Nel 1909, all'età di ventitrè anni, René Guénon diede alle stampe uno scritto intitolato “Il Demiurgo”. Nel testo l'insigne studioso ed esponente della Philosophia perennis, affronta il plurimillenario quesito "Si Deus, unde malum? Si Deus non est, unde Bonum?", rispondendo con logica adamantina ad una domanda abissale, per mezzo di una disquisizione costellata di nozioni universali, quali l'infinito, l'essere ed il non-essere, il manifesto ed il non-manifesto, l'unità ed il molteplice.
L'autore si chiede: "Come dunque ha potuto Dio, se è perfetto, creare degli esseri imperfetti?", "Come ha potuto l'Unità produrre la Dualità?". Nella visione tradizionale che Guénon propugna, richiamandosi soprattutto al "Trattato della conoscenza dello Spirito", di Shankaracharya, la distinzione tra Bene e Male è prerogativa del manifesto. Il Male, dal punto di vista universale, non esiste. Anche gli errori o, meglio, verità relative, sono schegge della Verità totale. La stessa distinzione tra lo Spirito e la materia, tra valori e disvalori, ha senso solo sotto certi riguardi: lo Spirito, che è Trascendenza assoluta, è l'unica vera realtà.
Resta comunque l'onere di chiarire, pur all'interno di un sistema sostanzialmente monista, l'innegabile, sebbene transeunte, presenza del male: Guénon sostiene che il Demiurgo, concepito come creatore dell'universo materiale, non è una potenza esterna all'uomo: "Nel suo principio esso non è che la volontà dell'uomo, in quanto questa compie la distinzione fra il Bene ed il Male. Ma in seguito l'uomo, limitato come essere individuale da quella volontà che è la sua propria, la considera come qualcosa di esteriore a lui e così essa diviene distinta da lui, poiché essa si oppone agli sforzi che egli compie per uscire dal regno in cui si è rinchiuso da sé stesso, l'uomo la vede come una potenza ostile e la chiama Satan o l'Avversario. Osserviamo peraltro che questo Avversario, che abbiamo creato noi stessi e che creiamo in ogni momento - perché ciò non va considerato come avvenuto in un tempo determinato - questo Avversario, dicevamo, non è malvagio in sé stesso, ma è l'insieme soltanto di ciò che è contrario. Da un punto di vista più generale, il Demiurgo, divenuto una potenza distinta e visto come tale, è il Principe di questo mondo di cui si parla nel Vangelo di Giovanni... Il suo regno è visto come il Mondo inferiore."
Decisivo nello svolgimento delle argomentazioni è il richiamo al passo di "Genesi", inerente alla caduta dell'Adam Kadmon, l'Adamo primordiale la cui scissione fu causata da Nahash, l'egoismo o il desiderio di esistenza individuale, un impulso di separazione che spinge l'uomo ad assaggiare il frutto dell'Albero della Scienza del Bene e del Male.
Questo è il succo di un articolo onesto e limpido i cui cardini sono il male come proiezione umana e dualità. Il concetto di male quale oggettivazione lascia un po' perplessi: si ha l'impressione che tale "oggetto" mentale si sia solidificato. La volontà umana genera questa opposizione per identificarsi, per esistere tramite un principium individuationis.
Va osservato che la dualità è idea cruciale: in effetti la radice di "dualità" (di) si riconosce proprio nel termine “diavolo” (greco diabolon da diaballo, separo, divido): il male è dunque scissione, frattura.
Non mi pare molto persuasiva la resa di Nahash con “egoismo” che, invece, tradurrei con “conoscenza”, valore, però, evidenziato da Guénon con il cenno all’Albero della Scienza. I simboli del testo biblico – manca uno sguardo esegetico all’Albero della Vita - sono forse interpretati in modo un po’ parziale, ma la differenza tra Adam Kadmon e l’Adamo successivo coglie il decadimento da una condizione primigenia in cui l’uomo era in armonia con sé stesso e con il Tutto.
La vera origine della caduta resta un enigma che continua a sfidare anche gli intelletti più eccelsi.
L'autore si chiede: "Come dunque ha potuto Dio, se è perfetto, creare degli esseri imperfetti?", "Come ha potuto l'Unità produrre la Dualità?". Nella visione tradizionale che Guénon propugna, richiamandosi soprattutto al "Trattato della conoscenza dello Spirito", di Shankaracharya, la distinzione tra Bene e Male è prerogativa del manifesto. Il Male, dal punto di vista universale, non esiste. Anche gli errori o, meglio, verità relative, sono schegge della Verità totale. La stessa distinzione tra lo Spirito e la materia, tra valori e disvalori, ha senso solo sotto certi riguardi: lo Spirito, che è Trascendenza assoluta, è l'unica vera realtà.
Resta comunque l'onere di chiarire, pur all'interno di un sistema sostanzialmente monista, l'innegabile, sebbene transeunte, presenza del male: Guénon sostiene che il Demiurgo, concepito come creatore dell'universo materiale, non è una potenza esterna all'uomo: "Nel suo principio esso non è che la volontà dell'uomo, in quanto questa compie la distinzione fra il Bene ed il Male. Ma in seguito l'uomo, limitato come essere individuale da quella volontà che è la sua propria, la considera come qualcosa di esteriore a lui e così essa diviene distinta da lui, poiché essa si oppone agli sforzi che egli compie per uscire dal regno in cui si è rinchiuso da sé stesso, l'uomo la vede come una potenza ostile e la chiama Satan o l'Avversario. Osserviamo peraltro che questo Avversario, che abbiamo creato noi stessi e che creiamo in ogni momento - perché ciò non va considerato come avvenuto in un tempo determinato - questo Avversario, dicevamo, non è malvagio in sé stesso, ma è l'insieme soltanto di ciò che è contrario. Da un punto di vista più generale, il Demiurgo, divenuto una potenza distinta e visto come tale, è il Principe di questo mondo di cui si parla nel Vangelo di Giovanni... Il suo regno è visto come il Mondo inferiore."
Decisivo nello svolgimento delle argomentazioni è il richiamo al passo di "Genesi", inerente alla caduta dell'Adam Kadmon, l'Adamo primordiale la cui scissione fu causata da Nahash, l'egoismo o il desiderio di esistenza individuale, un impulso di separazione che spinge l'uomo ad assaggiare il frutto dell'Albero della Scienza del Bene e del Male.
Questo è il succo di un articolo onesto e limpido i cui cardini sono il male come proiezione umana e dualità. Il concetto di male quale oggettivazione lascia un po' perplessi: si ha l'impressione che tale "oggetto" mentale si sia solidificato. La volontà umana genera questa opposizione per identificarsi, per esistere tramite un principium individuationis.
Va osservato che la dualità è idea cruciale: in effetti la radice di "dualità" (di) si riconosce proprio nel termine “diavolo” (greco diabolon da diaballo, separo, divido): il male è dunque scissione, frattura.
Non mi pare molto persuasiva la resa di Nahash con “egoismo” che, invece, tradurrei con “conoscenza”, valore, però, evidenziato da Guénon con il cenno all’Albero della Scienza. I simboli del testo biblico – manca uno sguardo esegetico all’Albero della Vita - sono forse interpretati in modo un po’ parziale, ma la differenza tra Adam Kadmon e l’Adamo successivo coglie il decadimento da una condizione primigenia in cui l’uomo era in armonia con sé stesso e con il Tutto.
La vera origine della caduta resta un enigma che continua a sfidare anche gli intelletti più eccelsi.