18 maggio, 2006

Tautoteologi (prima parte)

Una mia cortese ed intelligente lettrice, a proposito della montatura intorno al romanzo di Dan Brown, Il codice da Vinci e del silenzio circa il saggio di Luigi Cascioli, La favola Di Cristo fa le seguenti osservazioni: “La tesi di Cascioli è una vera BOMBA ed il cover up ha funzionato alla grande, grazie alla collaborazione della stampa di regime asservita anche al Vaticano! Il Codice da Vinci è solo un’occasione d'oro, su un piatto d'argento per la Chiesa per ribadire con forza le bugie consolidate nei secoli, nel bel mezzo del polverone... BROWN! Come sanno giocare bene! Come sono tutti complici, pur dando fumo negli occhi, a mantenere lo status quo!”

In queste poche ma icastiche righe, la lettrice ha messo il fuoco il problema, dimostrando tra l’altro di aver compiuto il salto quantico, di aver distrutto gli schemi mentali che oppongono in modo fittizio la Chiesa a Dan Brown. Purtroppo, quando affronto certe tematiche, non riesco ad essere conciso: perciò riprendo l’argomento, ma in più di una tornata.

Cerchiamo di fare chiarezza. In primo luogo, che cosa rilevano Cascioli, Donnini, Tranfo ed altri studiosi? Essi, dopo aver sviscerato i testi “incriminati”, in primis i Vangeli, quindi le fonti (Giuseppe Flavio, Svetonio, Tacito, Plinio il Giovane…) ed altre testimonianze, sono giunti, per quanto ne so per vie diverse, alla seguente conclusione: dietro il personaggio pressoché universalmente conosciuto ed in modo improprio definito Gesù di Nazareth, si nasconde un combattente messianista, Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo. Qualsiasi discussione in merito, però, subito s’incaglia, non solo per il pervicace rifiuto dei teologi e di molti storici di leggere in modo critico e spassionato i Vangeli canonici, ma soprattutto perché, commettendo un gravissimo errore, gravido di deleterie conseguenze per una ricerca seria, si prescinde da una premessa fondamentale: i Messia con ogni probabilità erano due, il Messia di David ed il Messia di Aronne, il primo con un ruolo squisitamente politico, il secondo con un ruolo spirituale. Ciò si evince dai Vangeli ufficiali: basterebbe leggerli! (1)

Cominciando da questo presupposto fondamentale, che è un’ipotesi di lavoro ma molto utile per risolvere una serie di contraddizioni che altrimenti inficerebbero l’investigazione, le indagini successive possono prendere diverse direzioni, ma con un punto di riferimento preciso. Tale presupposto è una fiaccola che, con il suo bagliore, illumina il cammino, anche quando ci si è allontanati assai dal punto di partenza; in caso contrario, con tutto l’acume e tutta la conoscenza della storia, dell’archeologia, delle lingue antiche… si rischia di brancicare nel buio, di fare come quel superstite che, costruitosi una zattera per allontanarsi dall’isola in cui è naufragato, s’inoltra in mare aperto e, dopo aver affrontato burrasche e bonacce, quando ormai le scorte d’acqua potabile e di viveri stanno per esaurirsi, avvista finalmente terra. Giunto a riva, però, lo sventurato, affranto e consumato dall’arsura, si accorge di essere approdato su un’altra sponda dell’isola maledetta. Ciò succede anche a studiosi valentissimi: ex nihilo nihil fit.

Dal teorema discendono poi le logiche dimostrazioni, che potranno anche non essere del tutto plausibili sotto il profilo storico, ma almeno non saranno assurde, incongruenti e contraddittorie.

Purtroppo accade il contrario. Mi spiego: le argomentazioni dei teologi e dei loro caudatari che pontificano dalle cattedre universitarie, sono dei paralogismi, cioè ragionamenti errati dal punto di vista formale, in quanto fondati su uno o più precedenti erronei. Un esempio può essere utile: un tale, che si diletta di storia dell’arte e di archeoastronomia, si è pure cimentato in un’esegesi del miracolo delle nozze di Cana, episodio contenuto nel Quarto vangelo. Precisato che l’interpretazione pubblicata su una prestigiosa (dicono) rivista, è per lo meno opinabile, essa diventa del tutto fantasiosa, surreale, destituita di qualsivoglia fondamento non appena si rammentano i presupposti su cui è fondata. Quali sono tali presupposti? Cristo (Quale dei due? chiederemmo noi) è Dio, Egli si sacrifica per l’umanità, versando il Suo sangue. Con Lui termina l’età del Padre, mentre principia quella del Figlio, anche se “l’ora… non è ancora venuta.” Questa suggestiva e speciosa ipotesi esegetica non è solo contraddetta, ad esempio, dalla constatazione della teologa Ranke-Heinemann, la quale osserva: “ L’episodio delle nozze di Cana è una fiaba ellenistica riferita a Gesù: come Dioniso, Gesù trasforma l’acqua in vino”, ma è anche minata alle radici da sbagli di fondo. L’intera ricostruzione del teologo dilettante, infatti, crolla miseramente come un castello di carte per un soffio di vento nel momento in cui si eliminano le premesse false o indimostrate ma date per dimostrate, che sono, exempli gratia, le seguenti: il Quarto vangelo fu scritto da Giovanni, uno dei dodici discepoli di Gesù; ergo è un Vangelo ispirato da Dio; ergo i suoi contenuti sono al cento per cento cristiani; Cristo era ed è Uomo, ma anche Dio; Cristo sapeva che si sarebbe sacrificato per l’umanità per redimerla (?) dal peccato e dal male.

Se costui e tutti quelli che si accostano ai Vangeli, invece di prendere le mosse da questi pseudo-assiomi, si premurassero in primo luogo, di stabilire chi potrebbe essere il vero autore del Quarto libretto, se almeno si proponessero di verificarne la struttura e la tradizione, con gli efficaci strumenti della filologia e della narratologia (2), non incorrerebbero nelle loro asserzioni tautologiche, come queste: ”Il Vangelo di Giovanni è un testo cristiano perché fu scritto da Giovanni, apostolo di Cristo: dunque i suoi contenuti sono cristiani, poiché Giovanni era cristiano, quindi è un Vangelo cristiano, giacché Giovanni era un discepolo di Cristo… (3) insomma, dopo che hanno causato un esaurimento nervoso ai lettori, si ritrovano in un circolo vizioso, in cui ogni affermazione, sebbene formulata in modo diverso, ripete solamente sé stessa. Più che teologi, costoro sono tautoteologi, vale a dire teologi che si avvalgono nei loro “ragionamenti” soltanto di tautologie, talora belle ed originali, ma sempre tautologie.

Per oggi concludo qui: est modus in rebus e poi urgono problemi più importanti della disquisizione su certe fole. O no?


(1) Non so per quale motivo la stragrande maggioranza degli studiosi non abbia ancora riconosciuto questa acquisizione molto attendibile come punto di partenza: forse Donnini e Tranfo sono disdegnati ed ignorati, perché non sono baroni universitari, forse non si vuole prendere in considerazione un’ipotesi di lavoro persuasiva ma che rischia di far rovinare in modo ignominioso l’edificio della Chiesa, puntellato, a volte, anche da “studiosi” laici, agnostici ed atei. Probabilmente è pigrizia mentale, ma con questa inerzia tra l’altro, oltre a rimanere impantanati in una sterile erudizione si fa il gioco dei potenti per i quali “l’ignoranza è forza.”

(2) In modo mirato ed opportuno, Giancarlo Tranfo ha applicato gli strumenti della narratologia alla disamina del Vangelo di Giuda, facendo riferimento, con un certo piglio provocatorio, a “Cappucetto rosso”. Il richiamo narratologico non è stato compreso sicché il ricercatore è stato coperto di vituperi o di critiche, mentre l’altro che ha scritto un raccontino su Giuda infirmato dagli errori di cui sopra, è stato acclamato come fosse un eccelso storiografo, un sagace esegeta dei sacri testi. Misteri della fede. Mi scuso con Tranfo se ho accostato il suo nome all’altro personaggio: so che è come far confronti tra un vino pregiato ed acqua… avvelenata. Tuttavia tale giustapposizione serve onde si comprenda che la narratologia può essere preziosa come strumento d’analisi, laddove l’altro la impiega come congegno per comporre un testo narrativo spacciato per interpretazione: è un totale stravolgimento del metodo.

(3) Con ciò non voglio asserire che l’autore del Quarto vangelo non è un quasi centenario Giovanni trasferitosi ad Efeso, uomo indotto che sa di greco e di filosofie ellenistiche, ma affermare che è necessario dimostrarlo in modo persuasivo, mentre mi sembra che finora sia avvenuto l’esatto contrario. Si vedano i saggi di Donnini.

6 commenti:

  1. Salve. Anch'io sono persuaso che sono in mala fede o ignoranti. Ma propendo per la prima ipotesi. La spunteremo: insieme la spunteremo. L'intera questione ha molte implicazioni e restare nell'inerzia sarebbe colpevole. Buona giornata e grazie delle sue parole.

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  2. ciao Zret,
    ho fatto un giro nel sito di GALLUZZO,ho letto tutti gli artcoli su Giuda iscariota,ho postato un commento un po' feroce, a colui il quale ha trovato nella fede(?)cattolica il suo pane quotidiano e gli apprezzamenti di quelli come lui,ma non nei commenti lasciati al suo articolo!con mia soddisfazione,c'è sempre qualcuno dotato di senso critico, supportato da una minima base culturale alternativa all'indottrinamento cattolico,altrimenti sarebbe il trionfo
    delle taumotologie!e anche il trionfo di personaggi,da v elementare,attualmente in grande lancio mediatico in una radio da anni 50!
    C'è chi tende a scalare la montagna e chi non è adatto a farlo e resta tenacemente fermo al campo base.
    Sarà questione di vocazione????
    ......già....la vocazione,altro aspetto dell'animo umano... appiglio per i religiosi e sprone per i ricercatori di verità!
    Sono certa che mi hai capito,pur nella mia sinteticità!
    Angela

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  3. Corrego lo strafalcione......mi viene da ridere...TAUTOTEOLOGIE!...

    Grazie anche per arricchire il mio vocabolario......ma non solo!

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  4. I pregiudizi si sradicano difficilmente e certe persone nascono programmate per introiettarli. Purtroppo sono il 99 per cento.
    Ciao!!!

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  5. Scusa Zret ma perché affermi queste cose come fossero ceretezze assolute? Mi pare che con questo atteggiamento tu rischi di metterti al pari dei pontefici del nulla.

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  6. Ho parlato di ipotesi di lavoro e di ricostruzioni storiche, non di verità assolute. Altri, invece, dispensano dogmi-"verità", senza accettare alcun dibattito storiografico. Saluti.

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