgere anche animali domestici che, in precedenza, non ne erano vittime? Domande che gli ufologi ottimisti continueranno ad ignorare.

Fonti:

R. Malini, U.F.O. il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2003, s.v. Mutilazioni animali
J. Vallée, Messaggeri di illusioni, p. 214-215


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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

09 luglio, 2014

La morte di Dio


Quasi tutti gli esegeti, anzi compilatori di manuali, quando indugiano sulla “morte di Dio” in Nietzsche si affrettano a precisare che per “morte di Dio” si deve intendere il tramonto definitivo dei valori tradizionali. Che cosa pensi il filosofo tedesco di Dio fluttua in una zona di penombra tra il rimosso e l’implicito.

Quanti si avventano contro Nietzsche vedendo in lui chi ha calpestato il Cristianesimo! [1] A differenza, però, dei materialisti e del loro ateismo trionfante, Nietzsche più che negare programmaticamente Dio, constata con sgomento l’abisso (Abgrund), ossia l’irrazionalità del reale e della vita. Non è irragionevole consentire con lui, se affondiamo la sonda nell’esperienza umana e nel cosmo.

No: Dio non è morto, ma muore ogni qual volta si avverte di scivolare nel nulla del non-senso. Così, a volte rinasce in un‘epifania (miraggio?), in un’intuizione, in uno spiraglio. Non si tratta di credere, ma di sentire e talora ci si accorge di non sentire niente. “There must be something else”. Sì, ma che cosa e dove?

Non sono certe esperienze, pur cruciali, a dichiarare il granitico silenzio del trascendente. Non sono neppure le sofferenze più atroci ed assurde e neppure è l’ingiustizia che pianta il suo nero vessillo nel cuore del mondo ad annunciare il nulla oltre le apparenze, ma il garbuglio inestricabile degli eventi, il nodo irrisolto delle cose e dei rapporti umani, persino l’effimera ed immotivata felicità che ci sorprende inermi, vulnerabili.

La miscredenza nietzschiana, con cui si inaugura la perplessità incredula del nostro tempo, non coincide con la negazione ingenua e rassicurante del Positivismo, piuttosto è il ripiegamento nostalgico verso l’epoca degli dei, la fredda contemplazione di una luce crepuscolare destinata a perdersi nelle tenebre.

Poiché non sappiamo rassegnarci, la speranza rinasce e muore senza tregua come onda sulla battigia.

In un paesaggio arido, complice il dominio della tecnica, ci siamo accomiatati dagli dei. In questo deserto il vento non porta né profumi né voci, ma solo l’eco inutile della nostra ombra.

[1] Anche solo una scorsa del volumetto ci rivela che Nietzsche non è contro il Messia, ma contro la Chiesa.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

07 luglio, 2014

Choc


L’ipocrisia del potere si misura nella distanza abissale tra le dichiarazioni e le cattive, anzi pessime intenzioni.

Sarebbe scorretto negarlo: il potere sta vincendo la partita e non solo attraverso la coercizione e la frode che sono le sue colonne, ma ottenendo in modo subdolo il consenso dei cittadini. Lo Stato oggi è in ogni dove: le sue colonie si chiamano coscienze. Distrutte le barriere dei pochi diritti rimasti, gli apparati si sono installati nelle menti. Esse non pensano più in modo autonomo: ripetono le mistificazioni dell’establishment. Esse non pensano più. Tutto ciò in modo inconsapevole.

Esiste ancora un’ancora per non naufragare nell’”oceano della stupidità”? Esiste ancora un antidoto contro il conformismo imperante? L’unico contravveleno è la cultura. La cultura oggi più che mai deve essere provocatoria, rivoluzionaria. Deve manifestare la discontinuità rispetto all’ideologia dominante. Contro le concezioni stataliste sarà pungolo il pensiero di tutti quegli autori che denunciano l’ipocrisia delle classi dirigenti. Contro il perbenismo piccolo-borghese gioverà una lingua artigliata che gratta via la patina della retorica.

Il panorama è desolante: le nuove generazioni sono sovente indottrinate da generazioni di indottrinati, tiranneggiate da schiavi. E’ naturale che chi manifesta capacità critiche è ostracizzato ed esposto al pubblico ludibrio, ma è lo scotto da pagare per essere liberi, per essere sé stessi.

La cultura è boomerang: è facile trovare un filosofo, un artista, imbalsamati dal potere in una visione normalizzante (ad esempio, Hegel e Manzoni), che manifestano nella loro Weltanschauung o poetica spigoli acuminati.

Oggigiorno è soprattutto il sapere umanistico-letterario a preservare un’energia, una vis polemica, visto che le discipline scientifiche sono quasi sempre degradate a squallido scientismo. Bisogna riappropriarsi di tutte quelle voci dissonanti, delle intelligenze dissidenti per sovvertire le idee consolidate, per destabilizzare il sistema. E’ necessario valorizzare, nella texture degli autori, il solco più icastico, la linea più scavata.

La cultura è choc: filosofi ed artisti veri si situano rispetto a chi li ha preceduti in una posizione di ripresa ed innovazione, di continuità e rivoluzione, ma è il momento innovativo a prevalere. Nella denuncia e nella critica delle strutture governative occorre privilegiare la pars destruens, sottoporre l’antagonista ad un attacco concentrico, incessante, smascherare l’ignoranza ammantata di saccenteria.

E’ impossibile qualsiasi compromesso o accordo con l’organizzazione statale. Annientare il sistema – non importa quanto tempo e fatica richiederà tale impresa - significa riportarlo alla sua essenza: un niente che vuole controllare tutto.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

05 luglio, 2014

Jacques Bordas: il preludio del Contattismo (seconda ed ultima parte)


Leggi qui la prima parte.

Conferme, smentite, interpretazioni

Il caso in esame fu studiato dall’ufologo iberico Antonio Ribera. Ribera concluse che la storia di Bordas era più credibile rispetto a quella di altri contattisti come Adamski, perché numerosi testimoni ribadirono le sue dichiarazioni: ad esempio, molte persone a Casteil ricordavano l’etre etrange. Lo stesso sindaco raccontò che gli aveva domandato di esibire i documenti, ma lo staniero ipnotizzò il borgomastro che dimenticò la richiesta.

In anni più recenti tre investigatori dell’associazione ufologica francese LDLN si recarono a Casteil per trovare convalide delle conclusioni cui era giunto Ribera: il sindaco, il signor Nou, smentì l’episodio sopra riportato; altri testimoni confermarono in parte fatti occorsi.

Intervistato da Jacques Vallée, Bordas sembrò sincero e, a differenza di quasi tutti gli altri contattisti, avvertì che “là fuori ci sono delle forze luciferine”. Rivelò al matematico francese che l’alieno da lui incontrato gli aveva comunicato di provenire da Titano.

Il caso contiene gli ingredienti tipici del contattismo, ma se ne discosta pure. Peculiari sono le rivelazioni circa un’umanità prigioniera del suo egocentrismo, la necessità di evolvere, le disquisizioni sulla natura del cosmo e della coscienza; aberrante è l’atteggiamento razionale e persino critico di Bordas che, a differenza di molti cultisti, non manifestò mai il contegno dell’emissario intento a diffondere alati messaggi trasmessi dai “fratelli dello spazio”. Le sembianze del visitatore sono, invece, in linea con alcuni resoconti di contattisti e contattati: le fattezze sono nordiche, ma gli occhi oblunghi conferiscono un’aria orientale. Ad esempio, è descritto con gli occhi a mandorla l’ufonauta che plagiò il giornalista Claude Vorilhon, noto con lo pseudonimo di Rael.

Le somiglianze maggiori si notano con le esperienze di Orgeo Angelucci e Maurizio Cavallo. L’italo-statunitense Orfeo Angelucci, tecnico che lavorava per la Lockheed a Burbank, in California, fu, secondo il suo racconto, prescelto da abitanti di un altro pianeta, come destinatario di un messaggio per l’umanità, in cui si riscontrano quei temi destinati a diventare nei decenni successivi motivi conduttori della frangia contattista. Tutto era cominciato nel 1952 con l’avvistamento di un disco verde fluorescente cui erano seguiti alcuni rendez-vous con un essere cordiale e sensibile che Angelucci chiamò Nettuno. Costui trasmise al giovane informazioni di tipo scientifico-tecnologico oltre ad insegnamenti filosofici. Non mancò la previsione, divenuta poi quasi un tòpos delle comunicazioni da mondi lontani, di un futuro conflitto nucleare. L’esperienza di Angelucci culminò a bordo di un aeromobile durante un tour nello spazio, quando, in una sorta d’iniziazione, sentì allargarsi in modo inimmaginabile la sua coscienza, tanto da fargli avvertire l’infinita miseria della condizione umana. Egli così comprese che il tempo non esiste, che la vita terrena è solo una fase di un lungo percorso spirituale. Le informazioni più singolari furono tuttavia altre: i visitatori possono facilmente mimetizzarsi tra noi; esistono oggetti extraterrestri invisibili, se non ai radar; certi dischi sono dei cervelli elettronici, quasi delle macchine pensanti; i vertici militari delle superpotenze intendono mettere a punto delle armi spaziali per colpire e distruggere le aeronavi aliene.

Maurizio Cavallo, alias Jhlos, nato a Vercelli nel 1952, all’età di trent’anni, fu prelevato da alieni dall’aspetto umano, ma dalla cultura e dalla saggezza notevolmente superiori a quella della nostra specie. I rapitori, originari del pianeta Clarion, nella Chioma di Berenice, sottoposero Cavallo ad un processo di trasformazione fisica, psicologica e spirituale: costretto ad apprendere abilità e conoscenze inconcepibili per la mente umana, Jhlos cominciò a scrivere poesie, a dipingere quadri surreali ed a comporre musiche stranamente arcaiche. Dagli abitanti di Clarion egli ricevette pure il dono della scienza delle cose passate e future in modo da rievocare la storia di civiltà scomparse e da preannunciare per l’umanità un’era di grande trasformazione, un’opportunità che, però, per la sua follia potrebbe anche perdere. L’esperienza di Cavallo, simile ad un sogno ad occhi aperti, magnifico e terribile al tempo stesso, sfociata in una trasformazione per molti versi traumatica, non s’incentra sulla missione tesa a divulgare messaggi, secondo lo stile di tanti contattisti.

Che cosa pensare delle vicende occorse a Bordas, antesignano del Contattismo? Occorrerà sospendere il giudizio in attesa di raccogliere altri dati che possano ratificare o smentire quanto riferito, quantunque la distanza temporale renda disagevole riaprire questo cold case.


Fonti:

A. Ribera, Gli UFO: processo con testimoni, Milano, 1975
J. Vallée, Messaggeri di illusioni, Milano, 1984


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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

01 luglio, 2014

Utilizzare


Utilizzare”: questo è il verbo che imperversa oggigiorno. Orrido gallicismo, rivela l’atteggiamento utilitaristico della nostra società. “Utilizzare”, vocabolo che, con quella zeta geminata, è unghia che stride sul vetro, gesso che graffia l’ardesia.

E’ il verbo che anche nei testi vergati dagli ineffabili geni del Ministero dell’istruzione (sic) è riferito agli autori che “utilizzano” le figure retoriche, il registro, le immagini... Povera lingua italiana depauperata e rovinata da inutili beoti! Non manca nei documenti ufficiali quasi mai il sostantivo “effettuazione”, abominio linguistico che non deprecheremo mai abbastanza.

Si diceva del lessema “utilizzare” affibbiato agli scrittori, come se un artista adoperasse le parole, i colori, le note... E’ il contrario! Il vero artista si abbandona alla corrente dell’ispirazione: i versi, le figure, le melodie... si affollano e brulicano attorno a lui, implorandolo di dar forma loro, di farli emergere dalla nebbia dell’inespresso e dell’indistinto alla luce adamantina dell’intuizione. Ecco che allora affiora una frase, un motivo, un soggetto.

Il vero artista è veggente, perché, come Omero, è cieco, cieco alle apparenze, mentre scruta l’ignoto ed ausculta le vibrazioni del silenzio.

Nell’antichità non si distingueva tra poeta e vate, tra aedo ed oracolo: il “vates” è colui che vede. La radice indogermanica di questo termine è probabilmente la stessa del verbo latino “video” (indoeuropeo "vid-ved") Senza dubbio si connette al nome proprio del dio germanico Wotan (Odino), il nume che, rinunciando ad un occhio, acquisisce il dono della profezia, guadagna la conoscenza delle cose soprannaturali.

Lo stesso Apollo è il dio sia delle arti sia dei vaticini.

Dunque è necessario ribaltare l’interpretazione: non è l’artista che opera delle scelte, poiché egli è scelto dall’idea, invasato dal nume, beneficiario di una rivelazione che è al tempo stesso epifania ed occultamento, grazia e condanna.

Dante lo chiarisce in modo netto, inequivocabile: “I’mi son un che, quando Amor mi spira, noto e a quel modo ch’è ditta dentro vo significando”. (Pur. XXIV, 52-54). Il concetto di ispirazione (l’ispirazione è afflato divino ed incanto) e l’idea di una voce che detta allo scrittore quanto egli annota.

Si direbbe che il vero artista non è chi possiede fantasia, ma colui che si lascia guidare dal daìmon, docile ed umile, verso vette abissali.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare