31 gennaio, 2006

L'arcangelo Michele e la fiaccola olimpica

In quest’inizio di settimana i “giornalisti” di regime mostrano la loro indignazione per quei tifosi che, durante la partita Roma-Livorno, disputata all’Olimpico, hanno esibito degli striscioni con croci “celtiche”, svastiche nazionalsocialiste ed altre icone che denunciano una precisa appartenenza politica. Questi fanatici devono essere più che altro compatiti, se sanno esprimere la loro identità solo mediante alcuni emblemi, dimostrando in tal modo il loro vuoto interiore.

Tuttavia, mentre opinionisti e gazzettieri ostentano tutta la loro farisaica esecrazione di fronte a codesti episodi vergognosi, nessuno fa notare il significato infernale di un altro simbolo. Mi riferisco alla fiaccola olimpica che non evoca, a chi guarda oltre le apparenze, l’armonia tra i popoli che i giochi olimpici dovrebbero rappresentare e rinsaldare, ma qualcos’altro…


La teda richiama la fiaccola delle statue della “libertà”, di quella, più famosa, che domina l’imboccatura del porto di Manhattan, dell’altra, meno nota, situata sul ponte dell’Alma, sotto il quale fu uccisa la principessa Diana Spencer. Un occhio attento vede quanto questi due monumenti siano sinistri: specialmente è inquietante la raggiera che cinge il capo dei due simulacri, simile a corna luciferine. Inoltre la torcia dei tedofori brilla di una fiamma che non è quella della conoscenza e dello spirito, ma quella dell’olocausto in onore di divinità terrifiche e sanguinarie.

Giorno dopo giorno, la fiaccola si appressa a Torino, città esoterica, dove, dietro le parvenze di innocenti gare sportive, si celebrerà un altro spaventevole rito, ora che i tempi sono vicini.


Non molto distante dal capoluogo piemontese, nella Val di Susa, sorge la Sacra di S. Michele, un edificio dedicato all’arcangelo per cui furono eretti nel Medioevo molti santuari.

L’esperta di esoterismo Giuditta Dembech ha rilevato che una diagonale unisce i “luoghi mikaelici”, dal Medio Oriente all’Europa. Si va dal Monte Carmelo in Palestina, a Monte S. Angelo nel Gargano, al Tempio dell’Angelo a Perugia, alla Sacra di S. Michele in Piemonte, a Mont Saint Michel in Francia. È, da tempo immemorabile, un corridoio sacro: ad esempio, presso la Sacra di S. Michele si eleva il Monte Musinè, venerato già nella preistoria e spesso teatro di avvistamenti di strane luci. Il progetto per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità è anche dettato da una volontà di profanare un luogo venerando, proprio come le Olimpiadi della neve, non a caso sponsorizzate dalle spaventevoli ed infami multinazionali, sono lo stupro di una città magica.

L’arcangelo Michele, alias Ashtar Sheran, assisterà indifferente a questi scempi?


Fonti:

G. Dembech, Luoghi magici e di potere, Torino, 2001


D. Icke, Il segreto più nascosto, Diegaro di Cesena, 2002

P. Giovetti, Le vie dell’arcangelo, Roma, 2005

29 gennaio, 2006

Simboli celesti

Tra il 1957 ed il 1963, Alberto Perego, console bolognese, testimone di due avvistamenti nei cieli del Vaticano, risalenti al 6 e 7 novembre del 1954, s’impegnò a riferire all’opinione pubblica il nucleo delle comunicazioni di origine non terrestre: la necessità di considerare le incognite, per il pianeta e per i suoi abitanti, connesse al possibile uso di ordigni atomici. Si tratta più di incitamenti che di predizioni. Essi comunque si collegano allo Zeitgeist, dominato dalla giustificata paura per le applicazioni militari di un’energia potenzialmente distruttiva.

La fantastica esibizione di cui fu spettatore il console, merita alcune riflessioni. Dapprima egli osservò una squadriglia di quattro ordigni che procedevano formando un rombo; nei minuti successivi notò oggetti disposti a delta. La “carola” seguitò fin verso mezzogiorno, quando fu visibile una formazione di venti UFO a tracciare una V, cui si unirono altri oggetti che formarono una croce greca la quale, ruotando, diventò una decusse. Poi le due squadriglie si separarono, delineando ciascuna una serpentina. Infine, dopo alcune evoluzioni nel cielo, i misteriosi velivoli disparvero alla vista, essendo saliti moltissimo di quota. Perego rilevò che la “croce” era stata tracciata nel cielo sovrastante la Città del Vaticano.

Tra il 6 ed il giorno 11 novembre dello stesso anno, il Ministero della guerra britannico riportò che i sistemi radar avevano più volte registrato sui loro schermi il passaggio di apparecchi non identificati. Apparsi in formazione ad U, gli UFO si dileguarono, dopo aver originato una configurazione a Z. Il sincronismo tra il fenomeno romano e quello britannico indusse Perego a speculare sul possibile valore delle figure e delle lettere create nel cielo dai velivoli attraverso i loro movimenti vorticosi. Il diplomatico dedusse che la croce sul Vaticano aveva un significato di assenso nei confronti del messaggio cristiano di pace e di fratellanza. Egli interpretò la Z dell’avvistamento britannico come una N: ne arguì che erano le iniziali di United Nations (Nazioni Unite), da leggersi come uno sprone ad opera dei piloti degli UFO ai governanti della Terra affinché si adoperassero per promuovere l’attività di mediazione e di pacificazione dell’O.N.U. Il carosello ripetuto sei volte dagli O.V.N.I. in Gran Bretagna è stato da altri interpretato diversamente. Considerando la U come simbolo dell’uranio, l’elemento chimico usato per la costruzione di testate atomiche, e Z, come “fine”, in quanto ultima lettera dell’alfabeto latino, il supposto messaggio potrebbe anche essere un’ammonizione contro i rischi fatali insiti nello sviluppo degli arsenali nucleari.

Tuttavia, alla luce delle indagini che hanno consentito di individuare il vero ruolo di certi organismi internazionali, la croce nei cieli di Roma e la sigla UN in Gran Bretagna, potrebbero essere, per così dire, dei segnali di pericolo, indicanti proprio le istituzioni più perniciose ed infide, ossia la potentissima Chiesa cattolica e la sempre più influente ed orwelliana Organizzazione delle nazioni unite.

Fonti:

A. Perego, Svelato il mistero dei dischi volanti, Roma, 1957

R. Pinotti, Dei dallo spazio, Milano, 2004

Due predizioni riguardanti gli uomini del Nord, 2005, in Zretblog

27 gennaio, 2006

L'arma di Benedetto XVI

Credo che un’approfondita disamina dell’arma, volgarmente definita stemma, appartenente all’attuale papa, Benedetto XVI, potrebbe rivelare significati degni di nota. Preciso che la mia analisi è suscettibile di correzioni e di ulteriori approfondimenti, perché, quando ci s’inoltra nel dedalo dei simboli, non sempre è facile trovare l’uscita: infatti carattere dei simboli è spesso la bivalenza e, in taluni casi, la polisemia. In primo luogo occorre chiedersi che cos’è il simbolo, anche se la risposta a tale domanda in parte esula dai fini di questo studio. Bisogna ricordare che ciascun emblema, di per sé, non è né positivo né negativo, poiché assume una risonanza luminosa od oscura, secondo il contesto e chi lo usa. Orbene, si potrebbe affermare, con una certa approssimazione, che il simbolo è un’immagine primordiale che tende a radicarsi nell’inconscio in cui lascia tracce pressoché indelebili. Il simbolo è anche uno strumento sintetico di comunicazione che associa ad un’icona un particolare significato. Tale valore tuttavia tende a creare attorno a sé, a causa di condizioni culturali e psicologiche, una galassia di possibilità semantiche a tal punto che molti emblemi risultano inesauribili.

Alla luce di questa premessa, è forse possibile cogliere la dimensione occulta celata dietro l’apparente convenzionalità ed innocenza delle figure e dei colori che caratterizzano lo stemma di Benedetto XVI.

Analizziamo dunque il blasone papale: esso consta dell’arma vera e propria, lo scudo, e degli elementi che indicano il grado, la dignità, il titolo etc.


Nello stemma adottato da Benedetto XVI lo scudo, del tipo a calice, è rosso cappato d’oro: presenta cioè il campo principale rosso con due campiture laterali color oro negli angoli superiori, a mo' di cappa. Quest'ultima è un simbolo religioso che si riferisce alla spiritualità monastica, in particolare quella benedettina.

Figurano poi i simboli già impiegati da Joseph Ratzinger nel suo stemma come arcivescovo di Monaco e Frisinga e come cardinale, anche se risultano ordinati in maniera diversa.

In basso è una grande conchiglia d'oro dalla triplice simbologia: in primo luogo ricorda una visione di Sant'Agostino con un bambino intento a svuotare il mare con una conchiglia. Quando il santo gli chiese se ci sarebbe mai riuscito, il bambino rispose: "Certo, prima che tu abbia capito l'essenza di Dio", in riferimento all'inutile sforzo di Agostino di tentare di far entrare l'infinità di Dio nella limitata mente umana e, al tempo stesso, invito ad attingere all'insegnamento teologico. La conchiglia è poi uno degli attributi del pellegrino, un simbolo che si riferisce a Giovanni Paolo II di cui Benedetto XVI vuole mantenere lo spirito di pellegrino nel mondo.

Infine, la conchiglia figura nello stemma del Monastero di Schotten in Baviera, presso Ratisbona, cui papa Ratzinger è molto legato. Sempre dalla Baviera provengono le due immagini che compaiono nella "cappa": a sinistra è una testa di moro coronata, antico simbolo della diocesi di Frisinga; a destra è invece un orso con un fardello, legato ad un episodio della vita di San Corbiniano, primo Vescovo di Frisinga, che riuscì ad ammansire l'animale e a farsi accompagnare, caricandolo dei suoi bagagli, fino a Roma. L'orso addomesticato dalla grazia di Dio è lo stesso vescovo di Frisinga, mentre il fardello rappresenta il peso dell'episcopato da lui portato. Tradizionali sono le due chiavi, una d'oro e una d'argento, simboli del potere spirituale e del potere temporale, in ricordo della consegna delle chiavi del regno dei cieli da parte di Cristo a San Pietro, “primo pontefice” (sic).

La tiara, il copricapo papale, è sostituita con la mitra, decorata con tre fasce d'oro simbolo dei tre poteri di Ordine, Giurisdizione e Magistero. Una novità è costituita dall'introduzione del "pallio", tipica insegna liturgica del sommo pontefice, che indica l'incarico di essere il pastore del gregge che Cristo gli ha affidato (sic): un nastro di lana bianca, intessuto con pura lana di agnelli allevati per tale scopo che il papa dona agli arcivescovi metropoliti. Fra novità e tradizione, dunque, lo stemma propone un insieme d’immagini che fanno riferimento agli ideali, alle tradizioni e ai programmi di Benedetto XVI.”(1)

Questa è la descrizione dell'insegna araldica papale: "Di rosso, cappato di oro, alla conchiglia dello stesso; la cappa destra, alla testa di moro al naturale, coronata e collarinata di rosso; la cappa sinistra, all'orso al naturale, lampassato e caricato di un fardello di rosso, cinghiato di nero".

La descrizione sopra riportata è piuttosto precisa, ma esterna. Per mezzo di una “doppia visione”, è possibile intuire gli aspetti reconditi del blasone pontificio: in primo luogo consideriamo gli smalti, ossia i colori ed i metalli. Nello stemma ricorrono il rosso ed il nero: entrambi i colori, nell’ambito di una interpretazione esoterica, evocano significati luciferini. Da non dimenticare la strana predilezione per il rosso dimostrata da questo papa in più occasioni, soprattutto nell’abbigliamento. Se da un lato, per una nota regola araldica, certi smalti sono sempre abbinati, dall’altro risulta un po’ sospetta questa ossessiva dicromia rosso-nero. Inquietanti poi sono le altre figure: l’orso, la testa di moro e la conchiglia. L’orso, infatti, “quale animale pericoloso personifica anche il potere del diavolo. La lotta del giovane David contro un orso, narrata nella Bibbia, rappresenta il prototipo della vittoria di Cristo sulle forze delle tenebre.”(2)

La testa di moro pare adempire la celebre profezia secondo cui Benedetto XVI sarebbe il “papa nero”, il che non si riferisce, com’è evidente, al colore della pelle, ma ad una probabile inclinazione di Ratzinger per la necromanzia, l’occulto ed i riti luciferini. La conchiglia nell’antichità era associata alla dea Afrodite che, a sua volta, è un’ipostasi di dee medio-orientali dalle accentuate valenze erotiche. Il prototipo di queste divinità è costituito da Ninlil, la dea sumera i cui attributi erano il serpente, la montagna celeste, le stelle. (3) Nella valva è forse possibile scorgere al centro, almeno in alcune riproduzioni dell’arma, una testa, per la precisione, il teschio di un capro… E’ noto che dal capro il diavolo ha preso molti tratti del suo terrifico aspetto. (4)

Si consideri che la mitra, nel nome e nel significato profondo, richiama la religione solare di Mitra, di cui il cattolicesimo è, in parte, una filiazione o meglio una metamorfosi. Certi studiosi hanno poi notato che il copricapo e le chiavi in decusse adombrano il teschio con le tibie incrociate, emblema in non pochi casi dal valore sinistro. (5) Insomma, immagini pagane e mefistofeliche sembrano connotare lo stemma dell’attuale vescovo di Roma.

Penso che l’attenta osservazione di questi elementi araldici consenta di avvalorare l’ipotesi secondo la quale Benedetto XVI potrebbe essere un influente membro della sinarchia, il governo occulto della Terra, come si evince d’altronde pure da certi suoi discorsi inneggianti al famigerato “nuovo ordine mondiale”. Inoltre, nell’ambito delle sue omelie, egli ha sovente introdotto argomentazioni sovrapponibili a quelle del presidente statunitense G.W. Bush,(6) laddove, ad esempio, ha tuonato contro il terrorismo e contro le religioni che, in nome di Dio, compiono massacri. Tali convergenze ideologiche difficilmente possono essere casuali, anzi denunciano l’appartenenza del papa alla “Confraternita” che, mentre esibisce un linguaggio incentrato sui valori quali democrazia, giustizia, libertà, opera per instaurare una dittatura planetaria. In tal senso, il nome Benedictus XVI (in tutto 13 segni tra lettere e numeri) (7) potrebbe essere letto, attraverso l’inversione semantica, tipica delle sette sataniche, come… Maledictus.

Ai lettori le conseguenti riflessioni.

Note:

1) D. Marchioro. Lo stemma di papa Ratzinger.
2) H. Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Milano, 1991, s.v. orso.
3) P. Monaghan, Dizionario delle dee e delle eroine Figure di donna nei miti e nelle leggende, Milano, 2004, s.v. Ninlil.
4) Id. , ibid., s.v. caprone.
5) Cfr , ad esempio, D. Icke, Il segreto più nascosto, Cesena, 2001.
6) E’ notorio che Bush è affiliato alla società segreta Skull and bones.
7) Sul significato del numero 13 non occorre indugiare.

26 gennaio, 2006

Dalla parte di Federico

Quosque tandem?

Risale al 25 settembre dello scorso anno la morte in circostanze non ancora chiarite di Federico Aldrovandi, un giovane ferrarese di diciotto anni. La madre di Federico, cui esprimiamo la nostra totale solidarietà, da quel funesto giorno, sta strenuamente lottando per scoprire la verità su quanto accaduto: le responsabilità di alcuni agenti di polizia sembrano fuor di dubbio, anche se si teme che qualche magistrato, more solito, insabbi tutto. Alla fine trionferà la versione ufficiale: i “tutori dell’ordine” tentarono di fermare il ragazzo che dava in escandescenze ed era salito persino sul cofano della “volante”. Smanacciando e cadendo, si ferì. La morte sopraggiunse per le lesioni ed i traumi riportati.

Noi sappiamo che, nella stragrande maggioranza dei casi, le versioni ufficiali sono delle ignominiose, spudorate bugie, ma sappiamo pure che la visione manichea che distingue tra buoni e cattivi, tra forze dell’ordine e delinquenti in molti casi non ha alcuna ragione d’essere.

La dolorosissima vicenda è, in tal senso, istruttiva, perché dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che la brutalità non è una prerogativa dei fuorilegge. Infine, veramente ci fa sognare una società senza né gendarmi né ladri, senza “né santi né eroi”, soprattutto se i santi sono – ed è solo un esempio tra mille – come “Sant” ’Elena, la madre di Costantino, che istigò il figlio ad uccidere la moglie Fausta.

L'intera storia di Federico si può leggere visitando la seguente pagina personale:

25 gennaio, 2006

Scie chimiche: ignoranza e connivenze politiche

Una breve riflessione...

I voli clandestini dei KC-135, KC-10, Boeing DC9 "civili" modificati, proseguono nella totale indifferenza delle istituzioni politiche e dei media. Certo... la responsabilità di questo scempio è della maggioranza della popolazione, così tanto indaffarata nelle sue azioni quotidiane, che non alza mai lo sguardo verso il cielo, per notare quello che pure un bambino noterebbe. Invece no! Si ignora, si fa finta di ignorare, si alzano le spalle e si prosegue. Non si comprende che tutti respiriamo le particelle di metallo (e quant'altro) sparse con gli aviogetti militari senza contrassegni (non vi puzza?)! Entro cinque, dieci anni al massimo, noteremo l'incremento di tumori ai polmoni, alla prostata, ai reni (gli organi più sensibili all'assorbimento di sostanze che l'organismo non può espellere), così come sta accadendo negli Stati Uniti, laddove questo fenomeno ha avuto origine attorno al 1998. Non parliamo poi delle evidenti variazioni climatiche... sotto gli occhi di tutti (più nuvole artificiali = minor irradiazione solare = temperature più basse).

I politici fanno finta di niente (Essi sanno, ma chissà quali interessi coprono, per cui tacciono). I media nicchiano (sono occupati con il gossip!).

Ebbene. Fate una cosa, voi pochi che, come me, vi battette per ottenere la verità e per far sì che i voli velenosi cessino. NON ANDATE A VOTARE! Ci stanno solo, per l'ennesima volta, prendendo per i fondelli! Ai nostri politici non interessa il nostro destino. Lo dimostrano tutti i giorni. Delegittimiamoli. Buttiamoli fuori!
Inoltre... bombardate le caselle e.mail delle maggiori testate con le vostre segnalazioni.

**Straker**

24 gennaio, 2006

Leonardo da Vinci: i misteri di un occultista (terza ed ultima parte)

Il 24 giugno 1967 è il giorno in cui l’investigatore Dominik Lucchesi dichiarò ufficialmente che Albert K. Bender, il fondatore nel 1953 dell’International flying saucers bureau, dopo aver ricevuto la visita di tre sinistri uomini vestiti con abiti neri, decise di non occuparsi più di ufologia.

Al 24 giugno 1981 risalgono le prime apparizioni della Vergine a Medjugorie, cittadina dell’ex Jugoslavia: è noto che alcuni studiosi tendono a collegare tali manifestazioni, di presunta origine spirituale, a fenomeni di tipo ufologico.

Non solo, il 24 giugno 1997, un’altra convergenza nella data, a cinquant’anni precisi dall’incidente di Roswell, il Pentagono diffuse una relazione riepilogativa sull’accadimento, per confermare l’improbabile versione secondo cui presso Corona nel New Mexico, sarebbero caduti dei palloni aerostatici sperimentali, con a bordo dei manichini.

È possibile pure interpretare la ricorrenza della data in esame come il simbolo del principio di una nuova era, l’era in cui finalmente l’umanità comincia a stabilire (o a ristabilire) un contatto con creature provenienti da altri mondi. Un tempo, seguendo una tradizione popolare, nel giorno dedicato all’asceta decapitato per volontà di Erode, si accendevano grandi falò, a segnare il passaggio definitivo all’estate dopo il solstizio d’estate: è l’inizio di un periodo di luce, simbolo di vita e rigenerazione.

Ad ogni modo, se si riuscissero a decifrare i segreti del genio rinascimentale, se si chiarisse il ruolo esoterico della tradizione giovannea, si potrebbe gettare anche un barlume su una questione ufologica intricata e, per molti versi, inquietante. Non è forse un caso se Leonardo ideò un’avveniristica macchina bellica. Si tratta di uno dei suoi progetti più ambiziosi, risalente agli anni del soggiorno a Milano (tra il 1483 ed il 1490): mi riferisco al carro armato protetto da uno scudo massiccio, dotato di una notevole forza di fuoco e per il cui funzionamento erano previste manovelle e ruote dentate. Il carro è di forma molto simile a quella di un disco volante. Esiste quindi un legame tra l’occultismo leonardesco (asserire che lo scienziato ed artista toscano non fu un esoterista rivela, a parer mio, ottusità critica) e tradizioni, che, in qualche modo, hanno una valenza ufologica? Bisogna, comunque, interrogarsi sui segreti ed i fini delle correnti mistiche, magiche ed alchemiche, che coesistettero con le dottrine dominanti, a volte, apparentemente al loro interno, come nel caso di Dante Alighieri (vedi Dante era un eretico), a volte in più o meno aperto dissenso con la cultura ufficiale.

23 gennaio, 2006

Il cinema e la vita

Non amo generalmente il cinema, poiché lo reputo, in quanto imitazione della realtà che, a sua volta, è, per lo più finzione, doppiamente falso. Nonostante ciò, qualche pellicola merita di essere celebrata, a volte per alcuni memorabili particolari. In special modo, mi è rimasta impressa una scena di un film del quale non rammento né il titolo né il regista. In questo film, uno dei protagonisti, un adolescente, figlio di genitori ormai prossimi al divorzio, mostra alla fidanzata un video realizzato con una camera portatile, in cui per circa tre minuti è ripreso un sacchetto sbattuto di qua e di là dal vento. Nient’altro: solo il sacchetto che si gonfia, è sollevato, è risucchiato nel turbine, ricade, quando il vento si placa, per poi ricominciare quella folle, sgraziata danza.

È una sequenza potentemente simbolica, nel suo minimalismo, nella sua nuda concettualità, un’immagine della vita in balia di un destino incomprensibile. Di fronte a questa metafora visiva, si avverte inconsciamente l’ineluttabilità delle circostanze, come se ogni azione determinata dal “libero arbitrio”, rivelasse un’essenza imperscrutabile, una forza sotterranea, fatale che conduce verso una direzione decisa ab aeterno.

È una sequenza che non si dimentica, soprattutto perché contiene qualcosa di estraniante e di ineffabile, proprio come l’esistenza, proprio come l’orizzonte degli eventi.

22 gennaio, 2006

Il fiore (frammento lirico di Gerson Maceri)

Immaginate un sentimento grande, forte, rigoglioso. E’ un fiore stupendo piantato in una radura fertilissima e soleggiata. Ha radici forti, petali carnosi, le gocce di rugiada attorno che lo rinfrescano, che lo vivificano. Appena nato, cresce, cresce, cresce…

Ma se arriva un vento freddo, se il cielo si copre di grigio e sparge fiocchi di neve sul campo, se nessuno se ne prende cura, i petali cominciano a gelare, rinsecchiscono senza acqua e si bruciano col ghiaccio, lo stelo si irrigidisce, si piega, scolorisce… Le radici perdono vigore, si accartocciano vuote…

Il fiore muore.

20 gennaio, 2006

Bin Laden sulla luna

Risale a ieri, 19 gennaio, ossia 1 19, anagramma di 9 11, il proclama del fantomatico Osama bin Laden che preannuncia nuovi attentati. Agenti della CIA, avendo esaminato il messaggio fatto pervenire alla televisione araba Al Jazeera, hanno stabilito che la voce registrata è quella dell’amico di Bush. Se lo dice la CIA, ci crediamo. E' ovvio.

Nel codice prevedibile della sinarchia, ciò significa che i servizi segreti intendono perpetrare un altro attentato, addossarne la colpa allo sceicco del terrore o a qualche suo accolito, inventarsi una collusione dell’Iran e…

Insomma, queste noiose frottole sul terrorismo internazionale e sulla “guerra” al terrorismo, continuano ad essere ideate con improntitudine e riportate supinamente dai media di regime, senza che si levi una voce per denunciare quanto siano grottesche ed inverosimili certe “notizie”. Magdi Allam, se ci sei, batti un colpo!

Le fandonie su bin Laden (probabilmente già morto da qualche anno), mi ricordano un’altra manipolazione: l’epopea dell’uomo sulla luna, con l’”astronauta” Armstrong che pronuncia la storica frase sul set di una produzione cinematografica, mentre milioni di persone credono che egli abbia messo piede sul satellite.

Oggi come allora, la massa, nella sua infinita ed inveterata dabbenaggine, si fa abbindolare e crede veramente che in una sperduta spelonca dell’Afghanistan un inafferrabile bin Laden trascorra il suo tempo ad architettare diabolici piani per uccidere civili inermi in qualche stazione di una città occidentale.

Nel celebre poema dell’Ariosto, Astolfo si reca sulla luna per recuperare il senno di Orlando, impazzito dopo aver scoperto la tresca tra Angelica e Medoro. Purtroppo oggi non esiste nessun Astolfo che, sull’ippogrifo, cavalchi verso quel corpo celeste per recuperare il senno di un’umanità dissennata.

18 gennaio, 2006

Leonardo da Vinci: i misteri di un occultista (seconda parte)

La festa dedicata alla natività di S. Giovanni Battista si celebra il 24 giugno: per una singolare coincidenza (?), il 24 giugno del 1947, Kenneth Arnold, pilota statunitense, avvistò in prossimità del Monte Rainier (nello stato di Washington), dei dischi volanti in formazione.

Questo avvistamento è il primo riportato ufficialmente dalla stampa degli U.S.A. e perciò segna la nascita dell’ufologia contemporanea; è, per così dire, il battesimo di questa nuova disciplina. Un’altra combinazione riguarda i numerosi suicidi (o presunti tali) ed omicidi di ufologi, avvenuti il 24 giugno, come se i membri dell’establishment che, in ogni modo, tentano di mantenere nascoste le verità sui visitatori, ricorressero ad una cifra (numero e codice al tempo stesso) per far intuire che, comunque, questi studiosi brutalmente eliminati erano sulla strada giusta, quella cioè che porta ad un’origine cosmica, non terrestre degli U.F.O. e dei loro occupanti.

Molte volte gli assassini indulgono nel disseminare d’indizi la scena del delitto per sfida nei confronti degli investigatori. Il ricercatore F. Ossola fa la seguente osservazione: “Alcuni personaggi, che hanno fatto la storia dell’ufologia, sono deceduti il giorno 24 giugno, naturalmente in anni diversi. Ricordiamo così alcuni nomi appartenenti a questo elenco specialissimo: Frank Scully, giornalista e scrittore americano, morto il 24 giugno del 1964; Frank Edwards, commentatore radiofonico; i contattisti britannici Arthur Bryant e Richard Church il 24 giugno del 1967. Due anni dopo fu la volta di Willy Ley, mentre il 24 giugno del 1978 fu quella dell’archeologo spaziale francese Robert Charroux".

17 gennaio, 2006

Simboli molto Fini



Absit iniuria verbis

Con enfasi e solennità, qualche giorno addietro l’onorevole Gianfranco Fini ha presentato in occasione di un congresso (o di qualcosa del genere) di Alleanza nazionale il nuovo simbolo del partito di cui è il segretario. Finalmente una buona notizia! Mentre si rincorrono le inquietanti agenzie di stampa su un probabile attacco all’Iran, aggressione decisa dalla sinarchia, complice presumibilmente l’attuale presidente dello stato mediorientale, Ahmadinejad, con tutte le catastrofiche conseguenze che si possono immaginare, il ministro degli esteri rincuora il nostro animo afflitto, annunciando che Alleanza nazionale si presenterà alle prossime elezioni con un nuovo emblema. Non aspettavamo altro: infatti quello precedente era veramente squallido e banale. D’altronde gli “stemmi” di questi partiti sono spesso molto brutti: penso, ad esempio, al simbolo dell’Ulivo, con quel ramoscello che sembra la pubblicità di un frantoio.

Dicevo del nuovo blasone di Alleanza nazionale: l’altro giorno l’onorevole, dopo aver tenuto l’uditorio con il fiato sospeso, per mezzo di un mirabolante marchingegno, ha fatto ribaltare il cerchio su cui era visibile l’ormai vecchia effigie del partito, con la fiamma tricolore in basso e, in alto, un esergo azzurro su cui campeggia la dicitura Alleanza nazionale. Quale stupore al cospetto di cotanto miraculum! Quale commozione di fronte ad un’immagine degna di un artista eccelso, talentoso!

Il cerchio si ribalta ed ecco, dinanzi agli astanti rapiti nella divina, ineffabile visione, il luminoso, mirabile simbolo: la fiamma tricolore in basso, in alto un esergo azzurro su cui campeggia la dicitura Alleanza nazionale… in centro, in caratteri cubitali, la scritta FINI.

Tutto qui? Che cocente delusione! Fini? Mi vengono in mente i tortellini… In fondo, però, a ripensarci, l’idea è geniale, indovinata. “Politica”, tortellini… sempre di mangiare si tratta.

16 gennaio, 2006

Calvino, Sanremo e l'ipocrisia

È noto che Italo Calvino ambientò il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno e non pochi racconti a Sanremo, quella che egli considerava visceralmente la sua città, quantunque fosse nato, per circostanze fortuite, a Santiago de las Vegas (Cuba) nel 1923. In più occasioni, lo scrittore si dolse di quanto la sua città, un tempo un opale incastonato tra l’azzurro del Mar Ligure ed il verde delle colline, fosse stata deturpata, anzi stuprata dalla speculazione edilizia. Non gli restò che vagheggiare nostalgicamente ma senza sdolcinature, quella Sanremo la cui aria era impregnata di salino e dell’aspro odore dei limoni.

Il centro tratteggiato dallo scrittore era più un grosso borgo che una cittadina, con le case di campagna sparse sui pendii, gli orti costeggiati dai beudi, i carrugi della Pigna arroccata sul promontorio dominato dalla Madonna della Costa, con la “mole azzurra” della cupola.

Se Calvino fosse ancora vivo, di fronte all’attuale scempio, proverebbe un’indignazione ancora più veemente di quella che lo spinse, lui uomo di Liguria, sobrio e tenace, a somiglianza della gente della sua terra, a rinnegare Sanremo, aprica ed irregolare, per “adottare” una metropoli come Torino, nebbiosa e geometrica.

Bisogna ammettere, però, che, se ci si allontana dalla congestionata area urbana di quella che fu la perla della Riviera, per percorrere un’antica mulattiera, a volte ci s’imbatte in qualche scorcio suggestivo: ora una viottola ombreggiata da mimose, ora un podere terrazzato con muri a secco, ora un frammento di cielo in lontananza su cui si staglia la sagoma oblunga di un cipresso. Non di meno, sono le ultime rutilanti tessere di un mosaico che, per la gran parte, è stato impunemente distrutto.

Risulta così di un’ipocrisia intollerabile e vergognosa l’iniziativa del Comune, che ogni anno premia, tramite un concorso, uno studente per la composizione di un elaborato su Sanremo. Che cosa si può scrivere ancora su codesto centro ridotto ad una discarica mefitica, ad un’immane colata di cemento, mercé la saggia politica delle amministrazioni succedutesi in questi ultimi decenni? Che cosa decantare? Il grottesco edificio del Casino, con le sue ridicole torrette? Le ormai innumerevoli rotatorie collocate al centro di molti incroci simili a dischi volanti? Forse il cielo solcato dalle velenose scie chimiche? È il caso di ripiegarsi sul passato per recuperarne qualcosa? Ci pensò magistralmente già Calvino.

Dunque, se fossi un allievo chiamato a partecipare al concorso, con Dante scriverei semplicemente: “Parole non ci appulcro”.

15 gennaio, 2006

Gli allori di Teodori

Qualche sera fa, è stato ospite dell’edizione serale di un “notiziario” televisivo, mandato in onda da un’ottima rete, quel luminare di Massimo Teodori. Il giornalista che leggeva le notizie, tra un servizio di regime e l’altro, traboccante delle solite colossali baggianate, poneva delle domande all’eccelso Teodori, che commentava con infinita sagacia i fatti del giorno.

L’illustre docente universitario - per chi non lo sapesse Teodori insegna (sic) Storia americana - si è esibito in valutazioni che, nel migliore dei casi, erano dei luoghi comuni, quando non denotavano incommensurabile superficialità, di fronte alla quale le pur misere “analisi” dell’anfitrione sembravano le sublimi elucubrazioni di un filosofo come Cioran.


Chi non ricorda i maldestri argomenti di Teodori per tentare di coonestare l’uso delle armi al fosforo a Falluja? Chi non ricorda i ridicoli, grotteschi tentativi con cui l’esimio professore ha provato a dimostrare che l’attentato del 9 11 fu ideato in una caverna dell’Afghanistan, come continuano a ripetere gli scemi, purtroppo assai numerosi, del villaggio globale?

Tuttavia l’egregio ex radicale, ex socialista, ex non so che cosa, non pago di aver brillato come una fulgidissima stella di prima grandezza in qualità di opinionista, ha voluto sfoggiare la sua perfetta padronanza della lingua italiana, che egli adopera con mirabile raffinatezza, tramite il seguente breve ma alato verso, declamato almeno due volte: “Penso che è…”


Si aggiunga quest’altro serto d’alloro sul venerando, augusto capo di Teodori. Gli si conferisca ipso facto la laurea honoris causa in Lettere.

Poveri noi e povero congiuntivo…

14 gennaio, 2006

Leonardo da Vinci: i misteri di un occultista (prima parte)

Quando si nomina Leonardo da Vinci, il pensiero corre immediatamente all’acuto indagatore della realtà naturale, all’ingegnere dalle idee avveniristiche, all’eccelso artista, insomma ad una figura poliedrica e geniale che incarnò lo spirito più genuino del Rinascimento. Eppure Leonardo fu anche un occultista, depositario di conoscenze segrete, come rivela l’indagine accurata di molte sue opere figurative. Non mi soffermerò qui sul celeberrimo Cenacolo dipinto in S. Maria delle Grazie, sul cui significato esoterico si è scritto molto, mentre dovrò accennare ad altri suoi capolavori, che dimostrano come Leonardo fosse una figura per lo meno singolare.

Prendiamo, in primo luogo, in esame l’Annunciazione degli Uffizi (1478-1480): sullo sfondo Leonardo dipinse un bellissimo brano di paesaggio con vegetazione oltre la quale s’intravede un litorale roccioso che sfuma nella nebbia. Tra gli alberi, che sono per lo più conifere, si nota lungo il piano prospettico che si diparte dalle ali dell’angelo, una pianta che, inopinatamente, pare corrispondere, per la conformazione dei rami e della chioma, ad un’auracaria, essenza tipica del Cile e dell’Australia. Ora, il dipinto precede di circa una dozzina d’anni la data ufficiale della scoperta dell’America, il 1492. E’ da tempo assodato che altri navigatori, prima di Cristoforo Colombo, approdarono nella parte settentrionale del Nuovo continente: senza dubbio i Vichinghi con Erik Leifson nei primi anni del secolo XI forse i Templari nei secoli successivi. Tuttavia è certo che questi ardimentosi navigatori non si spinsero fino in Cile. È ipotizzabile dunque che il genio di Vinci venne a conoscenza dell’auracaria attraverso una tradizione di cui si sono perse le tracce, a meno che non si voglia pensare ad una prodigiosa capacità che Leonardo aveva di squarciare il velo del tempo e dello spazio.

L’analisi dell’Annunciazione c’induce a considerare il particolare interesse che Leonardo riservava al mondo vegetale: nell’Adorazione dei magi (1481-1482), “la composizione è centrata secondo il sistema delle diagonali che s’incrociano sul capo della Vergine. Ma la scena ha il suo punto di fuga spostato a destra fra i due alberi (corsivo mio)” sicché l’occhio è attratto, anche grazie al movimento turbinoso dei personaggi, non tanto dalla scena dei magi che portano i loro doni al Salvatore, quanto dal centro prospettico, ossia… l’albero di carrubo. Il carrubo tradizionalmente è associato a S. Giovanni Battista; non solo, accanto al tronco, sulla destra dell’osservatore, si vede una figura che rivolge il dito indice della mano destra verso il cielo, nel gesto definito di S. Giovanni. Sullo sfondo svetta una palma, palese richiamo al martirio subito dal Battista. Tale personaggio evangelico è una costante dell’arte leonardesca: infatti, tralasciando altri esempi, si ritrova, non a caso, nell’ultima opera creata dal Maestro , ossia Il Bacco del Louvre (1511-1515), originariamente un S. Giovanni Battista nel deserto. Anche in questo quadro il precursore (?) del Messia, ritratto come un giovinetto quasi androgino dal sorriso enigmatico, addita il firmamento con l’indice della destra. Questo gesto potrebbe essere, invece che un generico riferimento all’importanza della dimensione spirituale, al Regno dei cieli, un’allusione, una sorta di messaggio cifrato ad abitatori del cosmo, a creature di altri pianeti da cui forse provengono conoscenze per iniziati. È questo il segreto (o una sua parte) che si cela dietro la misteriosa figura del Battezzatore, sul quale si possiedono pochissime fonti, ossia solo Giuseppe Flavio e gli evangelisti?


Le fonti dell'articolo sono contenute nello studio intitolato Leonardo da Vinci, S.Giovanni Battista e la nascita dell'ufologia, in www.spazioufo.com

13 gennaio, 2006

Cipro: scoperte prove delle prime navigazioni nel Mediterraneo (articolo di Albert Annerman)

Pubblico un breve ma significativo contributo tratto da Galluzzo.it, un sito pregevolissimo e raffinato che è una vera miniera per gli appassionati di archeologia e di storia antica e non solo. L’articolo ci fa comprendere come gli studi e gli scavi gettino sempre nuova luce sulle civiltà del passato, talvolta sovvertendo convinzioni consolidate. Meritano pertanto un plauso i dottissimi ed attenti curatori di Galluzzo.it per la loro intelligente, diuturna opera di divulgazione.

Gli archeologi hanno scoperto le prime evidenze di navigazione su lunghe distanze nel Mediterraneo orientale, confutando le teorie secondo cui gli antichi marinai non si avventuravano mai in mari lontani. Frammenti di strumenti di pietra ritenuti risalire a 12.000 anni or sono, sono stati recuperati in due siti di Cipro, suggerendo che questi primitivi marinai usassero le aree come accampamenti temporanei dopo viaggi verso l’attuale Siria e Turchia. Le selci differiscono da qualsiasi altro manufatto trovato nelle strutture geologiche di Cipro, e di 1.000 anni più antiche della datazione stimata per i primi abitanti permanenti dell’isola. La scoperta si aggiunge ad un corpo di evidenze che contraddicono le convinzioni diffuse secondo cui gli antichi marinai navigassero sempre a vista della costa o avessero scarse capacità in fatto di navigazione.

Cipro, ad almeno 30 miglia da qualsiasi altra massa di terra, non fu abitata stabilmente dall’uomo prima di 12.000 anni or sono, ma vi sono prove che fosse popolata da elefanti pigmei ed ippopotami.
I suoi primi abitanti, datati al IX millennio a.C., si ritiene provenissero dalla massa di terra che ora la circonda a nord e ad est.
I frammenti di selce sono stati trovati nel sud-est e nell’ovest dell’isola dagli archeologi della Colgate University ad Hamilton, New York. Il sito si trova a sud-est su una formazione collinosa che sovrasta Nissi Beach, una delle più popolari spiagge dell’isola.

Fonte: http://www.galluzzo.it/

12 gennaio, 2006

Agli albori del contattismo

L’italo-statunitense Orfeo Angelucci, giovane tecnico che lavorava per la Lockheed a Burbank, in California, fu, secondo il suo racconto, prescelto da abitanti di un altro pianeta, come destinatario di un messaggio per l’umanità, in cui si riscontrano quei temi destinati a diventare nei decenni successivi leit-motive della controversa e spesso vituperata frangia contattista.

Tutto cominciò nel 1952 con l’avvistamento di un disco verde fluorescente: seguirono alcuni rendez-vous con un essere cordiale e sensibile che Angelucci chiamò Nettuno. Costui trasmise al giovane informazioni di tipo scientifico-tecnologico oltre ad insegnamenti filosofici. Non mancò la previsione, divenuta poi quasi un tòpos delle comunicazioni da mondi lontani, di un futuro conflitto nucleare.

L’esperienza di Angelucci culminò a bordo di un’astronave durante un tour nello spazio, quando, in una sorta d’iniziazione, sentì allargarsi in modo inimmaginabile la sua coscienza, tanto da fargli avvertire l’infinita miseria della condizione umana. Egli così comprese che il tempo non esiste e che la vita terrena è solo una fase di un lungo percorso spirituale.

Le informazioni più singolari tuttavia furono altre: i visitatori possono facilmente mimetizzarsi tra noi; esistono oggetti extraterrestri invisibili, se non ai radar; certi dischi sono dei cervelli elettronici, quasi delle macchine pensanti; i vertici militari delle superpotenze intendono mettere a punto delle armi spaziali per colpire e distruggere le flotte aliene.

Quest’ultima rivelazione anticipa di parecchi decenni la strategia statunitense antiintrusione nota come “guerre stellari”, ossia un sistema bellico ufficialmente progettato per neutralizzare eventuali attacchi missilistici sovietici, in realtà presumibilmente un apparato atto ad intercettare e ad abbattere velivoli non terrestri. A tale proposito, le fughe di notizie del colonnello Corso e di altri rivelatori fino alle recenti dichiarazioni di Paul Helleyer, ex ministro canadese, il quale ha asserito che “gli U.S.A. stanno preparando la difesa intergalattica”, sono eloquenti. (1)

(1) Vedi articolo di M. Molinari, pubblicato il 26 novembre 2005, sul quotidiano LA STAMPA, intitolato “Bush contro gli UFO”.


Fonte: O. Angelucci, Il segreto della storia dei dischi volanti, 1955.

11 gennaio, 2006

Dante era un eretico

Rimango sempre sorpreso, quando leggo che Dante Alighieri è un autore cristiano. Non intendo scrivere un saggio per dimostrare il contrario, ma solo fare qualche riflessione su alcuni aspetti della poesia dantesca con lo scopo di mettere in luce l’eccentricità di Dante rispetto alla Weltanschauung ortodossa.

“Il fiore” è un poemetto didascalico-allegorico composto nella seconda metà del XIII secolo. Consiste in una corona di 232 sonetti che adeguano al volgare italiano le due parti del Roman de la rose, eliminandone le dissertazioni dottrinali per privilegiare gli spunti polemici, con allusioni alle lotte fiorentine tra magnati e popolo grasso. L’autore è un Ser Durante che, già in occasione della prima edizione dell’opera (1881), fu prudentemente identificato col Nostro. L’attribuzione, contestata da molti filologi, è stata riproposta, sulla base di rilievi stilistici, da Contini.

Ora, senza addentrarmi in disquisizioni per esperti, noto che il titolo del poemetto è sintomatico: il Fiore è evidentemente un riferimento alla rose del testo francese. Rose, in inglese ed in francese, è anagramma di eros, amore, da intendersi in senso lato, poiché è la sensualità, ma soprattutto evoca il culto del femminino sacro, cui alludono pure le cattedrali gotiche con le loro decorazioni e strutture simboliche, tra le quali il rosone. Tra l’altro, è stato notato che le chiese gotiche francesi sono disposte in modo da riprodurre il disegno della costellazione della Vergine. Sempre nel segno del simbolismo floreale è, poi, la “candida rosa” del Paradiso. Significati mistici, esoterici, iniziatici si compenetrano nel capolavoro dantesco ai quattro valori illustrati nell’Epistola a Cangrande Della Scala. Il senso ultimo del poema è celato in un labirinto d’immagini astrologiche e numerologiche. Così si spiegano le ricorrenze del tre, del sette, del nove…: i tre regni rispecchiano tre condizioni spirituali, le sette cornici del Purgatorio sono i sette gradi dell’iniziazione, i nove cieli simboleggiano la perfezione.

Come ignorare, inoltre, i messaggi cifrati che rivelano la vicinanza di Dante all’Ordine del Tempio? Del resto la preghiera alla Vergine è pronunciata da San Bernardo di Chiaravalle, l’eccentrico monaco cistercense che dettò la regola dei Templari e secondo il quale Dio è “lunghezza, altezza e profondità”. La stessa orazione è un inno alla dea egizia Iside, Vergine madre nel cui ventre “è germinato questo… fiore”. La visione finale, con i tre cerchi di tre colori diversi, ma della medesima dimensione, è il suggello mistico e geometrico di una concezione fondamentalmente eterodossa, che affonda le sue radici nella cultura araba, nei segreti templari, nell’astrologia, nell’aristotelismo.

Molti dei simboli elaborati dalla tradizione, di cui furono depositari maestri ed illuminati, furono mutuati da sette e correnti posteriori all'Alighieri, ma, in alcuni casi, il loro valore fu stravolto e snaturato. Continuarono e seguitano ad irradiare ancora la loro energia che, però, è diventata negativa, per una sorta d’inversione di polarità. A questo punto, si comprende perché l’approccio superficiale ad uomini di genio, come il “Ghibellin fuggiasco” o come Leonardo da Vinci, prevalga nell’ambito della “cultura” ufficiale. Se si conoscesse il significato di certi emblemi, potremmo più facilmente intuire i contenuti reconditi e spesso sinistri di molte simbologie, che neppure riconosciamo o che riteniamo, scioccamente, ininfluenti.

09 gennaio, 2006

Crosa e le rose

Purtroppo ogni lunedì il TG5, il “notiziario” di Rossella la pulzella, ospita al suo interno un’intervista realizzata da Giacomo Crosa, cronista sportivo che s’intrattiene per qualche interminabile minuto con un calciatore illustre per le sue mirabolanti gesta sui verdi campi. Bisogna riconoscere che Crosa è persona dai modi garbati e piacevoli, molto distanti dalla grossolanità e dall’alterigia di tanti suoi colleghi; inoltre ha una discreta padronanza della lingua italiana, caratteristica che fa di lui una rara avis, considerando l’ignoranza abissale di molti giornalisti.

Sfortunatamente, gli interlocutori del biondo professionista sono spesso delle nullità che, in un pessimo italiano, indugiano su aneddoti ed esperienze sportive infinitamente insulse. Insomma, è la fiera della vuotaggine né tale incommensurabile insignificanza della conversazione è compensata dalla cornice naturale in cui si svolge l’intervista: ameni giardini con siepi di biancospino o di bosso e roseti odorosi. Penso che quello di Crosa sia un talento sprecato: una persona educata ed intelligente come lui avrebbe dovuto usare le sue capacità per una più nobile causa.

A proposito di talenti, avete notato che il sommo orefice, durante l’angelus domenicale o in occasione di altri discorsi ufficiali non cita quasi mai i Vangeli? Ci credo –risponderete- chi più di Benedetto XVI è lontano dallo spirito evangelico, con la sua esaltazione della povertà e della verità? Infatti l’attuale vescovo di Roma evoca i papi simoniaci e nepotisti del Rinascimento, amanti del lusso e dei piaceri, oltre che spregiudicati uomini politici. Ovviamente Benedetto XVI non ha ricevuto alcun talento, tuttavia, poiché si trova in una posizione d’immenso potere, con un notevole ascendente su milioni di persone, dovrebbe, invece di tediarci con le sue ipocrite ramanzine, esortare veramente a combattere contro la menzogna, la guerra, l’ingiustizia. Ad esempio, potrebbe e dovrebbe avere il coraggio di affermare quanto sia inaccettabile che le banche (anche quelle cattoliche) investano in armi; dovrebbe dimostrare l’onestà intellettuale per denunciare Urbi et orbi il fenomeno delle scie chimiche.
È un’utopia? Probabilmente sì.

Forse, però, Joseph Ratzinger, da uomo sensibile qual è, potrebbe un giorno decidere di accennare al problema, se non altro per evitare che siano deturpati da uno scempio d’intrecci i cieli tersi ed azzurri, magnifico scenario delle interviste di Crosa.

08 gennaio, 2006

Il messaggio degli alieni-gatto

Nel 1968, il trentino Walter Marino Rizzi, avvistò un apparecchio in alta Val Badia, presso il Passo Gardena, nella regione dolomitica. Dal velivolo uscì un essere dai connotati con qualcosa di felino: “Aveva i capelli cortissimi, castano chiari… I suoi occhi erano bellissimi, leggermente obliqui, come quelli di un gatto, con l’iride azzurro-verde e le pupille che si contraevano continuamente (quando si dilatavano erano rotonde, mentre, quando si contraevano, apparivano ovali come quelle di un gatto). Anche il naso molto piccolo ricordava quello dei felini… La pelle era di un color verde oliva chiaro, levigata come gomma.” Rizzi comunicò telepaticamente con il gentile cosmonauta da cui ricevette messaggi di pace e di fratellanza universale.

Tra le varie comunicazioni, ha un risvolto predittivo quella concernente un futuro spostamento dei poli, con conseguenti cataclismi. Tale previsione sembra purtroppo aver trovato una conferma nelle conclusioni cui è giunto lo scienziato Gregg Braden che, sulla base di studi condotti sui cambiamenti subiti dalla risonanza Schumann, pensa che intorno al 2012 i poli magnetici s’invertiranno. In effetti, la risonanza di cavità Schumann, una sorta di pulsazione del pianeta, identificata nel 1899, tra quell’anno e gli anni 80 del XX secolo, ha mantenuto un impulso costante di circa 7, 8 hertz il secondo, laddove secondo gli ultimi calcoli, ha ormai superato il valore di 10 e seguita ad aumentare. Braden ritiene che, nel 2012, la risonanza potrebbe avvicinarsi ai 13 cicli il secondo, mentre il campo magnetico dovrebbe accostarsi allo zero.

Fonti: G. Braden, Awakening to point zero; G. Degli Esposti, Incontri del quarto tipo; C. Elidono, Lo scatto del polo Nord; R. Malini, U.F.O. il dizionario enciclopedico.

07 gennaio, 2006

Hell above

Yesterday was another dire, epic day for our sky. From sunrise until dusk (at least) white aeroplanes were flying over us in order to leave their chemical, poisonous trails in the atmosphere. Within few hours, crosses, webs and artificial clouds filled the sky which became a strange picture. Neverhteless it was not an action painting, it was not a Pollock’s masterpiece, because the image was ugly, frightening. That’s unbelievable: nobody realized what was happening over his head. Many people were in the streets: somebody was walking, somebody was talking with the neighbour, somebody was drinking a cup of coffee in the bar... But no one looked at Hell above, no one saw it, not even for a while.

Some days ago a friend of mine said: “In north-western Italy people ill for cancer are more numerous than in other regions”.
“Maybe I Know why...” I replied.

I’m not able to prove it, but I think that these chemical elements are very harmful for plants, animals, people, for the environment. I feel something wrong in the air, something wrong with the magnetic fields.

Now I’m writing these words, while monstrous steel pens are creating diabolic hieroglyphics up there. “Luke”, the author of Gospel, predicted: “There will be grand signs in the sky. ”He didn’t know that those signs (every sign) is quite useless, because nobody looks at the sky.

05 gennaio, 2006

Dogmi

I rigidi dogmi si difendono da ogni nuova idea, poiché il dogma contribuisce al senso d’identità di una persona, al suo senso di sicurezza e quindi è preferibile aderire ad esso piuttosto che affrontare la sfida mentale ed emotiva che comporta il rifiuto di quel dogma.
(D.I.)

Esistono catene visibili e catene invisibili: queste ultime sono le più difficili da spezzare. Che cosa sono i dogmi ed i pregiudizi? Catene della mente.

Gli uomini sono abituati ad etichettare, a classificare: ecco perché alcuni siti di controinformazione sono stati bollati come antisemiti (io direi semmai antiebraici), dopo che in certi articoli hanno ardito criticare alcune decisioni del governo israeliano.

Così, se qualcuno fa notare le innumerevoli incongruenze dei Vangeli canonici, ma soprattutto qualora osi evidenziare il divario tra la prassi delle chiese sedicenti “cristiane” e gli insegnamenti dei (plurale) Messia, subito è accusato di essere anticristiano. Non è il caso di confutare le ingenue pseudo-argomentazioni di questi critici, “dimostrazioni” basate su un’infinita ignoranza della storia.


Piuttosto vorrei sottolineare come codesti detrattori non riescono a pensare e ad esprimersi, senza ricorrere ai soliti schematici e manichei giudizi. Essi sono imprigionati in un sistema di credenze. Sono indottrinati e non ne sono consapevoli. Per di più sono certi di possedere la verità, dimostrando con questa sicumera, di essere solo dei dogmatici, dei fanatici senza speranza. La Verità, infatti, ammesso che esista, è nel percorso e non nella meta, in una ricerca continua, inesausta.

Chi preferisce trastullarsi con i suoi improbabili articoli di fede, si senta libero. Chi sceglie di delegare ad altri la propria vita, lo faccia pure. Chi desidera rinunciare ad un pensiero libero, dinamico, creativo, si nutra pure di tabù, di proibizioni, di preclusioni, ma sappia che, se non è vegetariano, povero e comunista, è lui il primo a non essere cristiano. Se poi non ha capito perché ogni vero cristiano dovrebbe essere vegetariano, povero e comunista, allora ciò è una riprova della sua assoluta impreparazione in storia delle religioni.

04 gennaio, 2006

Reincarnazione

Pubblico una recensione di un libro concernente la reincarnazione o, meglio, la metempsicosi. Sarà anch'essa, storicamente e concettualmente, un errore? Può darsi, ma, come diceva Reich, "il diritto di sbagliare dev'essere difeso, di fronte ad una gerarchia di censori scientifici, dottrinari che si sono nominati da soli". Preciserei che si ha il diritto di errare che, etimologicamente, significa deviare dal percorso stabilito da qualcun altro per scopi non sempre nobili.

REINCARNAZIONE L'ANELLO MANCANTE DEL CRISTIANESIMO Storia di una dottrina misteriosamente rimossa nel cammino della fede

I cristiani delle origini credevano nella reincarnazione, ma la chiesa ha bandito tale credenza dal corpo dei suoi insegnamenti.
In questo libro, Elizabeth Clare Prophet prende in esame le prove che confortano questa tesi, illustrando l'importanza della reincarnazione nell'economia del messaggio originario del Cristo.
L'autrice ripercorre la storia del cristianesimo antico, segnata da dispute e persecuzioni, attraverso l'analisi comparata del Nuovo Testamento e di altre fonti, quali i vangeli gnostici e i rotoli del Mar Morto.
Si tratta di scritti ben noti a tutti coloro che si interessano delle problematiche legate alla figura del Gesù storico, ai quali tuttavia l'autrice conferisce nuova vita, formulando interpretazioni che non mancheranno di stupire gli studiosi come pure il lettore meno esperto.
Questo libro, ben documentato, non solo soddisfa legittime curiosità intellettuali, ma fornisce anche una chiara risposta agli interrogativi ai quali il cristianesimo non ha saputo o voluto rispondere.

Elizabeth Clare Prophet, autrice di diversi testi di esegesi biblica, affianca la sua attività di pubblicista ad un'intensa opera di divulgazione delle sue scoperte, tenendo conferenze sull'argomento in tutto il mondo.


Fonte: http://www.edicolaweb.net/libro86i.htm

03 gennaio, 2006

Adamski fu un ciarlatano?

Il corifeo del contattismo, il polacco naturalizzato statunitense George Adamski (1891-1965), in occasione del suo primo incontro con i fratelli dello spazio, rilevò un calco delle impronte delle scarpe del venusiano Orthon, il suo mentore, su cui erano impressi dei simboli. Nove anni dopo, nel 1963, l’archeologo Marcel Homet pubblicò i risultati di alcune ricerche compiute in America meridionale, dove aveva reperito dei graffiti rupestri che lo studioso attribuì ad una cultura risalente a 20.000 anni addietro.

I graffiti presentavano una sorprendente somiglianza, non solo nella forma, ma anche nella disposizione con i caratteri del calco del contattista. Inoltre, secondo quanto è riportato in una sua celebre opera, Adamski ebbe l’opportunità di osservare, in occasione di un viaggio a bordo di un disco volante, il fenomeno delle “lucciole spaziali”, sei anni prima che i cosmonauti sovietici e statunitensi ne rilevassero la presenza, confermando quella che poteva sembrare il parto di una fervida fantasia.

Le “lucciole spaziali” sono probabilmente piccolissime meteore oppure un effetto causato dalla luce del sole quando scintilla su particelle sublimate provenienti dai propulsori di regolazione impiegati per stabilizzare la capsula. Adamski raccontò pure che, durante il suo presunto volo nello spazio, compiuto nell’agosto 1954, gli furono mostrate delle immagini tridimensionali di Venere. Orthon spiegò che i visitatori possedevano una sorta di proiettore in grado di irradiare e fermare i raggi di luce alla distanza desiderata. Tale punto d’arresto funge da schermo invisibile, in cui le immagini si concentrano, mantenendo intatti i colori e le qualità dimensionali. È notevole l’affinità con gli ologrammi realizzati anni dopo con il laser.

L’astrofilo, in seguito ad una sua escursione attorno alla luna, asserì che la superficie del satellite era costellata di crateri e formata da ghiaia e da sabbia finissime. Le successive esplorazioni confermarono che il suolo lunare è friabile. Altre descrizioni lunari del contattista, inerenti alla presenza di acqua sul satellite e ad altre anomalie, furono in seguito confermate: le apparecchiature dell’Apollo XI e dell’Apollo XII consentirono d’individuare vapore acqueo che fuoriesce sotto forma di geyser attraverso le fessure della superficie lunare.

La presenza del liquido è forse dovuta ad una collisione con una cometa, formata per lo più di ghiaccio, collisione occorsa quattro milioni di anni fa, secondo l’opinione dei cosmologi. Ancora più sorprendenti sono le presunte costruzioni artificiali talora osservate sul satellite. Complessivamente si possono reperire degli indizi a sostegno delle asserzioni di Adamski, a proposito di basi extraterrestri sulla luna: il tenente Philip Corso, infatti, sostiene che, nel 1961 la NASA “acconsentì a collaborare con i progettisti militari per lavorare ad un programma spaziale secondario all’interno delle missioni scientifiche civili… e ad aprire un canale nascosto riservato alle comunicazioni legate ai servizi segreti militari su qualsiasi attività offensiva condotta dalle entità biologiche extraterrestri contro le nostre navi spaziali, compresi l’ombreggiamento e la sorveglianza.

Nel 1958 l'Ufficio per la ricerca e lo sviluppo dell’esercito, sotto il comando del nuovo generale Trudeau, elaborò… un progetto per la costruzione di una base lunare, destinata alla difesa dagli U.F.O.” (1) Infine Adamski fu il primo, o tra i primi, a sostenere che gli alieni possiedono delle installazioni sotterranee su Gaia e che alcuni di loro vivono fra noi. Resoconti successivi, sulla cui attendibilità i ricercatori non sono d’accordo, costituiscono un riscontro, per quanto controverso, di queste dichiarazioni.


(1) P. J. Corso, Accadde a Roswell.

02 gennaio, 2006

Entropia (una riflessione di Wyxyx)

Quello che ci sembra calmo e ordinato è solo apparenza. Gli atomi si scindono, i fiori nascono, appassiscono, seccano, per non parlare dell'universo... le galassie collassano, i soli diventano nove e poi buchi neri. Il vento cosmico trasporta solo l'eco di tutto il caos che ci circonda.
E noi piccoli e stolti uomini non sfuggiamo a queste regole.

La frattura

Esse est percipi (Berkeley)

Qual è il rapporto tra l’universo subatomico in cui le “leggi” fisiche note non hanno alcun valore ed il mondo in quattro dimensioni in cui viviamo, mondo che sembra dominato da un cieco, ottuso meccanicismo?

Come si spiega il contrasto tra la bellezza del creato e l’infinita crudeltà della natura?

Perché è incommensurabile lo spazio che separa il cielo della speranza dall’abisso nero del dolore?

Com’è possibile che il pianeta e l’umanità si stiano avviando verso un’epoca di rigenerazione spirituale, stando ad alcuni “profeti”, quando incrudelisce ogni giorno di più il nefasto, mefistofelico, potere degli oscurati?

Perché il caos, l’irrazionalità, l’insensatezza sono la sostanza di ogni atto, laddove gli atomi, i cristalli, le cellule, le piante, gli animali, i sistemi solari, le galassie mostrano in trasparenza un ordine che desta meraviglia?

Esiste una “quadratura del cerchio” che ci consenta di conciliare la percezione di una granitica, non scalfibile oggettività, con la coscienza che tutto è illusione?

Quale logica sanerà le innumerevoli contraddizioni in cui è irretito il reale?

Viviamo in una prigione senza sbarre né muri, la nostra mente: il cielo si slarga appena oltre le sbarre, ma è irraggiungibile.