“Sei giorni sulla Terra” è la nuova pellicola di Varo Venturi. Il dottor Davide Piso è un professore universitario che si occupa di rapimenti. Isolato all’interno dell’ambiente accademico, Davide incontra persone possedute da extraterrestri che, sotto ipnosi, svelano la presenza di un parassita. Un giorno una giovane dai capelli rossi, la fascinosa Saturnia (la brava Laura Glavan), chiede all’ordinario di indagare sull’entità che si è intrusa in lei.
Piso così viene a conoscenza di una realtà inesplorata: la sua scoperta lo porta in rotta di collisione con l’aristocrazia nera nonché con la “cupola” di esseri provenienti da lontani pianeti e da conturbanti dimensioni.
Il regista, noto per l’atipico “Nazareno”, interpreta in modo persuasivo il protagonista, avvalendosi della fotografia gotica di Daniele Baldacci, ma non riesce a drammatizzare le tesi malanghiane: nel film latitano le emozioni e la suspense, mentre gli stessi luoghi in cui sono ambientare le scene clou sono illustrati freddamente.[1]
L’opera, più che una trasposizione in chiave cinematografica delle vicende legate ai rapimenti alieni, è una didascalica esposizione di quanto Corrado Malanga ha in questi anni elaborato. Vero è che il lungometraggio non appartiene al sottogenere fantascientifico, a differenza di quanto ha concluso qualche critico corrivo, ma il gusto del racconto è azzerato dall’esigenza di dichiarare le concezioni dell’ufologo di Pisa.
Non sono pochi i limiti della produzione: scansione rigida e sequenziale degli eventi nei sei giorni cui si riferisce il titolo, recitazione meccanica di molti attori, sceneggiatura piatta, intreccio che, nonostante l’originalità del retroterra ideologico (gli alieni cattivi che tentano di ghermire l’anima per accedere alla sfera divina), ricorda troppo da vicino cose già viste.
L’espediente narrativo (?) del 666, interpretato come frequenza che imprigiona l’umanità in una matrice – ma pare che in origine il numero della Bestia fosse il 616 – evoca l'originale trovata di “Essi vivono”. I rapiti che, quando sotto ipnosi, gracchiano i minacciosi messaggi dell'extraterrestre, ci paiono una ripresa involontariamente comica del celebre “L’esorcista”. Si obietterà, affermando che le idee xenologiche di Malanga sono imparentate con la demonologia, ma appunto ricalcarle in modo pedissequo non giova alla narrazione. Quello che più lascia perplessi è, però, il messaggio: inespressivo e quadrato come un codice a barre, con la risoluzione affidata ad un ambiguo Gesuita…
Invano la regia cerca di sopperire, ad esempio con i frenetici movimenti di macchina, ad un racconto statico. Il risultato è un film che non avvince, ma che neppure convince. Compresso in poco tempo l’universo demiurgico ed oscuro di Malanga, lo si rende, nonostante il costante richiamo ad Anima, ancora più aritmetico ed antropocentrico. D’altronde Anima è solo una forma particolare di energia: se non è traducibile in numeri, poco ci manca.
“Questa non è ufologia”, protesta qualcuno, ancorato, a ragione o a torto, alla ricerca classica. “Questo non è cinema”, si potrebbe chiosare. Soprattutto dispiace che un film imperniato su Anima, ne sia del tutto privo.
[1] La presente recensione non è una disamina degli studi compiuti da Malanga sulle interferenze aliene, studi di cui alcune conclusioni sono interessanti.
Leggi qui la recensione di Lavinia Pallotta e qui la presentazione di Giuseppe Di Bernardo.
Piso così viene a conoscenza di una realtà inesplorata: la sua scoperta lo porta in rotta di collisione con l’aristocrazia nera nonché con la “cupola” di esseri provenienti da lontani pianeti e da conturbanti dimensioni.
Il regista, noto per l’atipico “Nazareno”, interpreta in modo persuasivo il protagonista, avvalendosi della fotografia gotica di Daniele Baldacci, ma non riesce a drammatizzare le tesi malanghiane: nel film latitano le emozioni e la suspense, mentre gli stessi luoghi in cui sono ambientare le scene clou sono illustrati freddamente.[1]
L’opera, più che una trasposizione in chiave cinematografica delle vicende legate ai rapimenti alieni, è una didascalica esposizione di quanto Corrado Malanga ha in questi anni elaborato. Vero è che il lungometraggio non appartiene al sottogenere fantascientifico, a differenza di quanto ha concluso qualche critico corrivo, ma il gusto del racconto è azzerato dall’esigenza di dichiarare le concezioni dell’ufologo di Pisa.
Non sono pochi i limiti della produzione: scansione rigida e sequenziale degli eventi nei sei giorni cui si riferisce il titolo, recitazione meccanica di molti attori, sceneggiatura piatta, intreccio che, nonostante l’originalità del retroterra ideologico (gli alieni cattivi che tentano di ghermire l’anima per accedere alla sfera divina), ricorda troppo da vicino cose già viste.
L’espediente narrativo (?) del 666, interpretato come frequenza che imprigiona l’umanità in una matrice – ma pare che in origine il numero della Bestia fosse il 616 – evoca l'originale trovata di “Essi vivono”. I rapiti che, quando sotto ipnosi, gracchiano i minacciosi messaggi dell'extraterrestre, ci paiono una ripresa involontariamente comica del celebre “L’esorcista”. Si obietterà, affermando che le idee xenologiche di Malanga sono imparentate con la demonologia, ma appunto ricalcarle in modo pedissequo non giova alla narrazione. Quello che più lascia perplessi è, però, il messaggio: inespressivo e quadrato come un codice a barre, con la risoluzione affidata ad un ambiguo Gesuita…
Invano la regia cerca di sopperire, ad esempio con i frenetici movimenti di macchina, ad un racconto statico. Il risultato è un film che non avvince, ma che neppure convince. Compresso in poco tempo l’universo demiurgico ed oscuro di Malanga, lo si rende, nonostante il costante richiamo ad Anima, ancora più aritmetico ed antropocentrico. D’altronde Anima è solo una forma particolare di energia: se non è traducibile in numeri, poco ci manca.
“Questa non è ufologia”, protesta qualcuno, ancorato, a ragione o a torto, alla ricerca classica. “Questo non è cinema”, si potrebbe chiosare. Soprattutto dispiace che un film imperniato su Anima, ne sia del tutto privo.
[1] La presente recensione non è una disamina degli studi compiuti da Malanga sulle interferenze aliene, studi di cui alcune conclusioni sono interessanti.
Leggi qui la recensione di Lavinia Pallotta e qui la presentazione di Giuseppe Di Bernardo.
Orrore e terrore, le persone sembrano ipnotizzate, sempre alla ricerca di cose truccolenti, sensazionali, e non si accorgono, che l'orrore ed il terrore ormai ci sovrasta in ogni dove.
RispondiEliminaHo letto tempo fa la recensione di Lavinia, e della sua soddisfazione della proiezione, senza dubbio è attendibile più di qualunque altro film di cassetta hollywoodiano, nonostante l'entusiasmo (da quello chre ho letto) rimango scettico sulla presunta veridicità, anche se qualche velata verità traspare.
Riguardo a Malanga, trovo che sia molto cambiato, sia nelle sue analisi di abductions, che nella sua nuova veste di ufologo, qualcosa è cambiato; probabilmente anche lui non è esente dalla notorietà che negli anni ha accumulato.
Hai detto bene Zret, l'anima si può tradurre come energia o corpo sottile, difficile da imbrigliare in un mondo fatto di materia, l'ipotesi (non del tutto peregrina), la si pottrebbe tradurre in numeri, come del resto sembra essere l'universo, "numeri e geometria".
wlady
Recentemente Angelo ha consacrato un articolo piuttosto critico a Corrado Malanga, ma forse io sarei stato ancora più acuminato. Credo, infatti, che Malanga, di cui NON disconosco alcuni meriti, giochi oggi un preciso ruolo strategico all'interno del mondo ufologico e non solo.
RispondiEliminaPotrei sbagliarmi, perché ho solo indizi di ciò. Più che altro è una mia sensazione.
Per quanto concerne la produzione, ribadisco che, da un punto di vista artistico, a mio parere, è scadente, ma inserendo il collegamento alla lusinghiera recensione dell'amica Lavinia ed al testo dell'amico Giuseppe, ho dato spazio a voci che la pensano in modo diverso.
Ciao e grazie.
Caro Zret, sono un appassionato di cinema ma non sono di bocca buona, le 'ciofeche' o le compilations di effetti speciali non mi seducono. Poche le pellicole di livello sul genere sci fi e fantasy, a mio parere. Il tentativo di Venturi è meritorio nello scialbo panorama italico, ma come cinèma (alla Pasolini), come mito, come emozione, come tecnica... beh, poca cosa. Ma se il film è un goffo tentativo seppur coraggioso di affrontare certi temi, la filosofia che lo anima è perniciosa, anche perché proviene da quel coacervo di ideologie parascientifiche e cascami religiosi di cui Malanga si fa portatore da alcuni anni a questa parte. Persona per bene, non ne dubito, ma ingannata alla grande da forze e influenze basse. Già con un post ho criticato le idee malanghiane, ovvio niente di personale, ma mi sentivo di mettere un tantino di allarme i fruitori di questo culto ufologico. Chi ha commissionato il tutto ha fatto un ottimo lavoro.
RispondiEliminaDalle zone liminari della coscienza arrivano mareggiate d'incubo, che vengono scambiate per onde sulle quali fare surfing.
Angelo, il rischio è proprio quello da te paventato: che si crei un culto ufologico. Non abbiamo bisogno di guru.
RispondiEliminaLe reazioni scomposte di alcuni estimatori di Malanga al tuo articolo hanno il tono di chi ritiene sia stato compiuto un crimine di lesa maestà. Va bene la ricerca, con le sue innnumerevoli strade, ma teniamo lontani atteggiamenti fideistici o addirittura fanatici.
Ciao e grazie.
P.S. Angelo, scegliere per la rapita il nome "Saturnia" mi pare una scelta non del tutto fortuita, ispirata forse alla tua dicotomia.
RispondiEliminanon ho ancora visto il film,penso di vederlo al piu presto,quindi non commento sul punto di vista artistico della pellicola.Vedendo recensioni ecc. sul film ho notato appunto,che è tratto dalle teorie di malanga,qui inannzitutto bisogna dire che da un parte io apprezzo il lavoro che ha svolto malanga,e credo sia un lavoro discreto e apprezzabile dal punto di vista della ricerca,ma devo dire che non e che malanga sia stato il primo a sostenere tali ipotesi,lo stesso alex crowley aveva gia inteso che le entita demoniache siano oggi chiamati alieni,e anche da ricerche personali le cose sono sempre piu sovrapposte.Ultimamente sto notando uscite di pellicole alternative abbastanza informative da un certo punto di vista,vedi ad es. il 4 tipo e molti altri,opposte ai tipici e sempre piu stupidi,film hollywodiani come sky line,visitors,ecc. dove si vuole individuare il nemico alieno.Penso che su questo ci sia molto da riflettere,queste esposizioni mi sembrano andare su una direzzione,cioe un nemico alieno invasore,la nuova paura indotta dopo il terrorismo cia-al queda?sicuramente ci stanno gia provando,e queste le prove, di unire il mondo in un governo autoritario gestito per il pericolo dell'invasore alieno.Oppure si puo notare due contrapposizioni differenti,una che vuole informare su realta nascoste,l'altra inventare un nuovo fantomatico nemico per i propri fini.Certo è che il ricercatore puro non si puo affidare a dogmi e fede cieca,ma appunto attuare una critica costruttiva,e se ci sono entita maligne,vi sono anche entita buone di cui ne ho certezza,quindi bisogna farsi parecchie domande,e trovare relative risposte sul quadro che sta emergendo,dell'esposizione di concetti fin ora occultati ai piu,e quale sia lo scopo di questo,concludo dicendo che dei media ufficiali non bisogna mai fidarsi,forse questa una delle certezze,e quando propinano le loro stronzate bisogna sempr einterrogarsi quale sia lo scopo finale.
RispondiEliminaWhitewolf, mi sento di condividere le tue valutazioni.
RispondiEliminaSingolare che in alcune pellicole incentrate sui rapimenti, gli intrusi parlino talora nella lingua dei Sumeri. Avviene anche nella produzione di Varo Venturi.
I tempi per una falsa invasione aliena che coaguli il consenso della popolazione mondiale atterrita e logorata sono maturi? Può darsi. Intanto i sistemi olografici sono sempre più sofisticati.
Ciao e grazie.