27 novembre, 2016

Letto, fatto



Si impara più dall'osservazione che dai libri. (A. Dumas giovane)

Uno fra i più diffusi e radicati pregiudizi è il convincimento secondo cui per imparare a scrivere, bisogna leggere. Per una sorta di prodigio, dopo che si è divorato un cospicuo numero di libri, si diventerebbe dei letterati.

Senza dubbio la lettura è utile, ma, come osservò qualcuno: “Se tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare, tra il dire e lo scrivere, c’è di mezzo il mare ed il cielo”. La lettura è una consuetudine che può ampliare il proprio repertorio lessicale, può favorire la capacità di riflettere e di osservare, ma non produce ipso facto competenze nell’elaborazione: esse si acquisiscono, se si acquisiscono, con un tenace tirocinio e per mezzo di idonei strumenti cognitivi di cui oggi pochissimi dispongono. Naturalmente anche il talento gioca la sua parte.

Leggere? Che cosa? Il mercato editoriale oggi offre testi in quantità soverchia: è difficile orientarsi, perché, insieme con qualche volume pregevole, si sforna moltissima paccottiglia. Allora è meritorio disdegnare ed ignorare tanti titoli per scoprire qualche libro negletto ma valido. Soprattutto è auspicabile riscoprire i classici da cui si trae sempre qualche insegnamento. Non solo, sono i testi della Tradizione a pungolarci, stimolando una Weltanschauung critica, laddove la “cultura” contemporanea è soggiogata da conformismo, ipocrisia ed ignoranza.

Bisognerebbe poi promuovere un nuovo tipo di lettura, accanto a quella estensiva, una fruizione, per così dire, a spizzichi e bocconi, a morsi. Bisogna imparare a strappare ad un testo un amaro aforisma, uno scorcio descrittivo, una scheggia di filosofia: ne potranno scaturire sorgenti di pensiero non meno feconde di quelle che sgorgano dalla lettura completa di un romanzo o di un saggio. Una frase, estrapolata dal suo contesto, potrà brillare di una luce inconsueta, simile al riflesso su una sfaccettatura di un diamante colpito da un raggio inatteso.

Ciò che avviene nel momento della ricezione, per cui una parte può valere talvolta più del tutto, accade pure nell’universo della creazione: quanti capolavori sono nati dal brandello di un enunciato, dall’accenno di un accordo, da una “casuale” macchia di colore!

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APOCALISSI ALIENE: il libro

24 novembre, 2016

Eclissi dell’escatologia



E’ paradossale che siano le religioni ad offuscare o ad annichilire l’orizzonte escatologico, le domande sulla fine del singolo e dell’umanità. Sebbene viviamo in un’epoca che ha il sapore amaro dell’epilogo, nonostante il ricco repertorio escatologico ed apocalittico di cui dispongono le tre fedi monoteiste medio-orientali, proprio esse si concentrano in modo alquanto angusto sul qui ed ora, su un presente ingombrante e pure importante quanto vogliamo, ma effimero.

Tuttavia l’attuale età storica sembra filigranata con i segni dei tempi finali: le profezie (o programmi?) si stanno tutte adempiendo. Quali sono le cause di questo disinteresse per le cose ultime? Come si prova ad esorcizzare la paura della morte, così le gerarchie ecclesiastiche tentano di ridimensionare le fosche prospettive future per continuare ad illudere le masse dei fedeli che le organizzazioni religiose possano stornare il male che avanza. Si abbindolano i fedeli, facendo brillare davanti ai loro occhi incantati il miraggio di un avvenire migliore, grazie ai buoni uffici di chiese-cooperative.

Quanti oggi sognano di poter contrastare i piani della feccia globalizzatrice a base di guerre, crisi economiche, sconvolgimenti sociali ed ambientali! Non si sono accorti che purtroppo certi eventi devono compiersi: il libero arbitrio cui ci si appiglia è la “bugia vitale” (Nietzsche) che continua ad alimentare propositi di lotta, di resistenza. Sono propositi lodevoli, ma destinati a naufragare, perché la storia, cui potrebbe soggiacere una sua imperscrutabile logica, procede imperterrita proprio verso quelle mete paventate. Al Paradiso si accede, come Dante, dopo aver attraversato l’Inferno e conosciuto i suoi orrori.

Ci si agita, ci si affaccenda, ci si oppone, ma il risultato è simile a quello di un animale la cui zampa è presa nella tagliola: più la povera bestia tenta di liberarsi, più l’arto è lacerato e la situazione peggiora.

Sarà il caso di imparare una saggia rassegnazione, confidando, passata la bufera, in un bene maggiore di quello che si potrebbe anche solo immaginare?

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APOCALISSI ALIENE: il libro

21 novembre, 2016

Elogio dell'errore



Errando, discitur”, si suole ripetere, ossia “sbagliando, s’impara”. Purtroppo non è quasi mai cosi, poiché l’ultimo degli errori è solo il primo di una nuova serie. Eppure l’errore va elogiato per varie ragioni.

In primo luogo, errare significa deviare dal percorso prestabilito, come c’insegna l’etimologia. Errare è dunque vagare, esplorare nuovi territori, affrontare sfide formidabili.

Inoltre lo sbaglio può essere produttivo: quante scoperte ed intuizioni sono scaturite da sviste! Una trascuratezza in un esperimento, un azzardo in un’opera hanno spalancato la porta ad orizzonti inattesi.

Gli insegnanti sanno che certi lapsus nei compiti degli allievi hanno una loro logica che non è quella quadrata, aristotelica, ma una ratio più profonda: sono inesattezze che spingono a rivedere consolidati giudizi, spronano a guardare il problema da un’altra angolazione, eccentrica.

Certo, restano tutti gli errori che abbiamo commesso, commettiamo e commetteremo, quelle azioni che suscitano rammarico, persino rimorso, e che vorremmo non aver mai compiuto. Sono azioni che non ci hanno insegnato alcunché, scivoloni lungo il cammino che ci hanno lasciato con le ossa rotte.

Se accusare sempre e comunque il destino di queste cadute, può coincidere con il desiderio di liberarci dalle responsabilità, d'altro lato accusare sé stessi di ogni sbaglio accende ed alimenta un senso di colpa più dannoso che inutile. In fondo, pure codesti errori, per quanto dolorosi ed imperdonabili, ci appartengono, sono esperienze che danno sostanza al tempo, sebbene amara. Essi hanno deviato il corso della vita, creato diversioni, meandri, lanche. Tuttavia, come il fiume, anche attraverso anse e deviazioni, alla fine raggiunge il mare, così l’esistenza, nonostante e, in parte, grazie ai suoi inciampi, tocca il suo fine.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

19 novembre, 2016

I filamenti di Evora



Il 2 novembre 1959, a seguito dell’avvistamento di due U.F.O. sulla città portoghese di Evora, cadde una pioggia di filamenti. Tra gli altri, Il preside, gli insegnanti e gli allievi di una scuola scorsero l’oggetto volante che era formato da una calotta superiore di aspetto metallico ed una parte inferiore fluida, simile ad una medusa. Alcuni testimoni raccolsero campioni delle fibre che furono sottoposte ad esami di laboratorio, ma i risultati sono stati tenuti segreti fino al 1978, quando fu pubblicato il rapporto di un biologo secondo cui i filamenti, di natura organica, incistavano una creatura microscopica totalmente sconosciuta, dotata di tentacoli e di un’enorme resistenza alla pressione.

Il dossier riferisce: "Inizialmente la creatura appariva policroma: il corpo centrale era giallo, mentre i tentacoli sfoggiavano un colore rosso molto intenso. In seguito, si rilevò un forte cambiamento cromatico, con la colorazione che virò verso un tono giallognolo”. I tentacoli erano composti da filamenti paralleli, uniti da una sostanza gelatinosa. Ogni fibra aveva un aspetto trasparente, rivelando all'interno corpuscoli il cui numero crebbe con il passare del tempo; al centro del corpo centrale si notava un'apertura a forma di bocca, attorno alla quale si osservavano crepe e pieghe molto sottili".

Purtroppo i campioni di Evora sono andati perduti a causa di un incendio che distrusse il laboratorio in cui erano custoditi.

La caduta di fibre simili è fenomeno tipico degli anni ‘50 del XX secolo; in seguito diventò più infrequente. E’ celebre soprattutto il caso di Firenze dove, il 27 ottobre del 1954, dopo il transito di alcuni oggetti nel cielo, scese una sorta di nevicata, una bambagia vetrosa, i cui fiocchi si scioglievano a contatto del suolo.

Questa sostanza fibrosa, definita anche “bambagia silicea” e conosciuta come angel hair nei paesi anglofoni, fu segnalata a Gela nel 1954, ad Oloron in Francia il 17 ottobre del 1952, a Gaillac il 27 ottobre dello stesso anno, ad Ichinoseki, Giappone, il 4 ottobre 1957, a San Fernando, California, il 16 novembre del 1953 etc. Analizzati, i capelli d’angelo si rivelarono un composto di vetro a base di boro e silicio.

A distanza di decenni, non è ancora stata gettata una luce chiarificatrice su questo fenomeno, anzi l’avvento della geoingegneria clandestina, con le sue piogge di filamenti, risultato della polimerizzazione dei carburanti aeronautici, ha ulteriormente confuso la situazione, giacché non pochi ufologi li interpretano come bambagia silicea, laddove non c’entrano alcunché con i “capelli d’angelo” né con le tele di ragno, a differenza di quanto asseriscono i negazionisti.

Ricapitoliamo. Nonostante certe somiglianze, bisogna distinguere tali ricadute in tre tipologie.

• Filamenti organici di Evora.
• Composti vetrosi inorganici.
• Fibre polimeriche derivanti dal decadimento dei carburanti avio.

Fonti:

- R. Malini U.F.O., il dizionario enciclopedico, Firenze, 2003, s.v. capelli d’angelo e Firenze
- Misteroufo


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APOCALISSI ALIENE: il libro

17 novembre, 2016

Smania di possedere



“E’ mio!” E’ già il bambino ad esclamare “E’ mio”, quando qualcuno gli prende anche solo per un istante il balocco. Il bimbo comincia presto ad acquisire il senso del possesso, anzi della proprietà. Negli adolescenti questo atteggiamento è ormai consolidato: “io” (“il più lurido dei pronomi” lo definisce Carlo Emilio Gadda) e “mio” sono fra le parole più usate, a sancire un egocentrismo che è, al tempo stesso, conquista di un Lebensraum ed arroccamento.

Eppure i fanciulli più piccoli condividono i loro ninnoli, sia con i coetanei sia con gli adulti, un po’ come i cani che portano al padrone l’oggetto che è stato lanciato lontano. Poi qualcosa cambia…

Mio, tuo… invero nulla ci appartiene: adoperiamo degli oggetti, ma sono appunto in primo luogo strumenti dalle finalità pratiche, sebbene li consideriamo estensioni del nostro piccolo-grande ego. Potremmo anche adoperarli in comune con altre persone. Semmai sono i manufatti che abbiamo creato noi quelli di cui possiamo rivendicare in una certa misura l’esclusiva; gli altri spettano a chi li ha progettati e fabbricati.

Mio, tuo… l’attaccamento alle cose, la smania di possedere, di accumulare, persino di privare gli altri di quanto è di loro pertinenza, testimoniano una reificazione di chi palesa codesta cupidigia: si diventa cose tra le cose. Il denaro soprattutto accende e fomenta la bramosia, laddove la pecunia non dovrebbe neppure essere prestata senza chiedere gli interessi, ma, secondo la liberalità e le possibilità del donatore, semplicemente elargita. Nulla è regale quanto un regalo.

Mio, tuo… eppure riceviamo in prestito la stessa vita. Pensiamo forse di tenerla con noi per sempre? Pensiamo di tenere con noi patrimoni, ville e latifondi? Giungerà il giorno in cui ci accorgeremo di poter custodire nel tascapane soltanto la saggezza e la conoscenza… se saremo riusciti a raccoglierne qualche grammo lungo il difficile cammino.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

10 novembre, 2016

Giustizia e giustizieri



Hanno suscitato veementi reazioni le dichiarazioni di Padre Cavalcoli. Il “religioso”, dai microfoni dell’ubiqua e perniciosa Radio Maria, ha affermato che il terremoto che ha colpito l'Italia centrale, è un castigo divino, giacché il Parlamento ha approvato una legge immorale sulle cosiddette "unioni civili". Biasimato dalle gerarchie vaticane, il frate ha confermato tutto, anzi ha rincarato la dose, evocando nuove punizioni del Padre Eterno. Si rischia di promuovere un’”etica” brutale, animata da uno spirito vendicativo e settario. Si corre il pericolo di trasformare il Signore in una specie di giustiziere dalla mira storta. Le asserzioni di Padre Cavalcoli sono un segno di questi tempi ferrigni, un’epoca priva affatto di empatia e di cultura, un’età in cui lo scientismo più becero ed il bigottismo più superstizioso si fondono in un unico calderone.

La polemica dimostra che, all'interno della Chiesa cattolica, non si salva quasi nessuno: Padre Cavalcoli esprime una concezione della Provvidenza di sconvolgente rozzezza. Se davvero Dio interviene nella storia, invece che nell'animo umano, non si comprende perché debba infierire contro inermi ed innocenti abitanti, in luogo di neutralizzare i responsabili di crimini e di perversità. In fondo, basterebbe eliminare la cricca mondialista per sanare l'intero pianeta, ma Dio preferisce agire altrimenti... Sarà.

Naturalmente anche i satrapi del Vaticano, con il loro lassismo e la loro viscida ipocrisia, hanno le loro responsabilità.

Ad ogni modo, che differenza rispetto, ad esempio, alla teodicea manzoniana: nei "Promessi sposi" il Nostro, lungi da propugnare visioni manichee, si interroga sull'origine e sul ruolo del male, concludendo che la Provvidenza, contrappeso di ogni malvagità, agisce in modo imperscrutabile e misterioso, ma non tanto nelle vicende storico-politiche, quanto nel cuore dell'esistenza individuale. Di fronte a domande abissali, come quelle sulla genesi e la funzione del mysterium iniquitatis, Manzoni non fornisce risposte apodittiche, ma esorta a confidare in Dio, ad intravedere nel cammino degli uomini, anche quello più difficile, la filigrana di una Giustizia superiore. E' una visione consolatoria, ma non dogmatica, distante anni luce dagli assordanti vaniloqui di pseudo-teologi, dalle allucinazioni dei guru New age.

Che differenza, infine, rispetto al pensiero del logico e filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein. Egli, a proposito di questioni metafisiche, scrive: "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere".

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APOCALISSI ALIENE: il libro

04 novembre, 2016

Da Montale a Matrix



Come spesso avviene, gli artisti anticipano, con il loro genio, teorie scientifiche e dottrine filosofiche. Così Montale nel componimento “Forse un mattino, andando in un’aria di vetro” preannuncia il modello dell’universo olografico, anzi addirittura sembra preludere alle controverse elucubrazioni confluite nella pellicola “Matrix”.

Ecco il testo

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.


Il poeta genovese è colto da una folgorazione: il mondo fenomenico gli appare come uno schermo gigantesco su cui gli oggetti sono immagini proiettate, non “cose reali”. Non è tanto un’epifania del nulla, come è stato scritto, perché il termine "nulla" allude alla mancanza di senso, ma l’apparire dell’illusione. La “realtà” è un velo ingannevole e rivelarla significa velarla due volte. Di fronte all’improvvisa manifestazione dell’”inganno” percettivo, si resta sbigottiti: crolla il terreno sotto i piedi, ogni certezza vien meno.

Il modello del cosmo olografico-mentale, che ha parecchi punti di contatto con le concezioni risalenti all’Idealismo (da Berkeley sino ai più recenti paradigmi in cui filosofia e scienza si fondono e si confondono), come in Montale, suscita – è inevitabile – turbamento, almeno per due ragioni: smaterializza la materia e cancella il libero arbitrio. Se, infatti, gli enti materiali sono solo trappole dei sensi e se tutto è coesistente nella Coscienza atemporale, che significato e che valore hanno le azioni umane? Ad esempio, uccidere un essere vivente è un po’ come “assassinare” un attore su un palcoscenico. [1]

Invero, il paradigma olografico-coscienziale non riesce a render conto né della materia che, nonostante tutto, sembra avere uno zoccolo duro (ed insanguinato) né dell’emergere del male da cui dipende l’etica, dacché essa si alimenta della coesistenza e del conflitto tra bene e male. Senza etica, non esistono neppure libera volontà e sanzione morale e vice versa. Ecco forse le cause del terrore montaliano... e nostro.

Viviamo dunque in un universo ologramma? Se è così, è un ologramma schiantato dal grido di mille domande senza risposta.

[1] Vedi almeno Appunti sull’Idealismo di ieri e di oggi e La legge dell’attrazione.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

01 novembre, 2016

Superare il dualismo



E’ quando la situazione diventa ogni giorno più grave, più spaventosa che gli uomini dimostrano maggiore superficialità e noncuranza.

Il duello statunitense tra Trump e la Killary Clinton (o chi per lei… si vocifera che la psicopatica sia defunta e sia stata sostituita da una sosia) è una sceneggiata: come avviene in TUTTE le “democrazie” occidentali, entrambi gli sfidanti sono controllati da un unico potentato che, con una certa dose di approssimazione, possiamo definire la masnada dei banchieri, anzi usurai internazionali. Non importa chi vincerà, perché ognuno dei due candidati alla Casa bianca sarà poi costretto ad obbedire agli ordini del Governo occulto mondiale.

Lo stesso discorso vale per Putin (o chi per lui): è ovvio che per ingannare i popoli, è necessario mantenerli costantemente ipnotizzati dai giochi di prestigio. Il Presidente della Federazione russa sembra incarnare il bene, la tradizione cristiano-ortodossa contro l’Occidente corrotto e satanico. Purtroppo non è così, poiché – non ci stancheremo mai di ripeterlo – non esistono “poteri buoni” ed in quanto un reale cambiamento non può essere elargito dall’alto, non può provenire da un “Salvatore” umano.

Nel gioco delle parti Putin interpreta l’eroe che, sfidato a singolar tenzone dal cattivo, prima ignora ogni offesa, poi, quando la misura è colma, rende la pariglia. Il fine è scatenare un Terzo conflitto mondiale che, se scoppierà, sarà fomentato come i due precedenti: la guerra non sarà dovuta, se non all’apparenza, ad un attrito tra superpotenze, giacché sarà orchestrata da una Terza entità che pilota ambo i belligeranti. [1]

Anche in Italia la contrapposizione tra Partito demoncratico e Movimento Cinque Stalle è, ai vertici, finta. I terremoti artificiali, che stanno distruggendo l’’ex bel paese, rischiano di compattare le due fazioni nel nome dell’emergenza nazionale. Esiste il mortale pericolo che prevalga il sì in occasione del referendum elettorale o che la consultazione sia rinviata sine die. Le guerre e le calamità “naturali” servono, tra le altre cose, a coagulare il consenso di una popolazione spaventata ed indottrinata attorno ad un capo carismatico, affinché si conferiscano poteri straordinari ad esecutivi di “salute pubblica”.

Si pensi alla propaganda bellicista precedente la Grande guerra (1914-1918): essa convinse la maggior parte degli aderenti ai partiti socialisti ed operai ad abbandonare l’internazionalismo pacifista a favore di una politica sciovinista ed interventista. In questo modo le élites persuasero i popoli a diventare carne da cannone: aizzarono le coalizioni l’una contro l’altra, rinfocolando l’odio verso lo straniero e l’”amor patrio”.

Insomma, todos caballeros, ossia tutti uguali? Sì!

[1] E’ come illudersi che Papa Imbroglio sia il paladino della pace e della verità contro i carnefici del pianeta: il gesuita Ciccio appartiene alla congregazione mondialista di cui condivide in toto progetti ed ideologia.

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APOCALISSI ALIENE: il libro