28 novembre, 2006

Landolfi: le anomalie della normalità

Tommaso Landolfi è un autore che meriterebbe maggiore attenzione. Nato a Pico, in provincia di Frosinone, nel 1908, morto a Roma, nel 1979, Landolfi è una delle poche voci autentiche della letteratura italiana del XX secolo. Poeta, fine traduttore, scrittore di racconti e di romanzi, seppe interrogare la realtà, colta nel suo mistero insondabile e nelle sue infinite contraddizioni. A differenza dei mestieranti attuali che producono romanzetti insipidi e ruffiani, Landolfi, nelle sue opere, scopre ed esplora l’enigma dell’ordinarietà, le anomalie della normalità, con una lingua ricca e densa, ma soprattutto con compartecipazione alle vicende dei personaggi, ora ironica ora dolente.

Si consideri, ad esempio, la novella intitolata Il ladro, una vicenda di solitudine, dolore e solidarietà, ambientata in una dimora di un ricco signore, rischiarata da una luce tetra. Si legga Racconto d’autunno, una storia “gotica” di isolamento e di follia. Si gustino gli elzeviri di Landolfi, scritti in cui un episodio all’apparenza insignificante, un oggetto, una parola diventano spunti per spericolate ed inebrianti elucubrazioni al confine tra vita e morte, tra scienza e filosofia, tra istinti e ragione, tra inconscio e consapevolezza. La pagina di Landolfi vibra quasi sempre, se si escludono alcuni saggi virtuosistici, che comunque denotano notevole cultura, del sentimento del tempo e del senso, anzi nonsenso dell’esistenza. Con il contrappunto dell’ambiguità, incarnata, in modo emblematico, dal titolo di una celebre opera, Le bière du pécheur, che può significare sia La bara del peccatore sia La birra del pescatore, egli sa sfiorare moltissimi tasti, dal grottesco all’amaro, dal sardonico al sentimentale. Sa creare atmosfere oniriche, drammatiche, surreali, inquietanti: sono atmosfere in cui si muovono personaggi lunari, straniti, tormentati, paradossali, vivi. Soprattutto, infine, il discorso narrativo è sempre sostanziato di uno stile evocativo e raffinato.

Quale abisso rispetto agli scartafacci che oggi invadono il mercato editoriale: dallo sdolcinato Coelho, con la sua insopportabile vena New age, alle cerebrali, artificiose e soporifere opere di Eco, dal monumentale e pretenzioso Signore degli anelli alla dozzinale saga di Harry Potter, dal manierismo narcisistico di De Carlo alle solenni sgrammaticature di Baricco e di Tabucchi. Due differenze principali intercorrono tra l’opera di Landolfi e quella degli imbrattacarte sopra citati: Landolfi ha uno stile e vive per scrivere, ossia per indagare sé stesso ed il mondo; gli autorucoli sono quasi privi non solo di un modus scribendi, ma anche a digiuno della stessa lingua italiana. Specialmente, però, costoro scrivono per vivere come nababbi, approfittando del cattivo gusto e dell’ignoranza della maggior parte dei lettori.

5 commenti:

  1. Non ho mai letto opere di Landolfi (e a questo punto penso che rimedierò): Aggiungo quindi che l'alienante macchina della quotidianità (descritta nella prima parte del post) è senz'altro un argomento interessante e su cui si potrebbe discutere a lungo. Ciao

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  2. Se riesci a trovare qualcosa, ti consiglio di leggere Landolfi: sicuramente troverai punti di contatto con la tua (nostra) visione del mondo oltre le apparenze. Ciao

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  3. "Oggi non perdo tempo a leggere romanzi o racconti e faccio bene!non ne vale la pena! semmai rileggerei l'indimenticabile
    Racconto d'autunno!"
    La tua affermazione è anche la mia: preferisco i saggi. Leggere certi romanzi è una perdita di tempo. Le eccezioni sono veramente poche. E' sempre un piacere leggere i tuoi commenti. Ciao e grazie.

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  4. Ho letto solo racconto d'autunno e non mi è piaciuto affatto. Leggendolo ho pensato tutto il tempo a dove 'volesse andare a parare' l'autore; e poi arrivata alla fine ho avuto come l'impressione che mancassero solo gli alieni e i cartoni animati a completare la scena. E tutto questo, senza che potessi scorgerne una qualche morale o un senso qualunque; né una sensazione particolare. Non mi ha lasciato nulla. - Raffaella - giuraffa.blogspot.com

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  5. Mi chiedo spesso se Landolfi non sia stato il nostro maggiore scrittore del Novecento. Me lo chiedo con la stima infinita che nutro per l'altro grandissimo, Gadda.
    In Italia sono soprattutto loro a dettar legge. Purtroppo a Landolfi non si dà mai questo maltolto... e lo si relega a metascrittore, scrittore per gli scrittori.
    L'inventiva e la saggezza filosofica e narrativa di questo scrittore lasciano davvero, almeno a me, trafitti. Eppoi, è uno dei pochissimi a cui di tutta quella robaccia Sociale, Sociologica, Utilitaristica letteraria non interessa...
    Oltre ad essere un giocatore in tutti i sensi, azzardo reale e letterario. Bluffer di inarrivabile piglio.

    ciao

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