29 giugno, 2009

La peste del linguaggio

Pagina lasciva, vita proba (Marziale)

Quotidianamente ci si imbatte in esempi di conformismo e di sciatteria linguistica. La Rete ha aggravato l'imbarbarimento della lingua italiana: personaggi, del tutto privi non solo di cultura, ma anche di intelligenza, come Paolo Attivissimo, possono, mentre oltraggiano i ricercatori ed insultano il decoro, stuprare il nostro idioma. Quel che è peggio: questo stupro diventa modello imitato. Non più circoscritto alle pagine di un libro, è diffuso, come un virus, in numerosi siti e blogs.

Italo Calvino, a questo proposito, usò l'efficace metafora di "peste del linguaggio". Scriveva nelle "Lezioni americane": "Mi sembra che il linguaggio venga sempre più usato in modo approssimativo, casuale, sbadato e ne provo un fastidio intollerabile. Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione nelle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze".

Calvino, pur non irreprensibile da un punto di vista stlistico, anzi (anch'egli fu affetto dalla malattia del pleonasmo), illustra lo scadimento linguistico, innestandolo nella meccanicità che priva l'elocuzione di linfa. Non è poi solo il livellamento nelle "formule più generiche, anonime, astratte", ad inquietare, ma pure il problema dei neologismi coniati per scopi denigratori. Non affermerò che l'esposizione barbara di Attivissimo e dei suoi debosciati epigoni è il sigillo di una caduta etica, poiché è impossibile che personaggi privi del tutto di princìpi possano perdere ciò che non hanno mai avuto. Tuttavia è prova inoppugnabile del vuoto morale ed intellettuale di colui (e coloro) la sua infinita miseria espressiva, di cui segno tangibile è, ad esempio, l'abuso del termine "bufala". Non so se sia stato Attivissimo il primo ad adoperare questo termine, con il significato di "imbroglio", "truffa" et similia né mi cale. E' comunque indiscutibile che ormai tale vocabolo è associato ipso facto all'ex disc jockey. E' assodato che, a causa sua, tale volgare lessema si è propagato come uno streptococco per infettare anche organismi vigorosi. Così, ahinoi, lo si trova a deturpare discorsi altrimenti di discreto livello, impiegato anche da autori insospettabili.

Come giudicare poi tutte le tossine prodotte dal batterio? "Sbufalare", "sbufalamento", "sbufalato"... Siamo sinceri: anche se, per assurdo, Attivissimo avesse una tantum ragione, sarebbe impossibile riconoscergliela, per via del suo puzzolente e malsano linguaggio. E' una questione estetica e, se gli perdoniamo la crassa e proterva ignoranza, non siamo punto indulgenti con lui, ogni qualvolta direttamente o indirettamente, per mezzo dei suoi bolsi imitatori, profana il tempio della lingua.

Con fine derisorio è stato lui a defecare la parola "sciachimista": in questo caso il reo è stato individuato. Ora, passi il valore intenzionalmente dispregiativo del termine (Heidi non sa quanto i suoi stessi ammiratori lo dispregino nell'intimo, adulandolo solo per secondi fini), ma è intollerabile la perpetrazione di un altro delitto contro l'idioma di Dante.

Qualcuno obietterà, ritenendo che ci si dovrebbe occupare di questioni serie e non di quisquilie glottologiche. Dissento: l'influsso nocivo di questo maitre à penser al contrario si esplica attraverso una lingua stravolta ed atroce. Le nuove generazioni sono traviate da esempi indegni e l'indegnità è, in primis, nel linguaggio, se è in parte vero, come pensava Wittgenstein, che i limiti della lingua segnano i limiti del mondo. Quindi angusto è soffocante è il mondo, proprio come questa prosa asfittica e riduttiva.

Ne abbiamo un'altra tetra testimonianza nell'aborto "gomplotti" generato da Vittorio Zucconi e poi mutuato dai soliti decerebrati. Ancora dobbiamo ribadire l'osmosi tra significante e significato: suono e senso si rafforzano a vicenda sicché significati laidi infangano pure la dimensione fonica e viceversa. Ancora dobbiamo ribadire la compenetrazione tra usi linguistici gratuitamente triviali e perdita dell'ultimo barlume etico. Penso a Wasp che, pur forse non del tutto scevro di un briciolo di humanitas, una volta reclutato dai disinformatori, ha subito una mutazione genetica e lessicale, lui un tempo l'alato e lirico pittore di pioggia, sole e nubi: è una prova di prostituzione intellettuale, assai più deprecabile del meretricio vero e proprio. Parafrasando Ugo Niccolò Foscolo, potremmo chiosare nel modo seguente: la meteorologia prostituita.

In fondo, però, il linguaggio come Nemesi si vendica, prima o poi: così è per lo zuccone Zucconi, così è per il Pennello che sa solo sbavare ingiurie contro i cittadini probi o parole di piaggeria per i suoi protettori con le stellette. Infine così è per il superlativo esibito nel cognome di Attivissimo: superlativi ed all'ennesima potenza sono in lui tutte le tare nonché i difetti ed i vizi, visibili ed invisibili.



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28 giugno, 2009

Il gigante di Mc Clelland

Clark Mc Clelland è un ingegnere aerospaziale. E' stato responsabile della struttura di controllo per la sicurezza delle missioni dello Shuttle. E' stato pure astronauta dal 1958 al 1992 e, come tale, ha contribuito alla realizzazione delle missioni Mercury, Gemini, Apollo. A causa di alcune sue rivelazioni sulla realtà extraterrestre, Mc Clelland è stato licenziato e gli è stato pure negato il trattamento di quiescenza.

La comunità "scientifica" l'ha ostracizzato per le sue dichiarazioni che vertono su presunti esseri extraterrestri alti 8-9 piedi (circa tre metri). Mc Clelland narra la sua sbalorditiva esperienza nel modo seguente: "Era il 1991. Mi trovavo nel Launch control center (L.C.C.). Usci a prendere una tazza di caffé nero. Ero stanco ed avevo bisogno di qualcosa che mi tirasse un po' su. Tornai in ufficio e subito guardai i monitor in alto. Quando vidi che cosa c'era sul terzo schermo, rimasi impietrito. Vidi i nostri due astronauti fluttuare attaccati alla stiva di carico mediante tether, mentre discutevano con un'altissima creatura aliena. Dietro lo Space shuttle, era visibile una strana nave orbitante a distanza di sicurezza dal nostro shutlle. L'extraterrestre era sospeso, immobile, senza alcunché che lo legasse alla stiva di carico. Secondo quanto vidi, non portava nessun tipo di arma. Aveva due braccia lunghissime, due mani con quelle che sembravano dita, due lunghe gambe, un busto piuttosto magro. Mi parve di scorgere due occhi, il naso e nient'altro."

Il cosmonauta statunitense stimò la statura dell'essere in base alle dimensioni interne dello Shutlle. Purtroppo Mc Clelland non riuscì ad osservare le dita delle mani, quindi non sappiamo se il gigante fosse esadattilo: se così fosse, la testimonianza dell'ingegnere potrebbe corroborare altre dichiarazioni, come quella di Eric Gairy. "Eric Gairy, primo ministro e ministro degli Esteri di Grenada, è noto perché il 12 ottobre del 1978, tenne un discorso all'assemblea dell'O.N.U. in occasione della trentesima e seconda riunione plenaria, i cui cardini, tra gli altri, furono i seguenti: il Triangolo delle Bermuda, gli oggetti volanti non identificati ed il fenomeno extraterrestre.

Gairy, dopo una serie di avvistamenti di U.F.O. nell'isola di Grenada, cominciò ad interessarsi del tema, chiedendosi che cosa potesse collegare il piccolo stato delle Antille a presunti extraterrestri. Un episodio in particolare cambiò la sua vita: un giorno venne a sapere che alcuni pescatori avevano trovato sulla battigia il corpo senza vita di un essere alto circa tre metri, con il capo incorniciato da lunghi capelli intrecciati. La creatura era di pelle bianca ed aveva sei dita per mano. Lo stesso Gairy, recatosi sul luogo del ritrovamento, potè vedere la salma del gigante che gli parve dimostrare una trentina d'anni".

Sono evidenti alcune somiglianze tra il gigante scorto da Mc Clelland e quello visto da Gairy: in particolare la statura corrisponde. Questi Titani extraterrestri non appartengono solo a singolari esperienze della nostra epoca: come è noto, leggende e vestigia paleontologiche riferibili a creature dalla notevole statura si rintracciano presso moltissime civiltà. Nella Bibbia sono citati i Nefilim, il cui nome dovrebbe significare appunto "giganti" e non "caduti". Il suggestivo Libro di Enoch descrive esseri titanici, nati da un connubio tra "dèi" ed uomini.

Come avviene spesso, l'esplorazione del passato aiuta a gettare un barlume sugli enigmi del presente.

Fonti:

L. Sudbury, Il misterioso libro di Enoch, 2009
D. Whitney, L'astronauta extraterrestre, in X Times, n. 8, giugno, 2009
Zret, Il gigante di Grenada, 2009



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26 giugno, 2009

Il dominio delle macchine da Atlantide a "Zeitgeist"

Una teoria del tutto minoritaria e bizzarra sostiene che in Atlantide alcuni scienziati, dopo essersi impadroniti dei segreti più reconditi dell'energia, riuscirono a costruire non solo delle armi formidabili, ma anche delle macchine tanto sofisticate e potenti che presero il sopravvento sugli Atlantidei e sulle civiltà successive.

Releghiamo pure questa ricostruzione nel novero delle fantasie: è indubbio, però, che uno scenario simile a quello descritto da Asimov, da Dick e da altri autori di fantascienza non è poi così incredibile. Esiste la possibilità teorica di un mondo futuro dominato da un'"Intelligenza" artificiale, da un supercomputer di cui gli uomini saranno periferiche biotecnologiche. E', per lo meno, quanto auspicato e prospettato da una corrente di pazzi scatenati, la corrente del transumanismo. Il transumanismo vagheggia una società in cui la tecnologia sia talmente diffusa da trasformare gli esseri umani in cyborgs (Vedi l'articolo intitolato Mutanti): è una società ipercontrollata e gestita in maniera efficiente, di un'efficienza produttivistica. E' lo scenario delineato anche nel celebre Zeitgeist e nell'appendice Zeitgeist addendum, documentari per la regia di Peter Joseph.

Qui occorre smascherare questa operazione infida e pericolosa: Zeitgeist, spacciato e soprattutto digerito da ingenui ed onnivori consumatori come un documentario che denuncia le storture del sistema politico e finanziario è, invece, un cavallo di Troia dell'esecrando sistema stesso. E' un ariete usato per aprire una breccia nella roccaforte dei ricercatori e dei cittadini non allineati, molti dei quali assumono, insieme con l'ambrosia (la corretta e più che condivisibile, ma strumentale condanna dei soprusi e degli imbrogli perpetrati dalle banche), il veleno, ossia il Venus project. Questo progetto consiste, salvo qualche ritocco di facciata, né più né meno che in un Nuovo ordine mondiale, presentato con formule linguistiche ed iconografiche accattivanti.

Non è forse un caso se Venus (Venere che allude ad un culto luciferino) si innesta sulla medesima radice di venenum, "veleno". A prescindere da ciò, la farneticazione transumanista di un mondo algidamente perfetto, tiranneggiato da una tecnologia in grado di donare persino un'immortalità bionica, attraverso il ricorso ad impianti cerebrali e diavolerie simili, trova la sua sulfurea formulazione in Zeitgeist.

Nel racconto La risposta, Fredric Brown immagina che uno scienziato, dopo anni di sudatissimi esperimenti, riesce a costruire un elaboratore talmente avveniristico da poter rispondere alla domanda per antonomasia: "Esiste Dio?" Il computer, dopo che gli è stato posto il quesito, subito dichiara: "Ora sì!"... ed incenerisce con una scarica elettrica l'uomo. Se Brown avesse tratteggiato nel suo "fulmineo" testo una situazione credibile?

Il mondo digitale in cui le persone sono eterodirette via etere, a mo' di tanti nodi di un'unica rete wireless, pare prossimo.

Shaul-Paolo o chi per lui avverte nella Lettera agli Efesini 6, 12: "La nostra lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori (Arconti) di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell’aria".

Saremmo tentati, in qualche caso, di intendere per "aria" l'etere.



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25 giugno, 2009

Trame

Brandelli di cielo tra gli intrichi dei rami. Intrecci di voci dalla strada. Orditi di eventi. L'esistenza è una trama sfilacciata ed i filacci si impigliano alle domande senza risposta, ai fili degli aquiloni.

E' difficile comprendere come il male possa essere trasceso, anzi cancellato, mentre il disegno intricato, ma chiaro degli eventi si forma dinanzi agli occhi di chi vede. Il canovaccio confluirà in un lieto fine? E' difficile comprendere il significato degli errori che lacerano il broccato dell'universo. Perfetti cristalli sono divenuti schegge di bombe; le energie creatrici si sono impietrite nell'inerzia; il pensiero si è imbestiato nell'incoscienza.

La matassa è imbrogliata e non si riesce più a dipanarla. La ragnatela è tessuta da un'Aracne che ha sconfitto ed umiliato Atena.

Fiamme di gelide meteore avvampano nella notte, lambendo gli orli del silenzio. Linee di vuoto fendono l'attesa.



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24 giugno, 2009

Riserve indiane

Il ministero della pubblica distruzione ha deciso che, nei prossimi anni, i libri telematici dovranno affiancare i testi cartacei. In futuro i vecchi libri sono destinati a sparire. E' un'iniziativa nefanda: con la scusa di privilegiare una dinamica insegnamento-apprendimento più efficace, con il pretesto di risparmiare carta, con la falsa ragione di svecchiare il sistema formativo, si procede nell'affossamento della trasmissione tradizionale del sapere per promuovere un approccio virtuale e soggetto a continue modificazioni. Il modello è Fichipedia, la farraginosa ed ideologizzata enciclopedia della Rete, in cui - Orwell docet - le voci più importanti sono continuamente alterate, censurate, edulcorate, controllate, interpolate affinché corrispondano in toto ai dettami ed alle "verità" dei poteri forti.

Abbiamo assistito e assistiamo ad un'incessante manipolazione dei lemmi "scientifici" così che temi scabrosi legati alla geoingegneria (questo è solo un esempio) vengono ricondotti entro i confini rassicuranti dei fenomeni naturali o, al limite, ascritti a non meglio definiti cambiamenti climatici. Fichipedia è un'enciclopedia camaleontica e demiurgica capace di plasmare la realtà, il passato, il presente, l'avvenire, secondo le direttive manipolatorie del sistema.

Gli studenti del futuro frequenteranno una scuola che sarà un carcere per la mente: già oggi la scuola è tutto, fuorché un'istituzione culturale e solo grazie all'abnegazione di qualche insegnante ed alla curiosità di certi allievi, si riesce ancora a preservare qualche oasi di conoscenza e comprensione. Allorquando gli strumenti tecnologici (mai come in questo caso il medium sarà anche messaggio, come osserva Mc Luhan) saranno il perno di una "didattica" disumana ed alienante, quando le discipline umanistiche saranno confinate in "riserve indiane", basterà inculcare nozioni pseudo-scientifiche e pseudo-storiche nei discenti, storditi altresì dagli effetti speciali di lavagne digitali e schermi di computers, per distruggere in modo definitivo qualsiasi residua attitudine critica o conato creativo.

L'insania virtuale avanza vie più: un mondo di automi, le cui uniche competenze saranno tecnicistiche, sarà pronto per una struttura sociale basata sul mito dell'efficienza e della produttività, come nel romanzo distopico di Aldous Huxley, Brave new world. Eppure questo scenario futuro ci pare addirittura roseo, se pensiamo che i governanti mirano a coltivare degli esseri deprivati di intelligenza, sensibilità e senso estetico, adatti per le infinite guerre future, per le sperimentazioni più spaventose, infine per la creazione di una specie subumana, docile, stupida e nutrita di cibi transgenici, chimici, elettromagnetici e digitali.

In questo panorama sconsolante si situa un'altra oscena iniziativa, il digitale terrestre. Come si può credere che questa sciagurata tecnologia sia stata concepita ed imposta solo per consentire ai cittadini di disporre di un'amplissima gamma di canali e "contenuti"? Timeo Danaos et dona ferentes, "Temo i Greci anche se portano doni": infatti il digitale terrestre, oltre ad essere pieno di falle, nasconde delle micidiali insidie. Alcuni ricercatori avvertono che questa tecnologia può essere usata per inviare un segnale in grado di interferire con gli equilibri biologici, altri ritengono che il digitale sia un mezzo per spiare. Fantasie? Non penso proprio, visto tutti gli stratagemmi congegnati dal potere per controllare ed anestetizzare i cittadini. In ogni caso, ricordando i doppi fini e la doppia faccia di Obama, si capisce per quale motivo il fenomeno da Barackone stia adoperandosi, con zelo degno di miglior causa, per estendere il prima possibile, il digitale in tutti gli Stati Uniti.

Si resta sorpresi se in un mondo come il nostro arido ed ipertecnologico, ancora qualche volta sbocci l'immaginazione, ancora splenda la luce della vita. Sbocciano e splendono appunto, ma solo nelle ultime, sparute riserve indiane.



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22 giugno, 2009

Alcuni U.F.O. si nascondono nei laghi?

Pubblico la traduzione di un articolo tratto dalla Pravda on line, ma sono necessarie prima alcune precisazioni. In primo luogo, occorre ricordare che il portale russo non è del tutto affidabile: infatti, oltre a presentare un’immagine edulcorata della Russia, per demonizzare nel contempo gli Stati Uniti d’America (non che non siano uno stato diabolico, ma sono in buona compagnia), tende a privilegiare notizie sensazionalistiche. Tuttavia la Pravda on line propone qualche pezzo interessante che, preso con il beneficio del dubbio e sfrondato di particolari fantasiosi, può contribuire alla divulgazione di fatti quasi sempre ignorati dai media ufficiali. Non dimentichiamo che in tutto l’archivio del quotidiano telematico russo non si trova un solo articolo sulle scie chimiche: ciò non depone certo a favore della credibilità del sito anche, se ad onor del vero, bisogna ricordare che anche molti portali “indipendenti” non accennano neppure a questo scottante tema. Non ci sbaglieremo se li considereremo siti civetta, infiltrati o controllati dai servizi.

L’articolo che ho tradotto inoltre mi pare che si collochi nell’ambito di un’astuta ed insinuante disinformazione volta a mettere in cattiva luce gli U.F.O. e gli extraterrestri (nell’immaginario collettivo sono quasi sinonimi) ad ogni piè sospinto. E’ accaduto anche in occasione del tragico incidente aereo in cui è rimasto purtroppo coinvolto un velivolo passeggeri dell’Airfrance: persino quotidiani di regime, poco inclini ad occuparsi di ufologia, hanno chiamato in causa l’ipotesi secondo la quale degli oggetti volanti non identificati avrebbero potuto causare il disastro. Forse, ricevute delle veline, i gazzettieri intorbidano le acque purché non venga a galla una possibile scomoda verità, ossia la seguente: il volo 447 fu abbattuto per eliminare due attivisti impegnati nella denuncia del traffico illegale di armi. Dal pezzo della Pravda alla fine si evince che gli U.F.O. c’entrano poco o punto con i fatti occorsi. Il rischio è che gli extraterrestri diventino il capro espiatorio per misfatti umani, troppo umani.

Misteriosi oggetti volanti di tutte le forme (circolari, ellissoidali, rettangolari e triangolari) spesso sono avvistati vicino al Lago Gaipo nella Cordigliera delle Ande. Gli abitanti della regione li vedono inabissarsi nell'acqua del lago o stazionare sulla superficie per poi sparire nel cielo.

A differenza degli ufologi, i Quechua che vivono sulle sponde del lago Gaipo, non associano questi fenomeni ad esseri extraterrestri. Essi sono sicuri che sono creature malefiche che, in sembianze di U.F.O., aggrediscono gli uomini.

Una leggenda racconta che un tempo un Quechua fu colpito da un raggio luminoso. L'uomo non riuscì a muovere un solo dito, finché l'ordigno non disparve. Un altro racconto narra di una donna che stava raccogliendo della legna nel bosco, quando vide un disco scintillante sopra il lago. Il disco sprigionò un calore tanto intenso che la donna lo potè avvertire, nonostante fosse molto distante dall'ordigno.

Gaipo non è il solo lago con queste caratteristiche nel mondo. Uno strano incidente occorse nell'ottobre del 1994 a John D. sul Long Lake (South Carolina). Una giovane donna, Susan Smith, fu accusata di aver ucciso i suoi due figlioletti. Susan aveva lasciato i bimbi, Michael, di tre anni, e Alexander, di 14 mesi, nell'automobile che fece scivolare nel lago, dove i figlioletti annegarono. Susan Smith fu condannata all'ergastolo.

La tragedia fu traumatica per la gente del luogo dove fu eretto un monumento sul molo in memoria dei bambini. L'incubo si ripeté due anni dopo, quando un'auto con sette persone a bordo (tre adulti e quattro minori) all'improvviso, dopo aver compiuto una gymkana sul molo, cadde nel lago. I passeggeri della vettura morirono e perì anche un uomo che si tuffò per tentare di salvare gli sventurati. Gli abitanti cominciarono a pensare che il lago fosse maledetto.

Parecchie dozzine di veicoli si inabissarono nel Lago Whitney in Texas. Tutte le auto caddero dai pontili. I sommozzatori trovarono i resti dei veicoli sul fondale del lago, ma non rinvennero mai i corpi degli affogati.

La polizia locale affermò che le auto non avrebbero dovuto scivolare nell'acqua, poiché erano posteggiate con il freno a mano inserito. Alcuni ufologi ricordano che due oggetti volanti non identificati si avvicinarono al lago durante la prima metà degli anni '70 del XX secolo. Esiste una connessione tra gli U.F.O. e le misteriosi morti? Gli U.F.O. sono attratti da zone in cui si trovano dei nodi geopatogeni. Non è escluso che i campi magnetici di certi luoghi influiscano su uomini ed apparecchiature che a volte causano tragici incidenti. Gli U.F.O. potrebbero essere la fonte di radiazioni dannose.

Leggi qui l'articolo tratto da Pravda.ru



20 giugno, 2009

L'Egitto del passato senza futuro

L'Egittologia ormai segna il passo. Trasmissioni televisive e riviste più o meno specializzate continuano a dedicare programmi ed articoli all'antico Egitto e, mentre l'archeologia ufficiale, in ostaggio del presuntuoso Zawi Hawass, sa solo annoiare con scoperte di sarcofagi e di reperti appartenenti ad oscuri faraoni, la ricerca indipendente si è arenata su Orione. Dopo che Robert Bauval scoperse che le piramidi di Gizah riproducono sulla terra la cintura del Gran cacciatore celeste, non si sono compiuti grandi progressi. Recentemente lo studioso Droj Vasile ha individuato nel gonnellino dei sovrani egizi la diagonale della cintura. Le sue indagini, suffragate da calcoli, correlano aspetti iconografici ed architettonici al firmamento. Non di meno il lettore che vorrebbe comprendere il vero significato di queste connessioni, si perde in un sottobosco di investigazioni tra archeologia, archeoastronomia, paleontologia, simbologia, ufologia etc.

La datazione delle piramidi e della Sfinge seguita ad essere controversa: gli accademici, arroccati pervicacemente sulle loro posizioni, le attribuiscono alla IV dinastia, mentre i ricercatori eretici si lambiccano in elucubrazioni criptiche, fantasiose o astruse, anche se sovente alcune loro premesse persuasive. Alla fine, in questa ridda di ipotesi in contraddizione tra loro, si rischia di offuscare la tradizione sapienziale egizia ed il suo collegamento con la cultura ebraica e con il Cristianesimo: si va dalle ricostruzioni moderate di Flavio Barbero che riconduce episodi eccentrici a fenomeni naturali o a eventi reinterpretati in chiave empirica, alle teorie estreme di chi chiama in causa extraterrestri e camere segrete in cui sarebbero custoditi testi con la vera storia di Atlantide. Forse in questo caso la verità non sta nel mezzo. Pare che, a causa della censura o di uno slittamento nell'erudizione fine a sé stessa, anche gli archeologi di frontiera non riescano a portare contributi determinanti. Chi erano gli dei del Nilo? Chi veramente costruì i grandiosi monumenti di Gizah? Con quale scopo? Da dove provenivano gli Egizi? A queste ed altri quesiti la trasmissione "Rebus", condotta da Maurizio Decollanz, ha cercato di fornire delle risposte: gli interventi di Carpeoro ci sono sembrati inconsistenti, mentre la Bortoluzzi e Devana, pur aprendo squarci stimolanti (soprattutto Devana), sono state mortificate da un'impostazione alquanto convenzionale del programma e dallo scarso tempo a disposizione.

La ricerca non solo si è impantanata, ma si è pure sclerotizzata in scuole egittologiche contrapposte, ognuna facente capo ad un Maestro indiscusso da cui si attende una rivelazione dirompente (una camera segreta sotto la Sfinge con documenti antidiluviani o che cos'altro?). Questa stanca reviviscenza di un'egittologia-guazzabuglio, è segno di un riflusso: dopo la stagione gloriosa dedicata, pur con alcuni limiti di regia e di tempi, al signoraggio ed alle scie chimiche, "Rebus", a causa di pressioni, di pesanti attacchi e di tagli nei finanziamenti, arretra un po' verso un accademismo della ricerca non accademica, laddove uno sguardo lucido e disincantato al passato potrebbe svelare l'azione corrosiva di problemi attuali. Si pensi al tema della realtà multidimensionale, sfiorato con equilibrio da Devana e che potrebbe aprire delle brecce in temi inquietanti e granitici come gli esperimenti militari.

Un approccio onnicomprensivo amplierebbe gli orizzonti della conoscenza e stimolerebbe la ricerca di possibili verità.



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18 giugno, 2009

La disgregazione della storiografia

Alcune riflessioni di un profano

Se rileggiamo il proemio degli Ab Urbe condita libri di Livio ci accorgiamo dell'abisso che separa la storiografia romana dagli studi attuali, anzi notiamo come l'indagine del passato si sia ormai corrotta in modo irreversibile, ma il taglio moralistico, forse adatto a descrivere la decadenza di Roma denunciata da Livio, è per lo più inidoneo oggi anche solo per evocare le turpitudini e le violenze che insanguinano l'ultima era. Eppure molti "storici" contemporanei continuano a deplorare la cupidigia e la corruzione, ritenendole mali assoluti. Non che non siano tare, ma si dimentica la vera natura del sixtema.

Si è che molti di questi "scrittori" sono "giornalisti" (si pensi ad Enzo Biagi o a Giampaolo Pansa o allo stesso Indro Montanelli, pur un po’ più intelligente di tanti altri) ed il giornalismo è la cassa di risonanza del potere, anche se si atteggia a critica di una parte o di un partito, ostentando coraggio ed indignazione. Travaglio è l’incarnazione di questo falso dissenso, ad uso e consumo della massa frustrata. Il giornalismo frantuma gli eventi, pure quelli drammatici e cruciali, nel brusio della cronaca: i "fatti" si logorano presto come monete di vile metallo ed occorre sempre sostituirli con nuovi, per lo più inventati o distorti, mentre gli avvenimenti degni di nota sono ignorati o relegati su un fondo grigio ed indistinto. L’opinione pubblica deve essere costantemente atterrita, manipolata e blandita, affinché esegua gli ordini dei potenti, convinta di agire motu proprio.

I media non sono il quarto potere, ma il primo: la guerra in Afghanistan è un bollettino di stragi, di attacchi, di crimini, ma di quel teatro di guerra non si vedono immagini oppure ci vengono proposti sevizi edulcorati di intrepidi militari che "difendono" la gente dai cattivi Taliban. Questi malvagi studenti islamici sono fantomatici e dubitiamo che, dopo il micidiale e subitaneo attacco sferrato nel 2001, ne sopravvivano ancora tanti o che siano così bellicosi, addestrati e sicuri nei loro nascondigli, tra gole e grotte, da costituire una minaccia per le truppe di occupazione. E' una guerra mediatica finta, se si escludono i morti e le carneficine reali tra la popolazione civile, schiacciata dai calcagni di demoni nelle sembianze di costruttori di ponti e di pace.

Il criterio dell'oggettività e l'intento di narrare gli accadimenti sine ira et studio sono oggi obsoleti: neppure per un istante gli estensori odierni sono sfiorati dall'idea che l'investigazione debba, per quanto possibile, adottare un metodo imperniato sulla collazione delle fonti e sulla ricerca della verità. La partigianeria, la faziosità sono regole auree ed il più vergognoso servilismo nei confronti delle élites, che disgusta un lettore provveduto sin dalle prime righe, è l'ingrediente di dotte ed approfondite analisi: si pensi ad Umberto Ego in cui la storia è pervertita in una pseudo-sociologia.

A distanza di quasi sessant'anni la ricostruzione veridica sull'attacco a Pearl Harbor è confinata in pochi, sparuti articoli di studiosi della storia vera, denigrati e diffamati con epiteti ingiuriosi. Il resto è propaganda o piatta, acritica ripetizione delle versioni ufficiali. Anche la storiografia antica era incrinata da pregiudizi ideologici o da scopi laudativi, ma almeno nei suoi più insigni rappresentanti, manifestava un respiro ed una presa sul reale che la "ricerca" odierna ha smarrito, incapace sia di cogliere i nessi sia di esplorare moventi e fini.

E' pur vero che oggi lo sguardo dovrebbe spingersi in recessi oscuri, in voragini spaventevoli quali forse mai la storia umana conobbe. Quale storiografo, però, sarebbe disposto a riconoscere la natura non solo lurida e spregiudicata del potere, ma la sua essenza letteralmente satanica?



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16 giugno, 2009

Schiavi degli invisibili

"La prima mucca che si rivolterà perché le rubano il latte, verrà subito uccisa. E la prima ape che si lamenterà perché le rubano il miele, verrà schiacciata. E il primo uomo che scoprirà l'esistenza dei veri padroni dell'umanità, i Vitoni, morirà immediatamente": questo è l'incipit del romanzo di fantascienza scritto da Erik Frank Russell. L'opera fu ispirata a Russell da due considerazioni: "Dato che tutti gli uomini amano la pace, perché allora non riescono ad averla?. "Se esistono razze extraterrestri più progredite dell'uomo, perché non vengono a trovarci?" La risposta di Russell, suggeritagli dalle opere di Charles Fort, è la seguente: "Il genere umano è già stato conquistato da altre intelligenze. Sono questi nostri sconosciuti padroni a fomentare le guerre e ad impedire alle altre razze del cosmo di comunicare con noi".

Erik Frank Russell (1905-1978) esordì nel genere fantascientifico, pubblicando sulla rivista Astounding Science Fiction, nel febbraio 1937, The saga of Pelican West e, in seguito, altri lavori. Il suo romanzo più noto è Sinister barrier.

L'opera narrativa apparve sulla rivista Unknown, nel 1939. La prima edizione in volume è del 1943, rimaneggiata nel 1948; la traduzione italiana, con l'indovinato titolo Schiavi degli invisibili, fu pubblicata nella collana "Urania".

"L'azione del romanzo si svolge nell'anno 2015 e prende le mosse da una sconcertante catena di decessi tra le fila dei più grandi scienziati del mondo. Un intrepido investigatore intravede un movente occulto che lega queste morti sospette e catalizza attorno alla sua convenzionale figura una struttura narrativa di taglio poliziesco. Il protagonista ben presto mette in luce la presenza minacciosa di coloro che reggono i destini dell'umanità. Sono gli impalpabili, ma onnipotenti vitoni, resi visibili all'uomo da una fortuita scoperta scientifica che ha scatenato la loro spietata reazione. L'idea dei vitoni, descritti come sfere luminose azzurro-pallido dotate di percezione extrasensoriale, è sviluppata da Russell con ricchezza di implicazioni: il loro ruolo nella storia del mondo si rivela quello di diabolici provocatori di rivalità, gelosie, odio e guerre tra gli uomini. Per la razza primigenia dei vitoni, la Terra è un volgarissimo pascolo di vacche da mungere e le vacche sono gli uomini che, debitamente istigati, forniscono da sempre ai loro invisibili padroni l'indispensabile alimento di energia emotiva. Senza mai essersene resi conto, gli uomini hanno offerto a questa genia di vampireschi parassiti un prezioso distillato di emozioni, le stesse emozioni dalle quali sono scaturiti secoli e secoli di ottuse discordie. La storia si conclude con la distruzione dei vitoni, per opera di una pugnace schiera di uomini."

Questo è l'intreccio di Sinister barrier, una summa di motivi che si incastrano quasi in modo perfetto nel disegno della congiura arcontica, della cui mortale insidia la Gnosi (Paolo e Filippo, in particolar modo o chi per loro) tentò di avvertire un'umanità dormiente ed incantata da falsi dèi. Numerosi sono gli addentellati tra la "finzione" e la realtà: i vitoni sono invisibili come gli Arconti; le demoniache creature si nutrono dell'energia succhiata ad uomini inconsapevoli; i parassiti dell'astrale istigano stragi e scontri per dominare il mondo (divide et impera) proprio come le élites. Persino le sembianze dei vitoni, ossia quelle di sfere azzurrognole, evocano i globi e gli aloni luminosi che talora sono scorti dalle vittime di rapimenti "alieni" e non solo.

Russell tende a stemperare la tragicità di una condizione che egli sente intimamente verosimile con l'ironia, ma i suoi carnefici occulti ricordano troppo i vampiri della tradizione antica e medievale e soprattutto i voladores di Castaneda per essere reputati solo il parto di una fervida fantasia.

Gli uomini in genere non accettano di guardare l'invisibile: preferiscono baloccarsi con le loro stolide credenze, aggrapparsi ai loro dogmi scientifici. L''incredula, tetragona razionalità impera ed i dominatori hanno facile gioco nel rafforzare la loro sanguinaria egemonia. Chiediamoci: si spiega tutta la ferocia della storia, solo incolpando l'umanità? Altri lo credano, ma penso la verità sia differente. Forse non ha torto Russell, allorquando ipotizza che i vitoni impediscono ad esseri evoluti di entrare in contatto con l'umanità. Pare che la Terra sia un gigantesco penitenziario i cui carcerieri non tollerano che alcuno si avvicini alla prigione. Specialmente il pianeta è una stalla.

Su Gaia sono stati piantati neri vessilli ed edificate mostruose strutture di potere: nessuno può scampare. Nessuno può scampare? Alcuni congetturano che agisca un collegio nascosto, una quinta colonna ed anche tale possibilità trova riscontro nel romanzo di Russell che mette in scena un manipolo di coraggiosi oppositori destinati a battere i vitoni. E' questo forse l'aspetto più caduco del libro, più un tributo all'happy end, un ingenuo auspicio che un credibile sviluppo di una trama compromessa nel suo terribile antefatto. Interverrà un salvatore? Un popolo delle stelle potrà oltrepassare le colonne d'Ercole? Il raggiungimento della massa critica porterà all'implosione del sistema?

Si può e si deve ancora agire, ma ricordiamo che l'inferno è dietro l'angolo.


Fonte: Enciclopedia della Fantascienza, Milano, 1980, s.v. Russell e Schiavi degli invisibili

Articolo correlato: F. Lamendola, Gli esseri psichici, signori della menzogna, si servono di umani per realizzare i loro fini, 2009


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14 giugno, 2009

Linea notte

"Linea notte" è il format che R.A.I. 3 trasmette subito dopo la mezzanotte. Nonostante le apparenze, non è un programma di informazione, ma un bric à brac che si potrebbe definire un'americanata, se non fosse molto peggiore di certi prodotti d'oltreoceano. Conducono "a rotazione" un goffo Maurizio Mannoni ed un insipido Antonio Di Bella, attorniati da un gineceo di "giornaliste" in erba, incapaci di leggere i titoli e gli occhielli delle testate di regime, senza incespicare decine di volte e senza infiorare il discorso di insopportabili intercalari ("va be', niente, come dire, assolutamente, no...").

Il Mannoni interpella per lo più degli ospiti improbabili ed ignoranti che pubblicizzano i loro libri ancora più improbabili su temi fondamentali come il seno di Sant'Agata e la sagra della lumaca affumicata. Non mancano i collegamenti con gli inviati all'estero che ripetono stancamente le veline del sistema sull'influenza suina, il volo 447, la mafia, le elezioni in Iran. Quasi in ogni puntata le prodezze dell'eroico Obama sono evocate con commossa partecipazione e con epica gravità dalla corrispondente-bardo da New York, appena uscita dalla centrifuga.

Insomma, un polpettone indigesto in linea con la più scalcinata e pericolosa programmazione televisiva, ma con una sintassi serrata e dinamica che tenta di sfumare la noia infinita e paludata di interventi solennemente fatui e di ospiti insulsi.

Per tentare di colmare il vuoto abissale, per tentare di dare sostanza al chiacchiericcio di azzimati direttori, vicedirettori, balbettanti redattori, soubrettes assurte a mezzebustine, Linea notte ricorre alla tecnologia più avveniristica ed agli effetti speciali: monitor interattivi rutilanti, prime pagine di giornali che appaiono, scompaiono, si ingrandiscono tosto che, con studiata noncuranza, la telefonista improvvisatasi redattrice, sfiora lo schermo. Non manca, in questa volgare fiera della stupidità spacciata con improntitudine per giornalismo, un riferimento più o meno subliminale alle scie chimiche: una striscia biancastra su fondo azzurro scorre sullo schermo alle spalle dei commedianti.

Con questa sfacciata e subdola esibizione iconica delle chemtrails, nell'ambito della volontà di assuefare i telespettatori all'orrore dell'avvelenamento globale, "Linea notte" tocca il fondo che... non è certo un editoriale.



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13 giugno, 2009

Luce nera

Non è poi così difficile comprendere come il lupo, animale dalle abitudini notturne, sia legato alla luce: è innanzitutto il chiarore della Luna, freddo ed inquietante. La luce è pure nel nome di questo predatore elusivo e temibile: il termine "lupo" (in latino lupus, l'inglese wolf ed il tedesco Wolf sono rami del medesimo tronco, il morfema, lukwos - wlkwos) si lega alla radice "lux" (luce). E' una luce tenebrosa, quella dei boschi immersi nel silenzio immobile della notte, screziato di riflessi argentei, di ombre tremolanti. E' una luce antecedente alla nascita, alla caduta nello spazio-tempo, quindi è un raggio nero, colore simbolo del non manifesto e del principio.

L’ambivalenza di questa luce, ancora agglutinata al buio originario, è nell’appellativo cultuale attribuito a Zeus in Arcadia, Liceo. L’epiteto è da collegare a lukos, quindi Zeus lupo o protettore dei lupi. Liceo o Licio è anche attribuito di Apollo, forse da lykos (lupo) o da lyke (luce). Sia Zeus sia Apollo sono numi i cui volti raggiavano i bagliori più sfavillanti.

Non si sbagliava quindi Cicerone che, trattando dei Lupercalia, le cerimonie celebrate a Roma il 15 febbraio da un collego di sacerdoti (i Luperci), riteneva essi risalissero ad un'epoca anteriore alla civiltà ed alle leggi. Era dunque un'età arcaica, ancora lontana dall'individuazione e dalla conoscenza di sé, come separazione dal mondo naturale. Per questo in alcune culture il lupo è animale totemico: è il lupo della steppa, luogo di sconfinata libertà e di avventure irte di pericoli.

La lupa è animale che simboleggia la fecondità e, per la sua identità fonica con la lupa, intesa come meretrice, evoca una condizione di sfrenatezza che il consorzio civile si impegnò a censurare o a ricondurre entro i confini del lecito, ma innominabile.

La lupa, che allattò Romolo e Remo, aveva la sua tana in una grotta, emblema dell'incoscienza prenatale e della profondità ctonia, ma la spelonca era all'ombra di un fico, da cui scaturiva una sorgente, allusioni al sapere che affiora dal sogno immemore del non essere. Si è gettati nell'esistenza, dopo essere rimasti nel tiepido ventre del nulla.

A volte, si avverte la nostalgia dei raggi algidi che si diramano tra i colonnati delle foreste e che si innervano sulle volte del tempio stellato.



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11 giugno, 2009

Dietro la storia (articolo di Angelo Ciccarella)

Per mezzo di un testo lapidario ed icastico, Angelo Ciccarella ci conduce dietro e dentro la storia che non è quella dei manuali né dei ponderosi, ma per lo più inutili trattati degli "intellettuali" organici al sistema. L'aggettivo "vergognosa" riferito da Honoré de Balzac alla storia segreta si rivela quanto mai idoneo. Non meno vergognoso è ostinarsi ad ignorare decisioni ed eventi dietro le quinte.

Gli uomini comuni non sanno quali potenti forze invisibili agiscono nella storia. Sono forze a volte in lotta tra loro, espressione di centri occulti che hanno un influsso straordinario sui destini del mondo. Tanto più l'uomo è ignaro dei mondi occulti che lo governano, tanto più è manovrabile. Gli Antichi sapevano della presenza degli Dei, che agivano sulla loro vita e ne condizionavano il destino. Oggi ci allontaniamo sempre più dalla verità. Crediamo di essere liberi, padroni della nostra vita, ma la catena invisibile che ci lega ogni giorno si rafforza. Non c'è peggior schiavo di chi non sa vedere il laccio che lo imprigiona.

I “gialli” più avvincenti sono celati tra i meandri della storia. Spesso il “fantastico” diviene realtà nei modi più inattesi. Un mondo invisibile e parallelo, “sincronico” ed acausale, condiziona un’umanità disattenta che crede unicamente alle leggi della logica.

A volte crediamo di avere delle idee, delle intuizioni improvvise che ci aprono porte inaspettate. Crediamo che tutto questo venga da noi, che sia frutto della nostra ispirazione e della nostra intelligenza; in realtà ogni cosa che sfiora la nostra mente viene da un'altra dimensione. Lo scienziato che compie una scoperta rivoluzionaria, lo scrittore che di getto scrive un capolavoro, spesso non sanno di essere ispirati da suggeritori occulti.

Il criminale che, spinto da un impulso improvviso, uccide un'altra persona, si ferma come svuotato ad osservare il corpo inanimato che gli sta davanti e dice: "Non sono stato io, qualcosa si è impossessato di me e, in pochi istanti, offuscando il potere della volontà, mi ha spinto all’omicidio." Quest'uomo griderà inutilmente la verità ai giudici, perché nessuno gli crederà. Dirà che il suo gesto insensato è stato come un fulmine, un'improvvisa scarica di energia. Al massimo gli riconosceranno l’infermità mentale. Solo qualcuno, per un istante, sarà sfiorato dal dubbio che quell'uomo abbia detto qualcosa di tremendamente vero, però si fermerà spaventato davanti al baratro e scaccerà questi pensieri dalla mente, tornando tra le braccia rassicuranti della Dea Ragione che nasconde gli abissi e protegge l'uomo da traumi insopportabili.

Ma, se solo un giudice potesse scrutare tra le misteriose alchimie degli eventi, se intuisse cosa si agita nell’invisibile, leggendo il copione che quotidianamente ci viene sussurrato, forse non avrebbe il coraggio di emettere alcuna sentenza.

Leggi qui l'articolo di Angelo Ciccarella tratto dal blog Ilgrandeignoto



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10 giugno, 2009

09 giugno, 2009

Da Hume all'uomo

Il pensiero del filosofo scozzese David Hume (1711-1776) è simile ad una dorsale oceanica che, dopo moltissimo tempo, affiora in superficie, a causa di un improvviso sommovimento della litosfera. Impossibile non apprezzare l'intelligenza di un filosofo che, pur prendendo le mosse da concezioni empiriste entro le quali la sua speculazione restò spesso confinata, seppe dimostrare l'ingenuità di dogmi scientifici che ancora oggi, nonostante le scoperte della fisica quantistica (e non solo), imperano nella comunità accademica, come il mito della causa e quello dell'oggettività assoluta. Il nesso causale è, in effetti, un post hoc e non un propter hoc. Anche la credenza in un mondo esterno del tutto indipendente dal soggetto che lo percepisce è convincimento molto diffuso tra la gente comune e non pochi "scienziati". E' sbalorditivo notare quanto fideistici siano molti orientamenti "scientifici".

Oggi, nel sapere più avanzato e scaltrito, concetti come la retrocausalità, il sincronismo e la non linearità del tempo sono acquisiti: il reale manifesta caratteri complessi e paradossali che mettono a dura prova la logica aristotelica come il metodo "scientifico" tradizionale. La ricerca, con le sue avventurose esplorazioni, dopo aver anche dimostrato l'inadeguatezza del rasoio di Ockham, si è imbattuta in questioni che sfidano gli approcci convenzionali, richiedendo salti epistemologici.

Si è cominciato ad accostarsi, con una nuova stupefatta consapevolezza, al mistero della coscienza: da che cosa affiora la coscienza? Si può ritenere l'io un "fascio di impressioni", come reputava Hume? A volte si è tentati di pensare che l'anima sia un aggregato temporaneo, una nube di sensazioni destinata, prima o dopo, a dissolversi. La coscienza coincide con il cervello o è ancorata ad un substrato? La credenza nella sostanza individuale è incollata al pronome di prima persona accampato nel centro del cosmo, nella superbia che anche l'umile non sa atterrare, nell'istinto di sopravvivenza.

Tra i vari paradoxa, l'io pare il più ossimorico: caduco eppure eterno, ente che è niente, in-dividuo, ma diviso, disgregato in una molteplicità di percezioni ed appercezioni, stati e persone. Che cos'è l'uomo? Se esiste una
sostanza, su quale humus si radica? Penrose ipotizza che la coscienza si palesi come concomitanza di due stati virtuali, di cui uno "congela", allorché una Coscienza superiore determina il collasso dei microtubuli cerebrali. Lo scienziato statunitense osserva: "Il pensiero conscio deve comportare ingredienti che non possono essere simulati dalla mera computazione convenzionale... Mi sentirei portato ad affermare che non arriveranno risposte chiare a meno che non si vedano interagire il mondo mentale, il mondo fisico ed il mondo platonico. Non ci sono dubbi che non ci sono in realtà tre mondi, ma uno solo, la vera natura del quale non abbiamo neppure visto di sfuggita".

E' proprio così: la vera essenza dell'essere ci sfugge ed un'investigazione profonda del piano fisico subito sdrucciola in una scarpata metafisica. La realtà assomiglia alle torri di trivellazione marine le cui incastellature sotto il livello dell'acqua (le dimensioni metafisiche) non sono visibili o appaiono come immagini labili e tremolanti.

Alla fine, cercare di comprendere che cosa sia l'identità è come tentare di afferrare del fumo.



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07 giugno, 2009

Meraviglie ignorate

Per chi sa osservare il mondo riserva spesso delle inattese meraviglie. Negli interstizi dei marciapiedi, tra le crepe del cemento, in fenditure di muriccioli, fra polverosi selciati, anche nelle cementificate città crescono cespi di piante. Sovente sono graminacee selvatiche che, con i loro ciuffi, si protendono verso un po' di luce ed attendono qualche goccia di pioggia. Sono piante dagli steli sottili, sui cui zampettano le formiche, con infiorescenze dai colori tenui. Questa flora esibisce una bellezza modesta, quasi timida. Le tinte dei petali sono pallide: rosa, celeste, bianco con sfumature ora gialle ora verdi. Il verde dei gambi e dei sepali è sfumato di cinereo. A volte spicca l'oro di un tarassaco o il giallo limone di un'acetosella, ma dimensioni e colori sono di solito dimessi.

Se si avvicina lo sguardo, si scopre un universo fantastico: viticci simili a galassie, semi alati che vorticano, foglie striscianti come piccoli serpenti, getti a somiglianza di zampilli. I pistilli rabbrividiscono al soffio del vento come astri. Una vespa ronza, librandosi tra volte di corimbi, logge di fronde e rosoni di corolle.

Nella novella "Alberi cittadini", Luigi Pirandello, abituato a chinarsi sul mistero della sofferenza umana, non disdegna di riflettere sulla triste sorte che tocca agli alberi ed a queste piccole, ignorate oasi nell'asfalto, quando gli stradini passano a tagliare l'erba cresciuta ai bordi delle carreggiate.

L'autore, rivolgendosi agli alberi che, nelle nostre aride città, costeggiano in meste teorie i viali, con empatia scrive:

"Sotto le case innumerevoli che la schiacciano, sotto le selci calpestate di continuo dagli uomini irrequieti, ella vive, vive e voi sentite con le radici l'ardore di questa sua novella vita che non sa tenersi nascosta e schiuma quasi di tra le selci in tenui fili d'erba. Ah, voi forse, mirando quei verdi ciuffi timidi, concepite la folle speranza che la terra voglia far le vostre vendette, invader la città per riscattarvi; e vedete in sogno quei ciuffi crescere e la via diventare un prato e la città campagna!"

E' barbarie anche questo ronzio di decespugliatori, sferragliamento di cesoie, gemiti di seghe elettriche: erba falciata, chiome diradate, rami mutilati.

Non sorprende la noncuranza per queste torture in un mondo che, attratto da cadaveri tecnologici, è indifferente alla vita.



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05 giugno, 2009

Collaborazione con lo stato

Il donatismo fu un vasto movimento cristiano che si diffuse nell'Africa settentrionale romana nel IV secolo. I donatisti, così chiamati da Donato, arcivescovo di Cartagine (morto nel 355 d.C. circa) rappresentarono una chiesa ostile a quella nicena. Il loro distacco fu provocato dalla questione dei lapsi, ossia di coloro che, in seguito alle persecuzioni di Diocleziano, avevano abiurato la fede e consegnato ai pagani i libri sacri (traditores). Fondamento della dottrina donatista era il principio che il battesimo e l'ordine non devono considerarsi mezzi di salvezza validi per sé stessi, poiché la loro efficacia dipende dalla dignità di chi li amministra. I donatisti furono perseguitati da Costantino, da Costante II e da Onorio, poiché davano espressione a fermenti di rivoluzione sociale e nazionale nei confronti del potere centrale, specialmente fra i cosiddetti circoncellioni, gruppi di braccianti cristiani nomadi che costituirono il braccio armato del movimento.

Di là dagli aspetti dogmatici, il punto di insanabile divergenza tra niceni e donatisti fu l'atteggiamento nei confronti dello stato. Certo, il donatismo non era scevro di rigidità e fanatismo, ma, a prescindere da ciò, la Chiesa dei martiri, i cui esponenti dimostrarono intrepidezza e fedeltà ai propri valori, incarnò il rifiuto di una qualsiasi cooperazione con lo stato, concepito come costruzione demoniaca. Eredi del radicalismo anti-statale tipico del giudeo-cristianesimo, del quale conservarono pure le rivendicazioni di giustizia socio-economica ("Beati i poveri, perché loro è il Regno dei cieli...") innestate nella rivolta dei circoncellioni, le concezioni donatiste erano inconciliabili con il pragmatismo di niceni ed ariani. Questi ultimi, ormai più o meno elegantemente archiviati molti versetti evangelici, non esitavano ad instaurare rapporti (osceno connubio) con l'impero, pur di accrescere la loro egemonia e prestigio. Fu uno snaturamento ed un'apostasia: è palese. E' possibile servire contemporaneamente Dio e Mammona? Eppure è quello che accadde: in qualche caso in modo graduale e prudente, in altre circostanze in maniera sfacciata e repentina. Così i "cristiani" cominciarono a militare nell'esercito (ma il Vangelo non vieta di giurare? Come poterono soldati e generali cristiani ignorare e rimuovere questo comandamento?), ad infiltrarsi nella burocrazia, a puttaneggiare con sovrani, funzionari di corte, condottieri...

Siamo così abituati a vedere cappellani nelle caserme, ministri cattolici che giurano fedeltà alla Costituzione, soldati che giurano di "difendere" la patria... che non ci accorgiamo di quanto tutto ciò non abbia alcunché di cristiano. Può un sedicente vero cristiano detenere un potere economico e politico, giurare e dare il suo consenso all'esistenza stessa dello stato, forza coercitiva e satanica per definizione? Se i donatisti del IV secolo ed altre frange cristiane tra antichità e Medio Evo rigettarono in toto l'impero, un impero che, pur tra molte tare, sapeva talvolta essere sollecito del bene pubblico, possono oggi i cristiani accettare il Lievitano attuale, la cui azione persecutoria e di controllo del suddito si è moltiplicata a dismisura, rispetto a secoli or sono?

Un giorno una persona mi domandò: "Che cosa ha di cristiano la Chiesa cattolica?" Risposi: "Niente".

La Chiesa cattolica è anche Stato: è questa una contradictio in adiecto, un paradosso abnorme, un'assurdità. La Chiesa di Roma attuale ha forse custodito qualche principio dei Nazirei? Eppure l'apostasia viene da lontano: già Agostino, il gigantesco scrittore le cui opere sublimi abbiamo letto, percorsi da brividi estatici, mutua idee platoniche e più in generale pagane e le trasferisce nella dottrina cristiana, alla fine distorcendola. Ne risulta un pensiero di immenso fascino, ma che di giudeo-cristiano conserva pochissimo. Né possiamo dimenticare certi monstra del vescovo di Ippona, come la "guerra giusta".

Che cosa pensare poi dell'inflessibile e spregiudicato Ambrogio? Il vescovo di Milano perpetrò forse il più grande pervertimento nella Chiesa nicena che sia mai stato compiuto: l'episcopus si innalzò al di sopra del principe Teodosio e trasformò la religione non tanto in instrumentum regni, ma in arma di ricatto. Da Ambrogio in poi all’impero restavano solo due strade: o ricondurre Niceni ed Ariani nell'alveo delle religioni o accettare una collaborazione ambigua con la chiesa, foriera di numerosi attriti. Si scelse la seconda strada, anche perché già Costantino aveva legittimato le ambizioni temporali del clero. Costantino aveva creduto di dominare l’ekklesìa, ma la sua politica imperniata sulla raison d’etat si ritorse contro di lui, quando, soprattutto in Occidente, i vescovi assursero a legittimatori del sovrano.

Alla fine, dopo molti secoli, il risultato del matrimonio tra uno stato corrotto ed oppressivo con una chiesa potente e prepotente è l'odierno sistema in cui, mentre i "cristiani" dovrebbero costituire la voce di dissenso più implacabile nei confronti delle istituzioni, essi, volenti o nolenti sono uno dei poderosi pilastri dell'organizzazione mondiale. Essi dovrebbero esautorare, negare e delegittimare le istituzioni arcontiche tanto ipocrite quanto mortali, rifiutando ogni commercio con lo stato e con chi lo rappresenta. Molto più degli anarchici, dei cristiani fedeli ai Vangeli (soprattutto giudeo-cristiani) ed ai primigeni insegnamenti sarebbero acerrimi, rocciosi oppositori del sistema.

Trarremmo qualche beneficio dal loro dissenso, credo, ma vedo pochissimi cristiani in giro.




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04 giugno, 2009

Il numero 8 di Fenix ed X Times in edicola

Nelle edicole si troveranno nei prossimi giorni le riviste "Fenix" n. 7 ed "X Times" n. 7. Nel nuovo numero di "Fenix", la pubblicazione diretta dal Dottor Adriano Forgione, segnalo in particolar modo gli articoli sulle pietre di Ica e sugli antichi Liguri, mentre "X Times", la cui direzione è passata alla Dottoressa Lavinia Pallotta, dedica spazio a temi quali il conflitto con i padroni del mondo e le scie chimiche. Il testo sulle chemtrails è stato curato dalla redazione di Tanker Enemy.


Leggi qui il sommario degli articoli pubblicati su Fenix.




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03 giugno, 2009

I prodigi di Gregorio di Tours

Gregorio di Tours (Clermont-Ferrand, 538-Tours, 594) è un religioso e scrittore francese. Fu vescovo di Tours dal 573. Autore di opere agiografiche (Liber in gloria martyrum, Liber in gloria confessorum etc.) è noto specialmente per la sua Historia Francorum (in dieci libri) che costituisce l'unica fonte per la conoscenza della storia francese in epoca merovingia. Sensibile al gusto del meraviglioso, lo celebrò negli Octo miraculorum libri. Il suo latino è vigoroso ed espressivo. Nell'VIII libro della Historia Francorum, Gregorio narra gli avvenimenti occorsi durante il regno di Childeberto II (sul trono dal 575, morto nel 596). Childeberto, per affermare la sua autorità regia, entrò in conflitto con l'aristocrazia dell'Austrasia, stretta intorno a Clotario II. Il sovrano condusse campagne contro gli Avari ed i Longobardi.

In un breve excursus, lo storiografo descrive dei prodigi che si manifestarono sotto il regno di Childeberto II. Sono per lo più fenomeni fortiani, ma un portento pare ascrivibile ad un avvistamento di oggetti volanti non identificati.

Così dipinge l'autore i meravigliosi fenomeni:

"Apparvero quindi molti prodigi. Infatti sulle anfore custodite nelle cantine delle case di campagna comparvero dei segni che in nessun modo poterono essere cancellati o abrasi... Nell'ottavo mese, dopo il periodo della vendemmia, si scorsero spuntare nuovi pampini e crescere grappoli deformi. [...] Nella regione settentrionale del cielo comparvero dei raggi. Alcuni asserivano di aver visto dei serpenti cadere dal cielo. Altri affermavano che una casa di campagna con le capanne circostanti e le persone che vi abitavano sparirono all'improvviso. Apparvero molti altri segni che sogliono preannunciare o la morte del re o calamità. In quell'anno la vendemmia fu scarsa, le piogge molto abbondanti ed i fiumi, a causa delle copiose precipitazioni, diventarono rapinosi".

E' difficile stabilire se i mirabilia, su cui indugia Gregorio di Tours, siano un tòpos letterario o se siano, invece, almeno in parte riferibili ad eventi realmente accaduti. I raggi nel firmamento potrebbero essere degli U.F.O., evocati con stupore e sgomento in altre cronache medievali? I segni apparsi sulle giare ricordano infestazioni e Poltergeist. I serpenti precipitati dal cielo richiamano alla mente le piogge di rane e di altri animali documentate dall'eccentrico giornalista statunitense, Charles Fort (1874-1932) nella sua celebre opera, Il libro dei dannati (1919). E' sbalorditiva la subitanea sparizione di una villa con i suoi abitanti.

Mancano altre testimonianze da incrociare con quella del vescovo di Tours per suffragare le mirabolanti notizie riportate nel passo sopra inserito: forse la sensibilità per il meraviglioso spinse lo scrittore ad impreziosire la sua opera con narrazioni straordinarie raccolte tra il popolo "superstizioso" o modellate su analoghe descrizioni reperite nelle fonti.

Comunque per coloro che sono appassionati di enigmi, i testi antichi e medievali riservano molte sorprese, sebbene non quanto i nostri attuali cieli e scenari. [1]


[1] Sul sito del giornalista Ivan Ceci (www.ivanceci.it/) un’interessante sezione è dedicata alla Clipeologia, la disciplina che studia presunti avvistamenti di U.F.O. e supposti contatti con esseri extraterrestri nel passato.



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02 giugno, 2009

Nihil

Che cos'è il nichilismo? Friedrich Nietzsche vedeva nel Buddhismo originario una filosofia nichilista: il Nirvana è il fine di un'etica coerentemente ostile alla vita. Anche nel Cristianesimo il filosofo tedesco rileva forme di rifiuto della Terra, una ripugnanza che stride con l'ipocrisia della casta sacerdotale, avida di potere e di ricchezze, amante dei piaceri più crassi. Mentre il Buddhismo si limita a predicare l'annientamento dell'io per conseguire l'estinzione, la religione cristiana, secondo Nietzsche, soffoca la vitalità e la libertà individuale, reprime le pulsioni con precetti assurdi e con lo spauracchio delle pene infernali. Il Buddhismo non conosce questo cascame moralistico e si configura come igiene.

La domanda che mi pongo è la seguente: perché si avverte talora questa esigenza del Nulla? Dolore e noia ci stimolano a procedere verso il baratro, ma forse anche qualcos'altro, di oscuro, senza nome. Tra le varie forme di nichilismo (la feroce contestazione dei valori tradizionali, l'odio cataro per il mondo, la lucida disperazione di Leopardi, il disincanto immedicabile di Cioran che non credeva né negli uomini né in Dio...), quella buddhista si erge nella sua solenne, muta, pura necessità. Le percezioni illusorie ed i desideri che cagionano sofferenza debbono essere spenti affinché si consegua lo stato del Risveglio. E' questo lo scopo del saggio. Non molto diversa fu la filosofia epicurea che, consigliando la moderazione, vagheggiava una pallida felicità, una "felicità di moribondi" (G. Perrotta). Forse è meglio un patimento pieno di "eroici furori" di quella catalettica quiete epicurea.

Dopo aver estinto i desideri per i beni materiali, per i piaceri non naturali, occorre rinunciare all'irrazionale, immotivato attaccamento all'esistenza. Dopo? Il Nulla. Lo temiamo? Quante volte, stritolati sotto la ruota del destino, lo abbiamo agognato! Quante volte, ebbri di luce, lo abbiamo paventato! La distruzione di tutto o la palingenesi... L'apocatastasi è un'illusione o appartiene all'orizzonte del futuro? Nell'itinerario delle ere, al disfacimento segue una nuova genesi, al big crunch un altro big bang. Fino a quando? Sorgerà l'ultimo sole? Un giorno l'orologio si fermerà ed un silenzio infinito aleggerà nel vuoto.

Morire per rinascere o morire per sparire? Che cosa è più desiderabile? Continuare il gioco è rischioso, un azzardo nel buio. Qualcuno passa, dimostrando un coraggio eccezionale.

Il Nulla sgomenta, annichilisce, forse perché seguitiamo a cullare disperate speranze o poiché ignoriamo il futuro.




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