16 giugno, 2016

On the edge of the end



Viviamo, anzi patiamo innumerevoli dissonanze: sono dissidî che ci impediscono di vivere, imprigionandoci in un’oscillazione immobile. Possiamo occupare il tempo nei modi più disparati, possiamo tentare di dimenticare il mondo là fuori, ma quel mondo con il suo cielo devastato alla fine invade il nostro buen retiro.

Che cosa stiamo respirando? Ossigeno o veleni? Che cosa stiamo bevendo? Acqua o una pozione letale? Di che cosa ci stiamo nutrendo? Di alimenti o di composti tossici e radioattivi? Anche i momenti più ordinari dell’esistenza sono inquinati da pensieri nocivi: la coscienza di esistere in una realtà profondamente contaminata dove la contaminazione fisica non è neppure la peggiore, ci getta in una statica frenesia, in una smania di cambiamento sempre risorgente, ma sempre frustrata.

Da quanti anni o decenni si evoca la fine del presente stato di cose, nel bene e nel male! Gli ultimi tempi hanno uno strascico lunghissimo, una nero eco che si protrae in spazi immensi: la fine sembra non finire mai.

Se riflettiamo, però, già tutto o quasi si è compiuto, già tutto o quasi è consumato. Un po’ come Diogene, cerchiamo l’umanità e non ne troviamo neppure un’ombra larvale. La superficialità si stende uniforme sulla superficie di un pianeta senza più storia. Ancora pochi passi…

Camminiamo sull’orlo dell’abisso, ma più del vuoto in basso a spaventare è il vuoto che si è scavato dentro.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

4 commenti:

  1. E' cosi' come dici. Necessariamente occorrerebbe risalire a quel minimo comun denominatore proprio delle grandi scuole sapienziali dell'antichita', il cui messaggio e' perenne, e dunque cercare una sorta d'imperfetta integrita' che e' connaturata al senso profondamente sconnesso di questi tempi massimamente sovvertiti. In fondo non crediamo esservi altro percorso, altro dolore se non la sofferenza indotta da questo precipitare nel vacuo a cui si somma la stessa sofferenza fisica che presto o tardi dovra' coglierci. Non sarebbe nemmeno questo il luogo di simili riflessioni. Questo supporto digitale amplifica il vuoto interiore e non credo abbia altra autentica funzione se non disconnettere e anestetizzare progressivamente la sensibilita'. Ci rispecchiamo nel vuoto interiore e avvertiamo la somma delle nostre piccole esperienze appunto come vuoti a perdere, ma l'essenza di una condizione esistenziale assolutamente peculiare come la coscienza umana e' stata chiamata a vivere tutto cio', quasi a dover definire l'indefinibile o a sostenere l'estremo disagio psichico di non poter ottenere una dimensione consona alle sue prime aspirazioni. La chiave esistenziale risiederebbe proprio nell'integrita'. Le parole che si attribuiscono al Cristo quando afferma siate perfetti come lo e' il Padre mio sono maltradotte poiche' la traduzione corretta e' siate integri. Questo presuppone una diversa e assai piu' complessa interpretazione del passo evangelico. La cosiddetta "innovazione" dal "positivismo" in poi sembra assolvere al compito di annientare la nostra necessaria integrita'. Dovra' pur esserci un luogo e una condizione d'elezione. Come pervenirvi rimane sostanzialmente un enigma assoluto. Coraggio

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    1. Sì, Giovanni, credo proprio che sia come scrivi. La Coscienza è esule, dimentica di sé stessa, immersa nella stagnazione dell'inutulità e del non senso, eppure non tutto può essere assurdo ed inane.

      Non sapevo dell'errore di traduzione (uno dei tanti): cambia molto il significato se, in luogo di "perfetti" leggiamo "integri". Ahinoi, i traduttori sono spesso traditori, volenti o nolenti.

      Ciao

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    2. "Sempre più spesso mi soffermo a pensare sulle condizioni estreme: i traumi e la disperazione. Certo, sono delle disgrazie sconvolgenti, eppure… eppure solo attraverso un trauma o l’esperienza immane della disperazione, otteniamo la forza di gridare le nostre domande, di subissare Dio di sgomenti interrogativi; scoviamo paradossalmente il mezzo per trasformare il disinteresse di una vita incolore che procede per inerzia in un salto nell’ignoto, in un’avventura terribile".

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  2. 'La fine sembra non finire mai'...difficile immaginare una definizione più calzante di questi nostri tempi. Osserviamo, cos'altro possiamo fare? Si parla molto dell'effetto Mandela, in particolar modo per alcune parole bibliche cangianti. Ciao

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