Quando abbandonerete la materia angusta ed ingombrante, per lasciar andare il vostro spirito ad inebriarsi della Luce, allora comprenderete il significato dell'incommensurabilità di tutto ciò, in cui sarete liberi di dilatare le vostre menti e di abbeverarle alla fonte della Sapienza. (E. Crispo)
Questo testo nasce in parte come insieme di considerazioni a margine dell’articolo di Bojs intitolato “Esistono uomini senza anima ed alieni?”. Il discorso sull’anima, o comunque la vogliamo chiamare, è leggibile in filigrana tra le riflessioni. Parecchi lettori, infatti, hanno espresso delle perplessità su come l’anima sembra essere concepita nella trattazione di Bojs. Per quanto mi riguarda, ammesso che essa esista, non sono incline a considerarla coincidente con il D.N.A. o con una sua parte (così sembra concepirla Malanga) o con qualcosa di materiale. L’anima è una scintilla divina, di altra natura rispetto alla materia, sebbene sia plausibile che, invece, il corpo astrale sia ancora legato alla natura. Tra mondo naturale e spirituale si instaurano delle corrispondenze, ma essi non sono identici. Semmai posso pensare che il D.N.A., durante l’esistenza terrena, sia una sorta di medium tra la materia-energia ed una dimensione spirituale (la coscienza universale?) con cui talora si comunica. Si potrà ritenere che le mie idee siano condizionate da filosofie e schemi umani. Il tempo dirà se mi sbaglio, anzi se ci sbagliamo e, se sì, in che misura. Lascio, in ogni caso, a miserabili creature il desiderio di conseguire, mediante il trasferimento della memoria da un D.N.A. di una persona ad un altro, una squallida “immortalità”. Lascio ad altri l’illusione di un Paradiso sulla terra. Se il Paradiso esiste, non è qui. Preciso, infine, che il testo dev’essere letto anche come finzione letteraria…
Molte persone, prima o dopo, mi chiedono: "Tu credi in Dio?" Sebbene quasi tutti siano disinteressati a questioni teologiche e filiosofiche, questa è una domanda obbligata. Come si può rispondere ad un quesito del genere? Di solito rispondo, sostenendo che non si tratta di credere o di non credere, ma di tentare di stabilire se la vita e l'universo, così come noi li sentiamo, li percepiamo e li interpretiamo, siano più o meno compatibili con l'esistenza di Dio. Aggiungo spesso provocatoriamente: “Ma Dio crede in te?”
La fede non può essere imposta a chicchessia e forse i credenti veri, anche se può apparire paradossale, sono gli atei: gli atei, infatti, non sono coloro che non credono in Dio, ma quelli che intendono scagionarlo. Se un uomo, dopo essere stato scorticato dal dolore fisico e psicologico, strangolato dall'angoscia, torturato dalla disperazione, mantiene la fede in Dio, è soltanto da ammirare, così come non mi sentirei di biasimare chi, invece, ha perso ogni speranza nel Signore. Quale Dio, però? Un Dio infinitamente buono e misericordioso può permettere questa superfetazione, sovrabbondanza, eccesso di Male in tutte le sue molteplici, mostruose, abominevoli forme? Conosco già l'obiezione. Il Male deriva dal libero arbitrio delle creature che, invece, di scegliere la Luce hanno scelto le Tenebre. Posso replicare, affermando che questa spiegazione non mi convince per nulla? Se Dio, per definizione onnisciente, sapeva che gli uomini ed altri esseri avrebbero diffuso, con le loro scelte immorali, la scelleratezza nell'universo, perché li ha creati? Perché non è intervenuto, prima che fosse troppo tardi, prima che la malvagità dilagasse nel cosmo, come un fiume in piena? Perché non agisce ora che il calice è colmo di veleno? Non è intervenuto e non agisce per rispettare il libero arbitrio: si può ribattere solo in questo modo, ricadendo nell’antinomia-petizione di principio iniziale.
Un'interpretazione del Male che, invece, pur non essendo soddisfacente, mi pare... "creativa", è quella riproposta dal misconosciuto filosofo contemporaneo Georg Stirner. Stirner, in un saggio di una profondità unica, congettura che il Male sia inerente alla Creazione stessa, considerata, sulla linea del pensiero gnostico, una lacerazione rispetto al nulla primordiale. Mi spiego con un esempio: Dio ha dato origine al Tutto spinto da un incoercibile impulso creativo, simile a quello di un artista che avverte l'esigenza travolgente di scolpire una statua, dipingere un quadro, scrivere un racconto... per riempire il vacuum spazio-temporale ed il vuoto della vita. E' un'esigenza più che comprensibile: non è forse sublime il gesto demiurgico con cui Michelangelo estrae dal marmo inerte una statua che assomiglia alla vita? E' questo il punto: Michelangelo, piccolo dio, scolpì il Mosè, ma, tra le sue varie opere, il patriarca biblico rivela imperfezioni e ripensamenti. Michelangelo e Dio si assomigliano: sono geni resi ancora più grandi dalle lievi, quasi impercettibili, incompiutezze delle loro esecuzioni. Smettiamo di pensare a Dio come all'essere perfettissimo: Dio ha creato l'universo, ma forse commettendo qualche errore. La realizzazione è stata quindi inferiore all'Idea, come spesso avviene anche ai sommi artisti che dichiarano di non essere riusciti a trasfondere del tutto l'Idea nella materia. Ora, Dio non è un artista concettuale, il quale si prefigge il più possibile di manifestare l'aspetto mentale dell'opera, rispetto a quello concreto. Egli è un artista che ama plasmare la materia, modellare le cose, adora vedere il risultato del suo progetto. Tuttavia l'opera scaturita dalla sua mente è inferiore al disegno iniziale, è imperfetta. Forse lo stesso Dio è leggermente imperfetto, ma un Dio imperfetto non è forse più simpatico, vicino agli esseri umani? Forse Dio chiede la collaborazione degli uomini, la loro azione etica per ricucire lo strappo iniziale, per rischiarare le Tenebre addensatesi ai confini del cosmo.
Allora Dio, da Assoluto inconoscibile e distante, diviene un Padre-Madre che condivide con i figli tutte quegli atti che contribuiscono al bene della famiglia universale. Allora Dio non parla attraverso le formule matematiche che comunque solo in pochi sono in grado di capire, magnifiche formule forse inserite da qualche suo collaboratore in cui predomina l'emisfero sinistro; allora Dio non parla per mezzo testi "sacri" pregevoli, ma pieni di contraddizioni ed incongruenze dove, per esempio, non si è ancora capito se Elohim si debba tradurre con Lui-gli-dei, gli dei, gli "dei", Dio. Dio, invece, parla con la bellezza eccelsa della natura e dei sentimenti veri, fa udire la sua voce nell'anima, come una nota armoniosa tra il frastuono dei pensieri associativi o nel silenzio della solitudine.
In Dio è più importante l'emisfero destro, quello dell'intuizione, delle emozioni, della creatività, una creatività in cui prevale l'ingenium sull'ars, l’ispirazione sulla tecnica: ecco allora la sua opera, meravigliosa, incantevole, ma con qualche mancanza, eppure meravigliosa proprio per le mende, che sottraggono il capolavoro all'algida, inespressiva perfezione peculiare di una statua neoclassica.
Probabilmente è per questo motivo che il Creatore, pur avendo notato che l'edificio del cosmo era attraversato da qualche fenditura, l'ha lasciato così com'è: avrebbe potuto distruggerlo e crearlo ex novo, ma allora gli esseri dell'universo non sarebbero stati chiamati per ritrovare la via che porta alla Luce, per risalire all'Idea, deposto per sempre l'involucro della materia che non esiste, come ci insegnano sia la fisica quantistica sia la Tradizione, se non come inafferrabile e mentale vibrazione dell'essere.
In un Dio così, paterno, materno, fraterno, amico, si può ancora credere, in un Dio i cui pensieri abissali ci sono del tutto ignoti, ma che, come Duchamp, trascorre molto del suo “tempo” a giocare una partita a scacchi con il Male, chiedendo ogni tanto che gli suggeriamo delle mosse.
Il giorno in cui ci accorgeremo (è questa solo una fioca speranza) che la tragica partita aveva come posta una felicità assoluta, non scalfibile, fuori della prigione dello spazio-tempo, tra l'armonia delle sfere, guarderemo al Male che ci ha avvelenato l'esistenza, che ci ha straziato il cuore, come ad un'orribile e lunghissima parentesi, ma pur sempre una parentesi.
Questo testo nasce in parte come insieme di considerazioni a margine dell’articolo di Bojs intitolato “Esistono uomini senza anima ed alieni?”. Il discorso sull’anima, o comunque la vogliamo chiamare, è leggibile in filigrana tra le riflessioni. Parecchi lettori, infatti, hanno espresso delle perplessità su come l’anima sembra essere concepita nella trattazione di Bojs. Per quanto mi riguarda, ammesso che essa esista, non sono incline a considerarla coincidente con il D.N.A. o con una sua parte (così sembra concepirla Malanga) o con qualcosa di materiale. L’anima è una scintilla divina, di altra natura rispetto alla materia, sebbene sia plausibile che, invece, il corpo astrale sia ancora legato alla natura. Tra mondo naturale e spirituale si instaurano delle corrispondenze, ma essi non sono identici. Semmai posso pensare che il D.N.A., durante l’esistenza terrena, sia una sorta di medium tra la materia-energia ed una dimensione spirituale (la coscienza universale?) con cui talora si comunica. Si potrà ritenere che le mie idee siano condizionate da filosofie e schemi umani. Il tempo dirà se mi sbaglio, anzi se ci sbagliamo e, se sì, in che misura. Lascio, in ogni caso, a miserabili creature il desiderio di conseguire, mediante il trasferimento della memoria da un D.N.A. di una persona ad un altro, una squallida “immortalità”. Lascio ad altri l’illusione di un Paradiso sulla terra. Se il Paradiso esiste, non è qui. Preciso, infine, che il testo dev’essere letto anche come finzione letteraria…
Molte persone, prima o dopo, mi chiedono: "Tu credi in Dio?" Sebbene quasi tutti siano disinteressati a questioni teologiche e filiosofiche, questa è una domanda obbligata. Come si può rispondere ad un quesito del genere? Di solito rispondo, sostenendo che non si tratta di credere o di non credere, ma di tentare di stabilire se la vita e l'universo, così come noi li sentiamo, li percepiamo e li interpretiamo, siano più o meno compatibili con l'esistenza di Dio. Aggiungo spesso provocatoriamente: “Ma Dio crede in te?”
La fede non può essere imposta a chicchessia e forse i credenti veri, anche se può apparire paradossale, sono gli atei: gli atei, infatti, non sono coloro che non credono in Dio, ma quelli che intendono scagionarlo. Se un uomo, dopo essere stato scorticato dal dolore fisico e psicologico, strangolato dall'angoscia, torturato dalla disperazione, mantiene la fede in Dio, è soltanto da ammirare, così come non mi sentirei di biasimare chi, invece, ha perso ogni speranza nel Signore. Quale Dio, però? Un Dio infinitamente buono e misericordioso può permettere questa superfetazione, sovrabbondanza, eccesso di Male in tutte le sue molteplici, mostruose, abominevoli forme? Conosco già l'obiezione. Il Male deriva dal libero arbitrio delle creature che, invece, di scegliere la Luce hanno scelto le Tenebre. Posso replicare, affermando che questa spiegazione non mi convince per nulla? Se Dio, per definizione onnisciente, sapeva che gli uomini ed altri esseri avrebbero diffuso, con le loro scelte immorali, la scelleratezza nell'universo, perché li ha creati? Perché non è intervenuto, prima che fosse troppo tardi, prima che la malvagità dilagasse nel cosmo, come un fiume in piena? Perché non agisce ora che il calice è colmo di veleno? Non è intervenuto e non agisce per rispettare il libero arbitrio: si può ribattere solo in questo modo, ricadendo nell’antinomia-petizione di principio iniziale.
Un'interpretazione del Male che, invece, pur non essendo soddisfacente, mi pare... "creativa", è quella riproposta dal misconosciuto filosofo contemporaneo Georg Stirner. Stirner, in un saggio di una profondità unica, congettura che il Male sia inerente alla Creazione stessa, considerata, sulla linea del pensiero gnostico, una lacerazione rispetto al nulla primordiale. Mi spiego con un esempio: Dio ha dato origine al Tutto spinto da un incoercibile impulso creativo, simile a quello di un artista che avverte l'esigenza travolgente di scolpire una statua, dipingere un quadro, scrivere un racconto... per riempire il vacuum spazio-temporale ed il vuoto della vita. E' un'esigenza più che comprensibile: non è forse sublime il gesto demiurgico con cui Michelangelo estrae dal marmo inerte una statua che assomiglia alla vita? E' questo il punto: Michelangelo, piccolo dio, scolpì il Mosè, ma, tra le sue varie opere, il patriarca biblico rivela imperfezioni e ripensamenti. Michelangelo e Dio si assomigliano: sono geni resi ancora più grandi dalle lievi, quasi impercettibili, incompiutezze delle loro esecuzioni. Smettiamo di pensare a Dio come all'essere perfettissimo: Dio ha creato l'universo, ma forse commettendo qualche errore. La realizzazione è stata quindi inferiore all'Idea, come spesso avviene anche ai sommi artisti che dichiarano di non essere riusciti a trasfondere del tutto l'Idea nella materia. Ora, Dio non è un artista concettuale, il quale si prefigge il più possibile di manifestare l'aspetto mentale dell'opera, rispetto a quello concreto. Egli è un artista che ama plasmare la materia, modellare le cose, adora vedere il risultato del suo progetto. Tuttavia l'opera scaturita dalla sua mente è inferiore al disegno iniziale, è imperfetta. Forse lo stesso Dio è leggermente imperfetto, ma un Dio imperfetto non è forse più simpatico, vicino agli esseri umani? Forse Dio chiede la collaborazione degli uomini, la loro azione etica per ricucire lo strappo iniziale, per rischiarare le Tenebre addensatesi ai confini del cosmo.
Allora Dio, da Assoluto inconoscibile e distante, diviene un Padre-Madre che condivide con i figli tutte quegli atti che contribuiscono al bene della famiglia universale. Allora Dio non parla attraverso le formule matematiche che comunque solo in pochi sono in grado di capire, magnifiche formule forse inserite da qualche suo collaboratore in cui predomina l'emisfero sinistro; allora Dio non parla per mezzo testi "sacri" pregevoli, ma pieni di contraddizioni ed incongruenze dove, per esempio, non si è ancora capito se Elohim si debba tradurre con Lui-gli-dei, gli dei, gli "dei", Dio. Dio, invece, parla con la bellezza eccelsa della natura e dei sentimenti veri, fa udire la sua voce nell'anima, come una nota armoniosa tra il frastuono dei pensieri associativi o nel silenzio della solitudine.
In Dio è più importante l'emisfero destro, quello dell'intuizione, delle emozioni, della creatività, una creatività in cui prevale l'ingenium sull'ars, l’ispirazione sulla tecnica: ecco allora la sua opera, meravigliosa, incantevole, ma con qualche mancanza, eppure meravigliosa proprio per le mende, che sottraggono il capolavoro all'algida, inespressiva perfezione peculiare di una statua neoclassica.
Probabilmente è per questo motivo che il Creatore, pur avendo notato che l'edificio del cosmo era attraversato da qualche fenditura, l'ha lasciato così com'è: avrebbe potuto distruggerlo e crearlo ex novo, ma allora gli esseri dell'universo non sarebbero stati chiamati per ritrovare la via che porta alla Luce, per risalire all'Idea, deposto per sempre l'involucro della materia che non esiste, come ci insegnano sia la fisica quantistica sia la Tradizione, se non come inafferrabile e mentale vibrazione dell'essere.
In un Dio così, paterno, materno, fraterno, amico, si può ancora credere, in un Dio i cui pensieri abissali ci sono del tutto ignoti, ma che, come Duchamp, trascorre molto del suo “tempo” a giocare una partita a scacchi con il Male, chiedendo ogni tanto che gli suggeriamo delle mosse.
Il giorno in cui ci accorgeremo (è questa solo una fioca speranza) che la tragica partita aveva come posta una felicità assoluta, non scalfibile, fuori della prigione dello spazio-tempo, tra l'armonia delle sfere, guarderemo al Male che ci ha avvelenato l'esistenza, che ci ha straziato il cuore, come ad un'orribile e lunghissima parentesi, ma pur sempre una parentesi.
Caro amico Zret,
RispondiEliminaSCENDO IN CAMPO (non volermene per la battutaccia che ricorda altro personaggio..).
Per dirti che sapevo benissimo come la pensi su questo argomento non solo tu ma molti amici del Blog. Questo per me non è affatto un problema.. anzi opportunità di incontro (o scontro) ma volto sempre a fin di bene comune.
Non sia mai che il 'divide et impera' ci sorprenda mentre si è impegnati nella possibilità di una sintesi comune e veritiera.
Che tu e molti altri credano in qualcosa di diverso è un fatto che vivo da decenni, non solo io ma la maggioranza dell'umanità. Base in ogni caso di dialogo e di costruzione di qualcosa di utile.
Non sono affatto un dittatore come non lo è il Dio in cui credo (che non è certo quello delle religoni personali orientali o cattocumenali). Per cui nessuno è obbligato a credere o tantomeno a presupporre che io sia portatore di una nuova e più moderna forma di cristianesimo.
La mia trattazione vuole solo essere basamento e spunto di partenza per catalogare le forme letterali di termini comuni che vengono usati spesso senza cognizione della loro vera accezzione del termine che era in uso al tempo in cui furono scritte e usate.
Rimando alla seconda parte i dovuti approfondimenti che saranno spunti di riflessione ulteriore e che in molte parti troverai concordanti con i puntelli dello schema mentale a cui molti sono familiari.
In ultimo al tuo quesito in cui chiedi: "perchè Dio permette il male"?.. ti sarebbe stato risposto.. per libero arbitrio dell'uomo che sceglie il male piuttosto che il bene..
Io non ti avrei risposto così.. stanne certo!!
Le cose e le prove da discutere sono talmente complesse ed articolate che non basterebbero decenni a discuterle per iscritto o a parole. Il tempo non basta più.
D'altronde se davanti a ciò che succede e le parole spese da te e moltissimi altri su cose "VISIBILI" la maggioranza comunque non crede.. come posso pretendere io di fare di più?
Lascio al futuro, agli avvenimenti, e a quelle poche cose che riesco a comunicare con sincerità il seme della speranza e dell'unione permeata di verità.
Apprezzo sinceramente che tu e tutti gli altri siate qui in questo momento storico e per i prossimi anni a venire. Spero che nessuna cosa mai ci divida o turbi
nel cammino comune anche se a volte non si sarà sempre completamente d'accordo su tutto.
Ma credo che come scalatori di una montagna.. tutti siamo legati ad una stessa corda.. chi sopra e chi sotto.. chi vede prima e chi dopo... ma tutti impegnati a sorreggersi ed aiutarsi nei momenti di pericolo.
Questo è il mio pensiero.
Con vero affetto e sincera amicizia.
# B O J S #
Carissimo Bojs, mi scuso se rispondo solo adesso, ma prima non ho potuto.
RispondiEliminaUn'eventuale divergenza di idee non deve certo minare la coesione e la cooperazione per perseguire fini pienamente condivisi.
La metafora degli scalatori e della cordata è quanto mai adatta a definire l'interazione e la sinergia che si crea tra coloro che amano la Verità.
Grazie infinite!
La perfezione se è unica è immobile? Parmenide asseriva qualcosa di simile senza spiegarsi bene perchè poi ci dovesse essere il mondo (per quando lo considerasse una sorta di "realtà virtuale" ante litteram).
RispondiEliminaIo preferisco mettere il punto interrogativo.
Per quanto la perfezione sia un concetto sfuggente è difficile immaginare una perfezione in divenire.
In base ad un simile ragionamento se esistiamo, anche solo come coscienze, è perchè c'è una qualche imperfezione. Purtroppo, possiamo dirlo chiaramente, ce n'è fin troppa, ne sarebbe bastata un po' di meno per permettere questo fenomen inesplicabile chiamato vita e/o coscienza.
Se poi ci fossero diversi od infiniti stati di configurazione della perfezione che permetterebbero persino l'evoluzione temporale del fenomeno vita, allora perchè questo famoso Dio creatore non li avrebbe utilizzati?
Come Epicuro sono portato ad asserire che tale dio se esiste non è perfetto ed onnipotenente, oppure non è molto desideroso di interessarsi alle nostre cose.