29 dicembre, 2016

Visioni del Paradiso e dell'Inferno




Più vivo intensamente la vita e più mi interrogo sull’enigma della morte. (J.K.)

Sono sempre più nutrite le testimonianze circa le cosiddette esperienze di pre-morte: in quasi tutti i resoconti i “redivivi” riferiscono di essersi inoltrati nel Paradiso e, non di rado, nell’Inferno. Sulle near death experiences, sulla loro natura e circa i loro addentellati con vissuti esplorati all’interno della Letteratura e persino dell’Ufologia, abbiamo disquisito in diverse occasioni (si veda infra); qui vorremmo, però, porre un quesito cruciale: è possibile che tali percezioni, pur nel notevole grado di realtà esperito, siano raffinati inganni alieno-arcontici? In altre parole, ha ragione chi opina che, dopo la morte, ci attenda il nulla o un sonno profondissimo in attesa della risurrezione? Lo spettacolo dell’Empireo e, di converso, dello spaventevole Tartaro potrebbero inculcare un senso di soggezione nei confronti del destino ultraterreno, rincalzando un’etica fondata non su un reale spirito di abnegazione, ma sul timore del giudizio: ne consegue una morale eterodiretta nonché una forma di controllo.

I cristiani dovrebbero sapere che la dottrina dell’immortalità dell’anima è estranea al Cristianesimo delle origini: oggi, tale concezione, mutuata da credenze e filosofie elleniche ed orientali, coesiste - in modo contraddittorio e senza che i fedeli se ne accorgano - con la fede nella rinascita nel giorno del Giudizio universale. Si ricordi, ad esempio, che la preghiera “L’eterno riposo” descrive proprio uno stato post mortem di insensibilità, escludendo una continuazione dell’esistenza in un ipotetico aldilà.

Purtroppo di fronte ad una questione fondamentale, una questione che riguarda tutti, abbiamo solo indizi frammentari ed ipotesi non verificabili. La sincerità di coloro che hanno varcato la soglia è indiscutibile; il radicale cambiamento di prospettiva, palingenesi che connota il loro percorso terreno pure. Tuttavia, un po’ come Cartesio, restiamo sempre con il dubbio che un demone possa aver architettato la frode.

Sfortunatamente né i numerosi libri né i documentari sul tema fugano le perplessità, anzi – e ciò vale per tutti gli interrogativi abissali – quanto più si approfondisce il soggetto, tanto più aumentano le domande che sorgono dalle antinomie in cui ci si imbatte.

Nel caso di un problema tanto vitale (e mortale), seguitiamo a reperire solo risposte parziali, ambigue ed insufficienti, quando avremmo bisogno della RISPOSTA.

Approfondimenti:

- Truman Cash ed il destino dell'anima, 2014
- Che cosa succede dopo la morte?, 2011
- Le esperienze di pre-morte nell'ambito dell'Ufologia, 2009

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APOCALISSI ALIENE: il libro

26 dicembre, 2016

Oltre il codice



Numerosi scienziati hanno osservato che in Natura tutto è numero: dalle galassie alle conchiglie, dai ritmi delle specie viventi alle armonie della musica, tutto si inscrive in precise sequenze aritmetiche (il pi greco, la serie di Fibonacci, la sezione aurea...), in corrispondenze razionali e predicibili. [1] Questa struttura perfetta, che soggiace ai più disparati fenomeni, è stata definita “codice”. Molti concludono che il codice è il segno di un’impronta sovrumana: è difficile dissentire. Si resta incantati nel contemplare la mirabile perfezione dell’universo, simile ad un gigantesco orologio (così lo interpretarono alcuni illuministi) o ad un immenso arazzo in cui la trama e l’ordito istoriano soggetti meravigliosi. Eppure, quanti eppure…

Eppure ci chiediamo: in un cosmo così esattamente congegnato, come si può infiltrare il male? Una creazione matematica non esclude in toto il totem del libero arbitrio? La scienza dei numeri non ammette anomalie: nel linguaggio comune si ripete che “la matematica non è un’opinione”. Il logico, matematico e filosofo austriaco, Kurt Gödel, asserisce in modo più serio che provocatorio: “La matematica è una religione ed è l’unica che può dimostrare di esserlo”. Gödel non è lontano dal vero: i postulati della geometria e dell’aritmetica assomigliano ai dogmi di un credo poiché, in entrambi i casi, siamo al cospetto di qualcosa di ineludibile, di assoluto.

Ci domandiamo anche se il codice non lasci affiorare più che un’orma divina, una matrice (termine non casuale) per così dire arcontica o, come ipotizzano alcuni astrofisici, gli indizi di un megaprogramma informatico generato da una civiltà tanto evoluta quanto dissimulata. Sono scenari che escludono la libera volizione. All’interno dell’universo-software il male è un virus con la funzione di introdurre il cambiamento in un sistema che, altrimenti, sarebbe statico. D’altronde questo potrebbe essere la finalità del polo negativo pure in un cosmo diversamente concepito: il problema non è il male in sé, che gioca il suo ruolo, bensì una sua superfetazione, la sua preponderanza. A corollario di questa riflessione, si può accennare ad una serie underground, “Black mirror”, incentrata sulla devastazione dell’umanità causata da una tecnologia fuori controllo. In un episodio, il protagonista è incalzato da un persecutore che, dopo avergli distrutto la vita, gli invia un’icona sul cellulare: è l’immagine di un troll che, in àmbito informatico, denota anche il malware.

Insomma, è tutto molto bello: sono fantastici i disegni della natura e le melodie che si possono comporre, rispettando dei rapporti numerici, ma dov’è lo scopo di ciò? Siamo condotti a visitare gli ambienti di una villa principesca, camere adornate con dipinti di maestri rinascimentali, busti magnifici, stucchi preziosi, ma nessuno ci mostra gli squallidi locali della servitù che vive in condizioni disumane per garantire i privilegi di un’aristocrazia oziosa e fatua.

Siamo affascinati dalla bellezza, ma vorremmo capire per quale ragione l’universo e la storia sono schiacciati dalla sopraffazione, dall’ingiustizia, sommersi da fiumi di sangue. Quanti non sanno ogni giorno, come scrive Giovanni Verga, in quale maniera “buscarsi il pane”! Quanti vivono esistenze infelici, straziate nel corpo e nell’anima! Che importanza può avere per loro il codice? Sì, senza dubbio intravediamo una filigrana stupenda oltre le cose, ma…

Riflettiamo: il codice è numero ed il numero è tempo, successione: in quanto tale, è una perfezione imperfetta, (ossimoro necessario). Il tempo è entropia, disordine, declino. Giustamente Nietzsche tuona contro chi vede nelle relazioni numeriche l’essenza della musica: che cosa si può apprezzare di una sinfonia, delle emozioni che essa suscita, dell’incanto cui dà origine, una volta che si sono anatomizzati i valori aritmetici di una composizione? Inoltre giustamente Bergson distingue il tempo della coscienza che è un flusso, un’onda avvolgente, dal tempo della scienza, inteso come algida segmentazione, arida misura.

La vera perfezione è dunque oltre i numeri, oltre i codici? E’ “lì” che è situata la realtà reale, nel nulla che contiene in potenza il tutto? Forse è per questo che Schopenauer ritiene che l’autentico uomo di genio non abbia attitudine per la matematica: egli la trascende, attingendo all’Idea che è di là dalle manifestazioni collocate nello spazio e nel tempo.

I numeri, intesi come quantità, peggio come strumento per quantificare e reificare gli esseri viventi, persino per monetizzarli, sono algidi, vuoti, morti. Ben diversa è la vibrante euritmia, la dissonante consonanza, la dolente felicità di un’opera d’arte. Ben diverso è il mondo della vita, dimentica del tempo, dei suoi perfetti ma freddi meccanismi. [2]

[1] E’ notorio che già gli antichi, ad esempio i Greci, avevano osservato il mirabile equilibrio del cosmo: infatti “kòsmos” significa “ordine”.

[2] Nel mondo quantistico la rigidità delle cifre si allenta e non sempre uno più uno dà due.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

23 dicembre, 2016

Favoletta di Natale



- Venite costì, nipotini, ché la nonna vi racconta una favoletta.
- Sì, nonnina, racconta!
- Bene, c’era una volta un Tunisino a Berlino. Era un ragazzo brutto, brutto, cattivo, cattivo: era soprattutto invidioso, perché era ormai prossimo il Natale e, come tutti, aveva scritto a Babbo Natale per avere un dono, ma Babbo Natale gli aveva già mandato un sms per dirgli che a lui no, non avrebbe portato alcun regalo, perché brutto, brutto, cattivo, cattivo.

Il Tunisimo per Natale avrebbe voluto un camioncino: così lo rubò ad un bimbo polacco che era andato a Berlino per acquistare lo zucchero filato. Che bella atmosfera, nipotini! L’albero di Natale nel mercatino vicino alla chiesa, con tante luci colorate, i festoni d’argento, le bancarelle con il torrone, le ciambelle fritte e tutti gli altri dolciumi! Peccato… però… Il Tunisino, sempre più indispettito con il mondo intero, salì su un camioncino posteggiato lì vicino e, messosi alla guida, pigiò sull’acceleratore e si lanciò sulle bancarelle. Che strage di ciambelle, cari bambini! Potete immaginare! Tutto a soqquadro: pezzi di torrone sparsi in ogni dove, zucchero filato attorcigliato agli abeti, balocchi smontati, barbe di Babbo Natale appiccicate sui visini dei pargoletti...

Non contento del dispetto, il Tunisino rubò una slitta e si dileguò veloce come il vento, mentre i bimbi di Berlino piangevano con in bocca le pigne degli abeti, invece delle ciambelle fragranti. Il Tunisino con la slitta arrivò fino in Italia dove voleva gettare nello scompiglio altri mercatini. In Italia, però, due guardie coraggiose videro il monello e capirono dal cipiglio che era stato lui a fare tutte quelle bricconerie. Così lo riempirono di botte e lo mandarono al Creatore.

Tutti ad applaudire fino a spellarsi le mani: il re, i ministri, i sudditi. Il primo ministro disse: - Che bello, che bello! Il Tunisino cattivo è stato punito! Tunisino, hai rotto l’alberello e sei stato ridotto a mal partito! Che gran successone, che barbatrucco! Che bel copione per quel... di Massimo Mazzucco! -


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APOCALISSI ALIENE: il libro

18 dicembre, 2016

Semplice



Quando io crederò imparare a vivere e io imparerò a morire. (Leonardo da Vinci)

Quante volte cerchiamo le risposte nei libri, negli altri, nella natura, in noi stessi! Cerchiamo risposte che non troviamo. E’ poi così importante sapere? Non è preferibile essere felici, visto che non potremo mai snidare le cause delle cause, portare alla luce le vere radici del male?

Che cosa ci spinge a cercare di conoscere, a tentare di essere felici, quando la conoscenza, per un attimo acquisita, si rivela solo come un altro grado di ignoranza, quando la felicità, per un attimo sfiorata, si rivela solo come un altro grado di dolore?

Vorremmo, ma che cosa può anche la più tetragona volontà contro i fendenti del destino?

Invece di aspirare alla conoscenza dovremmo ambire alla saggezza. Come scrive T. S. Eliot: “Dov'è la saggezza che abbiamo perso con la conoscenza? Dov'è la conoscenza che abbiamo perso con l'informazione?” Aggiungiamo: dov’è l’informazione che abbiamo perso con la disinformazione? Siamo precipitati dalla saggezza alla disinformazione, dal cielo nell’abisso, dal silenzio iniziatico al frastuono dell’incomunicabilità.

Siamo tragicamente soli nei momenti decisivi dell’esistenza, cioè quando dobbiamo vivere e quando dobbiamo morire, vale a dire che siamo soli sempre sicché potremo condividere il dolore e le rarissime gioie solo con noi stessi.

E’ molto semplice: cerchiamo un modo idoneo per vivere ed un modo idoneo per morire, ma non li abbiamo ancora trovati.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

15 dicembre, 2016

Pietro fu il primo papa?

Pietro fu il primo papa? E’ lecito dubitarne. Apostolo (o combattente?) del Messia, nato a Betsaida, nei Vangeli è ricordato come Simon Barjona che non significa “Simone, figlio di Giona”, ma “latitante”. L’appellativo Kefas, che nel significato di “pietra” fu dato a Simone per la sua corporatura massiccia, fu trasformato da certi autori nel nome proprio di “Petrus” che, in senso traslato, fu usato per indicare in lui la “pietra” su cui Gesù avrebbe edificato la sua Chiesa.

Invero, fu Giacomo, il fratello del Signore, a subentrare al Messia come guida della comunità nazirea, mentre il presunto primato di Pietro si fonda su esegesi capziose di alcuni passi evangelici nonché sul capitolo 21 del Quarto Vangelo, segmento che è una palese interpolazione. Che Simone fosse uno dei più gagliardi campioni del movimento messianista è probabile, ma questo non significa che fu il successore del Galileo.

Lo stesso epiteto di “papa” nei primi secoli dell’era volgare, dopo la conquista di Gerusalemme (70 d.C.) per opera dei Romani, fu titolo onorifico attribuito ai vescovi delle principali diocesi, quella di Alessandria d’Egitto, di Antiochia, di Cartagine, di Costantinopoli e di Roma. La presenza di Pietro ed il suo martirio nell’Urbe hanno, con buona probabilità, carattere leggendario: egli fu attivo in Palestina, forse in Siria ed Asia Minore.

Intorno all’anno 58 Paolo (?) scrisse una delle sue lettere ai Romani in cui salutava intere famiglie e citava il nome di ventinove persone, ma non Pietro. Perché?

Eusebio di Cesarea (IV sec. d.C.) ricorda: “Si narra che Pietro abbia predicato agli Ebrei nel Ponto, in Galazia, in Bitinia ed in Cappadocia e verso la fine dei suoi giorni, trattenendosi a Roma, vi sia stato crocifisso". Purtroppo Eusebio di Cesarea è talmente poco attendibile che è passato alla storia con il poco lusinghiero appellativo di “gran bugiardo”.

Negli elenchi più antichi relativi ai vescovi di Roma, non figura nemmeno il nome di Pietro. Ad esempio, Ireneo, vescovo di Lione dal 178 al 200 d.C., enumerando i pastori della Caput mundi fino al dodicesimo, Eleuterio, menziona come primo papa della città Lino (67-76 d.C.), non Pietro. Se la Chiesa (meglio le Chiese) delle origini non reputavano Pietro vescovo dell’Urbe, non ritenevano neppure che ogni vescovo della città eterna fosse successore di Kefas.

Insomma, le fonti storiche ignorano Pietro come vicario di Cristo a Roma, mentre indagini accurate della documentazione disponibile sembrano ricondurre l’impulsivo discepolo al milieu palestinese dove tra I secolo a. C. e I dopo Cristo pullularono sette e confraternite i cui scopi spirituali non erano disgiunti da fini politici anti-romani, anche rivoluzionari.

Se dunque la Chiesa cattolica apostolica romana fonda ab origine il suo ruolo e la presunta centralità ecumenica su racconti che rasentano la frode, quale potrà essere la credibilità del suo magistero?

Nota: del presente testo non è fornita la bibliografia, in quanto essa è sterminata ed eterogenea. Si consideri l’articolo un piccolo sprone per ulteriori ricerche che potranno avvalorare o smentire in tutto o in parte la tesi ventilata.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

12 dicembre, 2016

Una comprensione parziale è ancora comprensione?



Una comprensione parziale è ancora comprensione? La domanda è retorica e la risposta è negativa. Tuttavia non è problema che si possa liquidare tanto facilmente. E’ vero che, verbigrazia, o si capiscono i passaggi per risolvere un’equazione o non si capiscono; o si intende il metodo per tradurre un testo scritto in una lingua classica o non lo si intende. Nondimeno esistono situazioni sfumate.

Vediamo un esempio. Recentemente il filosofo Diego Fusaro, mutuando una nostra dicotomia terminologica, ha sottolineato che nel mondo attuale non esistono più “destra” e “sinistra”, parole svuotate di qualsiasi significato, ma solo “mondialisti” ed “antimondialisti”. La sua analisi è interessante ed è indubbio che le idee politiche per i “politici” del palcoscenico valgono meno di un soldo bucato. Basti pensare alle assurde denominazioni di certi partitini italioti cui aderisce qualche transfuga di Scamorza Italia, di Scelta cinica, di Itaglia dei malori, di Ala di pollo, del Movimento cinque bretelle... con la suocera e la nuora: Socialisti liberali (sic!) e Conservatori riformisti (sic!!!). Che qualificazioni sono? E’ come dire un “gelato caldo”. Va bene: la logica aristotelica non è l’unica, ma qui siamo al ridicolo, al grottesco. Non è tanto confusione, bensì ignoranza, totale, irredimibile ignoranza della storia politica, delle ideologie, di tutto…

Si accennava all’interpretazione di Fusaro che coglie alcuni aspetti dell’attuale scenario, alcuni appunto, non tutti: è vero che si assiste ad una lotta strenua, epica tra fautori ed avversari del mondialismo, ma il solito richiamo al turbocapitalismo apolide che mira a dominare il pianeta ed a schiacciare gli Stati nazionali è concetto, per lo meno, inadeguato. Capitalismo – si sa – è sinonimo di Stati Uniti d’America (alias Impero di U.S.A.tana), ma l’Ammerika è essa stessa una pedina… Sì, di quelli lì con la tonaca! Basti vedere chi era l’Anfitrione ad una cena cui parteciparono, poco prima delle elezioni statunitensi, sia Pump the Trump sia Killary Clinton. Al convito era ospite anche il criminale incallito Henry Kissinger, attuale consigliere di papa emerito Ratzi, assieme ad uno sciame di inquietanti fantasmi affiliati all’Ordine di Colombo, al Sovrano militare ordine di Malta etc., insomma la crème della Chiesa “apostolica” MASSONICA romana.

Lo stesso conflitto tra Pump the Trump e Killary Clinton, se non è la solita farsa ad uso e consumo di elettori scemi, è una faida tra logge, una peggio dell’altra. Si pensi alla gentaglia guerrafondaia di cui si sta circondando il magnifico magnate: se con la schizofrenica si rischiava una guerra mondiale con la scusa di rovesciare Assad, con il Creso dal ciuffo ribelle si rischia una guerra mondiale con la scusa di contrastare i piani nucleari dell’Iran. Roba da matti!

Insomma, adottare gli strumenti esegetici del Marxismo, per quanto di un Marxismo aggiornato, ci consente di vedere solo la parte emergente dell’iceberg: per scorgere quella sotto il pelo dell’acqua è necessario ricorrere a disamine più scaltrite, ancorate ad una visione che non è meramente economica, ma metafisica, persino spirituale, atta a snidare un Potere occulto e nefando che alberga in dimensioni non empiriche.

Dunque il quadro delineato da Fusaro, da Messora etc. non è del tutto errato, ma è limitato; è come guardare il panorama da una stretta finestra: se ne può osservare solo uno spicchio. Del tutto erronea è, invece, la concezione dualistica di uno scontro tra Occidente cattivo e Russia buona: anche Putin (o chi per lui) è un “fratello”. Se non è la solita farsa ad uso e consumo di osservatori scemi, è una faida tra logge, una peggio dell’altra. [1]

Possiamo consigliare di leggere gli articoli di Fusaro et al., di ascoltare le loro dissertazioni? Sì, ma con discernimento e soprattutto con la coscienza che essi sono, se è lecito confrontare le cose grandi con le piccole, un po’ come Virgilio con Dante: Virgilio può accompagnare il poeta solo nell’Inferno e in parte del Purgatorio. Per il viaggio nel Paradiso occorrono ben altre guide: Beatrice e Bernardo di Chiaravalle.

Infine, quando si contempla la verità ultima, si è soli, del tutto soli.

[1] Non dimentichiamo che sia Fusaro sia Messora sono sciacondensari, più per convenienza che per convinzione. Con il loro contegno pilatesco ed ambiguo in merito al genocidio noto come biogeoingegneria clandestina (alias scie chimiche, in inglese chemtrails), cercano di evitare i morsi rabbiosi dei pazzi scatenati, ossia i negazionisti.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

10 dicembre, 2016

Come il sistema è riuscito a rovinarci la vita

Tralasciando tutti coloro cui il sistema ha distrutto l’esistenza, scaraventandoli sotto un ponte, bisogna riconoscere che il Leviatano è comunque riuscito, passo dopo passo, a rovinare la vita di chi, tutto sommato, non se la passava tanto male.

Lo Stato, con i suoi innumerevoli tentacoli (fisco, forze dell’ordine”, polizia municipale, tribunali, “sanità”, amministrazioni pubbliche...), ha lacerato il tempo in una serie di scadenze indifferibili, di assurdi obblighi. L’unica alternativa al giogo della disoccupazione è il giogo di un lavoro che consiste, nel migliore dei casi, nella ripetizione infinita di compiti inutili ed alienanti: è un versare acqua nel setaccio delle Danaidi.

Siamo costantemente ricattati in primo luogo con il denaro: chi non ha un reddito, per quanto esiguo, è gettato ai margini della società, costretto ad elemosinare o a “vivere” di assistenza.

In tutto questo si legge un preciso, diabolico proposito di trasformare gli uomini in schiavi, di controllarli in modo ossessivo. Se agli schiavi, nel mondo romano, durante i Saturnali era concesso di agire come liberi, oggi agli iloti sono elargite distrazioni tecnologiche: si vive sepolti in squallidi, angusti bilocali, ma con il wi-fi. Non mancheranno asociali contatti tramite le “reti sociali”.

Presto il totale servaggio sarà sancito attraverso il microprocessore sottocutaneo di cui l’identità digitale, introdotta in modo proditorio e surrettizio, è l’inquietante prodromo.

Fino a qualche anno fa, almeno, quando ci si sentiva soffocati dal cappio dell’esecrato sistema, si poteva assaporare qualche ora in cui ritemprare il corpo e lo spirito, con una passeggiata in campagna, un’escursione in un luogo silvestre o per mezzo di quattro passi in riva al mare. Oggi uscire significa entrare in una camera a gas: il cielo è perennemente insudiciato da scie mefitiche e la natura è un pallido, esangue simulacro di sé stessa.

Così ci hanno tolto quasi tutto e ci toglieranno quel poco che ci rimane. Eppure per chi disdegna “tutti i regni del mondo”, per chi può asserire come il filosofo: “Omnia mea mecum porto” (Porto con me ogni vero bene”), le razzie statali, pur abominevoli, sono effimere punture di spillo. E’ così: la filosofia, che mira all’eterno ed al vero, è un bene che niente e nessuno ci potrà mai strappare.[1]

[1] "Omnia mea mecum porto" è una locuzione che Cicerone (Paradoxa Stoicorum 1, 1, 8) attribuisce a Biante di Priene, uno dei Sette savi vissuto nel VI secolo a.C. Seneca, invece, la ascrive al filosofo Stilpone di Mégara. Egli, quando Demetrio I Poliorcete, conquistata Mégara, gli chiese se avesse perso qualcosa, rispose "Nulla: ho tutto con me!" (Seneca, Epistulae morales, 9, 18-19).

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APOCALISSI ALIENE: il libro

08 dicembre, 2016

Destinatari



Anche per il pensiero c’è un tempo per arare ed un tempo per mietere. (L. Wittgenstein)

Per chi si scrive? A chi ci si rivolge quando si elabora un articolo, si produce un video e via discorrendo? Senza dubbio i destinatari non sono i negazionisti la cui manifesta incapacità li colloca molto al di sotto dei sub-uomini.

Si ha sovente l’impressione che molti messaggi siano destinati ad essere captati ed intesi da una cerchia, un’aristocrazia che non riesce a varcare il confine della propria superiorità intellettuale, anche se forse è un cenacolo che impercettibilmente si allarga. La sfida all’establishment è agone contro l’ignoranza, poiché il sistema è ignoranza eretta a sistema. Si capisce allora quanto sia arduo non tanto educare, ma almeno informare un’opinione pubblica purtroppo plagiata.

Le carenze culturali si traducono in inettitudine, in remissività nei confronti del potere. Questo vale specialmente per gli Italiani inclini a lamentarsi, ma quanto mai recalcitranti ad agire, anche quando è intaccato ed attaccato il loro orticello.

Per chi si scrive dunque? Un po’ come Nietzsche per tutti e per nessuno. La vera élite si prefigge di spronare a porsi delle domande, ad individuare delle possibili risoluzioni: non vuole e non può offrire risposte apodittiche né strategie decisive, perché verrebbe meno al suo ruolo di coscienza critica.

Bisognerebbe anche che ciascuno smettesse di cercare, dimostrando un contegno puerile, una guida umana cui delegare sia l’azione sia – ed è più grave – il pensiero: occorre reperire in primo luogo le risorse necessarie alla comprensione della realtà in sé stessi, soprattutto per essere sé stessi.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

04 dicembre, 2016

Come e perché si è infiltrato il male nell’universo?



Hell is the place where we dwell.

Come e perché si è infiltrato il male nell’universo? Le “risposte” teologiche abbondano, a cominciare da quella di Agostino, il lubrico vescovo d’Ippona. Egli provoca la grande distorsione interpretativa, escogitando l’idea di “peccato originale”, concetto che, pur estraneo al Genesi e privo di qualsiasi fondamento, ha conseguito un notevole successo. Agostino ritiene che l’inclinazione verso il male si trasmetta di generazione in generazione, a mo’ quasi di tara genetica.

Purtroppo le “risposte” teologiche (come quelle filosofiche e scientifiche) non sono risposte, bensì arzigogoli, elucubrazioni fallaci. Tra chi nega l’esistenza del male tout court, chi lo attribuisce ad una natura umana intrinsecamente corrotta, chi chiama in causa agenti esterni, non ci si orienta: il silenzio sull’origine e sulla funzione del mysterium iniquitatis sarebbe preferibile alle parole, eppure…

“Ilare nella tristezza e triste nell’ilarità”, così scrive Giordano Bruno. La sua massima si addice alla condizione di chi ha coscienza delle feroci contraddizioni che lacerano le carni del mondo, un mondo terribile, sebbene sfiorato da qualche raggio scintillante.

Ci accorgiamo sempre più, in questi tempi bui, che il bene è un’eccezione: la malvagità e l’ingiustizia mordono la realtà, lasciando ben poco spazio al sogno di una svolta rigeneratrice. Mentre le ultime roccaforti sono perdute, vediamo intere legioni di demoni in perfetta salute. Per milioni di persone la vita è una via nel cuore dell’Inferno, per i privilegiati un itinerario nel Purgatorio: solo dal confronto con la sorte crudele degli sventurati, si riesce ancora a discernere la differenza tra male maggiore e male minore.

Come si può convivere con tutto ciò? Fino a quando continueremo ad alzare l’asticella della sopportazione? La corda continua ad essere tesa, ma non si spezza. Il calice è colmo da un pezzo ed il veleno trabocca. A questo punto gli interrogativi sulla matrice dell’iniquità passano in secondo piano rispetto ad altre questioni: quando avrà fine il male? Ne resteranno tracce, dopo che sarà debellato, tali da dare l’abbrivo ad un nuovo ciclo che, dalla primigenia perfezione, scivolerà lungo il pendio del declino per gettarci nell’abisso? Il cosmo è dunque imprigionato in una legge uroborica?

Certo, che cos’è la caducità dell’esistenza rispetto all’eterno? Tuttavia anche un attimo può essere infinito, un piccolo angolo di tenebre è pur sempre gelido. Ecco perché ci proiettiamo, ci slanciamo verso l’attesa, quantunque consci che la speranza logora più della disperazione.

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APOCALISSI ALIENE: il libro

02 dicembre, 2016

Naufragio dell’Ufologia e della Cosmologia

L’attuale naufragio dell’Ufologia non si deve allo statuto eterogeneo di una disciplina in cui si intersecano ambiti antropologici e scientifici, ma alla sua sostanziale dipendenza dalle fonti ufficiali che – è notorio – sono per lo meno poco plausibili. Come si possono intraprendere ricerche serie se si analizzano fotografie della screditata N.A.S.A., immagini riprese da presunte sonde e presunti telescopi? E’ più divertente che patetico osservare le reazioni di taluni ufologi che esultano e si meravigliano al cospetto di fotografie “marziane”. Sono documenti iconografici che immortalano animali, sculture, costruzioni terrestri scambiati per altrettanti enigmi alieni, interpretati come prove di vita extraterrestre. Il pianeta rosso è un set cinematografico ubicato in Arizona o in qualche altra regione di Gaia, come la Luna delle missioni Apollo. Si scelgono luoghi esotici e disabitati: è sufficiente cambiare i colori, imporporando il deserto e l’orizzonte ed ecco pronto un Marte for dummies.




Le stesse immagini delle profondità siderali con le costellazioni, le galassie, le nebulose… esibiscono qualcosa di poco verosimile, se non sono fittizie. La Cosmologia, ancora più della Xenologia, paga lo scotto della subalternità agli enti spaziali che sono soprattutto apparati bellici ed influenti centri di disinformazione oltre che agenzie di casting.

Ne sono scaturiti miti di plastica, quali quelli delle missioni oltre l’atmosfera terrestre. Improbabili castronauti impersonano eroi dei fumetti, ostentando permanenti da brivido e conoscenze da manuale delle giovani marmotte.



Ne sono scaturite “teorie” pseudo-scientifiche basate su dati di dubbia o nulla validità: ecco la tanto decantata “teoria del Big bang”, smentita in ogni modo, ma ancora viva e vegeta, anzi egemone. L’errata interpretazione del red shifting, lo spostamento verso il rosso, ha condotto a conclusioni errate. Si parte da premesse fallaci per costruire modelli fallaci con corollari anch’essi fallaci.

Loschi interessi economici, obiettivi bellici, dogmatismo ed ambizioni accademiche hanno ridotto la Cosmologia ad una fiera di paese dove imbonitori e ciarlatani abbindolano campagnoli sprovveduti. Teorie si affastellano ad altre teorie, gli esperimenti, se condotti, sono mentali, i medesimi fenomeni sono strumentalizzati per puntellare i modelli più diversi, non di rado in contraddizione fra loro.

Ufologia e Cosmologia si alimentano di confusione: le diatribe tra sostenitori di diverse ipotesi, controversie indecidibili sotto il profilo retinico ed empirico, hanno ulteriormente intorbidato le acque. Non solo, queste polemiche polarizzano ed atrofizzano la ricerca, disperdendo energie che potrebbero essere usate per perseguire fini ben più importanti.

E’ tipico dell’essere umano occuparsi di quisquilie ed incaponirsi in sterili logomachie, mentre intorno tutto crolla.

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