30 novembre, 2009

Nel senso che

Ormai si assiste impotenti alla distruzione della lingua italiana o di quel poco che di essa è rimasto. I manigoldi che l'hanno stuprata sono sovente "intellettuali" e "scienziati". Questo è il segno di quanto sia ormai degenerata la nostra società: addirittura, con mirabile finezza, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, (nomen omen), si è di recente esibito nel turpiloquio. Certo, le azioni della classe “politica” sono assai più turpi delle loro parole, ma restano lo sfacelo dell'idioma, la bruttura, lo scadimento come bubboni purulenti di una peste linguistica. I problemi veri sono altri ed è ozioso scandalizzarsi per qualche espressione colorita, per la distruzione della sintassi ed il depauperamento del lessico.

Così l'attualità è piena di eventi atroci, in una climax di violenza e di iniquità che non ha precedenti nella storia umana, soprattutto perché sono sovente brutalità ed ingiustizia istituzionali, di stato. Stefano Cucchi è stato massacrato di botte ed i suoi carnefici forse riceveranno un'ammonizione come calciatori fallosi. Federico Aldrovandi, manganellato ed umiliato da agenti di polizia, morì mentre con la voce soffocata tra i rantoli implorava un aiuto dai suoi aguzzini. Questi sono solo due episodi balzati ai disonori della cronaca, ma quanti restano oscuri e si perdono tra le migliaia di crimini cui quasi siamo assuefatti! Infatti lo sfruttamento, la ferocia e la tortura come norma non riescono neppure più a risaltare sullo scenario della pazzia planetaria.



Intanto i governi nazionali sono stati de facto esautorati affinché cedano i poteri ad organismi sopranazionali, tesi ad instaurare con le buone, ma soprattutto con le cattive, il funesto Nuovo ordine mondiale, imperniato sul controllo assoluto, di tipo tecnologico. La strada per la futura tirannia è spianata, con sadica lentezza, grazie ad una congerie di iniziative, anche per mezzo di quelle che paiono innocue o che sono addirittura presentate come misure nell'interesse della collettività. La privatizzazione dell'acqua "potabile", i nuovi tributi per finanziare l'operazione "scie chimiche", le leggi sulla "sicurezza", la campagna per le vaccinazioni "contro" l'influenza AH1N1, la crisi economica mondiale, i conflitti che insanguinano vaste aree del pianeta... sono solo alcune delle tessere di un grottesco mosaico.

Di fronte alla cupa tragedia dei tempi finali, che cosa può significare lo stupro della lingua? E' uno dei fini perseguiti dalle ripugnanti élites, perché consuona con l'affossamento delle culture nazionali annacquate in un dolciastro e vomitevole europeismo o mondialismo, evirate in una neo-lingua che non trasmette più alcun pensiero ed emozione, piatta, arida, morta.

Suona ironico che una siffatta lingua castrata si incanti, come un disco graffiato di vinile, in un sintagma ossessivo, usato ormai ad ogni piè sospinto, ossia "nel senso che" (talvolta abbreviato con "nel senso... ", amore per la brachilogia). "Nel senso che": espressione insensata sulla bocca di insensati in una società ormai priva di senso.



APOCALISSI ALIENE: il libro

28 novembre, 2009

Res

Johannes Fiebag, geologo ed ufologo tedesco, purtroppo scomparso prematuramente, in un celebre saggio dedicato agli Altri, amplia l'orizzonte dell'investigazione, ponendosi domande che esulano dai confini dell'Ufologia. Nel capitolo conclusivo, infatti, si chiede: "In che misura è reale la nostra realtà? Quant'è effettiva la nostra oggettività?" Sarebbe auspicabile un approccio a questi basilari problemi, scevro di dogmi sia scientifici sia religiosi, come quello con cui Fiebag tenta di sondare l'insondabile. Sfortunatamente la "scienza" dominante è talmente ottusa da rifiutare di porre tra parentesi le sue granitiche certezze sul mondo: un'indagine spassionata ed avventurosa diventa così impossibile.

Fiebag osserva che la realtà è piena di fratture oltre che autocontraddittoria: "Nel mondo dell'infinitamente piccolo e nel mondo dei quanti la nostra percezione della realtà fallisce totalmente. Il fisico Werner Heisenberg scrisse un giorno: 'Negli esperimenti che compiamo sugli stati atomici ci troviamo di fronte a cose, apparizioni che sono altrettanto reali come lo sono i più comuni oggetti che usiamo e troviamo nella vita di tutti i giorni. Gli atomi e le particelle stesse tuttavia non sono altrettanto reali, cioè non lo sono allo stesso modo, perché formano il mondo delle potenzialità e non quello delle cose tangibili... Gli atomi non sono cose.''

Fiebag si chiede: "Come è possibile costruire qualcosa di concreto, oggettivo e tangibile su qualcosa che consiste solo di potenzialità; dove, in che punto si oltrepassa il confine tra irrealtà e realtà?" E' un quesito gordiano cui se ne potrebbe aggiungere almeno un altro: perché la possibilità si trasforma in atto? Il reale come ridondanza.

Alcuni scienziati sostengono che le già fantomatiche, sfuggenti particelle subatomiche non sono "cose", ma processi, probabilità. Camminiamo su un filo in bilico tra il vuoto ed il nulla. Ci manca la terra sotto i piedi. Il cosmo è il risultato di illusioni percettive e di abitudini: se solo premessimo l'interruttore, l'universo, con tutte le sue immense galassie, le scintillanti stelle, i pianeti, i buchi neri..., sparirebbe in un attimo. La notte, quando sprofondiamo nell'abisso del sonno senza sogni, il mondo si eclissa ed un nulla infinito ci inghiotte. Eppure questa stessa realtà labile ed inconsistente, simile ad un edificio senza fondamenta, è dura, ostica, condensata in dimensioni spazio-temporali prive di sbocchi.

E' possibile che l'esistenza di ciascuno di noi sia un bit generato da un programma, un pensiero che affiora dalla Mente, un'idea effimera come un'onda che emerge dalla superficie dall'oceano per poi rifluirvi. Siamo ombre che le tenebre cancellano. Niente esiste, se non come proiezione mentale? Se è così, perché il mondo appare tanto "oggettivo", "effettuale"? Non solo, perché il mondo è tanto lacerato, straziato dalle sofferenze nella carne e nel sangue?

A questo punto ci dobbiamo anche domandare se sia più "oggettiva" e plausibile la visione del mondo per opera degli uomini o quella di intelligenze esterne o degli stessi animali. Un radicato antropocentrismo ed un inestirpabile geocentrismo ci inducono a ritenere che, per quanto parziale, la storia e la scienza umane siano i metri di giudizio privilegiati. Se, invece, la cognizione del cosmo conseguita dagli Altri fosse superiore? Le prospettive sono numerose: l'immagine si moltiplica, si sfaccetta, si scompone, simile al raggio di luce che attraversa un prisma. E' un'immagine del tutto fallace che riteniamo solida. Se è così, chi e perché ha creato questa scenografia di cartapesta? Si è persino tentati di congetturare che ogni nostro pensiero, sensazione gradevole o dolorosa siano risposte programmate ab initio da un'Intelligenza cosmica per fini che sono e restano del tutto oscuri.

Il libero arbitrio è un algoritmo. I dati di programmazione sono immessi nell'esistenza. La realtà tende a raggelarsi in algide formule, in matrici, come l'ispirazione creativa ghiaccia nelle opere di Bernar Venet.

Resta la fredda presenza del nulla con tutti i suoi irrazionali e travagliati parti. Il nodo non si può sciogliere. I muri sono saldi ed impenetrabili, anche se non esistono.



APOCALISSI ALIENE: il libro

26 novembre, 2009

V

Forma e significati si condensano nella V, lettera il cui disegno ricorda un vaso. E' il calice che accoglie il sangue della Vita, il Graal, delle tradizioni celtiche poi cristianizzate. E' vas electionis, ricettacolo della silente verità. Ancora, coppa colma di fuoco. La V è pure la corolla dei fiori pregni di rugiada fecondatrice, imbevuti di alma luce.

E' forse possibile distinguere le lettere, segni di un alfabeto stellare, in maschili e femminili: la V è femminile. La sua natura yin, passiva e ricettiva, è permeata di umidi rezzi, come quelli che si raccolgono nelle valli azzurre al crepuscolo. E' pure Virgo celeste, casta e provvida. E' voto, devozione, con i suoi bracci che si slargano verso la trascendenza. Il profilo della V si può arcuare a delineare una valva di conchiglia, simbolo di generazione.

La sua forma così tende a confondersi con quella dalla U: in latino i due suoni corrispondenti si scrivevano con lo stesso grafema. Anche il suono incerto, semivocalico, esprime una transizione, l'affioramento di un'eco dal nulla, come il vagito di un bimbo che è la voce di una nuova esistenza emersa dalle brume dell'ignoto.

E' il miracolo di una nota che, intrecciata in una ghirlanda, genera una melodia, ma è anche il suono che, fendendo il nulla, ne turba la quiete, a somiglianza di un sasso gettato sulla superficie immota di un lago. E' la vibrazione armoniosa e fluida che, allontanatasi dal Principio, si frantuma in accordi atonali, in schegge di ombre.

Articoli correlati: I, T



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25 novembre, 2009

Presentazione del libro scritto da Giorgio Pattera, "U.F.O.: vent'anni di indagini e ricerche"

Il 3 dicembre prossimo il biologo Giorgio Pattera presenterà la seconda edizione del suo libro, U.F.O. : vent'anni di indagini e di ricerche. L'incontro sarà introdotto dal giornalista Lorenzo Sartorio.

Leggi qui la locandina dell'evento con tutte le informazioni.


APOCALISSI ALIENE: il libro

24 novembre, 2009

Gli ultimi giorni di Roma

In un suo recente articolo intitolato "Esiste un complotto mondiale contro il Cristianesimo?", l'ottimo Professor Francesco Lamendola si chiede se occulti potentati abbiano cospirato e cospirino per snaturare e distruggere la Chiesa cattolica. Ritengo sia acuto lo sguardo di chi riesce ad intuire, oltre il sipario ufficiale (e falso) della storia, oscure e vergognose trame. Non appena si nega la validità delle ricostruzioni ortodosse e ci si addentra nei meandri della metastoria si viene coperti con gli epiteti più ingiuriosi: il minimo che possa capitare è quello di essere definiti "dietrologi". "Dietrologi" è invece appellativo adatto agli adulatori del regime, portavoce usi appunto a lambire certe parti anatomiche collocate dietro... Sorvoliamo e torniamo al tema di questa riflessione.

Credo che il Professor Lamendola non si sbagli: la Chiesa di Roma è bersaglio di una gragnuola di critiche, accuse e bordate che provengono direttamente o indirettamente da Sion, da logge massoniche, da atei e razionalisti (sic), da altre confessioni etc. Bisogna riconoscere che il Cristianesimo, nonostante mille incongruenze e deviazioni, è stato latore nei secoli di un messaggio di amore risalente con ogni probabilità al Messia di Aronne ed al suo interprete Paolo (sia storicamente esistito l'apostolo dei Gentili o no, qui poco importa). E' anche vero che sono spesso i cristiani ad essere perseguitati in vari paesi del mondo. Certo, il comandamento dell'amore non è prerogativa del Cristianesimo: in altre correnti filosofiche e religiose si rintracciano insegnamenti simili. In particolar modo, nel Buddhismo Mahayana la figura del bodhisattva incarna la compassione per tutte le creature sofferenti. In alcune tradizioni buddhiste esseri evoluti e misericordi si impegnano per redimere le anime precipitate nell'inferno (condizione comunque non interminabile). Purtroppo il soffio spirituale delle nascenti religioni presto si cristallizza e la fede tosto si tramuta in idolatria, sicché oggi giorno le varie chiese, intese come istituzioni, rivelano la stessa dimensione etica e mistica di una multinazionale.

Qui distinguerei tra la Chiesa di Roma che di per sé è una costruzione "falsa e bugiarda", poiché fondata su un inesistente primato di Pietro e su un'inesistente eredità apostolica (Pietro morì in Palestina e non fu il primo papa) e le persone che si dichiarano cattoliche. Alcune (poche in verità) di queste persone sono degnissime ed in buona fede. Bisogna ammettere che, nel silenzio generale, qualche cattolico si è pronunciato contro le mortali vaccinazioni, ad esempio un sacerdote croato ed una suora spagnola. Onore al merito! Ahinoi, la gerarchia non solo tace colpevolmente, ma addirittura censura e richiama all'ordine: la suora è stata "esortata" dai suoi superiori a ritrattare. Il pontefice, con l'Angelus domenicale, si rivolge a milioni di fedeli: in tutte le sue stucchevoli omelie, oltre a snocciolare luoghi comuni, ha dato risonanza alla menzogna del riscaldamento globale, proprio come i più funesti "politici" globalizzatori. Chi scrive ha personalmente contattato decine di volte sacerdoti, porporati o loro collaboratori per sollecitarli a trattare temi come il signoraggio, le scie chimiche, i vaccini letali... Invano! I chiericuti o non hanno neppure risposto o hanno replicato, ricordando che tanto prima o dopo si deve morire e che la chiesa si occupa dell'anima e non del corpo. Non capisco allora perché i vari prelati si oppongano pervicacemente all'aborto ed all'eutanasia: "Tanto prima o poi si deve morire". Singolare incoerenza: la vita è sacra, ma a volte non lo è.

Una genia è costituita dagli insegnanti di religione: avidi figuri che indottrinano e rovinano intere generazioni di adolescenti con le loro insulsaggini, la loro saccente ignoranza. Meglio tacere poi degli storici cattolici o sedicenti tali, come Lino Lista, Antonio Socci, Vittorio Messori...: sono degli scervellati.

Dunque - si notava - è in atto un'operazione contro la Chiesa cattolica? Mi pare indiscutibile.Tuttavia non è forse questo un boomerang? Roma che comunque è un centro di potere mondialista, raccoglie quel che ha seminato. In primo luogo, non dimenticherei che l'attuale crisi economica fu orchestrata anni fa dalla "Legatus" una società connessa al Vaticano (Se Sion è potente e scellerata, Roma non è né debole né innocente, tutt'altro!!!). Inoltre la "Santa" sede va a braccetto con l'infame N.A.T.O.. Last but not least, con le sue banche armate è ai primi posti negli "investimenti" per la "difesa".

Il fato deve compiersi. Così Roma sarà presto travolta da scandali e verità inconfessabili, per essere sosituita con una chiesa mondiale luciferina (anche le altre confessioni cristiane e non cristiane saranno assorbite). Questa è, però, anche la conseguenza ineluttabile per un'istituzione del tutto mondanizzata e che ha tradito il messaggio delle origini, ammesso si possa delineare, anche solo con una certa approssimazione quel messaggio ed astrologare sulla sua scaturigine. Dispiace perché, insieme con una struttura di potere che è una succursale degli Arconti (anche se non l'unica), saranno spazzati via anche quei pochi e comunque isteriliti princìpi che Roma, pur contro la sua volontà, ha contribuito a trasmettere a questo nostro mondo desolato. Allo stesso modo un'alluvione distrugge le costruzioni abusive, ma uccide degli innocenti.

Non ci dorremo molto per il suo crollo: chi semina vento raccoglie tempesta e la Chiesa paolino-nicena ha seminato vento sin dall'epoca di Eusebio di Cesarea, non a caso soprannominato "il gran bugiardo". Sarà motivo di vivo rincrescimento vedere, invece, che altri poteri sopravvivranno ed anzi diventeranno egemoni. E' motivo di grave costernazione osservare che chi oggi si adopera per demolire le fondamenta dell'esecrando Vaticano[1], non è migliore, dacché appartiene ad organizzazioni pericolose e criminali. La gerarchia cattolica ha forse avuto un'occasione per rinnegare Lucifero, ma ha preferito per lo meno collaborare ai piani delle élites, forse sperando di salvare "capro" e cavoli, illudendosi di poter continuare a servire Mammona, ma con sulla bocca ipocrita il nome di Dio.[1]

Il fato deve compiersi e Babilonia la Grande, che ha puttaneggiato con i potenti della Terra, ha le ore contate, complotto o non complotto. Fata volentes ducunt e quel che segue.


[1] L’interesse di alcuni teologi per la questione extraterrestre, lungi dal denotare curiosità intellettuale, si comprende alla luce dell’osceno connubio tra N.A.S.A. e Vaticano, entrambi tesi a depistare su temi come il Pianeta X e l’avvento degli “dei”. Si legga a tale proposito l’articolo di A. Ciccarella, Il regno di Saturno, su X Times, n. 13, novembre 2009



APOCALISSI ALIENE: il libro

23 novembre, 2009

John Hodges ed "i cervelli alieni"

Nel pregevole saggio di Johannes Fiebag, Gli Alieni (il titolo originale in tedesco è un molto più evocativo Die Anderen, ossia Gli Altri), l'autore, geologo ed ufologo scomparso prematuramente, riporta il singolare caso di John Hodges.

"Nell'agosto del 1971 - scrive Johannes Fiebag - John Hodges ed il suo amico Peter Rodriguez stanno tornando in auto da una visita ad un amico comune che abita a Daple Grey Lane, presso Los Angeles. Ad un certo punto scorgono ai bordi della strada due silhouettes che, a mano a mano che si avvicinano, si rivelano essere due "cervelli viventi". Hodges, che era alla guida dell'automobile, preso dalla paura, li supera a grande velocità, ansioso di riportare a casa l'amico. Quando a sua volta ritorna a casa, si accorge di aver impiegato ben due ore più del solito a percorrere il tragitto.

In seguito si fa ipnotizzare e, sotto ipnosi, rivela di aver incontrato i "cervelli viventi" anche al ritorno e che essi lo hanno condotto a bordo di un U.F.O. atterrato lì vicino, dove lo attendevano i componenti dell'equipaggio, umanoidi che lo hanno sottoposto a visita medica. Gli furono trasmesse anche visioni dell'imminente fine del mondo che avverrebbe a causa di una terza guerra mondiale."


Comunicazioni simili di presunta matrice aliena circa un conflitto planetario con l'uso di armi nucleari non sono una novità. In occasione di altri incontri ravvicinati del terzo tipo, ai rapiti sono state mostrate immagini olografiche. A Hodges fu preannunciato che la guerra sarebbe scoppiata nel 1983 nel Medio Oriente da dove sarebbe poi dilagata in Europa. Dopodichè gli extraterrestri si sarebbero manifestati all'umanità. La “profezia” fortunatamente non si è adempiuta, almeno per il 1983.

Altri testi aggiungono interessanti particolari circa l'esperienza vissuta da Hodges: gli encefali viventi, di colore blue, erano circondati da una lugubre nebbiolina. Inoltre mentre il viaggio fino a casa avrebbe richiesto venti minuti, Hodges, partito da Daple Lane Gray alle due di notte rincasò alle 4:30. Gli umanoidi erano degli esseri dalla pelle grigia ed alti sette piedi, con estremità palmate. Gli ufonauti spiegarono a Hodges che i cervelli erano dispositivi di traduzione (?) che consentivano di comunicare con gli uomini. Hodges si convinse che gli alieni gli avevano inserito un impianto per mantenersi in contatto con lui. Egli ritenne che migliaia di altre persone avessero innesti simili.

Il vissuto di Hodges presenta dei tratti che anticipano resoconti posteriori: la presenza dei Grigi, le visioni apocalittiche olografiche, i microprocessori cerebrali. E' un repertorio di situazioni non di rado inquietanti e che sfidano modelli interpretativi consueti. Circa i "cervelli viventi", Roberto Malini annota: "Si tratta di una particolare tipologia di alieni osservati in rare occasioni e sempre da soggetti fortemente emotivi". Non so quanto c'entri l'emotività nell'incontro con gli Altri...

Fonti:

A. Baker, Encyclopaedia of Alien Encounters, pp. 184-185
J. Fiebag, Gli Alieni, Roma, 1993, p. 34
R. Malini, UFO, il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2003, s.v. cervelli viventi
J. Spencer, U.F.O.: The Definitive Casebook, pp. 56-57



APOCALISSI ALIENE: il libro

21 novembre, 2009

Il Vangelo di Maria Maddalena

"Quando Maureen Paschal, giovane giornalista nota per le sue ricerche sulla figura di Maria Maddalena, riceve una lettera da Bérenger Sinclair, un nobile scozzese che la invita nel suo castello in Francia il giorno del solstizio d'estate per rivelarle un segreto che la riguarda, non sa che si sta lanciando in un'avventura densa di misteri e di morte..."

E' questo l'antefatto del libro, il cui titolo originale è The expected one, libro uscito dalla penna di Kathleen Mc Gowan. L'autrice, che denota discrete abilità narrative, dipana gli eventi senza cadere nelle trappole del romanzesco che tanto attrae i lettori meno provveduti, volta a privilegiare il ritratto di una donna straordinaria, Maria Maddalena alias Maria di Betania. Crediamo alla Mc Gowan che considera questa sua opera prima il coronamento di diligenti ricerche sulle origini perdute del Cristianesimo. I risultati, sotto il profilo storiografico, paiono deboli: le vicende del Messia di David e della sua sposa, Maria Maddalena, sono in gran parte fantasiose, come sono inverosimili il ritratto di Pilato, il prefetto romano (non procuratore) e della consorte, Claudia Procula. Il quadro della Palestina nel I secolo d.C. è edulcorato, benché il dissidio su cui indugia la scrittrice tra Giovanni Battista ed il Messia di David, sia plausibile: tale rivalità sembra essere confermata dagli stessi vangeli. La Mc Gowan coglie indizi interssanti circa una presunta discendenza del Messia, introducendo nella compagine narrativa opere figurative, brani di Vangeli apocrifi e di tradizioni occitaniche, senza incorrere nei grossolani abbagli di Dan Brown.

Il romanzo dunque si può apprezzare, oltre che per i delicati tocchi con cui sono ritratti i personaggi e gli scorci della Provenza, per l'impegno etico nell'impossibile ricostruzione di un passato che ignoriamo. Ha ragione la Mc Gowan quando annota: "La storia non è ciò che è accaduto. La storia è ciò che è stato scritto". Ella tocca un nervo scoperto: sappiamo quanto devoti falsari si prodigarono in "pie frodi" pur di creare e trasmettere la loro verità, ricorrendo ad interpolazioni, censure, fusioni e sdoppiamenti. Sono tecniche scaltrite e maldestre al tempo stesso che, a distanza di duemila anni, ritroviamo immutate e con fini immutati: distorcere i "fatti" in modo tale da renderli irriconoscibili, come immagini riflesse in uno specchio deformante. Sappiamo che la storia è instrumentum regni, assai più della religione. Così, di fronte alla mole abnorme di menzogne che leggiamo nei manuali e negli annali di regime, si possono solo sottoscrivere le righe vergate dall'autrice nell'arguta post-fazione: "Ho sempre avuto la propensione a portare alla luce vecchie storie sconosciute, strati di esperienza umana spesso deliberatamente passati sotto silenzio, sepolti sotto un mucchio di resoconti accademici."

Se poi questa propensione approda ad una rilettura degli accadimenti non molto distante dalla vulgata, quasi scevra di foschi retroscena, è conseguenza di una pur critica adesione al pensiero dominante. Non è contegno dovuto a timore, ma alla difficoltà di attuare in modo consequenziale la pars destruens né forse si può pretendere in un testo che è un romanzo (anche se con velleità storiche) e non un saggio. Il vero storiografo è, però, un iconoclasta e sa quale può essere il rischio delle sue taglienti indagini. Così la riflessione sul rapporto, anzi connubio, tra storia e potere, resta incompiuta, nonostante l'assunto dichiarato dalla Mc Gowan, ossia "La verità contro il mondo" (motto della regina celtica Boudicca).

E' proprio questo l'idolo che non si osa spezzare: il potere nelle sue varie forme, anche quando è contrabbandato come necessità nelle parole accomodanti di chi, pur di diffondere il suo credo, è disposto al compromesso con le autorità di questo mondo.



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20 novembre, 2009

Un U.F.O. in un'opera raffigurante San Benedetto?

Cosmas Damian Asam (1686-1739) è un pittore ed architetto bavarese, interprete del gusto Rococò. Egli lavorò con il fratello Edguin (Egid Qurin) e fu l'iniziatore di una dinastia di architetti in Germania, tra cui Josef e Sebastian.

All'interno della chiesa annessa al Convento benedettino di Weltenburg, presso Kehlheim, Damian dipinse molte opere di ispirazione devozionale, tra cui “La visione di San Benedetto”. La tavola ad olio, risalente al 1734, raffigura San Benedetto che volge lo sguardo al cielo. Il santo, che indossa il saio dell'ordine, la mano sinistta con il dorso poggiato sul Vangelo e la destra sul cuore a sfiorare la cordicella cui è appeso il crocefisso, è assorto in una visione mistica. San Benedetto, dalla barba fluente e con l'aureola che, a mo' di anello, è sospesa sul capo, è rappresentato in una cornice di angeli avvolti da nubi grigie con sfumature glauche. Sulla sinistra, a sottolineare la postura eretta del santo, si innalza un pilastro scanalato.

Nel quadro prevalgono colori terrosi, appena lumeggiati dai bagliori cerulei sul panno drappeggiato sul quale è collocato il Vangelo, e dalla raggiera di luce che proviene dall'alto. In alto, a destra, si scorge un oggetto scuro, di forma sferica da cui si irradiano dei fasci luminosi verso la terra. L'oggetto, secondo il geologo ed ufologo tedesco Johannes Fiebag, non è né il Sole né la Luna, ma pare avere le sembianze di un disco volante, il cui volume è suggerito mediante una sapiente gradazione di ombreggiature.

Roberta J. M. Olson and Jay Pasachoff hanno ipotizzato che Asam immortalò un’eclissi totale di Sole con tanto di corona. E’ possibile, come non si può del tutto escludere che l'artista tedesco raffigurò un oggetto volante non identificato.

Non è l'unico dipinto, quello in esame, che si può spiegare in chiave clipeologica, sebbene ad un'attenta disamina, molte opere antiche, medievali e moderne, generalmente guardate come indizi di contatti con gli extraterrestri, rivelino particolari solo all'apparenza singolari, poiché riconducibili a motivi iconografici noti o ad aspetti del paesaggio del tutto naturali. Resta tuttavia un pur esiguo novero di quadri ed affreschi in cui si possono enucleare oggetti anacronistici o misteriosi, la cui interpretazione si collega, di solito, ad incontri ravvicinati del terzo tipo. Forse “La visione di San Benedetto” appartiene a questo novero.

Fonti:

AA.VV. Dizionario universale dell'arte e degli artisti, Milano, 1970
Andrew, St. Benedict and the diamond ring effect, 2008
J. Fiebag, Gli alieni, Roma, 1994



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18 novembre, 2009

Le vicende borghigiane di Borghezio

Absit iniuria verbis

Qualche settimana addietro, l'onorevole Mario Borghezio ha dichiarato di voler approfondire la questione ufologica e che si adopererà presso il Parlamento europeo affinché gli organi competenti rilascino informazioni sullo spinoso tema. L'augusto esponente politico, noto per la sua mirabile conoscenza della cultura islamica e del Corano e per aver espresso giudizi tanto fini e delicati sui Musulmani, non pago di aver dato lustro all'Italia con la sua condotta improntata ad abnegazione, equilibrio e lungimiranza, ha risolto di offuscare la fulgida luce dei più insigni protagonisti della storia, propugnando la disclosure sull'Ufologia. Plaudono commossi all’intrepido gesto dell’eroico paladino drappelli formati da ufologi della domenica.

Quale benemerenza, infatti, può essere considerata più illustre di questa? Propiziare la rivelazione ultima, beatifica, ossia gli alieni esistono ed hanno scelto come loro interlocutore privilegiato il divino Borghezio. Sono auspici del contatto con gli extraterrestri, insieme con lui, Tullio Regge e Massimo Teodorani, scienziati eccelsi, uomini superumani, la cui infinita sapienza si spande nell'universo mondo, a guisa di luce spirituale che promana dal Creatore. Quali vette sublimi tange la cultura mercè il teocratico studioso, l’astrotisico, il primo e l’unico con cui la fisica assurse a teologia!

Da chi è stata fagocitata oggi l'Ufologia? Da villici inurbati e poco urbani, da mestieranti della "scienza" più tronfia e rachitica, da servizievoli famigli dei servizi sempre proni e pronti a divulgare le "verità" ufficiali ed a mordere i ricercatori indipendenti, come cani rabidi.

Non poteva mancare la patetica boutade del Borghezio che si intende di xenologia come Simone Angioni (soprannominato "nel senso che") conosce la lingua italiana. Sarà questo il legato del leghista: la pubblicazione di dossiers ufficiali sugli U.F.O., grazie ai quali fantasticare di astronavi cromate, di Marziani rigorosamente verdi (come da gloriosa tradizione) che stringono la mano a verdi leghisti, di lontanissimi pianeti su cui esiliare sgraditi forestieri.

In realtà, un'Ufologia strapaesana, sanguigna e ruspante, con Borghezio e gli altri pacchiani Padani, in una mescita tra un bicchiere di Lambrusco (se l'Emilia-Romagna non è troppo a Sud), una sonora bestemmia ed un'orgogliosa, maschia esclamazione: "Noi ce l'abbiamo l'U.F.O.!".





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17 novembre, 2009

Il centro del senso

Siamo intrappolati in angoli angoscianti: così si comprende per quale motivo avvertiamo un'esigenza di pienezza, di autenticità. Grandi moralisti e scrutatori dell'animo umano, come Pascal e Kierkegaard, seppero descrivere l'anelito dell'infinito, la condizione di esuli che accompagna gli uomini nell'esistenza e li attanaglia. E' come se fossimo stati espulsi da una dimensione immemore (il nulla?) ed ora imboccassimo ogni volta una strada che, però, non conduce ad alcuna meta, sicché dobbiamo tornare indietro sui nostri passi per cercare nell'intrico dei giorni un altro sentiero. Invano. Qualcuno pensa che il cosmo sia una sorta di gioco: come pedoni di una scacchiera gigantesca ci moviamo (o siamo mossi?) sempre con il rischio di sdrucciolare sulla lucida superficie. Alla fine qualcuno ci avvertirà che è stato tutto uno scherzo, sebbene a volte crudele: "Sorridi: sei su Candid Camera!".

Incerti se cedere all'idea dell'inconsistenza ontologica o della persistenza, vediamo i duri "fatti" esplodere, proiettando aguzze schegge intorno. Anche il destino si sgretola e ne restano povere rovine, come rocchi consunti di un tempio greco, tra ciuffi d'erba ed oleastri.

Libri, maestri, esperienze poco o nulla valgono, se si devia dal centro del senso che è in ogni dove ed in nessun luogo. Anche l'uomo medio, quello che, come notava Pascal, perde il tempo a rincorrere una palla o una lepre, cerca, sebbene in modo ingenuo, un'apertura verso il significato, auspicando un contatto con l'altro, purchessia: si cerca spesso all'esterno quello che potremmo trovare in noi stessi, se possedessimo una bussola.

La domanda si spezza di fronte alla presenza palese, eppure elusiva ed inafferrabile del mondo. Intanto l'enigma resta tale e l'attesa si protrae nella tensione spasmodica verso l'invisibile.

Come il deserto agogna la pioggia fecondatrice grazie alla quale sbocceranno effimeri fiori dai colori rutilanti, così noi aspettiamo la benedizione delle lacrime.



APOCALISSI ALIENE: il libro

15 novembre, 2009

La sfera di Lepenski Vir (prima parte)

Nell'articolo intitolato Le scoperte soppresse sull'origine della scrittura, Antonio De Comite, indugia su un'antica forma di scrittura risalente al VI millennio a.C. e le cui testimonianze furono reperite alcuni anni fa nella regione balcanica. L'autore ritiene che tale scoperta, se i segni incisi su un manufatto portato alla luce risultassero essere non semplici decorazioni ma grafemi, porterebbe a retrodatare di un paio di millenni l'invenzione della scrittura, invenzione ordinariamente attribuita ai Sumeri e collocata verso la fine del IV millennio a.C. Sappiamo che la paleontologia e l'archeologia ortodosse sono riluttanti ad accogliere ed a divulgare scoperte che potrebbero rivoluzionare consolidati paradigmi interpretativi e la cronologia accettata, in primis lo spartiacque tra preistoria e storia, coincidente appunto con l'introduzione della scrittura. Questo spiega per quale motivo la scienza accademica ostracizza o censura le acquisizioni riguardanti piramidi, edifici, ooparts, fossili non rispondenti alle ricostruzioni ufficiali. Ad esempio, nonostante sia acclarato che le piramidi di Visoko, in Bosnia, siano edifici eretti intorno all'XI millennio a.C. e non colline erose dagli agenti atmosferici o modellate da fenomeni alluvionali, ancora non sono state situate all'interno di un contesto storico archeologico coerente, anzi qualcuno continua ad asserire che non sono piramidi, ma formazioni naturali.

Su una pietra sferoidale reperita a Lepenski Vir, nell'ex Jugoslavia, sono incisi dei segni costituiti da X, V, linee parallele, "spighe" stilizzate. L'oggetto litico sembra un globo terracqueo su cui sono tracciate linee che evocano meridiani e paralleli. Il Dottor Marco Merli così si esprime circa il manufatto ed i suoi glifi. [1]

"E' una misteriosa pietra sferica rinvenuta a Lepenski Vir (Porte di Ferro), un villaggio neolitico sulla sponda serba del Danubio o forse un santuario-necropoli. L'oggetto è perforato ai poli e, infilzato con un bastoncino, probabilmente era fatto vorticare. Il globo ha 7.000 anni e nessuno sa a che cosa servisse. La superficie è solcata da linee orizzontali e verticali: una sorta di mappamondo suddiviso in meridiani e paralleli. La maggioranza delle sezioni create dal reticolato è cosparsa di segni. Altri sono totalmente vuoti. Che cosa era questo insolito manufatto? A che cosa serviva?
- Un oggetto decorativo?
- Il pomo della mazza di un capo-villaggio o di un capo-tribù?
- Una mappa delle costellazioni in cielo, un progenitore dello zodiaco occidentale?
- Un amuleto?
- Un calendario?
- Un dispositivo mnemonico per ricordare i passaggi di un rito o di un mito?
- Un abbecedario attraverso cui i protoeuropei imparavano la scrittura sumera arcaica, quella antecedente ai caratteri cuneiformi?
- Un alfabeto tridimensionale?
- Uno strumento di divinazione?
- L'iscrizione di una scrittura protoeuropea, la più antica conosciuta al mondo?"


Tra le varie ipotesi formulate dagli studiosi, mi pare che la più accreditata sia l'ultima: si potrebbe trattare di una scrittura protoeuropea incisa su un oggetto oracolare. I ricercatori tendono ad escludere che i segni derivino dal sumero, nonostante la somiglianza formale tra questi grafemi ed alcuni pittogrammi mesopotamici, giacché la scrittura sumerica è più recente, a meno che non si pensi di retrodatarla, riferendola a genti identificabili con gli Anunnaki.

Se scartiamo quest'ultima congettura, siamo inclini a concludere che con questo oggetto litico, se la sua datazione è corretta, siamo di fronte alla più antica forma di scrittura finora nota. Tra l'altro i segni sulla pietra ovoidale potrebbero celare un valore sacro, essendo la sacralità una caratteristica delle scritture primigenie. Questo carattere e delle somiglianze formali apparentano i glifi dell'ovoide alle rune.

[1] Lepenski Vir (in serbo, Лепенски Вир) è un importante sito archeologico del Neolitico ubicato nella Serbia orientale, al centro della penisola balcanica. Consiste di un insediamento di notevoli dimensioni circondato da dieci villaggi satelliti. I reperti fanno ipotizzare una presenza umana a partire dal 7000 a.C., che raggiunse il massimo sviluppo tra il 5300 a.C. e il 4800 a.C.. Dalle testimonianze architettoniche, appare evidente che la civiltà di Lepenski Vir fosse caratterizzata da una ricca vita sociale e religiosa e da un elevato livello culturale.

Lepenski Vir è situato sulla riva meridionale del Danubio nella Serbia orientale, nelle vicinanze della cittadina di Donji Milanovac e in prossimità delle Porte di ferro, la gola formata dal fiume lungo il confine tra Serbia e Romania.[...] Si presume che gli abitanti di Lepenski Vir rappresentino i discendenti delle prime popolazioni europee della civiltà dei cacciatori-raccoglitori di Brno-Předmost dalla fine dell'ultima glaciazione (Wurm). L'evidenza archeologica di abitazioni nelle vicinanze di caverne risale al 20.000 a.C. Il primo insediamento sul plateau inferiore a Lepenski Vir rimonta, invece, al 7000 a.C.



APOCALISSI ALIENE: il libro

14 novembre, 2009

Scary fall

Con logorante lentezza incede uno strano autunno intabarrato in manti di nebbie stinte. Sui platani dei corsi le foglie tremano scosse da fragili fremiti, ma poche cadono nel vuoto tra strisce di pioggia. E' come se una larva di vita restasse attaccata con fiera disperazione ad una scaturigine ormai prosciugata. Il dardo di uno stormo trafigge un alone di scialba luce.

A stento una sottile lama di luce penetra attraverso una fenditura nella volta di granito per ferire il viso di una lunaria. Ombre di persone si aggirano in una cripta di cemento. Ore irrequiete trascorrono sulla superficie del tempo, simili a scintillii che increspano il lago della notte.

Cade il silenzio, cortina invisibile che ci separa dall'ultima destinazione.



APOCALISSI ALIENE: il libro

12 novembre, 2009

Convegno sui cerchi nel grano

Il centro culturale "Galileo" organizza la conferenza "Cerchi nel grano: evidenze di un mistero". Il simposio si terrà giovedì 19 novembre prossimo a Castelleone. Relatore sarà il Dottor Giorgio Pattera, biologo. Qui la locandina dell'evento con tutte le informazioni.



APOCALISSI ALIENE: il libro

Francesco d'Assisi ed i Catari

Una meta, tante vie.

Francesco nacque ad Assisi intorno al 1182. Nel 1206, dopo una giovinezza dissipata, si convertì ad una vita di penitenza. Nel 1208 fondò l'ordine dei Frati minori. Autorizzato oralmente da Innocenzo III, fu papa Onorio III ad approvarne ufficialmente la regola. Francesco morì nel 1226.

Alcuni dati biografici circa il poverello d'Assisi parrebbero collegarlo ai Catari o, per lo meno, delinearne un'immagine un po' eccentrica rispetto alla tradizione agiografica. Il padre fu il mercante Pietro Bernardone dei Moriconi; la madre fu la nobile Giovanna (detta la Pica) Bourlemont. La genitrice volle che fosse battezzato con il nome di Giovanni (dal nome dell'apostolo Giovanni) nella chiesa costruita in onore del patrono della città, il vescovo e martire Rufino, cattedrale dal 1036. Tuttavia il padre - così si racconta - decise di cambiargli il nome in Francesco, insolito per quel tempo, in onore della Francia che aveva determinato la sua fortuna finanziaria.

La madre era nata a Tarascon, in Linguadoca, terra in cui erano numerosi i Buoni uomini. Il nome di battesimo, Giovanni, si riferisce all'apostolo cui è attribuito il Quarto Vangelo, l'unico tra i quattro libretti considerato canonico dagli "eretici". Il nome Francesco ribadisce il legame con il retaggio d'oltralpe.

Ben viva era all'epoca in cui visse Francesco la vicenda dei Catari. Alcuni focolai sopravvissero nella vicina Toscana, ma ridotti alla clandestinità, dopo la sanguinosa crociata del 1209 voluta dal pontefice Innocenzo III. Francesco con gli Albigesi condivise la povertà apostolica, la predicazione itinerante, la condotta irreprensibile, il ruolo attivo dei laici. Franco Cardini contesta qualsiasi legame con il Catarismo, poiché "Francesco e i suoi seguaci non mettevano in dubbio la gerarchia della Chiesa. Francesco stesso, infatti, insisteva sulla necessità che si amassero e si rispettassero i sacerdoti. [...] Inoltre egli non si rifiutava di mangiare alcuni cibi rigettati dai Catari (come carni, latte, uova), anzi accettava tutto quello che gli veniva offerto. Infine la differenza tra l'avversione al "mondo della materia" dei Catari e l'amore per tutte le manifestazioni di vita di Francesco non poteva essere più stridente. Lo stesso Cantico delle creature può essere letto come un perfetto trattato di teologia anti-catara".[1]

Le argomentazioni di Cardini non sono del tutto persuasive, in quanto si basano su una visione piuttosto stereotipata e parziale del Catarismo e specialmente perché ignorano che è possibile professare una fede in modo nascosto. Con ciò, non si intende affermare che Francesco fu un cripto-albigese, ma certi aspetti dovrebbero comunque essere studiati, invece di essere liquidati come fantasie. Resta, infatti, un pur labile collegamento tra il poverello d'Assisi e la cultura occitanica.

"Tra il 1212 e il 1213 in località Pian d'Arca di Cannara, al confine con Bevagna, avvenne lo straordinario episodio della predica ai volatili. Insieme con il Santo queste meravigliose creature del Signore dialogano accomunati da una vita semplice ma di grande intensità. L'edicola di Pian d'Arca, al centro di un'oasi naturalistica, con campi coltivati, vigneti ed oliveti, fu eretta nel 1926 in occasione del settimo centenario della morte del Santo".

Orbene, sarà forse una coincidenza, ma il toponimo Pian d'Arca evoca la cittadina di Arques e, di rimando, il celebre dipinto Et in Arcadia ego di Nicolas Poussin. Arques è un piccolo borgo situato nel dipartimento dell'Aveyron nella regione del Midi-Pirenei. Ivi passarono i Crociati guidati da Simone di Montfort di ritorno dall'assedio e dall'espugnazione di Coustassa, Rhaeda (l'attuale Rennes le Chateau) e Le Bézu.

Occorre anche soffermarsi su Tarascon, la città in cui era nata la madre Pica. Tarascon (in italiano Tarascona) è un comune francese di 12.668 abitanti situato nel dipartimento delle Bocche del Rodano della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. La città fu con ogni probabilità fondata dai Greci di Marsiglia.

Tarascon è situata sulla riva sinistra del Rodano. Secondo la leggenda, Marta di Betania, assieme a sua sorella Maria di Betania (ossia Maria Maddalena), approdò sulle coste provenzali nel 48 d. C., in seguito alle persecuzioni in patria. Più precisamente sbarcarono nella zona della Camargue, una palude alle bocche del Rodano. Oggi in quella plaga, sorge il paese di Saintes-Maries-de-la-Mer. Qui la zona era infestata dalla tarrasque, un mostro che, uscendo dalla sua tana nel letto del fiume Rodano, devastava le campagne. Venne ammansito da Santa Marta con le preghiere: ad ogni preghiera, il mostro diventava sempre più piccolo. Quando arrivò a dimensioni tali da risultare innocuo, la donna lo condusse nella città di Tarascon. Qui, però, i cittadini atterriti uccisero la creatura. Ancora oggi, l'uccisione della tarasque è celebrata a Tarascon l'ultima domenica di giugno.

Si notano in questo caso vestigia di tradizioni relative a Maria Maddalena, figura ed archetipo che rivestirono un importante ruolo nella cultura occitanica e francese, comprese le concezioni dei bons hommes.

Se accantoniamo la definizione forviante di "eresia", come deviazione rispetto ad una presunta ortodossia i cui confini sono sempre soggettivi e storicamente determinati, forse possiamo pensare a Francesco d'Assisi come ad un trait d'union tra cristianesimo ufficiale ed istanze gnostico-dualiste o ad un interprete della dottrina catara. Francesco risentì pure l’influsso dei Sufi, i mistici dell’Islam.

Infine Francesco trova in Dante Alighieri uno spirito affine: l'elogio che il sommo poeta, cripto-templare e forse cripto-cataro, tesse del Santo nel canto XI del Paradiso, testimonia una comune visione del mondo.

[1] F. Cardini, M. Montesano, Storia medievale, Firenze, 2006


Per approfondire Giuseppe Spadaro, L'Albero del Bene. San Francesco, teologo cataro, 2009


APOCALISSI ALIENE: il libro

10 novembre, 2009

Informazione fazio-sa

Il modus operandi dell'autorità in relazione alla cosiddetta pandemia è emblematico. Il vice-ministro delle malattie, Strazio, ed i suoi portavoce alternano, nei loro discorsi, blandizie e dichiarazioni spaventose. Chi non ha ancora compreso la vera natura del potere è frastornato ed è incline a ritenere che le istituzioni stiano dimostrando inefficienza, riandando con la mente alle celebri pagine dei Promessi sposi, in cui Manzoni stigmatizza con amara ironia l'insipienza del governo milanese di fronte all'epidemia di peste, prima pervicacemente negata, poi ridimensionata, poi obliquamente ammessa con l'ambigua dicitura di "febbri pestilenziali".

La situazione attuale è molto diversa. Il potere sta usando tutte le strategie più raffinate per conseguire i suoi scopi criminali: sfoltire la popolazione e ridurre in servaggio i sopravvissuti, senza che i cittadini si accorgano del baratro verso cui essi, spesso volontariamente, si stanno dirigendo. Non sorprendano le affermazioni all'apparenza contraddittorie sul fantomatico virus A/H1N1. Bisogna evitare che i sudditi siano presi dal timor panico che causerebbe un collasso del sistema, ma occorre pure instillare senza tregua una sottile inquietudine. Questa incertezza deve tenere sulla corda l'opinione pubblica, spingendola ad accettare i vaccini, anzi ad esigerli. E' una forma di istigazione al suicidio, ma abilmente camuffata.

Si assiste ad una politica del bastone (il virus è aggressivo e potrebbe mutare) e della carota (il numero dei morti causati da questa forma influenzale è inferiore a quello provocato dall'influenza stagionale). Non è schizofrenia del potere, ma scaltro dosaggio di un veleno che viene inoculato in vittime che vengono prima cloroformizzate.

Basterebbe osservare il volto del demoniaco Strazio per capire quale scellerato progetto stiano perseguendo le élites: qui Manzoni viene a taglio, con la descrizione del vecchio mal vissuto, con la sua "canizie vituperosa". Il cipiglio di Strazio, gli occhi luciferini, la voce dall'inflessione suadente, ma arrugginita sono lì a testimoniare propositi innominabili. Né si può sottacere del cinismo che colui non riesce in nessun modo a dissimulare, allorquando cita i morti "fatti" dall'inesistente pandemia. L'uso del crudo e statistico verbo "fare" tradisce più che l'indifferenza, il compiacimento per i letali risultati conseguiti, con la gente che inconsapevolmente si getta nelle grinfie dei suoi aguzzini... e costui è un medico!

Decenni di televisione e di propaganda hanno trasformato gli uomini in pecore di un gregge atterrito e docile. Le reazioni appunto sono gregarie: l'informazione indipendente ha apppena incrinato l'ottusa e cieca fiducia nel potere. Basterebbe riflettere per un istante: per quale misterioso motivo uno stato che scortica i cittadini con i tributi più esosi, che considera i giovani come carne da cannone, gli anziani come pesi inutili, uno stato che deliberatamente avvelena l'ambiente, il cibo, l'acqua, uno stato che massacra nelle carceri detenuti inermi e spesso innocenti, dovrebbe ex abrupto diventare tanto sollecito da distribuire gratuitamente dosi di vaccino ad ognuno di noi? E' possibile che non si fiuti l'inganno?

Hanno scelto dei bersagli precisi: bambini, adolescenti, infermi ed anziani. Costoro possono essere falcidiati. La strage degli innocenti è condicio sine qua non per perpetuare il controllo mentale e della percezione che sarà suggellato forse nel 2012, anno dell'instaurazione del superstato mondiale.

Qualche anno fa, grazie ad un lapsus freudiano, l'attuale ministro delle casse vuote, Tremostri, intervistato da un giornalista sui problemi di bilancio che attanagliano il sistema previdenziale, rispose con diabolico candore: "Tanto prima o poi i pensionati morranno". E' questa la totale insensibilità dei "politici" che considerano la vita umana alla stregua di un fastidioso ciottolo sul sentiero. Come si può credere che costoro siano interessati a preservare la nazione dall'epidemia? Nonostante ciò, quanto più l’incubo diviene angosciante, tanto più si rafforza nel popolino la visione di uno stato-padre-madre, severo ma amorevole, nel cui seno trovare rifugio.

Vero è che questo deplorevole cinismo non di rado alligna tra la gentucola che, invece di combattere e delegittimare le élites sataniste, invoca "un'igiene del mondo" che colpisca gli sventurati al fine di risolvere il "problema" dell'incremento demografico. Non sarà poi così irrazionale la storia, qualora dovesse agire di conseguenza, estirpando il loglio.

E' dunque assurdo, paradossale che le istituzioni si prodighino tanto per salvare e proteggere: questa sarebbe la vera incoerenza di un sistema che, invece, sa quel che vuole e come ottenerlo, benché la massa istupidita stenti, per ora, ad orientarsi.

E' la medesima massa che, con lucida cecità, intravede la meta finale: il mattatoio.



APOCALISSI ALIENE: il libro

08 novembre, 2009

Il plico misterioso

Il plico misterioso è il libro pubblicato da Maja Ricci Andreini. Dopo aver letto l'intervista che l'autrice ha rilasciato a Pino Morelli (vedi X Times n. 11), incuriosito, ho deciso di acquistare la pubblicazione, ma prima ho scritto all'autrice per chiederle se l'opuscolo includeva qualche informazione sulle scie chimiche che, piaccia o no, sono il fulcro di molti eventi attuali. La Ricci Andreini mi ha risposto con cortesia e sollecitudine, ma affermando che, sebbene nel testo siano toccati vari temi fondamentali, non sono inclusi riferimenti alla chemtrails.

Ebbene, se si legge tra le righe, un cenno obliquo alle scie si rintraccia e questo non sorprende. Prescindendo da ciò, qual è il valore di questa testimonianza, della storia con al centro una coppia di giovani morti in circostanze misteriose, dopo aver visto la loro vita sconvolta da una serie di avvenimenti sbalorditivi? Ci chiediamo anche in che misura siano verificabili gli episodi narrati. Le scomparse apparentemente inspiegabili sono frequenti e non si può escludere che la trama sia dipanata in modo realistico: bisognerebbe cercare di approfondire le vicissitudini dei due giovani più che indugiare sulle rivelazioni concernenti "Dio, la struttura e la storia dell'universo, l'immortalità ed il futuro della Terra".

Infatti queste informazioni sono del tutto teoriche: si possono affiancare alla serqua di messaggi canalizzati, ricevuti da contattisti e rapiti. Non è qui importante stabilire il grado di plausibilità di certe comunicazioni dalla presunta matrice aliena (ognuno si impegnerà per adattarle alla sua Weltanschauung o per incastrarle in un diagramma consequenziale oppure le rigetterà, ritenendole frutto di una fervida fantasia, se non addirittura illusioni arcontiche), ma considerare l'irruzione dell'insolito nella nostra esistenza ordinaria. I vissuti che deragliano nel mondo dell'enigma ci spalancano le porte di una percezione paradossale, apocalittica. Possiamo ignorare gli interrogativi e le risposte da cui dipendono le svolte del destino? Le domande si aggrovigliano ai silenzi, ma il senso è nella tensione che, simile ad una fiamma allungata verso l'alto, rivela la nostalgia del luogo natio.

Più che nelle questioni abissali che il computer alieno (viene in mente il telefilm Il ritorno degli Arconti) snocciola con taglio un po' didascalico, l'interesse del titolo mi pare dovuto all'atmosfera stranita che l'autrice evoca nella parte iniziale: coincidenze, incontri con personaggi segnati dalla sorte, vicende anodine che precipitano in tragedie private. E' la tragedia della solitudine e dell'incomunicabilità per cui l'unico rimedio è nella relazione con gli "altri" e nel dialogo con chi parla una lingua incompresa ed incomprensibile. E' questa l'assurdità della nostra epoca condannata al non-senso, all'oblio delle antiche, solenni verità, anelante ad un contatto con dimensioni che sfuggono quanto più se ne intravedono i riflessi e le ombre. E' un'epoca in cui il cinema, la letteratura a cavallo tra incubo e realtà, insieme con gli ultimi bagliori del cielo offrono il succedaneo di una liberazione agognata con estenuante, cieca disperazione.



APOCALISSI ALIENE: il libro

07 novembre, 2009

Attrazione e destino

Abbiamo avuto la ventura in questi ultimi anni di imbatterci in persone che ci hanno reso edotti sugli eventi futuri. Inoltre, grazie ad una discreta intuizione, abbiamo presagito il corso di alcuni accadimenti. In questo modo lo scenario internazionale, nei suoi diversi aspetti, si squaderna a un dipresso come lo avevamo immaginato, anzi visto. Questa consapevolezza induce a riflettere sulla possibilità che gli uomini hanno di incidere su quell'interferenza elettromagnetica che definiamo "realtà".

E' vero che esiste una tendenza ad attrarre verso di sé con il pensiero e le azioni certi movimenti, ma, come spinti da una forza centrifuga, altri sfuggono del tutto al nostro controllo: è come se esistesse uno zoccolo duro del destino che nulla e nessuno può scalfire. Non è confortante constatare quanto gli avvenimenti globali si snodino secondo piani stabiliti: così, benché, solo un paio di anni or sono potesse sembrare inverosimile. Era tutto programmato: con infinita tristezza notiamo come masse di stolti finiscano felici nelle fauci di Moloch. E' la testimonianza che l'umanità non ha subito alcuna evoluzione: essa attende la "salvezza" dai suoi carnefici. E' sempre valido il disincantato aforisma di Giordano Bruno: "Che mortificazione! Chiedere a chi ha il potere di riformare il potere! Che ingenuità!"

Fata volentes ducunt, nolentes trahunt, ci ricorda Seneca. E' probabile che numerosissime ramificazioni, simili alle sottili vene di una foglia, confluiscano nella nervatura principale. Il disegno della storia è composto da una molteplicità di variabili che si incanalano verso una direzione sola? E' presumibile che in altri livelli di realtà il fato si dipani in modo differente. In nuce forse tutto le condizioni sono contenute nell'attimo ucronico, come ipotizza il Professor Alessio Di Benedetto, quando afferma che "il tempo è uno stratagemma dell'eternità affinché gli eventi non accadano tutti nello stesso istante". L'atto iniziale ha determinato la raggiera delle conseguenze. Gli errori si scontano, prima o dopo, anche quelli di cui non siamo consci, anche quelli che appartengono ad un passato rimosso. E' inutile chiedersi se sia equo oppure no, perché l'effetto domino è irreversibile.

Resta, in questo fuoco di controversie, in questa spoliazione di senso, perpetrata dai dati bruti dell'esistenza, l'attesa di intravedere il filo dell'orizzonte, una volta dissipatasi la nebbia dell'assurdo.



APOCALISSI ALIENE: il libro

05 novembre, 2009

Pietre dal cielo

Vence ed i suoi dintorni sono noti tra gli ufologi per gli avvistamenti di sfere luminose e poiché si sospetta che, nella zona, sia ubicata una base militare sotterranea. Sono numerose inoltre la manifestazioni inesplicabili che si ripetono nella località francese sita all'interno del Dipartimento delle Alpi Marittime: malfunzionamenti di apparati elettrici ed elettronici, sparizioni, sincronicità, orbs, riflessi assurdi...

Tuttavia il fenomeno più inquietante è la caduta di pietre che sovente danneggiano il parabrezza e la scocca delle autovetture. A tale proposito Pierre Beake, autore del corposo saggio Les mystères du Col de Vence, 30 ans de investigations, o.v.n.i., apparitions, Poltergeist, Agnières, 2009, scrive: "Le pietre che cadono mi paiono il fenomeno più spettacolare rilevato a Col de Vence. Queste ricorrenti manifestazioni ci hanno indotto a porci domande ed a riflettere... La prima reazione, in tali circostanze, è di supporre l'intervento di persone che, in contesti propizi, lancerebbero questi sassi. [...] Nondimeno l'esame dei luoghi ci ha indotto a scartare questa eventualità. Sono eventi che si ripetono da molti anni... Le traiettorie sono incompatibili con lanci provenienti da strapiombi. In effetti, i proiettili non descrivono delle curve, ma precipitano verticalmente. Si è anche constatato che le pietre non rotolano quasi dopo l'impatto, a causa di una particolare inerzia. Ciò accredita il fatto delle traiettorie verticali, non oblique o radenti.[...] Le pietre sono di differenti dimensioni: alcune sono piccole come monete, le più grosse hanno le dimensioni di un pugno chiuso e pesano da qualche decina a qualche centinaio di grammi. I sassi provengono dall'ambiente circostante... Bisogna notare anche che in caso di impatto sulla carrozzeria, il danno non è sistematico. Abbiamo assistito, increduli, ad impatti molto violenti che non hanno lasciato ammaccature.[...] Questa fenomenologia ha conosciuto un parossismo nel corso dell'inverno del 1996."

Come talvolta avviene, la cultura antica riesce a gettare un barlume su una questione tanto enigmatica o, per lo meno, si possono trovare alcuni addentellati di fenomeni attuali in racconti appartenenti ad ere remote. Sono racconti in cui il fregio mitico pare adombrare qualche verità. Così, riflettendo sulle strane piogge di pietre che cadono a Col de Vence, viene in mente un episodio della saga eraclea. E' ricordato nel mito che, allorquando Eracle, ritornando dal paese di Gerione, attraverso il sud della Gallia, Ligi, eroe eponimo dei Liguri, tentò di impadronirsi della mandria che l'eroe conduceva con sé. Ligi ed i Liguri, suoi compagni, attaccarono Eracle cui vennero a mancare le frecce. Sul punto di essere sopraffatto dagli avversari, Eracle rivolse una preghiera al padre Zeus, che lasciò cadere una gragnola di pietre, con le quali l'eroe riuscì a sconfiggere i nemici. La pianura della Crau è testimone ancora di quell'avvenimento, attraverso la gran quantità di rocce e di pietre di cui è disseminata.

Gli eventi si riferiscono alla decima fatica con Eracle che, su ordine di Euristeo, dovette impossessarsi, riuscendo nell'impresa, dell'armento appartenente a Gerione, mostro figlio di Crisaore e Calliroe, con tre corpi dal ventre in su, ed abitante nella terra di Erizia. A questa circostanza, come ad altre, si abbinano diverse parerga (azioni collaterali), tra cui quella durante la quale il figlio di Zeus confisse le colonne nello stretto di Gibiliterra. Un altro parergon è la lotta contro i Liguri. Eracle uccise i predoni Alebione[1] e Dercino, entrambi figli di Poseidone, dopo che essi avevano tentato di sottrargli i buoi.

La piana della Crau, non distante da Arles, è una landa punteggiata di massi e, come si accennava, la sua particolare morfologia è associata al mito.[2] La costa meridionale della Gallia è regione eraclea: vi si snodava appunto la Via Eraclea e vi sorgeva Portus Herculis Monoeci, l’attuale Monaco, originariamente scalo fenicio, poi incorporato nel dominio di Massalia (Marsiglia). Fu centro fondato, secondo la tradizione, da Eracle.

E’ vero che Col de Vence non è ubicata in area vicina alla Piana di Crau, ma la manifestazione delle pietre che cadono dal cielo si riferisce comunque al litorale meridionale della Gallia, con una parziale coincidenza topografica. E’ possibile che antiche narrazioni trasfigurino e tramandino un singolare fenomeno che, a tutt’oggi, sfida ogni tentativo di spiegazione?


[1] A proposito di Alebione, rammento en passant che il nome di questo personaggio è stato collegato da alcuni paletnologi ad Albione, ossia la Britannia, intesa come terra da cui proverrebbero i Liguri. E' ipotesi tutta da verificare, ma è assodato che Albione nulla c'entra con le "bianche (in latino albus) scogliere di Dover", poiché nella radice alp-alp, diffusa in molti toponimi, bisogna semmai vedere un antichissimo vestigio di una lingua pre-indoeuropea. La matrice alp-alb significa "monte, altura, poggio".

[2] Arles è sita nella regione Provenza, Alpi, Costa azzurra. E’ prossima alla foce del Rodano ed è celebre per i monumenti romani e medievali.


Riferimenti bibliografici:

P. Beake, Les mystères du Col de Vence, 30 ans de investigations, o.v.n.i. apparitions, Poltergeist, Agnières, 2009, pp. 132-164
R. Da Ponte, I Liguri. Etnogenesi di un popolo. Dalle origini alla conquista romana
Enciclopedia della Mitologia, Milano, 2006, s.v. Alebione, Dercino, Eracle, Ligi

Fonti classiche:

Apd. Bibli. 2, 5, 10
Eust. a Dion. Per. 76
Pomp. Mela, 2, 5, 78
Tzet. Chil. 2, 340 ss.


Ringrazio il gentilissimo Dottor Gianni Ginatta per la segnalazione del libro scritto da Pierre Beake.


APOCALISSI ALIENE: il libro

04 novembre, 2009

In edicola il numero 13 di "X Times"

E' in edicola il numero 13 della rivista "X Times". Leggi qui il sommario degli articoli e l'editoriale della Direttrice, Lavinia Pallotta.

APOCALISSI ALIENE: il libro

03 novembre, 2009

La metamorfosi

Gregorio Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. (F. Kafka)

Una recente puntata di "Voyager" ha dedicato un servizio alla Massoneria. Il contributo, superficiale e fuorviante, si è tradotto in una specie di panegirico della Massoneria cosiddetta speculativa. Chi scrive ritiene che, sebbene alcune logge e certi affiliati a questa società segreta fossero animati da lodevoli intenti, presto cominciarono le infiltrazioni sicché, accantonati ideali forse astratti, ma nobili, già al principio del XIX secolo, la Massoneria era ormai tralignata e volta a perseguire un graduale, ma perverso programma egemonico. Se consideriamo la storia risorgimentale, sfrondandola degli allori e della retorica celebrativa, cogliamo in filigrana un piano che, coinvolgendo celebri "eroi" come Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, portò a costruire le premesse degli abominevoli stati e superstati attuali. E' possibile che ancora oggi esistano logge innocue o che perseguono fini condivisibili, ma ormai la Massoneria è tutt'uno con i progetti e le scelleratezze delle vomitevoli élites globalizzatrici.

Purtroppo a questa degenerazione "Voyager" non ha neppure accennato: ne è scaturito un elogio dolciastro e falso di Washington, Franklin e "fratelli". Naturalmente non si è ricordato che Mazzini fu in odore di satanismo; satanista fu Benjamin Franklin. La perigliosa virata del programma condotto da Giacobbo è, però, solo uno dei tanti passi falsi di una trasmissione che sta sempre più sdrucciolando nella disinformazione e nella propaganda. "Voyager", già nato e cresciuto all'insegna dell'ambiguità, (si ricordi la sbilanciata e pilatesca puntata sulle scie chimiche), sta subendo, quasi certamente per pressioni dei servizi, un inquietante processo di sblendorizzazione.

Ne è sintomo la tendenza a ridimensionare questioni ed ipotesi eretiche che già prima erano trattate in modo da non irritare troppo l'inquisitore Kattivix ed i suoi ligissimi dipendenti. Come scrissi, il ridimensionamento prelude spesso alla negazione. Un altro indizio di questa "normalizzazione" è la creazione del nuovo format "Voyager storia", in cui un fiacco Giacobbo pare la pallida (ma rubiconda) controfigura di Alberto Angela, già parodia di sé stesso ed impegnato, in infantili programmi come "Ulisse", a fare strame della cultura antica e medievale, con il funesto contributo di ammuffiti "esperti".

E' veramente penoso subire i soporiferi e banali servizi sui gladiatori romani, sulle esplorazioni geografiche, sugli impavidi piloti della Prima guerra mondiale... : sembra di leggere le pagine consunte di un sussidiario usato nelle scuole elementari di trent'anni fa. La noia è infinita: temi triti e ritriti presentati sempre con lo stesso taglio convenzionale e per di più in modo menzognero. "Voyager storia" è una trasmissione didascalica, ma che non insegna alcunché, un'inutile replica di Ulisse, una minestra riscaldata insaporita solo con un pizzico di pepe, come gli U.F.O. di Mussolini.

Non ci attendiamo che la televisione di stato affronti temi rilevanti con serietà e sagacia, ma almeno tempo fa "Voyager" offriva qualche spunto, benché estemporaneo. Ora ci manca solo che a condurlo mandino Kattivix e la metamorfosi del programma sarà compiuta, una metamorfosi kafkiana...



APOCALISSI ALIENE: il libro

01 novembre, 2009

Minimalismo

Esprimere l'infinità dell'istante essenziale, lapidario. Concentrare in fulminee illuminazioni il senso degli eventi o la follia dell'altro. Togliere, sfrondare, sfoltire, persino ossificare per restituire alla parola la sua nuda presenza. Porre le domande fondamentali in modo che inceneriscano le impossibili risposte.

Intrecciare la vita e la morte come la trama e l'ordito di un tessuto, in maniera inestricabile. Rendere la prospettiva e la tridimensionalità, non incidendo linee, con le sfumature e le proporzioni, ma fondendo il bianco con il nulla fino a quando risalti la profondità ottica nelle forme non più vedute, ma costruite dalla mente, come avviene in certi quadri dell'Iperrealismo, dove la realtà si dà per sottrazione, gelida monocromia ed assenza. Il bianco è colore della morte, il velo sugli occhi che scende inavvertito.

Ancora, spegnere le emozioni per respirare solo il loro ineffabile, struggente profumo nell'aria. Replicare con uno sguardo sfuggente. Illimpidire la pupilla nell'iride. Allontanarsi nell'ombra dell'indifferenza. Ascoltare suoni vuoti per lasciare che fluiscano nel deserto dell'origine... Questo è minimalismo.

Con grazia e concisione tutta orientale, che è spontaneità, leggiadria, distacco, malinconica coscienza del mondo e della sua imperturbabile vanità, soprattutto di fronte al destino più duro, un pilota giapponese scrisse questo haiku.

Se solo potessimo cadere
come i fiori dei ciliegi in primavera,
così puri, così luminosi.




APOCALISSI ALIENE: il libro