Dove fermare l'indagine? Sarebbe come vietare ai mistici di spaziare nel mare dell'essere. (R. Di Maio)
Romeo De Maio, ordinario di Storia moderna, è autore di un saggio intitolato "Cristo e la Sfinge, la storia di un enigma", Milano, 2001. Forse questo libro avrebbe meritato maggiore attenzione, sebbene, sin dalle prime pagine, tradisca le attese suscitate da un titolo pretenzioso: si è che l'autore vorrebbe indagare il mistero della Sfinge, ma dà per scontato che essa è egizia, che possiede una natura duplice (di leone e di uomo). Inoltre assimila la Sfinge tebana a quella di Gizah, benché esse appartengano probabilmente a due tradizioni diverse. In questo modo, con un lievissimo errore cronologico di circa 7000 anni, l'esplorazione risulta infirmata così che più che la storia di un enigma, l’autore esamina le letture di un'arcana figura nella storia dell’arte. Il nesso tra Cristo e la Sfinge è una mera fantasia, almeno come è annodato dallo storico: è corretto individuare tra le più profonde radici del Cristianesimo il milieu egizio, ma l'interpretazione figurale che vede nella Sfinge l'anticipazione del Messia è destituita di fondamento. E' un'interpretazione che vale solo a posteriori, una specie di profezia post eventum.
Si legga dunque il saggio di Di Maio come un elegante e pensoso excursus: fine conoscitore del retroterra iconologico e delle invenzioni iconografiche, l’erudito passa in rassegna centinaia di opere artistiche, letterarie, musicali... dall'antichità all'età contemporanea per distillare i sensi reconditi, molteplici e talora contraddittori della Sfinge. Che essa simboleggi la ragione, mi pare opinabile. Talora Di Maio, più che penetrare l'enigma, si diletta di voli pindarici, intuendo correlazioni là dove, al massimo, si possono astrologare fragili coincidenze. Tuttavia il discorso è inebriante: se ci si smarrisce nel dedalo delle colte divagazioni, perdendo di vista il vero fine dell'indagine, si colgono interessanti particolari, come quando ci si accosta ad un prezioso arazzo di cui si apprezzano l'ordito, la trama, lo splendore cromatico e del disegno, anche se non si comprende più il soggetto.
La sovraccoperta del libro è affascinante: vi è raffigurato un celebre quadro di Gustave Moreau, pittore coltissimo e raffinato sino all'estenuazione. Moreau dipinge, in uno scenario roccioso, un efebico Edipo con la Sfinge tebana che gli si aggrappa al petto: la creatura figge lo sguardo indagatore negli occhi interrogativi di Edipo. E' il circuito della domanda che pare riverberare sempre sé stessa, un'eco che non si placa da quando l'uomo (lo sventurato figlio di Laio ne incarna la nascita come essere di conoscenza e sofferenza) si è imbattuto nel suo doppio.
Non si pensi che la lettura di "Cristo e la Sfinge", benché testo povero di valore storico - la vera sfida sarebbe scrutare il punto vernale di un'era remota ed i suoi ancestrali avvenimenti, quando il monumento dominava una terra di dèi esuli - sia affatto oziosa: oltre a consentirci di riscoprire capolavori dell'arte, talora ci elargisce sprazzi di dubbio, quando il discorso prezioso, ma un po' divagante del testo, si aderge in quesiti abissali.
Così domande ed aforismi come i seguenti: "Si aprirà la porta del soccorso e della liberazione? Che senso ha la morte e la soppressione dell'io? In quali abissi si entra o in quali cieli ci si inoltra? Tra l'onnipotenza divina ed il libero arbitrio dell'uomo vige il Destino; Dolori senza riparo richiedono la solitudine...” si uncinano al pensiero.
Finalmente allora l'eloquio patinato si sgretola, lasciando intravedere l'inquietante sembianza di un fato sfingeo e refrattario a qualsiasi tentativo di spiegazione.
Condividi su Facebook
Romeo De Maio, ordinario di Storia moderna, è autore di un saggio intitolato "Cristo e la Sfinge, la storia di un enigma", Milano, 2001. Forse questo libro avrebbe meritato maggiore attenzione, sebbene, sin dalle prime pagine, tradisca le attese suscitate da un titolo pretenzioso: si è che l'autore vorrebbe indagare il mistero della Sfinge, ma dà per scontato che essa è egizia, che possiede una natura duplice (di leone e di uomo). Inoltre assimila la Sfinge tebana a quella di Gizah, benché esse appartengano probabilmente a due tradizioni diverse. In questo modo, con un lievissimo errore cronologico di circa 7000 anni, l'esplorazione risulta infirmata così che più che la storia di un enigma, l’autore esamina le letture di un'arcana figura nella storia dell’arte. Il nesso tra Cristo e la Sfinge è una mera fantasia, almeno come è annodato dallo storico: è corretto individuare tra le più profonde radici del Cristianesimo il milieu egizio, ma l'interpretazione figurale che vede nella Sfinge l'anticipazione del Messia è destituita di fondamento. E' un'interpretazione che vale solo a posteriori, una specie di profezia post eventum.
Si legga dunque il saggio di Di Maio come un elegante e pensoso excursus: fine conoscitore del retroterra iconologico e delle invenzioni iconografiche, l’erudito passa in rassegna centinaia di opere artistiche, letterarie, musicali... dall'antichità all'età contemporanea per distillare i sensi reconditi, molteplici e talora contraddittori della Sfinge. Che essa simboleggi la ragione, mi pare opinabile. Talora Di Maio, più che penetrare l'enigma, si diletta di voli pindarici, intuendo correlazioni là dove, al massimo, si possono astrologare fragili coincidenze. Tuttavia il discorso è inebriante: se ci si smarrisce nel dedalo delle colte divagazioni, perdendo di vista il vero fine dell'indagine, si colgono interessanti particolari, come quando ci si accosta ad un prezioso arazzo di cui si apprezzano l'ordito, la trama, lo splendore cromatico e del disegno, anche se non si comprende più il soggetto.
La sovraccoperta del libro è affascinante: vi è raffigurato un celebre quadro di Gustave Moreau, pittore coltissimo e raffinato sino all'estenuazione. Moreau dipinge, in uno scenario roccioso, un efebico Edipo con la Sfinge tebana che gli si aggrappa al petto: la creatura figge lo sguardo indagatore negli occhi interrogativi di Edipo. E' il circuito della domanda che pare riverberare sempre sé stessa, un'eco che non si placa da quando l'uomo (lo sventurato figlio di Laio ne incarna la nascita come essere di conoscenza e sofferenza) si è imbattuto nel suo doppio.
Non si pensi che la lettura di "Cristo e la Sfinge", benché testo povero di valore storico - la vera sfida sarebbe scrutare il punto vernale di un'era remota ed i suoi ancestrali avvenimenti, quando il monumento dominava una terra di dèi esuli - sia affatto oziosa: oltre a consentirci di riscoprire capolavori dell'arte, talora ci elargisce sprazzi di dubbio, quando il discorso prezioso, ma un po' divagante del testo, si aderge in quesiti abissali.
Così domande ed aforismi come i seguenti: "Si aprirà la porta del soccorso e della liberazione? Che senso ha la morte e la soppressione dell'io? In quali abissi si entra o in quali cieli ci si inoltra? Tra l'onnipotenza divina ed il libero arbitrio dell'uomo vige il Destino; Dolori senza riparo richiedono la solitudine...” si uncinano al pensiero.
Finalmente allora l'eloquio patinato si sgretola, lasciando intravedere l'inquietante sembianza di un fato sfingeo e refrattario a qualsiasi tentativo di spiegazione.
Condividi su Facebook
Il libro di cui parli è esaurito presso le librerie on-line. Come tu dici, immagino che il suo interesse consista non tanto nelle interpretazioni che l'autore offre quanto piuttosto nella vasta mole di dati presentati nel testo.
RispondiEliminaCosa stava a significare la Sfinge? Mistero. Pare che l'originario corpo leonino mirasse ad indicare la sua erezione avvenuta nell'era del Leone, quindi circa 12.000 anni fa e prima dell'affondamento di Atlantide.
Lasciamo agli esoteristi il compito di decifrare il significato di codesto animale rubato all'immaginario. Forse ci troveranno di tutto e di più. Ma il vero significato credo rimanga sepolto, oltre che dalle sabbie dell'Egitto, anche e soprattutto dalle incrostazioni dei millenni.
E' proprio come scrivi, Paolo. Il monumento di Gizah figgeva gli occhi nella costellazione del Leone in epoca anti-diluviana. Il suo archetipo non sarà la Sfinge di Cydonia su Marte? (Com'è noto Il Cairo significa Marte) ed allora ci si interna in epoche e misteri ancora più remoti e siderali.
RispondiEliminaCiao e grazie.
A me è stato insegnato che la sfinge risale al periodo in cui sulla terra era vivente l'Avatar Narasimha,incarnazione divina con corpo umano e testa di leone. Il fatto che il monumento di Giza sia invece raffigurato,al contrario, con corpo di leone e volto umano,ne indica chiaramente l'impronta prevaricatrice e di contrasto al divino.Mi è stato anche insegnato ad evitare l'energia delle piramidi, dovunque siano, sulla terra o su marte. Per questi motivi vedere accostato il Cristo alla sfinge mi crea disappunto e sofferenza.Fino a quando?
RispondiEliminaCiao Zret e grazie a te.
Chon, non so se nel 10.000 a.C fosse stato già riconosciuto il segno del Leone nello Zodiaco. Le piramidi sono accumulatori energetici, ma sappiamo da chi furono erette e con quali fini?
RispondiEliminaIl binomio Cristo-Sfinge è un'invenzione di Di Maio.
Ciao e grazie dell'originale contributo.
Errata corrige: De Maio
RispondiEliminaIn merito alla Sfinge con corpo di leone e volto umano mi permetto di rammentare che l'archeologo Robert Schoch ha affermato - e mi pare altri prima di lui - che l'arcaico monumento raffigurava agli inizi un leone 'tout court'.
RispondiEliminaFu poi un Faraone - Cheope, se ben ricordo - che fece ricavare dalla testa leonina un volto dalle sembianze d'uomo. Pertanto un affronto al Sacro, ammesso che ci sia stato, riguarderebbe un periodo assai posteriore a quello della Sfinge originale.
Notoriamente figure piane e solidi - regolari e non - emettono le cosiddette onda di forma e condensano energie sottili. C'è chi ha dormito sotto piramidi quadrangolari per anni e anni e magari qualcuno lo fa ancora. Non ho idea di cosa questo possa comportare. Ne deriverebbero forse influssi benefici? malefici? di natura imprecisata?
Ma sarebbe utile che Chon ci fornisse notizie più precise in merito.
Ho letto che la piramide sprigiona energie benefiche se orientata verso il nord. Non sono, però, un esperto di piramidologia e quindi attendo delucidazioni da altri. Giustamente, Paolo, citi le onde di forma: senza dubbio negative sono quelle emanate dal funesto codice a barre.
RispondiEliminaCirca la descrizione dell'Avatar citato da Chon mi ricorda una divinità egizia di cui non mi sovviene il nome ed anche le sembianze dei Siriani (non gli abitanti della Siria), stando a testimonianze e fonti, per quanto molto controverse e fragili.
Cerco di chiarire,a mio modesto parere l'influsso delle piramidi ( comprese quelle stampate sulle carte monetate denominate dollari)tende a bloccare o quantomeno ostacolare l'energia dell'osso sacro.
RispondiEliminaPoi che ci siano scuole terapeutiche basate sui poteri o altro delle piramidi, a me non interessa più,se vincono l'insonnia dormendo sotto le piramidi o hanno effetti simil viagra,buon per loro.Per quanto riguarda l'avatar Narashima,ricordo che il grande matematico Srinivasa Ramanuja (1887-1920),che era figlio di un bramino, ebbe molte delle sue intuizioni dalla shakti di Narashima,cioè dalla dea sposa dell'avatar a testa di leone.Per cui anche i mondi antidiluviani non sono poi così lontani ed il tempo non divide più come una volta.Ciao e grazie.
Chon, la piramide sul diabolico dollaro è simbolo funesto. Su questo credo che nessuno di noi nutra dubbi. Certo, il vertice tagliato ha il suo sinistro valore, insieme con tutte gli altri tenebrosi emblemi sulla banconota di USAtana.
RispondiElimina"Il tempo non divide più come una volta". Vero.
Ciao e grazie.