Ma ciò che è fatale accadrà. (Eschilo)
Guardare le forme della vita che si sgretola. (E. Montale)
Le ultime parole sono amare, anche quando sono quelle di un lieto fine. (Anonimo)
Georges Ivanovič Gurdjieff (Gyumri, 14 gennaio 1872 – Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1949), è un filosofo, scrittore, mistico e maestro di danze di nazionalità armena.
Bisogna riconoscere che Gurdjeff ha ragione, quando asserisce che quasi tutti gli uomini sono automi, soggiogati da impulsi inconsci e dal treno degli eventi. Il tono con cui l’autore armeno ammannisce i suoi insegnamenti non di rado è increscioso, non scevro di spocchia e saccenteria. Nondimeno, a differenza di tanti guru del passato e soprattutto del presente, sempre inclini a blandire i discepoli, sciorinando dinanzi al loro sguardo ebete un carosello di illusioni, Gurdjeff ha il coraggio e la sincerità di dire pane al pane, vino al vino: il libero arbitrio e specialmente la convinzione di poter incidere sul reale con qualche misteriosa energia interiore sono chimere.
Il cerchio si chiude: la saggezza degli antichi (Eschilo, Sofocle, Virgilio, Seneca...) si salda con le ipotesi degli attuali pionieri. La libertà è un inganno. Essa può valere come placebo, come bordone che aiuta lungo il disagevole cammino della vita, ma pare avere le sue fondamenta sulla sabbia.
Se è vero che l’inconscio ed il subconscio controllano il 95 per cento della nostra vita, se specialmente è vero che esiste un campo di informazioni avulso dal tempo, “zona” in cui non intercorre alcuna divisione tra presente e futuro, poiché tutto è già accaduto nel primo istante ucronico, allora il dominio della libera volizione è nullo. [1]
Ecco, questo ci dispiace: che il totem del libero arbitrio cada rovinosamente, di essere costretti ad amare o ad accettare il nostro destino (amor fati), anche sotto la forma attraente-repulsiva della responsabilità individuale. In particolar modo ci dispiace ammettere che siamo alla mercé degli accadimenti, come un’imbarcazione in balia della burrasca.
Non amiamo le verità sgradevoli; ancora meno chi le addita.
[1] Vedi D. Bem, P. Tressoldi, M. Deggan, Feeling the future: a meta-analysis of 90 experiments on the anomalous anticipation of random future events, 29 gennaio 2016
Guardare le forme della vita che si sgretola. (E. Montale)
Le ultime parole sono amare, anche quando sono quelle di un lieto fine. (Anonimo)
Georges Ivanovič Gurdjieff (Gyumri, 14 gennaio 1872 – Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1949), è un filosofo, scrittore, mistico e maestro di danze di nazionalità armena.
Bisogna riconoscere che Gurdjeff ha ragione, quando asserisce che quasi tutti gli uomini sono automi, soggiogati da impulsi inconsci e dal treno degli eventi. Il tono con cui l’autore armeno ammannisce i suoi insegnamenti non di rado è increscioso, non scevro di spocchia e saccenteria. Nondimeno, a differenza di tanti guru del passato e soprattutto del presente, sempre inclini a blandire i discepoli, sciorinando dinanzi al loro sguardo ebete un carosello di illusioni, Gurdjeff ha il coraggio e la sincerità di dire pane al pane, vino al vino: il libero arbitrio e specialmente la convinzione di poter incidere sul reale con qualche misteriosa energia interiore sono chimere.
Il cerchio si chiude: la saggezza degli antichi (Eschilo, Sofocle, Virgilio, Seneca...) si salda con le ipotesi degli attuali pionieri. La libertà è un inganno. Essa può valere come placebo, come bordone che aiuta lungo il disagevole cammino della vita, ma pare avere le sue fondamenta sulla sabbia.
Se è vero che l’inconscio ed il subconscio controllano il 95 per cento della nostra vita, se specialmente è vero che esiste un campo di informazioni avulso dal tempo, “zona” in cui non intercorre alcuna divisione tra presente e futuro, poiché tutto è già accaduto nel primo istante ucronico, allora il dominio della libera volizione è nullo. [1]
Ecco, questo ci dispiace: che il totem del libero arbitrio cada rovinosamente, di essere costretti ad amare o ad accettare il nostro destino (amor fati), anche sotto la forma attraente-repulsiva della responsabilità individuale. In particolar modo ci dispiace ammettere che siamo alla mercé degli accadimenti, come un’imbarcazione in balia della burrasca.
Non amiamo le verità sgradevoli; ancora meno chi le addita.
[1] Vedi D. Bem, P. Tressoldi, M. Deggan, Feeling the future: a meta-analysis of 90 experiments on the anomalous anticipation of random future events, 29 gennaio 2016
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Non sarei così sicuro nel dire la parola 'fine' in un dibattito millenario. Forse diamo solo troppa importanza al nostro ruolo terreno oppure a ciò che consideriamo come reale e che forse reale non è. Se non esistesse una qual forma di libertà immaginativa, non esisterebbero le tante modalità di censura in atto.
RispondiEliminaLa battaglia è interiore ed in quell'ambiente cosa accade? Noi occidentali abbiamo intrapreso il cammino del resto del nostro mondo da troppo poco tempo per avere visioni chiare del suo funzionamento.
Forse allora la libertà coincide con la percezione della sua essenza. Ciao
Non credo che la libertà immaginativa possa fondare il concetto di libero arbitrio: le stesse opposizioni paiono essere inscritte in un quadro a priori. Infatti non attribuiremmo il libero arbitrio ai personaggi di un videogioco o di una pellicola o di un romanzo, solo perché paiono agire secondo intenzioni individuali, visto che loro intenzioni dipendono dal regista lato sensu.
EliminaIn ogni caso credo che la libertà resti come postulato della ragion pratica. Forse siamo liberi in quanto singole espressioni di una Coscienza che esperisce le più diverse condizioni, con gli individui che hanno dimenticato quanto da loro scelto.
Riconosco che è tema spinoso su cui non è possibile dire l'ultima parola.
Ciao
Immagino la (una delle possibili) realtà come il collasso istantaneo della funzione d'onda nella sua manifestazione tridimensionale per effetto della coscienza sull'infinita sequenza di possibilità. Una sorte di "logica narrativa" (non ho ancora trovato una definizione soddisfacente) impone una "sequenza" che interpretiamo come "temporale". E' pur vero che esiste ogni alternativa, ma, forse, è anche vero che è nostra scelta, più o meno cosciente, quale "cristallizzare" nel frammento di (apparente) realtà che viviamo. Magari tenendo anche presente che nulla vieta che si vivano tutte...
RispondiEliminaIn ogni caso, Frank, le azioni sembrano cristallizzarsi in conseguenze su cui è detta l'ultima parola, non essendo reversibili.
EliminaCiao
Non essendo purtroppo reversibili.
EliminaCitazione:
RispondiEliminaSe è vero che l’inconscio ed il subconscio controllano il 95 per cento della nostra vita, se specialmente è vero che esiste un campo di informazioni avulso dal tempo, “zona” in cui non intercorre alcuna divisione tra presente e futuro, poiché tutto è già accaduto nel primo istante ucronico, allora il dominio della libera volizione è nullo. [1]
Io capovolgo il discorso; l'uomo utilizza solo il 10% del suo intelletto, alcuni molto meno, il restante 90% a noi è del tutto sconosciuto e/o volutamente celato.
Proprio ieri sera ho visto il film LUCY dove in passato avevamo scritto commenti su di un post che avevo tradotto, dove si trovano molti spunti significativi e si intersecano molto bene in questo articolo.
Le similitudini e la dicotomia di Lucy con questo articolo aprono una porta per comprendere la minima parte dello scibile umano; interessanti anche i commenti fatti al suo interno (fatti nel marzo 2015), per niente peregrini.
Una nota interessante è descritta nella parte finale dell'articolo, dove ci riporta alla vera realtà, realtà praticamente sottovalutata dalla nostra specie.
Pertanto, al di là della premessa assurda di Lucy, c'è un messaggio molto "sensoriale", potente come inquietante: Ci sono due classi di esseri umani sulla Terra e il trans-umanesimo amplierà il divario tra loro. La maggior parte dei progetti di trans-umanesimo sono stati descritti dagli osservatori come "giocare a fare Dio".
Ciao
A questo discorso sul Fato e sulla sua imperscrutabilità si adatta un articolo non recente di Michele Vignodelli. Lo pubblicai anni fa: valga come ultima considerazione.
RispondiEliminaCiao
Esiste una forza potentissima che ci attira verso il centro del Sole, tanto che gran parte della materia del sistema solare si trova effettivamente nel plasma ribollente della nostra stella. Quelle temperature, però, sono del tutto incompatibili con l'esistenza della vita: le condizioni minime si trovano solo in una ristretta fascia attorno a 150 milioni di chilometri, proprio quella dove si trova la Terra, con la materia che ci costituisce. Non è ancora caduta verso il Sole grazie a una forza centrifuga che la mantiene in equilibrio, controbilanciando la forza gravitazionale: una condizione assolutamente eccezionale e fortunata, ma evidentemente necessaria.
Esiste una forza sconosciuta ma formidabile che muove il tempo verso il futuro, verso la fine. Le condizioni compatibili con l'esistenza di una soggettività cosciente si trovano, però, solo nel ristretto intervallo tra la nascita e la morte di un essere umano: per quanto sia apparentemente del tutto improbabile, il presente si trova proprio lì, in quel prezioso francobollo di tempo. La sensazione di precipitare verso la Fine deve essere quindi necessariamente nient'altro che un'illusione ottica. Qual è allora l'equivalente della forza centrifuga, la "corda elastica" che neutralizza la nostra apparente caduta nel futuro?
La chiave del meccanismo è il nostro cervello, che costruisce la proiezione del movimento temporale a partire da una serie di dati sensoriali di cui evidentemente dispone già, come un film di animazione. Quella che viviamo come caduta verso la Morte è essenzialmente una fiction, una narrazione che il cervello racconta al nostro io in anteprima, nel teatro della coscienza. La realtà grezza, non ancora elaborata in forma narrativa, non ha alcuna scansione temporale, come non l'hanno i fotogrammi di un film. La "vita" che osserviamo con il distacco sufficiente ad apprezzarne l'andamento ed il movimento complessivo, come spettatori esterni, è un sofisticato playback prodotto dal nostro cervello, che nella realtà oggettiva è eternamente sospeso nello spazio-tempo e quindi dispone di tutte le informazioni sensoriali necessarie ad elaborare questi capolavori narrativi che chiamiamo "giorni". Il sonno (con e senza sogni) è l'indispensabile camera oscura e sala montaggio dove avviene questa elaborazione. E' il tunnel atemporale che li collega tutti indistintamente allo stesso spettatore, alla stessa soggettività puntiforme, sospesa eternamente nelle quattro dimensioni dello spazio-tempo.
Dal punto di vista soggettivo, per ogni giorno che si chiude, se ne apre automaticamente un altro, "fine" ed "inizio" sono lo stesso movimento di sipario; questo vale anche per l'ultimo giorno della sequenza cronologica, a cui ne succede un altro qualsiasi della sequenza. Il cinema ed il suo spettatore non è "lì", in un fotogramma qualsiasi della narrazione cronologica: li contiene tutti e non può far altro che proiettarli.
Il cinema della soggettività, esterno alla narrazione temporale, non chiude mai.
E' veramente penoso vedere gli sforzi grotteschi di una società asservita al culto del Futuro, del Progresso, della Salvezza, del successo, in cui l'unica cosa che conta è riuscire a "svoltare" e sapere che ogni giorno di questa "breve" vita è la nostra dimora eterna. Ogni giorno costituisce la nostra identità insieme con tutti gli altri e quelli brutti, quelli più opachi dell'infanzia sono anche i più densi. Vivano le piccole speranze alla ricerca di momenti di felicità, ma nessuna Farfalla potrà mai liberarsi dal bruco. Nemmeno con la pillola per dimenticare i traumi, che può solo fare a fette la vita. E' l'ultima, meschina utopia di un'umanità senza più saggezza.
...si potrebbe ritenere non esserci alcun libero arbitrio finche' rimaniamo insaccati nell'individuazione sviante fornita dall'ego, che adora l'idea di poter acquisire motivi spettrali, tanto tecnologici che mistici e che ne dovrebbero garantire (estrema delle nefandezze) la sopravvivenza ulteriore o l'indefinita espansione in piani non comunemente dati della realta'...e in questo penso anche a quanti rimangono intrappolati nelle blandizie di vere e proprie giostre psichedeliche che null'altra finalita' hanno se non appunto quella di far "girare in tondo" la coscienza dello sperimentatore. Il libero arbitrio a mio modesto avviso esiste e consiste unicamente nella sola facolta' di estinguersi a se stessi in se stessi e non per effetto di una oscurata volonta' nichilista. Estinguersi come desiderio egoico. Estinguersi Felicemente. La nostra effettivita' e' un puro enigma ingenuo e geniale devastato dai mutevoli capricci di un ego destinato a non essere mai risolto in se stesso. Siamo macchine biologiche che vale a dire scrigni sensibili di una forza radiante che appena la speri si dissolve lasciandoti consumare nella livida impotenza...e le ombre ti succhiano fino al midollo
RispondiEliminaL'essenza dell'alchimia autentica non e' divenire ma svanire a se stessi dissolvendo da se' ogni aspettativa...realizzare qui e ora la comunione puramente Geniale con le "correnti" pre-esistenti l'inganno arcontico. Come riuscirvi e' inesprimibile. Altre aspettative, ormai, considerando la zona estrema in cui e' giunta l'Eta' attuale, sono da considerare iniquita', trastulli di coscienze annoiate di se'. Invito tutti a non pagare per nessun corso di elevazione di coscienza e menate varie. Ognuno e' chiamato a risolversi in se stesso, peraltro dichiarandosi estraneo alla "macchina" che e' il suo involucro esteriore (corpo fisico). E' una via estrema ma e' l'unica percorribile. Si comprende il motivo per cui diversi allievi di G. siano andati fuori di testa. Nulla di facile sebbene sia estremamente semplice, proprio questo manderebbe in una sorta di cortocircuito dialettico la nostra mente indurita dalla razionalita', gravata da fisime e aspettative di affermazione. Cio' che deve essere una persona e', poi in ogni caso la dissolvenza. Aspirazione balorda dei transumanisti e' quella di sconfiggere la morte, che in definitiva vale il voler sconfiggere la vita. Cosi' quella dei mistici svigoriti consiste nell'assurdita' di voler programmare la successiva incarnazione - proiezione egoica astrusa appunto -
RispondiEliminaMi viene in mente, leggendo i Tuoi commenti, Giovanni, un verso di Montale, una delle ultime voci poetiche di questi tempi ferrigni: "Svanire è dunque la ventura delle venture".
RispondiEliminaCiao
Immenso Montale! Un saluto a tutti
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