Il poeta persiano islamico Fakhr al-din As’sad Gurgani è un autore della cui vita si sa pochissimo: a lui si deve un poema-epico-cavalleresco composto intorno al 1054.
I suoi magnifici versi sulla speranza meritano di essere riportati.
“Speranza, dolcissima speranza, desiderio dei giorni./ Solitudine, noia, eppure speranza,/ speranza, salda certezza,/ speranza, acqua di vita […] Oh, cuore giardiniere, magnifico rosaio! / Contadino devoto di un amore casto e insonne, / che poti, zappi e speri, / col palmo pieno di spine, / perché un giorno vedrai la gloria delle rose”.
“Desiderio e speranza: d’essi / solo sentiamo grande bisogno / noi qui di questo mondo. / Finché s’accende il sole, / finché la luna è bianca, / voglio amare e sperare in questo amore”.
“Sono un ramo ed ho sete, /cielo annuvolato. / Sono straniero e fitta / mi dimora nel cuore la nostalgia. / Chiedo di te sull’orlo / dei sentieri al passante; / quello mi risponde: ‘Rinuncia al tuo anelito vano. / Sarà disperato chi tanto spera”.
L’intuizione di Gurgani è scintillante: la speranza è non solo insopprimibile sogno del cuore, sempre vano, eppure sempre risorgente, ma pure sentimento contiguo alla disperazione.
William Shakespeare, anzi John Florio nel dramma “La tempesta” scolpisce l’identità tra speranza e disperazione: “La disperazione significa una speranza così alta / che neanche l’ambizione riesce a guardare più in alto / e anzi dubita di ciò che ha già scoperto”.
Che cos’è la speranza? Attesa senza aspettativa alcuna, futuro senza avvenire, seguitare ad affacciarsi sull’orizzonte del mattino, anche quando è sempre buio. La speranza tende l’anima in modo parossistico, stira i legamenti, strappa i tendini. Essa è un letto di Procuste, un tenebroso inferno appena rischiarato dal raggio di una stella cadente. La speranza è la dimora degli uomini che non si rassegnano all’ineluttabilità del male. E’ labirinto senza uscita, ma dove continuiamo ad aggirarci. La speranza è disperazione, sguardo lucido, disincantato sul mondo. La speranza è attraversare la notte infinita, invece che rinunciare ad inoltrarvisi.
I suoi magnifici versi sulla speranza meritano di essere riportati.
“Speranza, dolcissima speranza, desiderio dei giorni./ Solitudine, noia, eppure speranza,/ speranza, salda certezza,/ speranza, acqua di vita […] Oh, cuore giardiniere, magnifico rosaio! / Contadino devoto di un amore casto e insonne, / che poti, zappi e speri, / col palmo pieno di spine, / perché un giorno vedrai la gloria delle rose”.
“Desiderio e speranza: d’essi / solo sentiamo grande bisogno / noi qui di questo mondo. / Finché s’accende il sole, / finché la luna è bianca, / voglio amare e sperare in questo amore”.
“Sono un ramo ed ho sete, /cielo annuvolato. / Sono straniero e fitta / mi dimora nel cuore la nostalgia. / Chiedo di te sull’orlo / dei sentieri al passante; / quello mi risponde: ‘Rinuncia al tuo anelito vano. / Sarà disperato chi tanto spera”.
L’intuizione di Gurgani è scintillante: la speranza è non solo insopprimibile sogno del cuore, sempre vano, eppure sempre risorgente, ma pure sentimento contiguo alla disperazione.
William Shakespeare, anzi John Florio nel dramma “La tempesta” scolpisce l’identità tra speranza e disperazione: “La disperazione significa una speranza così alta / che neanche l’ambizione riesce a guardare più in alto / e anzi dubita di ciò che ha già scoperto”.
Che cos’è la speranza? Attesa senza aspettativa alcuna, futuro senza avvenire, seguitare ad affacciarsi sull’orizzonte del mattino, anche quando è sempre buio. La speranza tende l’anima in modo parossistico, stira i legamenti, strappa i tendini. Essa è un letto di Procuste, un tenebroso inferno appena rischiarato dal raggio di una stella cadente. La speranza è la dimora degli uomini che non si rassegnano all’ineluttabilità del male. E’ labirinto senza uscita, ma dove continuiamo ad aggirarci. La speranza è disperazione, sguardo lucido, disincantato sul mondo. La speranza è attraversare la notte infinita, invece che rinunciare ad inoltrarvisi.
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Magnifico
RispondiEliminaQuando il mondo islamico generava capolavori, oggi... O tempora, o mores.
EliminaCiao
Grazie Antonio! ^_^
RispondiEliminaGrazie a Te, Catherine.
EliminaAudaces fortuna iuvat.
RispondiEliminaLa speranza va riposta in un pizzico di fortuna, utile complemento all'audacia.
E' sempre l'agire che determina la nostra condizione.
Se l'agire, oltre che dalla fortuna, è supportato anche dalla consapevolezza che deriva dalla sapienza di chi ci ha preceduto, ancora meglio.
Altair, si potrebbe concepire la speranza come un'azione al buio.
EliminaCiao
Sì Antonio, c'è sempre un margine di buio, più o meno grande, nell'agire.
RispondiEliminaE la speranza si fonde con l'audacia: speri e osi.